21.Non c'è alcuna speranza di cambiare?
Chloé sospirò, un attimo prima di mettere piede in doccia e di catapultarsi letteralmente sotto al suo getto d'acqua fredda. Si sciacquò il viso, il corpo e persino i capelli, insaponando il tutto con del bagnoschiuma al cocco. Quello era uno dei pochi momenti liberi che aveva a disposizione per sbrogliare l'enorme groviglio di pensieri incasinati che, giorno dopo giorno, non facevano altro che sommarsi gli uni agli altri, influendo irrimediabilmente sul suo stato d'animo e sul suo modo di agire nei confronti delle altre persone. Naturalmente, tutti coloro che la ritenevano una "senza cervello" non ci avrebbero scommesso nemmeno un euro, eppure era così: sotto tutti gli strati superficiali di indifferenza ed acidità, anche lei era umana e, come tale, aveva pieno diritto di compiere degli errori. Certo, i suoi andavano avanti da praticamente tutta la vita, ma questo era un altro conto. La verità però era che, nonostante le sue buone intenzioni, la sola idea del cambiamento la spaventava a morte. Era terrorizzata da quello che sarebbe potuta diventare, oltre che dal modo in cui avrebbero reagito gli altri di fronte alla nuova Chloé... Era sola, era sempre stata sola sin dall'abbandono da parte di sua madre, ed era stanca di continuare a vivere nel passato. Aveva perso tante possibilità di costruirsi nuove amicizie soltanto a causa della propria diffidenza nel prossimo, perché: "La gente é cattiva, tesoro. A loro non interesserà mai conoscerti per quello che sei, ma soltanto per il tuo cognome e per i tuoi soldi. Ricordatelo sempre: non fidarti mai di nessuno, tranne che del tuo papà." Era questo il messaggio che le era stato inculcato sin da piccola, quando la boccia di vetro in cui era stata rinchiusa non aveva ancora cominciato a creparsi. Mentre ripercorreva con la mente i ricordi della propria infanzia, l'acqua che le bagnava la pelle, infiltrandosi al suo interno, era diventata oramai ghiacciata, e le cominciò a donare scariche di brividi lungo tutta la spina dorsale. Ma non importava: in quel momento, c'erano solo lei ed i suoi pensieri, nulla di più. Così, continuò a rimanere ferma lì dove si trovava, a fissare il soffitto con le ginocchia strette al petto e con la testa appoggiata al muro del bagno per un tempo indefinito. Le sue labbra avevano ormai assunto una tonalità bluastra, quando: "Basta" si disse, "Non posso più continuare in questo modo" e si rialzò, seppur priva di forze. Dentro di sé, era sempre stata la sua parte peggiore a prendere le decisioni e a metterle in pratica. Era stufa di dover sempre darle retta, di piangersi addosso e di rimanere costantemente lì seduta ad aspettare che qualcuno la tirasse su e le dicesse: "Ti aiuto io". L'unica che avrebbe potuto dare una svolta alla sua vita era proprio lei: Chloé Bourgeois. Fu per questo che si alzò, girò la manopola della doccia ed uscì dal bagno, non prima di aver indossato il proprio accappatoio giallo canarino. Inutile dire che rimase davvero sorpresa di trovare Adrien dall'altra parte della porta. - Adrien... - fu sul punto di domandargli il perché si trovasse lì, ma l'espressione che campeggiava sul volto dell'altro le fece cambiare idea all'istante: era palesemente arrabbiato per qualcosa. Infatti, la bionda si accorse che le sue mani stessero stringendo il proprio cellulare così tanto forte da farsi diventare le nocche bianche. A primo impatto, non si poteva certo dire che fosse entusiasta di averlo ritrovato... - Chloé, che significa? - domandò, con voce ferma, indicando la sua borsa aperta posata sul comò. Lei si ritrovò, per un attimo, ad annaspare. Aprì e chiuse la bocca più e più volte quasi come un pesce, in cerca di una risposta da dargli: non ricordava di averlo messo lì dentro... - I-io... - provò a parlare, ma le parole le si bloccarono in gola. Dove erano andate a finire le sue buone intenzioni? Di cambiare? Di diventare una persona migliore? Tutte spazzate immediatamente via dalla paura. - Adrien, non è come sembra... - mise le mani in avanti, tentando di difendere l'indifendibile. - Ah, non è come sembra? A me pare proprio che questo sia il mio telefono, e che tu l'abbia nascosto per tutto questo tempo qua dentro, facendo finta di non saperne nulla. Sbaglio? - la sua voce