Chapter twenty-seven: Cos'è peggio, un rimorso o una bugia?
Consiglio: Killer - Wrongonyou
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"the sound of your death is killing me in my brain, yes in my brain."
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P.O.V. Millie
<<Porca puttana Millie, ma dove avevi la testa?!>>
Sadie mi guardava con gli occhi fuori dalle orbite, aspettando che parlassi, che le rispondessi, che ripetessi per la milionesima volta sempre la stessa cosa.
Guardai l'ora sul display del telefono che illuminava con luce fioca la buia cucina intorno a noi, segnava le 5 del mattino.
Io e Sadie eravamo sedute a quel tavolo nella sua cucina esattamente da due ore: nessuna delle due aveva chiuso occhio, per lo più per, beh... colpa mia.
Le mani mi tremavano, mentre stringevo forte la tazza di the, che mi bruciava le dita, quasi ustionandomele, mentre io a malapena me ne accorgevo, persa tra i miei pensieri e... le mie lacrime.
Lacrime silenziose mi bagnavano il viso dal momento in cui avevo messo piede fuori da quel locale, dal momento in cui lui... lui se n'era andato.
Ricordo che, tra i pensieri soffocati dell'alcool e le lacrime, quella notte lo avevo pregato di restare, ma la mia preghiera così flebile, sussurrata appena, non aveva raggiunto neanche le sue orecchie...
Lui non si era girato, non era tornato indietro, non mi aveva segnato di uno sguardo.
Lì mi aveva trovata e lì mi aveva lasciata, in compagnia di uno sconosciuto e adesso, adesso il dolore, il rimorso mi divorava viva, nutrendosi di ogni parte di me.
Alzai lo sguardo verso la mia migliore amica, i miei occhi rossi e gonfi incontrarono i suoi, calmi e compassionevoli.
<<Mills... non fare così, ti prego...>> disse, avvicinando ancora di più la sua sedia alla mia e massaggiandomi piano la schiena.
Appoggiai la mia testa sulla sua spalla, chiudendo piano gli occhi.
La testa non smetteva di girarmi, di pulsarmi, come se avessi mille aghi a trapassarmi le tempie e la fronte, era insopportabile.
Insopportabile, ma me lo meritavo.
Me lo meritavo perché ero stata una cogliona, una sprovveduta a lasciarlo andare via così.
Alla vista di lui che si allontanava da me, il mio corpo si era semplicemente bloccato. La mia mente mi aveva salutata, smettendo improvvisamente di pensare, abbandonandomi al nulla più totale, mentre la rabbia e la frustrazione mi accecavano la vista...
Lacrime di rabbia silenziose mi scendevano sul viso.
Josh si era accorto di quanto il mio corpo si fosse irrigidito alla vista di Finn. Lui, accanto a me, aveva sentito supplicare il suo nome, chiedendogli di restare.
<<È lui, vero?>> mi aveva chiesto, cercando di guardarmi negli occhi, mentre l'unica cosa che io riuscivo a guardare, a vedere, era il punto in cui Finn aveva svoltato l'angolo, scomparendo dal mio campo visivo.
Ma dove va? Dove cazzo sta andando? Pensavo tra me e me, mentre il panico mi scuoteva il corpo.
Automaticamente feci un passo avanti, attirata come una calamita dall'unico ragazzo che amavo.
Dovevo raggiungerlo, trovarlo.
<<Ehi, ma dove vai?>>
John mi aveva afferrata per il braccio, guardandomi confuso.
<<Io devo... devo raggiungerlo e...>>
Non riuscivo a rispondergli, non avevo tempo di parlare con lui.
Il suo sguardo indeciso si posò su di me, prima che parlasse, tenendomi ancora stretta per un braccio.
<<Millie, sei ubriaca... Non so se è il caso...>>
La testa mi girava come una trottola, mentre non capivo perché quello sconosciuto continuasse a trattenermi. Avevo il cuore in gola, i respiri affannosi e un desiderio bruciante di correre dietro l'unica persona che amavo.
