36.Rispetto
- Okay, numero 2: tu sei la prossima! - Marinette stava letteralmente tremando di paura. Si sentiva l'intero corpo invaso da scosse di brividi che si susseguivano l'una dietro l'altra a distanza di pochi secondi, mentre il suo stomaco si era attorcigliato su se stesso e minacciava di riversare da un momento all'altro tutto il proprio contenuto sul pavimento. "Respira", si disse, cercando di calmarsi, "Rilassati". Ma i suoi erano soltanto consigli inutili, perché era certa, ancor prima di formularli, che non sarebbe riuscita a metterli in pratica neanche per idea: in situazioni come queste non avrebbe mai avuto scampo, perché si sarebbe sempre sentita del tutto impotente. Quando si trasformava in Ladybug invece, tutto era diverso: era coraggiosa, audace, determinata ed orgogliosa di sé. Aveva il controllo di tutto ciò che la circondava, e sapeva che, se anche avesse fatto un passo falso e fosse caduta, sarebbe comunque riuscita a tirarsi su con fierezza in un batter d'occhio, grazie all'aiuto dei propri poteri. In realtà, quella sicurezza che tanto gli altri ammiravano di Ladybug non le apparteneva affatto, perché la vera Marinette non faceva altro che compiere errori su errori, a causa della sua solita goffaggine ed ingenuità. Sospirò sonoramente, cercando di trattenere le lacrime che rischiavano di grondare giù dai suoi occhi azzurri come due enormi cascate. In quel momento avrebbe tanto voluto essere invisibile agli occhi degli altri, così da potersi mimetizzare tra le pareti della stanza come un camaleonte, e rifugiarsi tranquillamente in un angolino a piangere per tutte le scelte sbagliate che era riuscita a compiere nell'arco della stessa serata. Piuttosto, però: - M-ma il signor Agreste non è ancora arrivato: non p-posso salire sul palco senza aver prima p-parlato con lui. - farfugliò, continuando a tenere lo sguardo basso, e non osando alzarlo per alcuna ragione al mondo. - È la terza volta che glielo ripeto, signorina. Il signor Agreste è dovuto andar via per un po' a causa di alcuni problemi burocratici, ma ci ha rassicurati dicendo che sarebbe arrivato poco dopo la sua modella, che poi sarebbe lei, quindi si tranquillizzi. - il ragazzo che aveva scoperto portare il nome di Peete spostò per un attimo gli occhi dal proprio orologio e le rivolse un minuscolo sorriso, nel tentativo di rassicurarla. Non sapeva però, che le sue parole continuavano a non far altro che a metterla ancor più in agitazione. "Come posso tranquillizzarmi, quando so per certo che, non appena il padre di Adrien vedrà me al posto della sua modella, e lo straccio che indosso al posto di una delle sue splendide creazioni, la mia vita diventerà ancora più miserabile di quanto non lo sia già?!" era la domanda che tanto le stringeva il petto in una morsa. Aveva combinato un gran bel casino, ed il bello era che, pur avendolo capito dal primo istante in cui era entrata nel dietro le quinte, non aveva fatto assolutamente nulla per fermarlo, né tanto meno per fermare se stessa. Per di più, se portava la mano alla borsetta rosa che le fasciava una spalla, poteva sentire il suo Kwami agitare le zampette di qua e di là per attirare la sua attenzione. Ma, per quanto in quel momento avesse bisogno di qualcuno che la aiutasse a tirarsi fuori da una situazione scomoda come quella, l'idea di doverlo fare rivelando tutta quanta la verità, e mettendosi totalmente in ridicolo davanti ad un pubblico stracolmo di stilisti ed esperti di moda, la terrorizzava fin troppo. Dentro di sé infatti, nel profondo del suo cuore, vi era ancora la speranza che Gabriel reggesse il gioco e la lasciasse recitare la propria parte come se nulla fosse, risparmiandole l'umiliazione pubblica. Proprio per questo, quando finalmente lui si fece largo tra i truccatori e gli altri costumisti, gli occhi della ragazza si illuminarono, lieti di poter vedere una faccia amica in mezzo a tanti sconosciuti. - È davvero assurdo: Catherine ha dato forfait all'ultimo minuto, e voi ve ne siete stati tranquillamente qui a perdere tempo e a cincischiare come idioti, invece di preoccuparvi di darmi subito un avviso! - tuonò, avvicinandosi a loro. Alcuni addetti alla sicurezza si lanciarono degli sguardi confusi, probabilmente chiedendosi cosa diavolo fosse successo a quell'uomo