5. Avevi detto che non mi avresti avvelenato!

<<Carciofi ripieni con Nutella? Mi prendi per il culo, vero?>>, brontola Q fissando disgustato il piatto davanti sé.

<<Avevi detto che non mi avresti avvelenato.>>, aggiunge spostando lo sguardo su di me.

<<Oh, andiamo Quent, sono deliziosi! Ho trovato questa ricetta online che mi ha ispirata tantissimo! Assaggiali, su.>>, lo prego togliendomi il grembiule e riponendolo sulla sedia.

Mi pulisco le mani nei pantaloni, sporcandomi di farina, non capendo perché, dal momento che non ho usato la farina oggi.

<<Io non rischierei.>>, s'intromette Lottie seduta davanti a lui. Anche lei guarda i carciofi con aria schifata.

<<Da quando siete così sofisticati? No, perché sono certa, che anche nel miglior ristorante di Providence vi serviranno qualcosa del genere, magari con un nome più raffinato.>>

Lottie senza dire una parola si alza e se ne va.

<<Te li incarto, magari dopo ti viene voglia...>>

Sento la porta d'entrata sbattere, e deduco che se ne sia andata proprio dall'appartamento. Quentin scoppia a ridere passandosi una mano sul viso, esasperato.

Si alza da tavola anche lui, andando verso il frigo, - che a parer mio è troppo grosso per uno che vive da solo, ma lui, dopo aver visto Mad Max per la sesta volta, sostiene che non c'è mai abbastanza cibo in caso di un'apocalisse -, tirando fuori un contenitore ermetico.

Quando apre il contenitore per poco non ci rimango secca.

<<Spaghetti al sugo? Ma allora sei tu a prendermi per il culo!>>, i miei occhi si riducono in due fessurine che lo scrutano in malo modo.

<<Guarda che carciofi e nutella sono il cibo più buono mai abbinato!>>, continuo.

Cerca di trattenere una risata e subito dopo spinge il suo piatto sulla tavola, mettendomelo davanti.

<<Se sostieni questa bizzarra teoria allora mangia.>>

<<Tutto.>>

<<Oh, non oseresti mai Miller.>>

<<Non è quello che ho appena fatto?>>, sogghigna soddisfatto.

<<Se li mangi tutti ogni giorno da qui a un anno ti porterò la colazione ogni mattina, ovunque tu sarai. Ma se vinco io, tu dovrai portarmi o a pranzo o a cena fuori per sei mesi. Ci stai?>>

Sbuffo e prendo in mano la forchetta.

<<Va bene, sai che non posso dire di no.>>, grugnisco e dopo aver messo in bocca una forchettata della roba che ho cucinato, inizio a masticare faticosamente.

Io e Quent, da quando siamo amici abbiamo una specie di codice da rispettare, che è più una scommessa perenne. Dobbiamo sempre accettare tutte le scommesse che uno di noi impone all'altro, e in caso di rifiuto o perdita, ci sarà un'orribile penitenza.

L'anno scorso, l'ho sfidato ad andare in Florida solo per prendermi del gelato, e lui ci è andato piuttosto che andare in giro per il campus in mutande con una fila di salsiccia attorno al collo. Invece un'altra volta, mi ha sfidato ad andare al matrimonio di due sconosciuti, imponendomi di salire sull'altare per baciare lo sposo. L'ho fatto, anche perchè la penitenza consisteva nel leccare la suola di tutti i miei compagni del corso di letteratura Americana.

Inghiottisco con difficoltà il carciofo, e ne intingo un altro nella Nutella, mettendolo in bocca, sotto lo sguardo attento e divertito di Quent, che scoppia a ridere nemmeno due secondi dopo.

<<Buono?>>, mi domanda cercando di trattenersi.

Quentin mi tiene i capelli mentre vomito nel water.

<<Stai bene?>>, mi domanda quando mi appoggio alla tavoletta, stremata. La cosa non è molto igienica, ma al momento non mi sembra una cosa poi così importante.

<<Sto vomitando, ma appena finisco andiamo a pascolare per i campi con Heidi.>>, mormoro pulendomi con un pezzo di carta igienica.