si alzò di parecchie tonalità, mentre il suo viso cominciava ad arrossarsi per la rabbia. Chloé poteva persino scorgere la vena del suo collo farsi più evidente: non l'aveva mai visto così tanto agitato da quando lo conosceva. - N-no, non sbagli. Però... io te lo avrei restituito, t-te lo assicuro. È solo che ho dimenticato di averlo lasciato in borsa e... - le sue dita iniziarono a tremare, così come la sua voce, d'improvviso fattasi più simile ad uno squittio spaventato. "No, non di nuovo." - Certo, come no. E quando, sentiamo? A Parigi? - iniziò. - Ma ti senti quando parli? Spari così tante balle da non accorgertene nemmeno. Stupido io che per un attimo ho creduto potessimo tornare amici come una volta. - si fermò un attimo, per poi riprendere subito dopo: - La verità é che ho sempre tenuto tanto a te, anche quando i miei amici credevano non ne valesse la pena. - ed era vero: Adrien era l'unico che le era stato accanto quando più ne aveva avuto bisogno. Ma, in quello stesso istante, l'occhiata di sufficienza impressa sul suo volto ed indirizzata verso di lei lo stava facendo assomigliare a tutti gli altri. Infatti: - Forse mi sbagliavo. - sputò, deluso. Nell'udire le sue parole, la bionda si sentì come se qualcuno le avesse appena estratto un coltello dal petto. Lei, che non aveva mai più dato l'opportunità a nessuno di ferirla, era stata appena pugnalata alle spalle proprio da quell'unica persona con la quale aveva creduto di potersi finalmente confidare. Ma allora perché continuare a provarci, se il solo risultato che riusciva ad ottenere fosse questo? In quel frangente, la sua scelta migliore sarebbe sicuramente stata tirar fuori la sua lingua lunga e difendersi dalle accuse dell'altro al meglio che poteva, ma non ci riuscì. Dopotutto, Adrien non era uno qualunque. - Perché mi parli in questo modo? Tu mi conosci meglio di chiunque altro: sai benissimo quello che ho passato, e sai anche che sto ancora cercando di uscirne. Non puoi venire qui in camera mia e giudicarmi come se nulla fosse! Non mi sembra che tu sia perfetto e che possa permetterti di parlarmi di cosa merito o non merito di avere! Il vecchio Adrien, quello che reputavo mio amico, credeva tanto in me. Spiegami: adesso dove é finito? - gridò, con le lacrime agli occhi. - Dove vuoi che sia finito? È cresciuto, Chloé! Non siamo più due bambini: è ora che tu apra gli occhi, perché il mondo degli adulti è ben diverso! Sono finiti i giorni in cui ci si travestiva, in cui si giocava a fare i supereroi! Non è più tempo di giochi, di scherzi. Oramai è tardi per tornare indietro. - rispose, in un tono che non ammetteva repliche. Ma Chloé non si lasciò scoraggiare: - Questo lo dici tu! La vita é fatta di tante cose, ed io non voglio perdere la speranza. Un giorno, lo stesso ragazzino che tu reputi ormai cresciuto mi ha accolto in casa sua come se nulla fosse, e mi ha offerto il suo aiuto. È stato proprio in quel momento che ho cominciato a desiderare di diventare come lui perché, specchiandomi nei i suoi occhi, sono riuscita finalmente a capire quanto avessi torto riguardo alla vita che conducevo. - spiegò, con un nodo che le stringeva forte la gola. - Mi credevo migliore di tutti gli altri, ma in realtà ero soltanto incredibilmente insicura di me stessa, ed è stato grazie a te che l'ho compreso! Ti prego, Adrien: dimentica tutto quello che é successo tra di noi in quest'ultimo periodo. Perdonami per quello che ho fatto, ma cerca di capirmi: ho davvero dimenticato di averlo lasciato nella mia borsa, non ti sto mentendo! - lui le lanciò uno sguardo piuttosto scettico. - Ne sei sicura? - le domandò, alzando un sopracciglio. Lei annuì: - Te lo giuro, Adrien. - lui ci mise un po' a rendersi conto di quanto quelle sue parole fossero sincere: avrebbe voluto essere assolutamente sicuro di non riporre la sua fiducia nella persona sbagliata. Decidendo di ascoltare il suo cuore però, che gli suggeriva che sì, anche lei meritasse di essere perdonata, non poté fare a meno di acconsentire. Perciò, dopo aver continuato a scrutarla con quei suoi occhi color smeraldo, il ragazzo sospirò e: - Va bene: allora vorrà dire che farò finta non sia successo niente. - esclamò. - Ma ad una condizione... -
Serena
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