31.Scoperte e grandi delusioni
- Ma che diavolo... ? - iniziò Chloé, le sopracciglia bionde aggrottate in una smorfia incredula. - No, no, no, no! Deve esserci di sicuro un errore! Mio padre mi ha mandato qui per stringere una collaborazione con lei, e non di certo per ingannarla! - ribatté invece Adrien, infastidito dalla sfacciataggine dell'altro. Ma il signor Warlow non sembrava voler sentire ragioni: continuò a scuotere la testa e a negare tutto, certo di essere l'unico a conoscere la reale versione dei fatti. Ma, d'altro canto, il biondo non avrebbe mai potuto credere a una cosa del genere. Insomma, non che suo padre fosse uno stinco di santo, ma che addirittura avesse aggirato il suo stesso figlio per realizzare il proprio sporco intento pareva del tutto assurdo! - So che per voi non deve essere facile apprendere una notizia di questo tipo così dal nulla, oltre che da un quasi completo sconosciuto, e comprendo anche tutto lo sdegno e la diffidenza che state provando in questo momento, ma purtroppo sono costretto a ribadire ancora una volta la dura verità: Gabriel Agreste non è altri che un imbroglione. - dopo che ebbe incrociato le braccia al petto e li ebbe guardati con fermezza, l'uomo si risedette alla sua scrivania e prese a smanettare con il mouse del computer come se nulla fosse. Adrien, dal canto suo, dovette tirare su un grosso respiro, per non rischiare di svenire lì per terra in un istante a causa dello shock. Lanciò invano una breve occhiata all'amica rimasta ferma al proprio fianco fino ad allora, in cerca di anche soltanto un piccolissimo segno di conforto da parte sua. Ovviamente sarebbe stato del tutto inutile supporre che Chloé ne sapesse più di lui, dal momento che erano stati manipolati entrambi, almeno a detta dello stilista. Manipolati per cosa, poi? Per tenere occupato Warlow il tempo necessario affinché a lui e alla sua "squadra di hacker professionisti" fosse possibile fare piazza pulita dei suoi progetti per la collezione autunno-inverno dell'anno successivo? Lo trovava ridicolo: il marchio Agreste era quasi sempre stato uno dei più venduti sia a Parigi che in molte altre città francesi, perché spesso poteva vantarsi di avere una marcia in più rispetto alla concorrenza. Oltretutto, non ricordava neanche una singola volta in cui suo padre avesse dato segni di difficoltà o di blocchi creativi. Perché mai avrebbe dovuto farlo, allora? C'era qualcosa che ancora non gli quadrava. Si sentiva spossato, non molto in sé: sapeva che avrebbe fatto molta a fatica a non prendere le parti del padre e a non urlargli contro per la rabbia, se avesse provato ancora ad intrattenere una conversazione seria con quell'uomo. Fortunatamente, ancor prima che potesse pensare di aprire bocca per parlare, fu Chloé ad accorrere in suo aiuto: - Mi faccia capire... Lei sta insinuando che il signor Agreste abbia tentato di ingannarla sin dal primo momento in cui siete entrati in contatto per collaborare? - domandò, dopo un breve attimo di esitazione. - Sì, esatto. Qualche mese fa è stato lui a cercarmi, a dire il vero: probabilmente era venuto a conoscenza di alcuni dei miei ultimi successi riportati grazie all'espansione del mio team di lavoro e alla creazione di una nuova sede in Francia... - non un briciolo di vanteria nella sua voce. Piuttosto, pareva quasi che stesse esplicando un semplicissimo dato di fatto. - Lì per lì non mi sono reso conto delle sue intenzioni, perché all'inizio pareva realmente interessato a voler lavorare con me. Mi chiese addirittura aiuto per l'ideazione di un intero nuovo brand, e non nego di esserne rimasto parecchio stupito: ero certo che il suo non stesse avendo alcun tipo di problema! Così ho provato a domandargliene il motivo, ma lui ha cercato in tutti i modi di sviare l'argomento, e da lì ho capito che semplicemente non ne avremmo più parlato. D'altronde, io non ne ero molto informato, ma... Facendo qualche ricerca, non ho potuto fare a meno di capire che, almeno il più delle volte, comportarsi in maniera così tanto gentile ed affabile con altri stilisti non fosse tanto nelle sue corde, per cui mi é sembrato strano che avesse scelto di cambiare approccio per la prima volta per confrontarsi con me. - si fermò un attimo per alzare gli occhi sui suoi due interlocutori e per accertarsi che fossero ancora lì ad ascoltarlo, dal momento che non li aveva sentiti battere ciglio nemmeno per un secondo. Il volto del biondo era finalmente disteso, notò: non vi era più alcuna traccia di nervosismo, ma soltanto di lieve preoccupazione. Infatti, arrivato oramai a quel punto, l'unica cosa che gli premeva sapere era che suo padre non si fosse cacciato in qualche