6. Criminalità disorganizzata
Se è vero che ognuno di noi ha una propria personale percezione del mondo che lo circonda, quella di Jeff poteva dirsi comunque molto differente dalle altre. Profondi disagi mentali, strascichi di vecchi traumi ed uno smodato abuso di ogni genere di sostanza rendevano la sua vita un continuo susseguirsi di status mentali alterati, che talvolta non avevano nulla in comune tra loro.
Jeff era un folle, ma non uno qualunque. Camminava costantemente sul filo di un rasoio tra razionalità e pazzia, ma mantenendosi in equilibrio quanto bastava per non cadere né dall'una né dall'altra parte; così imprevedibile da non potersi fidare neanche di sé stesso. Per lui ciò che sognava durante la notte poteva tranquillamente essere invertito con il giorno, non avrebbe fatto alcuna differenza; talvolta, si spingeva così tanto il là da non riuscire più a distinguere chiaramente ciò che fosse reale, finendo per confondere la sua stessa coscienza con le follie derivate dai fumi dell'alcool.
Anche adesso, mentre puntava uno sguardo infastidito sulla figura di Smiley che si stava avvicinando a lui, i suoi occhi non lasciavano trapelare alcun tipo di emozione. Impossibile comprendere costa stesse pensando.
-Eravamo d'accordo che l'avresti lasciata a me- ghignò l'uomo in camice, con le braccia intrecciate sul petto e un sorriso beffardo a incorniciargli il volto. -Te ne sei già scordato?-.
Eva si rannicchiò su se stessa per quanto le catene glielo permettessero, premendo le ginocchia contro al petto e trattenendo a lungo il fiato; soltanto un miracolo adesso avrebbe potuto portarla in salvo, ne era fin troppo cosciente.
-Fai quello che ti pare, non me ne frega un cazzo- replicò il ragazzo, mentre con fare distratto affondava le mani nelle tasche e tornava a ciondolarsi; il tono della sua voce, però, era totalmente compromesso, tanto che risultava difficile comprendere ciò che balbettava.
Smiley scosse energicamente la testa, mentre osservava con attenzione la giovane preda come se cercasse di capire se fosse stata in qualche modo "danneggiata" dall'amico. -Sei ubriaco alle sette del mattino, Jeff?- borbottò poi, con una malcelata risata sotto ai baffi. -Fai sul serio?-.
-Fottiti- ghignò l'altro. -Non è un tuo problema-.
-Oh, questo di certo no- disse l'uomo, iniziando a frugare nelle tasche del suo camice da dottore alla ricerca di qualcosa.
Il cuore di Eva correva all'impazzata, facendo scorrere velocemente il sangue nelle sue vene. Aveva l'impressione di stare per scoppiare, di essere in procinto di impazzire, di rischiare di morire ancora prima di essere stata toccata da uno di quei maledetti mostri.
-E comunque- balbettò ancora il moro, mentre voltava le spalle e si dirigeva verso l'uscita -Dice che la sua famiglia potrebbe pagarci un bel riscatto-.
-Ho già pensato a tutto io!- esclamò una terza voce che proveniva dalla rampa di scale, rimbalzando sulle pareti completamente spoglie e piene di crepe. Eva riconobbe immediatamente lo strano tipo che stava entrando nella stanza, non avrebbe mai potuto dimenticarsi di quella terrificante maschera blu che sembrava non togliersi mai dalla faccia. Non lo aveva fatto neanche adesso, nonostante il fatto che fosse costretto a tenerne sollevata un'estremità per riuscire a fumarsi una sigaretta.
-Penso io alle trattative, pagheranno- aggiunse il nuovo arrivato, sputando una piccola nuvola di fumo fuori dalla bocca.
Smiley annuì energicamente donando al collega un grosso sorriso carico di soddisfazione. -Bene, ma questo non significa che dobbiamo restituirla sul serio, dico bene Jack?-.
Nonostante l'impedimento dovuto alla maschera che indossava, su evidente che in quel momento il ragazzo ricambiò il sorriso. -Ovviamente-.
Eva sollevò la testa, nel momento in cui vide il falso dottore impugnare un oggetto che non riuscì a identificare nell'immediato; lui le afferrò il cranio con una mano, affondando le dita tra i suoi capelli rossi e stringendo la presa con enorme forza. -Tranquilla, non farà male- la rassicurò, mostrando il sottile ago di una siringa.
