Epilogo

Consiglio: Ovviamente come ultima canzone dell'ultimo pezzo di questa storia, non poteva che esserci lei.
EVERY BREATH YOU TAKE ♥️
E per l'ultima volta vi scrivo queste parole: consigliata durante la lettura.
_________

Leggetela... 💫

P.O.V. Finn

<<Mills, tesoro, faremo tardi!>> chiamai mia moglie dal piano di sotto per quella che mi parve la milionesima volta.

La sua risposta distratta arrivò dopo qualche secondo, con voce grava e, potevo scommetterci, una punta d'ansia mal celata.
<<Finn, non trovo la mia collana di perle, quella che avevo anche ieri sera, sai dove l'ho messa per caso?>> mi gridò in risposta, dal piano di sopra.

Scossi la testa, mentre un sorriso rassegnato mi fioriva sulle labbra: in tutti quegli anni che la conoscevo, non era mai cambiata di una virgola.

Senza preoccuparmi di risponderle, imboccai le scale a chiocciola, salendo i piccoli gradini a due a due.

Fosse stato per me quei gradini sarebbero stati alti il doppio, eppure Millie non ne aveva proprio voluto sapere, quando le avevo accennato di farli leggermente più grandi.

<<Non esiste.>> aveva scosso la testa decisa.
<<Non tutti sono alti quasi due metri come te, sai? E poi è stancante fare scalini troppo alti...>> balbettò in un'espressione che non ammetteva repliche.

Sorrisi divertito a quel ricordo, mentre già divoravo gli ultimi due scalini.

<<Mille?>> la chiamai incerto, dall'inizio del corridoio,
<<Dove sei?>>

<<Qui.>> la sentii rispondere subito.
<<In camera da letto.>>

Mi diressi all'ultima stanza in fondo al corridoio con poche falcate, e spinsi l'anta della porta semichiusa, sporgendomi con il busto.

<<Ehi, tutto bene?>> attirai la sua attenzione, cercando di trattenere un sorriso divertito con scarso successo.

Millie era lì, già pronta nel suo vestito rosa cipria, a fasciarle l'esile figura, a lasciare le gambe scoperte... ed era bello, quel corpo che negli anni non mi aveva stancato mai una volta.
E mi bloccai così, i miei occhi si arpionarono a lei, come sempre succedeva. Feci scorrere le mie pupille, non perdendomi neanche una forma, neanche un lineamento del suo viso, delle sue labbra rosse e piene, delle sue mani esili, delle onde naturali che le disegnavano i capelli sciolti sulla schiena...

E la guardavo. La guardavo come sempre avevo fatto, a ogni respiro, a ogni movimento, a ogni passo che aveva fatto, io l'avevo guardata.

Ogni giorno di quella vita passata insieme, ogni parola che si era modulata sulle sue labbra, ogni sorriso e ogni lacrima, io l'avevo sempre guardata.

L'avevo guardata e l'avevo sempre vista.

<<Che stai facendo?>>

Mi riportò alla realtà, la sua domanda. Feci scivolare i miei occhi sul suo viso, per incontrare adesso un'espressione tra il curioso e il divertito, mentre mi rivolgeva un'occhiata interrogativa; un sorriso all'angolo delle labbra.

<<Ti sto guardando.>> risposi semplicemente, entrando finalmente nella stanza, chiudendomi la porta alle spalle.

<<Sei bellissima.>>

Lei arrossì, prima di abbassare il viso in uno sfarfallio di palpebre che malcelarono il suo imbarazzo.

E mi stupii come sempre, la bellezza di essere sensibili all'amore, anche dopo anni. La bellezza di lasciarsi trasportare anche nelle piccolezze quotidiane, che fosse un gesto o una parola.

<<Grazie...>> mi rispose in un sussurro.

Mi avvicinai a lei, un sorriso dolce a incunearmi le labbra, con il dorso della mano le poggiai una carezza sulle guance arrossate e fu in quel momento che lei alzò i suoi occhi su di me.

