Alone
Comincia a correre velocemente per tutta la scuola, così da arrivare al suo ingresso.
Percorre corridoi lunghissimi, apre le porte che gli si piazzano davanti, per poi lasciarle sbattere violentemente dietro di sè, rischia di far cadere qualcuno, che sia bidella o professoressa.
Ma a Lorenzo ciò non gli importa più di tanto.
Avrebbe potuto avere altre punizioni o, peggio ancora, essere espulso.
Ciò non ha senso, se l'unica persona che ti vuole bene sta scappando da te e tu non riesci a raggiungerla.
E'come quando due bambini giocano ad acchiapparella.
Uno tenta di non farsi prendere dall'altro.
Non si sa se quel qualcuno riesca ad afferrarlo. Non c'è certezza.
E se non ce la facesse veramente? L'altro bambino continuerebbe a scappare, senza una meta, aspettando il compagno, che, però, si è arreso.
Ma quello che corre, come può saperlo?
Semplicemente, continua ad andare velocemente verso zone ignote, lontano dall'amico, il quale rimane solo, perchè sa che quel qualcuno che stava con lui non tornerà mai più.
Non può più recuperarlo.
Entrambi si ritrovano così distanti, ognuno pensa per sè e nessuno cerca di far tornare tra loro quel legame così potente, l'amicizia.
E' questo quello che succederà nella relazione tra Charlotte e Lorenzo, se il ragazzo non riesce a recuperarla.
Arriva all'ingresso dell'istituto ed esce dal portone.
Si ferma sulle scalinate, cercando di guardarsi intorno.
Respira profondamente per via della corsa appena fatta.
Ci sono almeno un centinaio di studenti nel cortile.
Come può pretendere di ritrovare la sua amica?
C'è chi si avvia velocemente verso il cancello, perchè ha fretta e tanta voglia di rivedere la sua casa, chi si ferma a chiacchierare con gli amici sotto un albero, presente nel patio, chi piange a causa del fatto che viene escluso, perciò si ritrova solo ed abbandonato, chi è arrabbiato per via di un brutto voto ed ha paura della possibile reazione dei genitori e chi, più semplicemente, si ritrova seduto sull'erba, a leggere un libro o ad ascoltare un po' di musica con le cuffiette nelle orecchie e il cellulare in mano.
E se Charlotte si fosse immischiata tra loro e li stesse imitando per non farsi vedere?
No, è impossibile. Lei è unica. La distinguerei anche tra mille di questi ragazzi. -pensa il ragazzo nella sua mente, continuando ad osservare attentamente ognuno dei loro volti.
Sospira con rammarico quando nota che l'amica non è tra di loro.
Se ne sarà già andata! Complimenti, Lorenzo! L'hai persa per sempre. -afferma poi tra sè e sè.
Si mette seduto sulle scale.
Le mani sul suo viso, come se fosse una persona che, dove aver fatto un guaio grave, stesse cercando di nascondersi da tutto, la testa china verso il basso, tantissimi pensieri negativi che dominano la sua mente, così confusa e un fiume di lacrime che esce dai suoi occhi, ma, ovviamente, avendo il volto coperto, nessuno se ne accorge.
Perchè occultare i suoi sentimenti? Semplicemente, vuole fare la parte dell'uomo forte, altrimenti sarebbe diventato lo zimbello di tutta la scuola.
Ma ciò non gli impedisce di piangere in silenzio, all' oscuro degli altri studenti.
I suoi arti cominciano a bagnarsi con ogni lacrima amara che egli lascia scendere sulle sue guance.
Sembra una persona così debole e ne è consapevole, però non riesce a fare a meno di piangere.
Passa il tempo molto velocemente.
Da che era mattina, è giunto il pomeriggio, per poi passare alla sera.
La fioca luce del tramonto è l'unico bagliore che illumina il ragazzo, ancora rattristato.
Tutti gli studenti non l'hanno badato minimamente, anzi l'hanno lasciato a se stesso.
Nessuno si è preoccupato di rivolgergli la parola, per dirgli: -Ehi! Dovresti tornare a casa. E' ora di lasciare questo istituto! -.
Nemmeno le professoresse o le bidelle, uscendo, si sono degnate di guardarlo o di instaurare un dialogo con lui.
Solo, abbandonato da tutti.
Aveva trovato un'amica, ma se l'ha lasciata sfuggire.