per farlo arrabbiare così tanto. Altri invece, che erano oramai abituati ai suoi scatti di ira, scrollarono le spalle e tornarono subito a svolgere il proprio lavoro. - Mi scusi, signore, ma non credo di aver capito bene cosa intende dire. Catherine è qui accanto a me, è arrivata una decina di minuti fa. - esclamò Peete, poggiando una mano sulla spalla della ragazza. - Che cosa?! - gridò Gabriel, di rimando, facendo qualche altro passo in avanti e cercando lo sguardo della corvina. "Oh-oh" pensò Marinette, "Adesso sì che sono morta". - Marinette? Che diavolo ci fai tu qui?! - spalancò gli occhi azzurro ghiaccio e la guardò, incredulo. Lei invece, per il nervosismo, si morse un labbro con così tanta forza, che per poco non rischiò di farsi male sul serio. - I-io... Ecco... - non riuscì a proferire più di un paio di parole, poiché la voce del ragazzo accanto a sé si sovrappose alla sua per invitare la prossima modella ad entrare: - Numero 3, sul palco! - tirò un sospiro di sollievo, quando si accertò che non si trattasse di lei, poiché il suo era il numero 5, e per un attimo dimenticò completamente di trovarsi di fronte a Gabriel Agreste, nonché il suo stilista preferito dall'età di sei anni. - Marinette? Mi spieghi che cosa sta succedendo?! - d'un tratto però, fu la sua voce a riportarla alla normalità. - Ehm... Io... - iniziò, mentre si grattava il collo con una mano, imbarazzata. Si sentiva davvero una stupida, se solo osava guardarsi nel riflesso dei suoi occhi indagatori. "Parla!" le stavano urlando, "Parla!", mettendole non poca soggezione. E, benché sapesse di star andando incontro a morte certa in ogni caso, si affrettò a tirare su un lungo respiro, e dopodiché vuotò il sacco: - S-signor Agreste, la prego, non si arrabbi. È stato tutto un malinteso: sarei dovuta venire qui soltanto per assistere alla sfilata, e non di certo per parteciparvi come modella! - con il suo tono supplichevole sperava tanto di riuscire ad intenerire anche soltanto un briciolo del cuore di pietra che tutti ritenevano avesse, ma dalla linea dura delle sue labbra non sembrava fosse stato tanto toccato dalle sue parole. L'uomo infatti, continuò a squadrarla dalla testa ai piedi con le sopracciglia aggrottate per un bel po' di secondi, senza, però, avere null'altro da aggiungere: o almeno così pareva, perché pochi secondi dopo le si avvicinò, l'afferrò per un braccio e le disse: - Vieni con me. - spingendola a seguirlo. Peete, pur essendo in quel momento impegnato a controllare qualcosa sul suo taccuino da lavoro, si accorse immediatamente di quello che stava succedendo, e cercò di imporsi tra loro con aria indignata. - Ma signore, Catherine dovrà salire sul palco tra pochissimi minuti, e lei non... - nessuno dei due ebbe modo di udire la fine della frase, poiché Gabriel l'aveva già condotta a grandi falcate verso una stanzetta adiacente alla sala costumi, e aveva richiuso la porta alle proprie spalle, soffocando tutto il trambusto andatosi a creare dietro alla sua spessa superficie in legno. La corvina gli lanciò una piccola occhiata impaurita, prima di riabbassare all'istante la testa. Non poté vederlo, ma gli occhi di Gabriel si stavano facendo sempre più scuri a causa della collera. - Non riesco ancora a capire cosa diavolo tu sia venuta a fare qui: è Adrien che ti ci ha portato?! - al solo pronunciare quel nome, Marinette si sentì stringere forte il cuore. "Chissà se sta bene" si domandò, sentendosi in colpa per non avergli neanche mandato un messaggio. - Sì, lui... Era riuscito a procurarsi gli inviti per tutti e due, ma... - lasciò la frase in sospeso, certa che il padre fosse già più che informato sulla salute del proprio figlio. - Si é ammalato, lo so. Ma quello che non mi torna è: cosa pensavi di fare, intrufolandoti qui dentro e spacciandoti per la mia modella?! - domandò, alzando improvvisamente il tono della voce e facendola sobbalzare. - Come, scusi? - Marinette aggrottò le sopracciglia, confusa. - Hai capito benissimo, non fare la finta tonta. - esclamò lui, a denti stretti. - I-io credevo di averle già spiegato di non averlo fatto con in mente alcun secondo fine... Peete mi è venuto incontro e mi ha scambiato per una delle altre modelle, non dandomi nemmeno il tempo di spiegare la situazione. È andata