<<Non sapevo che Heidi oltre ad essere un personaggio dei cartoni fosse anche una capretta.>>, mi sorride sedendosi per terra vicino a me.

Abbozza un sorriso, e mi sento improvvisamente triste.

<<Perché sei così buono con me?>>, gli chiedo dopo qualche minuto di silenzio.

<<A volte ti tratto male, come oggi, sono scorbutica quando ho le mie cose, ti chiamo se ho fame e sono sempre irritabile. Ma tu nonostante me ci sei sempre.>>

<<Proprio perché sei tu non me ne vado. Quando hai le mestruazioni, quando sei acida, quando sei irritante, io ti voglio bene sempre. E poi sei dannatamente bella con quei tuoi occhi azzurri, i capelli biondi, le ciglia e il tuo sorriso...>>

Trattiene un sorriso, e sulla sua guancia si formano delle fossettine.

<<Scherzi, vero? Capelli ramati, spettinati, il metro e novantasette, le lentiggini, gli occhi verdi, il fisico, la barba, l'intelligenza, la dolcezza... Sei la persona che ogni ragazza vorrebbe al proprio fianco. Nora è fortunata, forse anche troppo. E mi spaventa quando un giorno capirai che se ti liberi di me, vivrai meglio.>>, blatero senza capirci più nulla.

<<Thantophobia, la paura di perdere qualcuno che si ama.>>

<<Non mi perderai così facilmente Lyn. Sarò sempre qui.>>

Bastano quelle semplici parole per farmi singhiozzare. Delicatamente si alza tenendomi la mano. Afferra una bacinella e poi mi trascina in camera sua, facendomi sdraiare sul letto.

<<Sai, la cosa positiva è che ho vinto io, perciò ti toccherà portarmi la colazione tutte le mattine per un anno.>>, ridacchio a bassa voce mentre lui alza gli occhi al cielo.

Appoggia la bacinella per terra, accanto alla mia parte del letto e poi si sdraia vicino a me con un libro in mano. Lo apre, e con l'altro braccio mi circonda le spalle.

<<Vorrei poter suonare quei violini/che solo a notte adeguano le stelle/ e dirti e dirti che così vicini/possiamo amare tante cose belle;/ma tu ti rifugi nel silenzio/delle tue stanze e non odi oscuro/questa divina musica lontana/che sì mi batte in cor tanto sovrana/che mi fa meraviglia delle stelle./ A te ho dato le cose mie più belle. Vorrei poter suonare di Alda Merini.>>

M'incanta con le sue poesie trascritte a mano su un libro dalla copertina rigida. Le più belle poesie che ha trovato da quando era un ragazzino. Un po' come mio nonno e le sue parole. Con la differenza che Quent ha quasi dieci libri pieni di poesie.

<<Un'altra, per favore.>>, lo scongiuro asciugandomi le lacrime.

<<Fin che ci trema il cuore./Hanno detto un tuo nome/Ricomincia la morte/Cosa ignota e selvaggia,/ sei rinata dal mare. Cesare Pavese.>>

Restiamo tutta la notte a leggere ogni poesia di ogni libro. Rimango incantata da parole che mi fanno riflettere, e del suo braccio intorno a me come uno scudo.

Mi sveglio di soprassalto aprendo gli occhi di scatto. Sento parecchio caldo, e voltandomi di lato, trovo Quentin a un millimetro dalla mia faccia, appiccicato a me come una cozza. La sveglia che riflette l'ora sul soffitto segna le sei di mattina; peccato solo che siamo andati a dormire alle cinque.

Devo muovermi a tornare nel mio appartamento, anche perché ho tutti i libri lì. Per giunta devo anche farmi una doccia e cambiarmi dal momento che puzzo ancora di vomito.

Guardo per qualche istante il mio migliore amico, e non fatico a credere che sembra un Deo Greco anche quando dorme. Lo scruto di profilo, i suoi lineamenti perfetti, che gli danno quell'aria dolce e autoritaria allo stesso tempo. Com'è che io sempre sempre uno dei personaggi del film Disney 'Trolls'?