Come il vento gelido, durante l'autunno, fa volare via le foglie rinsecchite dagli alberi e le fa cadere per terra, dove vengono calpestate da tutti, i quali non ci fanno molto caso, allo stesso modo Charlotte se ne è andata dalla sua vita, forse per sempre e lui si ritrova quasi fosse schiacciato da se stesso, dal suo essere così impiccione quando le persone devono avere la loro privacy, dal suo riuscire a combinare guai con qualcuno, l 'unico, che gli vuole veramente bene e gliel'ha dimostrato ogni giorno, a partire dalla loro conoscenza.
Perchè deve essere così stupido, a volte?
Lei aveva ragione, se è un no, è un no e io, come un'infantile, a obbligarla a darmi spiegazioni, gridandole addirittura contro.
Cosa mi è passato per la testa in quel momento? Mi sono comportato come un mostro!
Se lei decidesse di perdonarmi, io non me lo meriterei.
Perchè ho fatto questo cambiamento? Da quando in qua io aggredisco la gente se non vuole obbedirmi! Insomma, non sono un generale! Cosa pretendevo?
Ora ne pago le conseguenze! -pensa Lorenzo tra sè e sè.
Toglie lentamente le mani sul suo viso, ormai rosso. Questo colore adorna anche i suoi occhi, ancora velati dalle lacrime, che prima esprimevano così tanta felicità che sarebbero stati capaci di gioire chi stava intorno al ragazzo.
A contornarli, delle occhiaie profonde, così come le sue iridi, diventate voragini nere.
Chi ha il coraggio di guardarle, in quello stato, si spaventerebbe sicuramente.
Lorenzo si alza lentamente dallo scalino, nel quale era seduto e rivolge il suo sguardo, stanco di tutto, a partire dalle lacrime, verso l'orizzonte.
Anche il sole l'ha abbandonato, così come Charlotte e tutti i suoi compagni.
E' in questa scuola da poco e già si ritrova così solo...dimenticato.
Ormai, il ragazzo è avvolto dal buio che adorna il cielo notturno e dal silenzio che lo circonda, così assordante.
Ad un tratto, parte una musichetta, che fa sobbalzare Lorenzo dalla paura.
Ah! E' solo il mio cellulare! -esclama lui, calmandosi.
Risponde alla chiamata. E' sua madre.
Lorenzo! Ma dove sei? Sai che mi hai fatto preoccupare, vero? Ritorna a casa! -grida la donna dall'altro lato del telefono.
Ma, tranquilla. Sto bene. Avevo l'intenzione di stare in giro tutto il pomeriggio, ma mi sono scordato di avvisarti. -dice Lorenzo, cercando di essere il più credibile possibile.
Con chi? -risponde la madre, calmando un po' il tono di voce.
Con...Charlotte! L'ho accompagnata a casa poco fa! -afferma il ragazzo sicuro.
Ok, anche per questa volta passi. Vieni a casa. Tra poco è pronta la cena! -esclama la donna sospirando.
Ok, ciao mamma. A dopo! -conclude Lorenzo la conversazione, per poi staccare la chiamata.
Beh, a quanto pare, è giunta l'ora di andare! -dice tra sè e sè.
Scende gli scalini e si avvia verso il cancello.
Lo supera e comincia ad incamminarsi per le strade di Torino, indisturbato.
In mezzo a tutta quell'oscurità, solo la sua ombra si può distinguere, sempre se l'occhio che lo guarda è attento.
E quell'assenza di rumori è così inquietante, da riuscire a mettere al ragazzo il dubbio di essere veramente esaminato da qualcuno.
Lui si gira di scatto, ma non vede nessuno.
Questo pensiero viene scacciato dalla sua mente e Lorenzo si volta e continua a camminare tranquillo.
E se, invece, ci fosse davvero una persona che l'osserva e lui non se ne sarebbe accorto?
Magari, un qualcuno di familiare...fin troppo? Chi può saperlo!
Spazio scrittrice
Lorenzo piange perché è un pimpoh molto infantile!
Voi che non lo sapevate...beh, ora l'avete imparato.
Allora, questo è il primo capitolo in cui ho tentato di migliorare nel descrivere i particolari.
Vi riformulo la domanda che ho scritto nell'altra storia: con questo cambiamento, vi sembra che la storia migliori?
Fatemelo sapere qui giù. Lasciate anche un voto o un altro commento.
E noi ci rivediamo ad un prossimo capitolo.
Bye! <3
Ps: come ho scritto in LH, probabilmente, essendo fuori tutto il giorno, non riuscirò a scrivere qualcosa per domani.
Non dispiacetevi.
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