<<Tu non sai un cazzo di me.. lasciami! Lasciami subito!!>> gridai, con le lacrime agli occhi, liberandomi con uno strattone dalla sua presa.
<<Ehi, che succede?>>
Mi voltai di scatto verso quella voce e trovai Caleb e Sadie fermi davanti alla piccola porta ora aperta del locale.
<<Niente...>> riuscii a farfugliare, mentre gli occhi silenziosamente comprensivi della mia migliore amica si posavano su di me, quegli occhi che avevano già intuito tutto.
La guardai con sguardo supplichevole.
<<Devo trovarlo Sadie!>> dissi, in preda al panico.
<<Devo trovarlo... lui se n'è andato così, di punto in bianco... deve tornare con noi a casa, no? Noi... Io devo trovarlo.>>
Non riuscivo più a mettere una parola dietro l'altra, il panico e la rabbia erano già parte di me.
<<Millie devi calmarti >> sussurrò Sadie, avvicinandomi cautamente a me, con le mani avanti, come quando ci si avvicina a un cucciolo ferito mentre hai paura che scappi via.
<<Ma perché se n'è andato? Dove cazzo è andato?!>> gridai con tutta la forza che avevo in corpo, lasciando che la rabbia uscisse fuori di me, graffiandomi la gola.
Sapevo che Josh mi guardava con gli occhi fuori dalle orbite dallo stupore, sapevo che tutti loro erano scioccati, vedendomi così fuori di me e non me ne fregava un cazzo.
Caleb rispose con occhi cauti e voce ferma, e la sua risposta fu come uno schiaffo in pieno viso.
<<Se n'è andato.>>
Non sapevo perché, ma in quel momento quelle parole furono come una lama incandescente che mi trapassava da parte a parte.
Se n'è andato.
Se n'è andato.
Se n'è andato.
Se n'è andato, ed è colpa tua.
I miei pensieri erano così veloci da fare male.
<<D-dove?>> sussurrai, con voce spezzata.
<<Non lo so.>> rispose piano Caleb, abbassando gli occhi, in un sussurro ancora più lieve del mio...
<<Millie.>>
Sadie mi richiamò, facendomi sussultare e riportandomi alla realtà.
Le lacrime continuavano a scendere silenziose sulle mie guance, mentre l'aria mi mancava per i troppi singhiozzi.
<<Sono stata una sciocca, Sadie... Io gli ho detto che non siamo mai stati niente... capisci? Niente!>> gridai, prendendomi la testa tra le mani.
<<Ma tu lo ami... vero?>> chiese piano la mia migliore amica.
<<Ma che cazzo Sadie!! Certo che lo amo... come potrei non amarlo? Ma poi hai visto... hai visto quanto cazzo era bello questa sera?>> chiesi cercando di mettere una parola dietro l'altra.
<<Porca puttana, noi stavamo quasi per...>> mi bloccai.
<<Per?>> incalzò la mia migliore amica, facendo incrociare i miei occhi con i suoi.
La guardai con un'espressione disperata, di desiderio disperato di lui.
<<Per farlo...>> risposi tutto d'un fiato.
<<Poi lui mi ha detto che mi amava e i ricordi mi hanno colpita così forte da pietrificarmi lì, porca puttana! Quando avrei voluto soltanto... soltanto lui. Perché è sempre tutto così fottutamente difficile?!>>
Davo voce ai miei pensieri senza freno, non se per il troppo alcool o per la troppa frustrazione, ma semplicemente non riuscivo a smettere di buttare fuori ogni sensazione, ogni emozione, non riuscivo a smettere di parlare, di gridare e strappare fuori da me tutta quella rabbia, come una tromba d'aria pronta a distruggere ogni cosa che incontrasse sul suo cammino e in quel momento la mia migliore amica era proprio nel bel mezzo del disastro che stavo creando, stravolta e presa in pieno petto da tutta la mia ira...