Cerco di uscire dal letto senza svegliarlo, ma ha il sonno troppo leggero.

<<Dove vai?>>, chiede senza neppure aprire gli occhi, come se stesse ancora dormendo. Con un gesto quasi impercettibile mi afferra con il suo braccio attirandomi a sé ancora di più.

<<Torno nel mio appartamento. Se la mia mamma questa mattina non mi trova nel letto mi metterà in punizione...>>, dico tentando di riprodurre la vocina più irritante che mi riesce.

<<... e se poi mi mette in castigo, -come in tutti i film che ho visto-, visto che non ho un ragazzo, dovrai arrampicarti sull'albero per raggiungere la mia finestra, e a quel punto entrerai e...->>, mi blocca aprendo gli occhi di scatto.

<<Da quando hai un albero che arriva fino al settimo piano davanti a casa tua?>>

<<Da quando non mi lasci andare a lezione. Avanti Quent, o dovrò continuare, e sai che non mi faccio troppi problemi a romperti le palle.>>, ribatto seria e mi lascia andare immediatamente.

Faccio un certo effetto alle persone; amo essere me.

<<A pranzo passo a prendere Nora, tu cosa hai intenzione di fare dopo le lezioni?>>, mi chiede spostandosi sul fianco.

<<Inizi allenamento oggi, perciò vengo anche io.>>, affermo con un sorriso stampato sul volto. Non posso dire lo stesso di lui, che sbianca di colpo.

<<No. Non verrai.>>

<<E perché non dovrei?>>

<<Ti odiano tutti. O meglio; hanno tutti una tremenda paura per te.>>

<<Ma questo non è vero!>>, continuo alzando le braccia in aria.

<<L'anno scorso hai fatto piangere il coach.>>

<<Non è un coach; mia nonna vi saprebbe allenare meglio.>>, brontolo incrociando le braccia al petto.

<<Visto?>>

Sbuffo sedendomi sul letto.

<<Da quando ti conosco non ho mai perso un allenamento, né tantomeno una partita, quindi verrò Miller. Sarò presente che tu lo voglia o no.>>

<<D'accordo. Promettimi però che non farai piangere nessuno questa stagione.>>, mi prega.

<<Staremo a vedere.>>, dico in un ghigno.

<<Staremo a vedere>>

La mattina sparo troppe cazzate, anche perché solitamente rimango nel mondo dei sogni fino alle undici e mezza come minimo.

Questa mattina, dopo essere andata a casa mia per una breve doccia, sono corsa in caffetteria per la mia quotidiana dose di energia giornaliera, ma avevano finito il caffè.

Ora, vorrei tanto che qualcuno mi spiegasse come diamine è possibile che una caffetteria rimanga senza caffè. Cos'è, sta arrivando l'apocalisse per caso?

Sbuffo lasciando ricadere la penna sul foglio, attirando l'attenzione di Hunter, che mi guarda divertito.

<<Perché sbuffa signorina?>>, mi domanda il professor Miller sedendosi sulla sua scrivania che ancora riporta segni di bruciatura. Ma con tutti i soldi che all'anno gli studenti lasciano per la retta non cambiano neppure una cavolo di scrivania?

<<Non è interessata all'argomento di lezione?>>

In effetti? No.

<<Oh, no, come può pensare una cosa del genere?>>, ribatto.

<<Allora eviti di pensare ad altro. Altrimenti, le ricordo che la porta è quella.>>, con la punta della matita che ha in mano, mi mostra la porta dell'aula alla sua destra.

Annuisco, e con la coda dell'occhio noto il Cacciatore alzare gli occhi al cielo. Qualcosa mi dice che non vanno molto d'accordo. Osservo meglio il professore che gesticola spiegando la lezione, e non ci trovo nulla di compatibile con suo figlio.

Per tutto il resto della lezione, fortunatamente, non penso a nulla e seguo, capendoci finalmente qualcosa. Al solo pensiero di dover sostenere un esame di lì a molto presto per poco non mi fa morire seduta stante.