-Ti prego no!- riuscì a gridare la ragazza, prima che l'oggetto le venisse conficcato nella pelle con violenza. -Non è un sonnifero come l'altra volta- precisò poi, ridacchiando in modo isterico. -È solo un tranquillante, ti aiuterà a rilassarti-.
Eva ebbe l'impressione che il suo corpo, per qualche ragione, stesse improvvisamente fluttuando a mezz'aria; non aveva alcuna percezione di contatto con gli oggetti attorno a lei, tutto sembrava essersi smaterializzato in un attimo. Provò a concentrarsi sul suo respiro che sentiva rallentarsi, cercando disperatamente di recuperare il controllo, ma qualsiasi farmaco o droga le fosse stata iniettata pareva avere un'azione estremamente rapida.
Intontita riuscì giusto a vedere la figura lontana di Jeff che abbandonava la stanza e scompariva dietro a una parete, mentre le mani dell'uomo in camice afferravano una ciocca dei suoi capelli e la inducevano ad alzarsi in posizione eretta. -Coraggio, c'è molto da fare- borbottò poi l'uomo, sganciando dal muro che catene che la tenevano prigioniera per utilizzare come fossero un grottesco guinzaglio per cani. -Ma ti assicuro che non sentirai proprio nulla, come se fossi del tutto anestetizzata- continuò. Subito dopo, un trionfante e spietato sorriso si allargò sulle sue labbra, mentre lo sguardo dell'uomo si accendeva di una luce molto diversa. -E' importante, però, che tu sia vigile e cosciente durante tutta la durata del procedimento-.
Nel momento in cui Jeff abbandonò la stanza per dirigersi verso la più vicina rampa di scale, una sensazione sempre più soffocante e opprimente iniziò a farsi spazio nella sua mente. Era ubriaco, stanco e annoiato, per questo non riuscì fin da subito a dare un nome all'emozione che stava facendo tremare le sue gambe; ma più gradini scendeva, calpestando con le suole delle scarpe una miriade di lattine vuote e cicche di sigarette, più quel fastidio assumeva un'identità ben definita.
Rabbia.
Ecco cosa stava facendo sudare le sue mani, ecco perché l'aria che penetrava nei suoi polmoni sembrava essere intrisa di esalazioni tossiche.
Era arrabbiato, terribilmente arrabbiato.
Si trascinò con movenze tanto scoordinate da apparire imbarazzanti fino all'ultimo gradino, per poi fermarsi e cercare a tastoni una parete alla quale aggrapparsi per non rischiare di cadere a terra; conficcò le unghie sporche sull'intonaco scollato e chinò la testa molto rapidamente, colto da un violento conato di vomito.
-Vaffanculo..- borbottò, osservando il liquido giallastro che aveva appena riversato sul pavimento. Ma subito dopo, ancora prima di riuscire a rizzare la schiena e ripulirsi la bocca, un secondo conato lo costrinse a svuotarsi ancora. Ogni centilitro di tutte le bevande alcoliche che si era trangugiato nelle ultime ore era destinato a finire sotto alle suole delle sue scarpe, mischiato agli acidi gastrici e alla bile.
Con una spalla premuta contro alla parete e la schiena ricurva, il ragazzo non riuscì più a fermarsi fino a che il suo stomaco non fu vuoto del tutto; solo allora, con la faccia gonfia e gli occhi umidi, riuscì a recuperare il controllo della situazione. Si guardò intorno, con lo sguardo di chi non ricorda esattamente il motivo per cui si trova in quel posto, poi si voltò indietro; la rampa di scale che dietro alle sue spalle saliva verso il piano superiore era piena della spazzatura che la gente di strada come lui abbandonava di giorno in giorno, l'aria era intrisa di un odore sgradevole causato dalle colonie di muffa che si allargavano su ogni parete.
Con un gesto poco elegante il ragazzo passò una manica della sua felpa davanti alla bocca, per rimuovere i residui di tutto ciò che aveva rimesso; poi, con lo sguardo perso chissà dove, poté sfruttare una sorta di ritrovata chiarezza mentale per analizzare ciò che era accaduto poco prima. E quella sensazione di rabbia, improvvisamente, tornò a divorare il suo corpo più forte che mai.
Adesso, però, era in grado di capire da dove provenisse quella così fastidiosa sensazione. Senza ulteriore indugio si apprestò a risalire la rampa saltando i gradini due a due, con i pugni chiusi e il volto tirato in un ghigno poco promettente. Non poteva permettere che Smiley si prendesse ciò che era suo di diritto.
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