<<Scusami Sadie cazzo, sto impazzendo, scusami tanto!>> continuai guardandola negli occhi.
Ma lei mi sorprese, mi sorprese come solo lei sapeva fare, rivolgendomi un caldo sorriso e guardandomi con due occhi azzurri così dolci e sereni da tranquillizzare almeno un po' il mio cuore che batteva forte nel petto.
<<Mills, tesoro, va tutto bene, non devi scusarti...>> disse, abbracciandomi stretta a lei.
<<Solo perché...>> iniziò indecisa, con la testa ancora tra i miei capelli, mentre teneva stretto il mio corpo tremante al suo, con le sue braccia forti.
<<...perché hai baciato quello sconosciuto?>> chiese in un sussurro.
Strinsi ancora più forte gli occhi a quel ricordo, mentre le lacrime scendevano più velocemente.
<<Perché per un secondo volevo non pensare a lui Sad, per un secondo volevo dimenticarmi di tutto quel dolore, quei problemi... E poi io non volevo, cazzo non volevo... Ma non me l'aspettavo, è successo tutto così velocemente...>> dicendo ciò la voce non aveva smesso di tremarmi un secondo solo.
<<Respira, Millie.>> mi rispose dolcemente Sadie, tenendomi ancora stretta a lei e accarezzandomi piano la schiena.
<<Ma Sadie te lo giuro, te lo giuro non c'è stato un secondo che io non abbia desiderato in quell'istante le labbra di Finn, cazzo, quanto volevo che fossero le sue...>>
<<Tesoro, devi calmarti..>>
<<Ma non lo erano Sadie, non lo erano... Quando l'ho respinto mi sono sentita così stupida, così imbarazzata... cazzo, che perfetta idiota sono stata!>>
<<Millie, basta porca puttana! >>
Sadie si allontanò da me, afferrandomi per le spalle e scuotendo il mio corpo, come a volermi riportare in me.
<<Domani pomeriggio parlerai con Finn.>> mi rassicurò decisa, guardandomi negli occhi.
<<Abbiamo le riprese e potrai...>>
Non riuscii a farla terminare, perché semplicemente non riuscivo ad aspettare.
<<Io devo vederlo... devo vederlo Sadie. Non posso aspettare una fottuta giornata!>>
Respiravo veloce, senza riuscire più a controllarmi.
<<Devo vedere se lui sta bene, non ha risposto a nessuno.. Dio, quanto sono stata una cogliona!!>> mi ripetei per la milionesima volta, afferrandomi i capelli tra le mani con una fottuta voglia di strapparmeli via uno per uno.
<<Millie...>> sussurrò Sadie, cercando di parlare.
<<Ma poi dove cazzo è?! DOVE CAZZO È ANDATO?! PERCHÉ CAZZO NON MI RISPONDE AL FOTTUTO TELEFONO?!>>
<<Millie, devi calmarti! Sei nel bel mezzo di un attacco di panico e devi calmarti, porca puttana!!>>
La voce della mia migliore amica per la prima volta quella notte sovrastò la mia, facendomi zittire in un secondo.
<<Chiamalo.>> mi ordinò Sadie.
A quelle parole chiusi gli occhi, cercando di regolarizzare il respiro. Sadie aveva ragione, continuare così non mi faceva bene e soprattutto non mi avrebbe portata a niente. Dovevo calmarmi, provare a pensare lucidamente.
Respira Millie, respira.
<<L'ho già chiamato 5 volte Sadie.>> risposi piano, riaprendo gli occhi e cercando di non alzare la voce.
<<Ti prego chiamalo tu...>> la pregai con uno sguardo disperato.
Lei alzò gli occhi al cielo, poi annuii piano.
<<D'accordo... d'accordo lo chiamo io, ma tu tranquillizzati.>>
Sadie tirò fuori il telefono, e dopo qualche secondo se lo portò all'orecchio.
Quei pochi secondi di attesa mi logorarono da dentro, sembravano non passare mai.
La mia migliore amica allontanò il telefono dall'orecchio, guardandomi dispiaciuta.