guaio troppo grosso per lui. La ragazza invece, lo stava ancora fissando, in attesa che continuasse il suo racconto. Dall'espressione impassibile che le distendeva le labbra in una linea dura, era praticamente fuori discussione cercare di scoprire cosa le stesse frullando per la testa. Lo stilista la accontentò: - Così, per sicurezza, ho deciso di iniziare ad indagare un po' sul suo conto, e non ho fatto fatica a scovare i primi indizi di ciò che vi ho appena raccontato. - incrociò le proprie mani davanti al petto, continuando ad alternare lo sguardo tra lo schermo del pc e i volti di Adrien e di Chloé, ancora piuttosto interdetti. - Venite: vi mostro ciò che abbiamo trovato. - quando li invitò ad avvicinarsi a lui con un cenno del capo, nessuno dei due si fece pregare. Persino nel ragazzo infatti, la curiosità di scoprire che cosa fosse realmente successo superava di gran lunga l'astio che provava nei confronti di quell'uomo. In quel momento più che mai, a dire il vero, avrebbe dovuto non sopportarlo affatto, considerate le gravi accuse che stava rivolgendo a suo padre, nonché al suo capo. - Questa è una registrazione che alcuni miei informatici di fiducia sono riusciti ad estrapolare dal mio stesso computer al momento di uno dei suoi primissimi tentativi. - disse, e mostrò loro il filmato. - Ciò che li aveva fatti insospettire sin da subito era stato un aumento eccessivo dell'attività di uno dei miei hard disk contenenti file e password fondamentali per alcuni dei programmi con cui io e il mio team mandiamo avanti l'azienda. E la cosa più strana é l'orario in cui solitamente lo si registrava: all'incirca tra le ventiquattro e le cinque del mattino. - spiegò. Nel frattempo, sullo schermo del pc apparvero delle immagini che testimoniavano il rilevamento di file dai nomi sospetti da parte di più sistemi di antivirus personali. - Per di più, da una settimana a quella parte il mio firewall aveva iniziato a segnalare e a bloccare un tipo di pacchetti provenienti tutti dallo stesso indirizzo. Inutile a dirsi: si sono rivelati ancora una volta frutto di un tentativo di hackeraggio da parte di Gabriel. - terminò così, quasi in contemporanea con il video che aveva mostrato loro. - Non saprei più cos'altro aggiungere per provare che ciò che dico sia vero, per questo vi prego di credermi: nel momento in cui sono dovuto venire a patti con tutta questa storia, ho cercato di auto-convincermi anch'io che si trattasse soltanto di un enorme malinteso, perché mi sembrava insensato che un uomo facoltoso come lui potesse pensare di ricavare qualcosa da me, ma evidentemente mi sbagliavo. - pareva sul serio rammaricato di dover demolire il quadro luminoso e perfetto che i due modelli si erano creati di lui. - Ho voluto aspettare di collezionare quante più prove possibili, prima di rientrarci di nuovo in contatto per convocarlo qui di persona ed avvisarlo che, se non avesse smesso immediatamente, avrei cominciato a perseguirlo per vie legali, ma... Ho realizzato di essere stato fin troppo buono e clemente nei suoi confronti solo quando ho scoperto che non si sarebbe mai presentato qui da me, e che piuttosto avrebbe usato voi due come pedine del suo piano. - sospirò. - Mi dispiace tanto, davvero. - disse, infine. Non arrivò alcuna risposta per un bel po', perché nei minuti successivi ci fu soltanto un lungo silenzio imbarazzante a riempire la stanza. Dopodiché: - Ha già sporto denuncia? - domandò Adrien, con occhi assenti. John Warlow scosse la testa. - No, - esclamò - a questo punto non credo che lo farò. - lasciandoli stupiti. - Cosa? E perché? - intervenne Chloé. - Perché non ne varrebbe la pena. Ci sarebbero troppe rogne, considerati il tribunale, gli avvocati e tutto il resto. Avrei voluto che la situazione si rimettesse a posto da sola, ma purtroppo non é stato così. - esitò un attimo, prima di uscirsene con un: - Be', non si può avere tutto dalla vita, no? - e ridacchiare, ma senza alcuna allegria. - La ringrazio, signore. Anche se in questo momento avrei voglia di strangolarlo con le mie stesse mani, la prospettiva di farlo attraverso le sbarre di una prigione non mi attrae più di tanto. - sbuffò, passandosi una mano fra i capelli biondi. - A questo punto, direi che la nostra permanenza in questo paese non ha più un senso, per cui credo proprio che ce ne torneremo a casa. Stia pur certo però, che tutta questa storia non sarà affatto bella che dimenticata. Non per me, almeno. - - Non per noi. - aggiunse l'amica, prima che entrambi si lanciassero uno sguardo di intesa e si preparassero a lasciare lo studio dello stilista per l'ultima volta.
Serena
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