9. Ciò che lo specchio riflette
Schiavo delle sue dipendenze da ogni sorta di sostanza stupefacente, per Jeff non era affatto insolito essere testimone di strane visioni in cui i suoi sogni finivano per mischiarsi alla realtà, tanto bene da rendersi da essa quasi indistinguibili; ma quella che adesso si trovava dinnanzi a lui era tutt'altro che una visione.
Trattenne il fiato pochi attimi, ripercorrendo il corpo della ragazza che giaceva al suolo con gli occhi ricolmi di terrore puntati dritti nei suoi, e non poté che venire scosso da una terribile ondata di rabbia.
-Come cazzo sei entrata in casa mia?!- sbraitò, alzando così tanto il tono della sua voce che la poveretta iniziò immediatamente a tremare come una foglia, cosciente di ciò che sarebbe inevitabilmente accaduto da lì a poco.
Il moro iniziò a percorrere il perimetro del monolocale scrutando con ossessiva attenzione ogni finestra e ogni angolo alla frenetica ricerca di un minimo segno di effrazione; anche se il suo rifugio possedeva infissi vecchi e decisamente facili da sfondare, era impossibile che qualcuno fosse potuto entrare senza lasciare il minimo segno del suo passaggio, a meno che non fosse in possesso della chiave. Ma ne esisteva una copia soltanto, ed era la sua.
-Come cazzo... sei entrata in casa mia?!- ripeté ancora, continuando a girare su se stesso come un pazzo mentre cercava invano di capire che cosa diavolo stava accadendo.
Seduta a terra con le caviglie legate, Eva osservava il killer con il cuore accelerato e le mano già intrise di sudore; la verità era che non aveva poi tanto da spiegare, anche se sapeva che avrebbe dovuto pur dire qualcosa per tentare di placare la rabbia di quello squilibrato.
-Sono stata drogata, credo- balbettò, con una voce fioca e traballante che a fatica riuscì a far salire su dalla gola. -Ricordo che quell'uomo mi ha trascinata per un braccio e poi... Mi sono risvegliata qui, una decina di minuti fa al massimo- spiegò.
In quel momento Jeff cessò improvvisamente di fare avanti e indietro lungo la stanza, concentrando invece la sua attenzione sul volto terrorizzato della ragazza. -Quindi fammi capire- ghignò afferrandole il mento con una mano, mentre sul sui viso si allargava un'espressione profondamente ostile ed irritata. -Smiley ti avrebbe portata qui, buttata a terra sul mio cazzo di tappeto e legata... Per poi andarsene, richiudendo la porta a chiave?!-.
Eva abbassò lo sguardo e strinse le palpebre più forte che potè. -Io... Non lo so- mugolò.
-Tutto questo non ha un cazzo di senso-.
Il ragazzo le assestò un violento spintone sul petto che la fece cadere rovinosamente al suolo, per poi balzare in piedi e puntare nervosamente entrambe le mani suoi fianchi; quella situazione lo avrebbe fatto uscire completamente fuori di testa, se non fosse riuscito a capire che cosa stava succedendo e a quale fottuto tipo di gioco stava giocando Smiley. Perché proprio non riusciva a spiegarselo, il motivo per cui avesse deciso di portare la ragazza lì e sparire nel nulla subito dopo.
Spazientito e infastidito da quella sgradevole sensazione di scarso controllo, si trascinò svogliatamente fino al piccolo frigorifero che aveva posizionato a terra in un angolo e vi prelevò una pessima birra in lattina, sulla quale era impresso il logo di un marchio economico molto in voga tra i giovani squattrinati in cerca di un po' di sollievo; la aprì con un gesto nervoso e ne bevve metà tutta d'un fiato, per poi ripulirsi le labbra con la manica della felpa.
-Fanculo, cazzo- borbottò, affrettandosi a raggiungere il bagno per svuotare la vescica mentre Eva, completamente impotente e incapace di slegare i suoi arti dalla corta che Smiley aveva stretto con fin troppa attenzione, si ritrovò ad attendere con disperazione il suo ritorno, pregando che per qualche ragione quello svitato avrebbe alla fine dimostrato un minimo di pietà per lei.
Perché forse la sua vita non valeva poi molto, ma aveva un casa in cui tornare. Due genitori ad aspettarla. E probabilmente anche un'amica, che doveva averla attesa per ore seduta al bancone di quel pub, concludendo infine che non sarebbe mai arrivata.
Nel silenzio assordante di quel lurido appartamento, pieno di polvere e mensole affossate da oggetti di ogni genere, Jeff adesso osservava immobile la sua immagine riflessa dallo specchio appeso sul lavabo, leggermente distorta da una crepa che si allungava proprio al centro dello stesso. Ciuffi neri come il petrolio di quei capelli che non lavava ormai da giorni pendevano sul suo volto, magro ma ben definito, che ospitava le cicatrici di un passato poco lontano; sulla sua pelle pallida, che raramente veniva a contatto con la luce del sole, aveva inciso un largo sorriso che percorreva in modo grottesco entrambe le sue guance.
Jeff era uno dei tanti criminali che affollavano le strade strette di Netville, ma aveva qualcosa che lo rendeva molto diverso dalla maggior parte degli altri reietti come lui. La sua personalità imprevedibile era sfumata e allo stesso tempo accentuata dai suoi vizi, dalle sue ossessioni, dalle sue pulsioni e dalle sue dipendenze; ogni cicatrice sul suo corpo componeva il quadro, grottesco e perfetto, di un ventenne squilibrato e sadico che aveva fatto del suo corpo una tela sulla quale disegnare ogni sua folle perversione.
Eppure nel suo sguardo, in quegli occhi lucidi il cui colore chiarissimo veniva adesso riflesso dallo specchio, talvolta era possibile intravedere tutte quelle parti della sua personalità che si sforzava di tenere ben nascoste, dietro a una corazza di crudeltà e presunzione.
-E va bene- esclamò d'un tratto, stringendo entrambi i pugni sul bordo del lavabo e dando un ultimo sguardo all'immagine riflessa nello specchio. -Se le cose stanno così, vorrà dire che approfitterò per giocare un po' con te-.
Eva, che nel frattempo era riuscita a trascinarsi per alcuni metri lungo il pavimento sporco, rizzò la schiena e la appoggiò contro alla parete dietro di sé, in modo tale da riuscire ad avere una visuale migliore sul suo aguzzino. -Se mi lasci andare... Non parlerò a nessuno di tutto questo- mugolò, con un filo di voce. -Te lo giuro... Per favore-.
Jeff allungò le labbra in un sorriso beffardo, mentre a passo lento le si avvicinava. Quella giovane ragazza dai capelli rossi era esattamente come la ricordava: delicata, attraente e formosa proprio al punto giusto. Doveva aver tentato di liberarsi dalla presa di Smiley mentre la conduceva fino a lì, perché i suoi abiti erano ridotti a brandelli tanto che le gambe, il seno e parte delle braccia erano totalmente scoperte; questo gli permetteva di osservare la sua carnagione lievemente abbronzata, immacolata proprio come ci si aspetterebbe dalla pelle di una principessa delle fiabe. Se avesse potuto contare su una mente più lucida, si sarebbe di certo domandato come fosse possibile che lei non avesse riportato alcun tipo di graffio o livido.
-Oh, tranquilla- la rassicurò il moro, scoppiando in una breve risata che non tentò di celare. -Liberarti è una cosa che francamente non ho mai neanche preso in considerazione-.
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