<<C'è ancora la segreteria Millie...>>
Mi coprii il volto con le mani, cercando con tutte le mie forze di non gridare.
<<Lo tiene spento, di sicuro...>> continuò Sadie.
In quel momento, non so come e perché, senza che riuscissi a controllare il mio corpo, scattai fuori dalla sedia.
Basta, ne ho abbastanza.
Sadie mi guardò sorpresa:<<Ma che cosa fai?>>
<<Vado a cercarlo.>> risposi con voce ferma, che non ammetteva repliche, mentre afferravo velocemente la mia borsa ancora sul tavolo e mi infilavo il cappotto, poggiato sulla sedia alle mie spalle.
<<Millie ma che cazzo...>>
<<No Sadie. Sto un altro secondo qui e impazzirò. Devo sapere dove cazzo è, se è tornato in albergo...>> risposi guardandola negli occhi.
<<Tu... vuoi andare da lui?>> mi chiese sorpresa la mia migliore amica.
<<Millie, sono le cinque del mattino!>>
<<Non mi interessa.>> risposi, mentre già mi avviavo verso la porta, guardando dritto davanti a me.
<<Millie ma come pensi di...>>
La interruppi, rispondendo velocemente, mentre avevo già un piede fuori.
<<Chiamo un taxi.>>
<<Millie cazzo, fermati un secondo!>> sibilò Sadie, afferrandomi per la manica della giacca e facendomi voltare verso di lei.
<< Vuoi che venga con te?>>
A quelle parole scossi automaticamente la testa.
No, dovevo vederlo da sola. Dovevo affrontarlo da sola.
<<Sei sicura?>> mi chiese lei, scrutandomi con i suoi occhi grandi, tenendomi ancora stretta per l'avambraccio.
<<Sì. Sono sicura Sadie. Ho fatto un casino, adesso devo rimediare. Devo andare da lui, andare da lui e dirgli quanto cazzo...>> mi interruppi, non volendo continuare la frase.
Sadie aveva già capito, mi lasciò piano il braccio, annuendo silenziosamente.
<<Va bene...>> rispose infine.
Le sorrisi sinceramente e spontaneamente, forse per prima volta durante quella notte folle, prima di voltarmi e correre verso il vialetto della strada.
Dovevo andare da lui, andare da lui e dirgli quanto cazzo lo amavo.
P.O.V. Finn
Mi giravo e rigiravo nel letto, senza riuscire a chiudere occhio. In un letto di una camera d'albergo qualsiasi, in un letto che mai, mai avevo sentito così scomodo, così duro, cosi freddo, così fastidioso, come i miei pensieri.
Non sapevo che ore fossero, non sapevo se fossero le due del mattino, le quattro, o magari già tarda mattinata.
Non lo sapevo e non mi interessava.
Fosse stato per me sarei rimasto così anche per sempre. Immobile, dimenticato dal mondo, dimenticando il mondo, non volendo ricordare niente.
La serranda dell'unica finestra di quella spoglia stanza d'albergo era totalmente abbassata, la pesante tenda del tutto chiusa, come a volermi proteggere dal mondo esterno.
Neanche un filo di luce entrava a scaldarmi il cuore, che sembrava sprofondato nella peggiore delle voragini, nella più grande desolazione, arida come... come mi sentivo io dentro.
Arido, vuoto, lei... lei mi aveva prosciugato tutto. Era tutta colpa sua.
Non riuscivo a non pensarla, più volevo togliermela dalla testa, più lei era lì. Non importava se tenessi gli occhi chiusi, gli occhi aperti, lei era lì.
Le sue labbra su quelle di quello sconosciuto erano lì.
I suoi occhi chiusi erano lì.
La mano di lui era lì, sul suo viso.
<<Come hai potuto farmi questo?>> sussurrai tra me e me, inconsapevole del fatto che i miei pensieri fluissero liberamente, facendo si che la mia bocca desse loro vita.