Mi investirono, quelle iridi caramellate, ci fu qualcosa di... arreso nel modo in cui i miei occhi la cercarono e la trovarono, la incatenarono a me.

E poi sorrise. Sorrise di me, perché lo sapeva. Lo capiva, il modo in cui sempre riusciva a incantarmi.

Scossi la testa, come a volermi tirar via da quella presa in cui il suo sguardo mi stringeva.

<<Allora? Cos'è che non trovi?>> le chiesi, le mie dita ancora ad accarezzarle la guancia.

Il suo sguardo si incupì: <<Ieri sera ho messo la colonna di perle, ricordi? Adesso vorrei rimetterla, ma non so proprio dove l'ho lasciata... Dio, ho una testa... Non ho idea di dove possa– >>

<<Aspetta qui.>> la interruppi in un secondo, già allontanandomi da lei.

<<Ehi ma cosa... ma dove vai?>>

Fu una domanda che sentii rimbombarmi sulle spalle, perché già uscivo dalla camera da letto.

Percorsi di nuovo tutto il corridoio, prima di raggiungere il bagno.

Non ci misi molto a trovarla, i miei occhi si posarono su di lei; su quel luccichio di bianco che spiccava sul vetro del lavabo d'appoggio.

<<Lo sapevo.>> sussurrai tra me e me, mentre mi avvicinavo e piano me la rigiravo tra le mani.

<<Trovata!>> gridai dal bagno, mentre già mi incamminavo nuovamente verso la camera da letto.

<<Amore, devi toglierti il vizio di togliere i gioielli in bagno, se finiscono dentro il tubo da scarico è un casino dopo e non è fac– .>>

Sentii un peso sul petto, braccia che mi si gettarono al collo, mentre restavo con un pugno di parole evaporate sulla bocca.

<<Non so come farei, se non ci fossi tu! Grazie! La cercavo da... Dio, lasciamo perdere.>> fu il bacio leggero sulle labbra che mi regalò, così, dal nulla.

Si allontanò piano da me, rivolgendomi un sorriso grato: <<Sei il migliore.>>

Buttai fuori una risata a quel complimento, così simile a quello di una bambina grata che qualcuno le avesse appena ritrovato la sua bambola preferita.

<<È per questo che mi hai sposato, no?>>

Questa voltai fu lei a ridere di gusto: <<Sì.>>

La lasciai ridere, la guardai, rapito da quella risata così dolce, così cristallina, che faceva tremare l'aria intorno a sé, che faceva tremare persino me.

<<Me la metti?>> si girò, dandomi le spalle e raccogliendo i capelli in un lato, lasciando la nuca scoperta.

Sganciai il piccolo gancio della collanina, tenendolo fermo, aperto, tra la pressione delle dita.

<<Vieni.>> le dissi, invitandola a fare un passo indietro.

Poi, così dal nulla, un sorriso furbo mi si disegnò sulle labbra.

<<Vieni.>> fu il tono mellifluo che mi graffiò la gola.

Lei dovette accorgersene, perché sentii il suo corpo irrigidirsi davanti al mio, sentivo il suo tessuto stuzzicare quello della mia camicia.

<<Più vicina.>> la invitai, le mie labbra contro il suo orecchio.

La sentii trattenere un risolino, mentre adesso faceva aderire completamente il suo corpo al mio.

Ed era la sua schiena, quella che premeva contro il mio busto, era lei, che si premeva forte adesso, contro di me.
La sentivo, sfregarsi piano contro il tessuto del mio pantalone.

Poi di punto in bianco, cercando con tutto me stesso di assumere un'espressione sorpresa: <<Ma che stai facendo?>> esclamai con tono sconvolto.

Lei si scostò completamene da me, voltandosi con occhi sgranati: <<Ma come..?>> mi chiese con un viso spaesato.

<<Io pensavo che tu volessi... con quella voce... sai...>> fu il rossore che le pervase le guance fino a farle diventare due pomodori, la testa adesso abbassata dall'imbarazzo, mentre si perdeva tra parole confuse.

Non ce la feci più. Scoppiai a ridere, e risi, risi, risi. Risi così forte da fare male, portandomi le mani alla pancia.