così, g-glielo giuro. - in alcuni punti inciampò su qualche parola, risultando ancora meno sicura di quanto già non lo fosse. Sperava davvero di riuscire a sistemare le cose con il signor Agreste. D'altronde, voleva che tra loro ci fosse un rapporto quantomeno pacifico, e non per forza di grande amicizia. L'uomo però, dopo aver udito ancora una volta le sue spiegazioni, continuava ad avere quell'aria indagatoria che non le piaceva per niente. - Se questo é tutto ciò che hai da dire, allora proverò a crederci. Ma, dal momento che la mia modella adesso sei diventata tu, esigo che presti subito ascolto ai miei ordini. - affermò, stringendo gli occhi chiari in due minuscole fessure. - Sì, signore. - mormorò lei, con un fil di voce. Sapeva di non avere altra scelta: se non avesse accettato era molto probabile che ci sarebbe andato di mezzo anche Adrien, e questo non lo avrebbe mai permesso. - Bene, non abbiamo molto tempo prima che arrivi il tuo turno. Fortunatamente ci sono alcuni abiti di scorta da quella parte, così potrai levarti quella pacchianata di dosso per riportarla al prossimo mercatino dell'usato. - non una traccia di divertimento nella sua voce, ma soltanto della sua solita, agghiacciante serietà. Marinette non poté crederci: il padre di Adrien aveva davvero osato disprezzare in quel modo l'abito per cui lei stessa aveva lavorato giorno e notte, e di cui andava così tanto fiera? Lui che un tempo era stato il suo stilista preferito, il suo principale punto di riferimento, il suo più grande ispiratore? Sperava con tutto il suo cuore che le parole che aveva udito fuoriuscire dalle sue labbra non fossero altro che uno stupido scherzo. - I-io... Che cosa ha d-detto? - - Eh? Adesso sei anche diventata sorda? Ho detto che devi darti una mossa, se non vuoi che ti cacci via da qui sul serio! È questo che succede a cercare di lavorare con ragazzine sciocche come te, che se la prendono per nulla e fanno di qualsiasi cosa una tragedia: avrei dovuto aspettarmelo! - alzò gli occhi al cielo con aria infastidita. - Vedi di muoverti a vestirti, mentre io ti aspetto fuori. - fece per voltarsi e per uscire, ma la corvina non poté trattenersi dal rispondergli. - No. - disse soltanto, attirando la sua attenzione. - No? Che vuol dire no? - se ne uscì, sbalordito: nessuno aveva mai osato ribattere contro di lui. Marinette alzò finalmente lo sguardo verso di lui. I suoi occhi puntati dritti in quelli dell'altro non lasciavano spazio ad alcun dubbio: non era più il tempo di lasciarsi mettere i piedi in testa a quel modo. Infatti, subito dopo che ebbe tirato su un altro lungo respiro, parlò con voce alta e sommessa: - Vuol dire che non lo farò. Non ho intenzione di lasciarmi trattare in questo modo da lei. - piantò i piedi per terra e incrociò le braccia al petto per sottolineare le sue intenzioni. - Che cosa? - l'altro, dal canto suo, cercava di rimanere quanto più calmo possibile, ma quella ragazzina gli stava facendo saltare i nervi più di qualunque altra avesse mai incontrato. - Ha capito perfettamente. Non obbedirò agli ordini di una persona che non mi porta rispetto, neanche se si tratta di un adulto. Sarò anche una ragazzina, come dice lei, ma non sono di certo una stupida. - e, detto questo, fece un passo in avanti e si frappose tra lui e la porta, afferrando la maniglia con la mano destra. - Il solo fatto che tu abbia avuto la geniale idea di presentarti qui con un abito del genere, e abbia creduto di poter essere apprezzata per le tue qualità ti rende una stupida. Credevi davvero che una della tua età potesse seriamente essere presa in considerazione da degli stilisti affermati che hanno anni ed anni di esperienza alle loro spalle? Che illusa! Ne hai di strada da fare per poter entrare nel mondo della moda! - sogghignò alle sue spalle. Quelle parole la ferirono più di quanto avrebbero potuto fare migliaia di chiodi impiantati sulla sua pelle, ma Marinette giurò a se stessa che non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederla crollare. Per questo: - Se il mondo della moda è pieno zeppo di persone come lei, allora credo proprio che non vorrò mai più farci parte. - gli disse, un attimo prima di spalancare la porta della stanza ed andarsene via.
Serena
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