Non sapevo per quanto tempo quella notte avessi pianto, sapevo solo di non avere più lacrime, o forse era la forza di piangere, che mi mancava, perché così mi sentivo... senza forze.
Il mondo in quel momento avrebbe anche potuto crollarmi addosso e io non mi sarei mosso di un passo.
Ma forse... forse non lo aveva già fatto?
Mi rigirai per la milionesima volta tra quelle coperte che non facevano altro che infastidirmi.
Dormi Finn, basta. Chiudi gli occhi.
Chiudevo gli occhi e non succedeva niente.
<<Porca puttana...>> imprecai, sussurrando tra me e me, mettendomi a sedere, appoggiando la schiena alla testiera del letto, troppo grande per me, troppo grande per una sola persona.
Mi presi la testa tra le mani, provando a massaggiarmi piano le tempie, cercando di alleviare le fitte che minacciavano di dividermi in due il cervello ormai non so da quante ore...
Dovevo accettarlo. Dovevo lasciarla andare. Lasciare andare, lasciarla perdere.
Ma poi, perdere cosa?
Una piccola risata ironica mi scappò dalle labbra, rimbombando nella stanza buia e vuota.
Ma perdere cosa coglione?
Lei non è mai stata tua...
Anche lei lo aveva detto.
"Finn, noi non siamo mai stati insieme... Non fa per noi, siamo stati solo degli sciocchi a provarci, a giocare a fare i grandi..."
Le sue parole erano impresse a fuoco nella mia mente, bruciavano, lasciando che la testa mi prendesse fuoco, fuoco che divampava in tutto il corpo, bruciando, bruciando così tanto da fare male.
Noi non siamo mai stati insieme...
Non siamo mai stati insieme. Perché io non l'avevo fatta mia, giusto? Non le avevo tirato via le mutandine fino a cinque minuti prima? Non l'avevo baciata, accarezzata come la cosa più preziosa che avessi, fino a cinque minuti prima? Non ci eravamo promessi che niente sarebbe successo, che niente ci avrebbe separati? Che niente avrebbe rovinato ciò che c'era tra noi? Lei non aveva detto di... di amarmi?
Perché io la amavo, porca puttana se l'amavo.
La odiavo con tutte le mie forze e la amavo con tutto il mio cuore, senza restrizioni, senza costrizioni...
Io a Millie l'avrei amata sempre, non importava un cazzo del resto, niente sarebbe riuscito a farmi cambiare idea...
siamo stati solo degli sciocchi a provarci
Beh, io sciocco lo ero di sicuro. Anzi, ero un grandissimo coglione.
<<È inutile starmene qui...>> sospirai, mentre toglievo via le coperte dalle gambe, lasciandole scoperte.
Feci un bel respiro, chiudendo gli occhi.
Non sapevo che ora fosse, non volevo neanche scoprirlo.
Feci scivolare i miei piedi sul parquet freddo della stanza. Quel piccolo movimento mi costò uno sforzo enorme, mentre sentivo le gambe raggrinzite, stanche del poco sonno, stanche di aver camminato per chilometri, prima che mi fossi deciso a chiamare un taxi...
Camminavo veloce per quelle strade buie e sconosciute, senza un filo di luce, senza cognizione di causa, tempo e spazio. Non mi interessava dove andavo, mi interessava solo andare...
Mi interessava solo stancarmi fino a non sentire più le gambe.
Mi stringevi stretto nella mia giacca, mentre il freddo pretendeva di entrarmi fin dentro le ossa, eppure... eppure non mi importava, anzi, quasi neanche ci facevo caso, perché la mia mente, la mia mente era quella veramente gelata, pietrificata nel ricordo di lei, pietrificata nella sua voce che timidamente mi chiedeva di tornare indietro, mentre lacrime calde mi scendevano silenziose sulle guance...
Il telefono prese a vibrare.
Lo tirai fuori dalla tasca, senza nessuna intenzione di rispondere, chiunque fosse stato a chiamare.
Era lei...