<<Scusa è stato... è stato più forte di me!>> riuscii a pronunciare tra una risata e l'altra.

E lei dovette capirlo, perché fu un pugno che ricevetti proprio sul braccio.

<<Sei un bastardo!>> fu il sorriso che cercò di trattenere nascosto da un tono duro.

La tirai a me, mentre lei si dimenava, facendo finta di non voler essere toccata.

<<No mi hai... mi hai fatta vergognare, togliti! Non voglio neanche guardarti!>>

Ed erano mani piccole, scontrose, quelle che mi spingevano indietro, mentre io, senza neanche troppa difficoltà, la tiravo a me per la vita, avvolgendola tra le mie braccia.

Fu qualche piccolo pugno che ricevetti sul petto nel tentativo poco convinto di staccarsi via, prima che si arrendesse completamente.

Teneva gli occhi bassi però, le guance ancora rosse.

Scossi la testa, alzandole il mento, lasciando che i miei occhi trovassero i suoi, mentre un'espressione divertita mi si dipingeva sul viso, in contrasto con quella indecisa della sua.

<<Millie, tu pensi davvero di non... di non eccitarmi?>>

Lei boccheggiò, sorpresa da quella domanda così diretta.
<<Io non... non dico questo. Cristo, ma che domanda è? Non, non– >> iniziò a scuotere piano la testa, nervosa e sorpresa al tempo stesso.

<<Fosse per me ti strapperei questo vestito anche adesso.>> le sussurrai all'orecchio.

La sentii irrigidirsi tra le mie braccia, sentii il suo petto iniziare ad alzarsi e abbassarsi contro il mio; il suo fiato sul mio collo.

<<Adesso fatti mettere questa maledetta collana, perché di questo passo non finisce che arriviamo solo in ritardo, ma non ci arriviamo proprio per niente.>>

Lei annuii la testa in modo vigoroso, come a voler convincere se stessa.

<<Sì.>> soffiò piano, prima di darmi nuovamente le spalle.

Feci scattare il piccolo gancio della montatura, prima di passarle la collana intorno al collo.

<<Ecco.>> dissi, nel momento in cui gliela lasciai scivolare sulle scapole scoperte.

Prima che potesse risistemarsi i capelli, le lasciai un leggero bacio a fior di labbra, proprio all'incavo del collo.

Lei voltò il viso verso di me e dal profilo della spalla fu un sorriso dolce come miele, quello che mi regalò; occhi saturi di gentilezza.

Poi fece voltare completamente il suo corpo verso di me.

La vidi prendere un lungo respiro, occhi ben chiusi, prima di riaprirli e puntarli alle mie spalle.

<<Secondo te a Gaten piacerà?>> mi chiese in un respiro.

Seguii la traiettoria del suo sguardo, voltandomi anche io, incuriosito.

I miei occhi si posarono sulla busta ai piedi dell'armadio; un fiocco rosso da cui pendeva un piccolo bigliettino d'auguri.

Mi voltai verso mia moglie, rivolgendole un sorriso riassicurante.

<<Certo, a Gaten piacciono sempre i tuoi regali.>>

E fu un sopracciglio che alzai, nel momento in cui mi accorsi che quell'aria preoccupata non le aveva ancora abbandonato il volto.

Quando staccò gli occhi dal regalo, li puntò dritti nei miei, così seri che un guizzo di preoccupazione si insinuò nella tensione dei miei nervi.

<<E a te?>>

<<A me? Sì, certo.>> risposi confuso,alzando le spalle e piegando la testa in un lato come a domandarle cosa stesse dicendo; aria interrogativa sul mio viso.

<<Ti sono davvero sempre piaciuti tutti i regali che ti ho fatto, in questi anni?>> mi chiese ancora, come se volesse appurarsene.

E ancora quegli occhi seri, quello sguardo concentrato su cui facevano capolino lineamenti costernati.

Come se mi stesse studiando, bisognosa di afferrare ogni mia espressione.