Perché ho scelto giurisprudenza? Potevo fare la barista; almeno mi sarei assicurata di avere abbastanza caffè.

Il professore ci lascia andare via qualche minuto prima che l'ora finisca, perciò butto il libro e il quaderno nella borsa correndo poi verso il chioschetto, con la speranza che sia arrivato del caffè.

<<Un caffè.>> ordino speranzosa alla ragazza dietro al bancone. E' quella di ieri ed è nuova. Cerca di abbozzare un sorriso, ma si vede che è forzato.

<<Non ne abbiamo, mi dispiace. Oggi il fornitore ha deciso di scioperare.>> alza gli occhi al cielo con un sorriso tirato.

Perfetto: l'unica gioia di questa giornata si è appena frantumata insieme alla mia voglia di vivere. Rassegnata esco fuori dal piccolo bar, incamminandomi malinconicamente verso la panchina su cui mi sono seduta ieri.

<<Buongiorno!>> esclama Quentin dietro di me facendomi prendere un infarto. E' sbucato improvvisamente da dietro la panchina su cui mi sono appena seduta facendomi prendere un infarto. Mio Dio, cosa c'è di peggio di questa giornata?

<<Cosa ci fai qui? Non hai lezione ora?>> domando sorridendo. Fa il giro della panchina comparendomi davanti, con una tazza di caffè fumante in una mano e un croissant nell'altra.

<<Caffè?>> chiedo quasi sconcertata.

Annuisce.

<<Non ricordi più che ti devo dare la colazione ogni giorno?>>

Questa volta sono io ad annuire. Mi passa la bevanda ustionante e la brioche ancora calda, mi bacia sulla guancia e poi si incammina velocemente via, per andare a lezione.

<<Ciao! Ci vediamo più tardi!>>, urlo addentando il cornetto ripieno di crema spalmabile alla nocciola. La mia brioche preferita in assoluto; per questo neppure due minuti dopo è già nel mio stomaco.

Dato che la mia lezione inizia fra un po', decido di occupare il tempo leggendo parole intraducibili da un vecchio quaderno nero rovinato, che odora di una vita vissuta al massimo.

<<Abience. La forte urgenza di avere qualcuno o qualcosa.>>

Questa parola mi fa venire immediatamente in mente Quentin. Lo vedo limpido nella mia mente. Credo che il nostro rapporto sia la cosa più bella che ho.

<<Abience, bel termine; dice molto.>>

Alzo lo sguardo di scatto e mi accorgo di essere in compagnia. Ma perché la gente prova tanto piacere a farmi paura? Nessuno gli ha insegnato la frase 'ciao Aelyn, come stai?'; e poi: perché proprio il cacciatore?

<<E' sempre bello averti attorno.>>

<<Davvero?>>

<<Evidentemente non mi conosci ancora così bene da sapere che metà delle cose che dico sono sarcastiche. Anche la mia vita è uno scherzo.>>

Si siede di fianco a me. Anche lui in mano ha una tazza di caffè fumante.

<<Per questo voglio uscire con te. Piano piano imparerò a riconoscere quando scherzi da quando sei seria.>>

<<E' molto più semplice di quanto pensi: non sono mai seria.>>

Alza gli occhi al cielo esasperato.

<<Sei pronta per l'appuntamento?>>

Seriamente sta chiedendo questo alla persona meno organizzata sulla faccia della terra?

<<Oggi è solo martedì, all'appuntamento ci penserò solamente sabato mattina.>>, affermo prima di bere un sorso di caffè.

<<Ma l'appuntamento è venerdì sera.>>, sottolinea confuso.

<<Appunto.>>, sorrido quasi giocandomi di lui. Anzi, togliamo quel 'quasi'.

<<Ed ora, visto che hai rovinato l'unico momento bello ed interessante di questa giornata, se vuoi scusarmi, vado a lezione. Ci vediamo sabato.>>, prendo la borsa mettendola in spalla.

<<Venerdì.>>, urla quando sono già lontana.

<<Venerdì, giusto. Ciao cacciatore.>>, sbraito di rimando.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top