1 chiamata in entrata
Millie
Il suo nome compariva luminoso sullo schermo. Neanche staccai, lo lasciai semplicemente... squillare.
Avevo perso il conto quella notte, di quante chiamate stessi ricevendo. Dopo i primi dieci minuti in cui il telefono non aveva smesso neanche per un secondo di squillare, lo avevo semplicemente spento.
E adesso era ancora sul mio comodino, ancora spento.
Lo fissai, senza nessuna intenzione di aprirlo, non volevo neanche toccarlo.
Distolsi lo sguardo, alzandomi finalmente da quel letto.
Tutto, meglio di stare in questo maledetto letto.
Non mi azzardai neanche ad avvicinarmi alla finestra, non volevo assolutamente aprirla, scostare la tenda. I miei occhi, dopo ore, si erano ormai abituati al buio, trovandolo quasi confortevole.
Il buio era solamente... buio. Esattamente come me.
Mi trascinai verso il bagno, cercando di far attenzione a non inciampare nei miei stessi piedi, tanto la testa mi girava forte.
Mi aggrappai allo stipite della porta, finalmente arrivato a destinazione.
Qualsiasi cosa in quella fottuta camera d'albergo mi ricordava lei...
Lei che usava il mio spazzolino del bagno, mentre io ridevo di lei, baciandola teneramente tra i capelli, lei con i miei vestiti addosso, lei più bella che mai al mattino su quel fottuto letto, abbracciata a me, le sue labbra dolci e calde sulle mie. Lei addosso a me, mentre io cerco con tutte le mie forze di resisterle, lei che si lamenta di quanto io sia un bravo ragazzo.
In quel dolore, al sol pensiero, riuscivo persino a ridere anche solo al ricordo...
E poi lei seduta su quel maledetto water e io inginocchiato a lei, mentre le asciugo le lacrime.
I suoi occhi silenziosi, ma rumorosi fissi nei miei, mentre ci diciamo tutto ciò che a parole non abbiamo il coraggio di dirci.
Io, appoggiato allo stipite di questa porta esattamente come sono adesso, mentre penso a quanto cazzo è bella e a quanto cazzo... la amo.
Fanculo Wolfhard, così ti manderai il cervello a puttane. Non essere più coglione di quanto tu già non sia, non pensarla.
Non pensarla.
Non pensarla.
Non pensarla, cazzo!!
Decisi che avrei fatto una doccia per calmare i nervi, per lasciare che il suo profumo mi scivolasse via dalla pelle, via dai pensieri.
Mi spogliai lentamente, lasciando i vestiti sul pavimento, senza prendermi la briga di raccoglierli per sistemarli e mi ficcai dentro la grande doccia, lasciando che l'acqua della doccia a sensore automatica rivelasse la mia presenza e mi colpisse con il suo getto caldo.
Nel momento in cui l'acqua mi sfiorò la pelle, mi scappò un sospiro dalle labbra.
Non seppi neanche io perché, se per la sensazione confortante dell'acqua che mi scivolava sul corpo, riscaldandomelo, quasi come a volermi avvolgere tra le sue braccia calde, o se era solo il continuo, fisso, trapassante pensiero di lei...
Cercai con tutte le forze di smettere di pensare per un secondo, cercai di non pensare a niente che non fosse il dolce calore sulla pelle.
Con movimenti meccanici, quasi come un automa, iniziai a lavarmi il corpo, a bagnare distrattamente i capelli con lo shampoo, massaggiandoli piano e lasciando che l'acqua lavasse via la schiuma, lavasse via il sapone dal mio corpo, lavasse via lei, il suo stramaledetto profumo, il cui ricordo bastava a incendiarmi le narici...
Perché? Perché cazzo mi hai fatto questo? Perché mi hai... tradito? Perché non lo hai respinto?!
Più me lo domandavo, più non trovavo risposta, e più non trovavo risposta, più la mente mi minacciava di esplodere.