<<Mio Dio Mills, sì certo! Ma che domanda è questa?!>> esclamai, forse un po' troppo forte, in una piccola risata nervosa.

Mi passai una mano tra i capelli, senza accorgermene.
Perché se la conoscevo almeno la metà di quanto pensassi: c'era qualcosa che voleva dirmi, qualcosa per cui stava cercando il coraggio.

Lei mi guardò abbozzando un sorriso, probabilmente divertita dalla mia malcelata irrequietezza, e annuì vigorosamente, come a voler convincere più se stessa che me.

<<Bene.>> decantò, guardandomi con occhi ancora seri ma... forse fu solo una sensazione. Una scintilla di gioia, forse di fiducia, a farli brillare per un attimo.

E mi sentii confuso. Non sapevo se preoccuparmi, se ricambiare il sorriso... ma cosa le prendeva?

Eppure, prima che potessi anche solo aprir bocca, manifestare la mia confusione, lei parlò ancora.

<<Bene, perché ho un regalo per te. Forse il più bel regalo che ti potrò mai fare in questa vita.>>

Mi accigliai a quelle parole.

<<L'unico problema è che dovrai aspettare nove mesi per vederlo.>>

Sgranai gli occhi, guardandola confuso. Eppure erano occhi lucidi di gioia, i suoi, improvvisamente colmi di fiducia. Un sorriso confidente sbocciato sulle sue labbra rosse.

<<Ma cosa...>> feci per parlare, lenta consapevolezza ad insinuarsi dentro di me.

<<Sono incinta, Finn.>>

Lo disse tutto d'un fiato. Così che furono un respiro, le parole che mi schiaffeggiarono, talmente forte da fare male. Così forte da mozzarmi il respiro, da farmi sgranare gli occhi dallo stupore.

E d'improvviso, mi ritrovai con il bisogno crescente di ricordare di che consistenza fosse fatto il terreno sotto i miei piedi.

Furono gambe molli quelle su cui mi sentii ondeggiare; tutto sfocato intorno a me.
Il cuore che sentivo quasi fermo, tanto erano veloci i battiti selvaggi che mi sconquassavano il petto.

In un gesto fulmineo afferrai il legno del comò accanto a me, strinsi forte le dita nel bisogno di reggermi.

<<Tu... tu sei sicura?>>

E mi sorpresi di me stesso, del tono speranzoso che fasciò le mie parole, come se d'improvviso la sua risposta ne valesse della mia vita.

Fu in quel momento che alzai gli occhi su di lei e credetemi se vi dico che mai, mai l'avevo vista così bella in tutta la mia vita.

Era lì, di fronte a me, occhi grandi grandi, lucidi di commozione, labbra tremanti in un sorriso capace di far guerra al mondo, per quanto fosse disarmante sotto il peso della sincerità.

E lì, mia moglie, così bella, avrebbe vinto ogni dolore della vita, ogni sofferenza del mondo, con solo quel sorriso ad accarezzarle le labbra.

<<Sì.>> fu la voce sfibrata dall'emozione, mentre due grosse lacrime iniziavano a rigarle il viso.
<<Sì, sono sicura.>> mi ripeté, portandosi le dita alle labbra, non riuscendo a trattenere un singhiozzo che le scappò, facendola tremare.

Ed era bellezza da far male, purezza che ti schiaffeggiava nella dolcezza del cuore, era mamma che sbocciava nella consapevolezza primordiale che solo una donna può avere.

<<Amore non piangere.>> fu la sua risata leggera tra le lacrime, mentre sentivo il suo dorso caldo appoggiarsi alla mia guancia.

E non me n'ero accorto, delle lacrime che silenziose avevano iniziato a rigarmi il viso in una muta preghiera.

Grazie. Grazie. Grazie. Grazie.

Mi accorsi di piangere solo quando sentii le sue dita bagnate sul viso, segno che fossero davvero lacrime, quelle che le sue mani stessero raccogliendo.

<<Io non...>> aprii la bocca, e sentii quelle parole estranee a me, come se fosse stata un'altra voce ad averle pronunciate.