Era tutto inutile, pensarci era inutile, ricordare era inutile, ricordare i nostri baci infuocati era inutile, ricordare le mie mani dentro di lei era quasi doloroso, ricordare lei, calda, pronta solo per me... solo mia.
Perché lei era stata solo mia... vero?
Lei non aveva... non aveva permesso che quel ragazzo le facesse... la toccasse?
Ti prego, fa che non l'abbia fatto.
Avrei voluto che lei rimanesse solo mia per sempre, ma che importanza aveva? Che importanza aveva se persino lei diceva di non esserlo mai stata? E allora perché, perché il mio cuore la reclamava, la considerava solo mia?
La testa stava per esplodermi, mentre un secondo prima pensavo con ogni cellula del mio corpo a lei e il secondo dopo mi ricordavo quanto fosse inutile, eppure... eppure non riuscivo a farne a meno.
<<Basta, cazzo.>> sussurrai a me stesso, rimproverandomi, mentre aprivo la porta della doccia, mettendo un piede fuori.
No, neanche la doccia mi ha aiutato, pensai, mentre la testa era in procinto di scoppiarmi, non so se più per l'hangover, se perché non avevo chiuso occhio, o semplicemente perché non riuscivo a smettere di pensare a lei, o forse... forse per tutto questo messo assieme.
Afferrai l'accappatoio e lo indossai velocemente, mentre brividi di freddo mi percorrevano tutto il corpo e i miei capelli bagnavano le piastrelle del pavimento sotto i miei piedi, lasciando delle grosse gocce d'acqua tutte intorno a me.
Mi incamminai di nuovo verso la camera da letto, sedendomi con l'accappatoio addosso, scivolando pigramente sul materasso morbido.
Presi il telefono ancora sul comodino, me lo rigirai indeciso tra le mani, prima di premere il pulsante di accensione.
Non posso tenerlo spento per sempre...
Nel momento in cui lo accesi, l'orario fu la prima cosa che vidi.
5.47 A.M.
Wow, era davvero l'alba e non avevo minimamente chiuso occhio...
Fantastico Finn, complimenti.
Feci scorrere lentamente il dito su display, mentre la mia bocca si dischiudeva dalla sorpresa nel momento in cui mi accorsi di tutte le chiamate senza risposta.
5 chiamate perse da Millie
3 chiamate perse da Caleb
4 chiamate perse da Sadie
1 chiamata persa da Gaten
L'ultima di Sadie risaliva addirittura a un'ora prima.
Perché cazzo Sadie mi aveva chiamato solo un'ora prima, nel cuore della notte?
Cazzo, quanto ero stato coglione.
Lo sapevo che i miei amici si sarebbero preoccupati, lo sapevo nel momento in cui ero andato via eppure non me ne importava niente. Ma lei... lei perché mi aveva chiamato cinque fottute volte? Lei, che si era baciata con un altro, lei che mi aveva lasciato, perché cazzo si era presa la briga di telefonarmi?
Probabilmente anche lei era preoccupata per te Finn, dopotutto siete amici... disse, una vocina nella mia testa.
Certo, era ovvio. Figurati se mi avesse chiamato mai chiamato per... per cosa? Davvero pensi Finn che ti avesse chiamato per scusarti, per raccontarti, per dirti che ti ama? Sei ridicolo.
Ti ha chiamato perché era preoccupata, esattamente come tutti gli altri. Tutti gli altri amici.
Cristo Dio, non fossi stato così a pezzi mi sarei davvero messo a ridere, ma a ridere di cuore, a ridere fino a piangere. A ridere di quanto ero stato un fottuto idiota, a ridere di me perché adesso eravamo di nuovo al punto di partenza e nessuno poteva farne a meno... ecco cosa eravamo, cosa eravamo sempre stati, quindi?
Amici?
Amici di sto cazzo!
Ma amici di cosa? Ecco che ricominciavano adesso, le prese per il culo, le prese in giro reciproche, le prese di posizione per instaurare in noi l'inutile convinzione che eravamo solo quello... amici.
Anche solo la parola mi infastidiva, la odiavo.
Millie Bobby Brown è una mia amica.
Alla formulazione di quel pensiero nella mia testa scoppiai a ridere davvero, scoppiai a ridere di rabbia, di frustrazione, tanto la situazione era ridicola.
Eppure... eppure lei mi aveva tradito. Quindi chissà, forse questa fottuta volta avremmo trovato difficoltà persino con quello, persino a restare amici.
Inutili amici, perché questo eravamo. La nostra amicizia era inutile, inutile confronto a quello che c'era tra noi. Inutile perché non la volevo, perché mi ripugnava, perché la amavo e perché, adesso, la odiavo allo stesso tempo.
Che amicizia mai poteva esistere?!
<<Ma che cazzo di senso ha?!>> gridai a me stesso, prendendomi la testa tra le mani, esausto e lasciando cadere il mio corpo sul materasso, con i capelli ancora bagnati che in pochi secondi inzupparono le lenzuola.
Non so per quanti minuti stetti in quella posizione, so solo che sussultai nel momento in cui qualcuno bussò alla porta, mentre nella stanza sprofondava il silenzio più totale.
Per un secondo pensai solo di essermelo immaginato, ma il rumore si fece più insistente una seconda volta.
Chi cazzo poteva mai essere alle sei del mattino?
Mi alzai piano dal letto, ogni mio movimento era a rallentatore, non riuscivo a controllare i muscoli intorpiditi del mio corpo.
Mi avvicinai piano alla porta, posando la mano sulla maniglia, indeciso sul da farsi.
Ma chi cazzo è?
<<Finn sono io, se sei lì dentro apri...ti prego.>>
Le ultime due parole erano state veramente una preghiera, sussurrate così piano che erano state udibili appena.
Ma io le avevo sentire, avevo sentito quella voce, sorprendendomi di quanto potesse essere spezzata, quasi... debole.
Era lei.
Era lei dietro la porta della mia camera d'albergo.
Per un secondo pensai di far finta di nulla, di far finta di non esserci, mi stavo quasi allontanando dalla porta, stavo per voltarle silenziosamente le spalle...
<<Ti prego, aprimi.>> la sentii supplicare, ancora con quella voce spezzata, mentre un altro lieve rumore era provenuto dalla porta, come se lei avesse... appoggiato la testa contro la porta.
Mi avvicinai di nuovo alla porta, a passo lento, con il cuore che mi martellava nel petto, mi avvicinai, appoggiandoci anche io la testa contro, mentre dentro di me ero indeciso, non sapevo cosa fare.
<<Ti prego, non lasciarmi...>>
Cosa?
Cosa aveva appena detto? Cosa avevo appena sentito?
Era stato più debole di un sussurro, detto quasi in un sospiro, che fossi stato un centimetro più lontano, di sicuro non lo avrei neanche sentito...
Non ero neanche certo di aver sentito bene, perché non aveva senso... Non aveva senso, perché era stata lei a lasciarmi.
Perché aveva detto quelle parole? Le aveva dette davvero o era solo stato frutto della mia immaginazione?
Con il cuore in gola e la testa pulsante che non smetteva di girare, misi la mano sulla maniglia, abbassandola piano.
Presi un respiro profondo e, finalmente, aprii la porta.
Spazio autrice
Scusate se in questo capitolo ho fatto un po' trapelare la mia rabbia tra le parole di Finn, ma l'ho concluso oggi e non sono riuscita proprio a farne a meno, visto i recenti eventi...
Comunque sia, questo era l'ultimo capitolo di questo 2018! Vi auguro di trascorrere bene questi giorni magici e di salutare sempre con un sorriso un anno che se ne va, perché è sempre e comunque un anno vissuto!
❤️
So che siete curiosi di sapere cosa succederà nel prossimo capitolo, ma posso solo dirvi che sarà mooolto intenso! (Sì, vi farò smanettare un po'...)
A domenica prossima dolcezze ❤️
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