Ed ero lì, boccheggiavo nel sapore di lacrime silenziose, mentre il sorriso di mia moglie si allargava, anche il suo volto umido di gioia.

<<Io non posso crederci... è... è meraviglioso.>> scossi piano la testa, ancora incredulo.

<<Quando?>> le chiesi di punto in bianco, mentre briciola per briciola cercavo di riacchiappare barlumi di lucidità.

<<Lo so già da una settimana...>>

<<Una settimana?>> sgranai gli occhi.
<<E cosa aspettavi a– >>

<<Lo so, lo so Finn, tesoro, scusami.>> furono le sue parole veloci, mentre sentivo la sua mano stringersi sul mio viso, adesso anche l'altra a incorniciarmelo nelle sue dita calde.

<<Stavo solo... cercando il modo... il momento giusto per dirtelo, ecco.>>

Scossi la testa, lasciando che le mie mani le accarezzassero le spalle nude.

<<Sei... sei arrabbiato?>> mi chiese lei, d'un tratto la voce insicura.

La guardai sorpreso: <<Arrabbiato?>> le feci eco, incredulo che avesse anche solo potuto pensare una cosa del genere.

<<Millie, sono felicissimo! Non sono mai stato così felice in tutta la mia vita, io– >>

Ma io cosa?

Non c'erano parole per descrivere come mi sentissi, la gioia che mi scoppiava dentro al petto, che si irradiava in tutto il corpo, giù nelle braccia, nelle gambe, giù fino alla punta delle dita. Era gioia, irrefrenabile contentezza.

<<Grazie, amore mio. È il regalo più bello che tu... che tu potessi farmi.>> fu la mia voce tremante.

Poi lei poggiò le sue labbra sulle mie. Fu un bacio umido, sapore di lacrime di gioia a renderci le labbra scivolose; ed era caldo, tenero, premuroso nel desiderio di amare.

Era un bacio che diceva "faremo spazio", faremo spazio anche per lui, per lei, perché d'amore, di affetto sincero, ce n'è in eccedenza.

<<Non so come farei...>> furono le sue lacrime calde, quando si staccò dalle mie labbra.

La sua fronte adesso premuta contro la mia, gli occhi chiusi, ciglia lunghe e umide a sfiorarle gli zigomi.

<<Non so come farei se non avessi te accanto, Finn.>>

Scossi la testa, a quella dichiarazione così pura, che la mia compagna di vita, davanti a me, mi aveva appena regalato.

<<Tesoro, io sarò sempre accanto a te.>>

Mi staccai da lei, tenendole il viso tra le mani, mentre posavo le labbra sulla sua fronte, lasciandole un bacio così leggero, da poter essere definito a stento tale.

Poi sorrisi, la mia bocca ancora sulla sua pelle.

<<A ogni passo che farai.>>

E lei lo capì.

Lo capì, perché alzò lo sguardo su di me, il mento alto nel bisogno di colmare quella differenza d'altezza, iridi commosse nelle mie.

<<Io ti guarderò.>> concluse lei.

Non ci è dato sapere, cari lettori, cosa successe dopo, perché certe storie e certi attimi vanno custoditi nel segreto dell'amore, non vanno svelati mai.
Sono intimi, certi attimi di vita, solo nostri, e per sempre lo resteranno.

Posso dirvi che qualcuno, però, si inginocchiò quella sera, a baciare ciò che fa da nido alla vita, ci posò sopra le labbra tremule. Salutò e accolse la nuova creatura, e la aspettò poi, per molti mesi.

Posso dirvi che qualcuno, quella sera, fu una lieta notizia che regalò a un tavolo di vecchi amici.

E poi quella notte, forse posso dirvi, che qualcuno si perse nelle note dell'amore, si perse ancora e ancora, fino a restar senza fiato nello spiraglio di un'alba rosea.

D'altro però, non posso dirvi, me ne perdonerete il torto.

Perché questa... beh, è un'altra storia.






Fine.





• Questo capitolo è dedicato a frari26

P.S.: Ricordo ai miei lettori di aver iniziato una nuova storia, che trovate sul mio profilo.

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