33. La colpa

Il temporale si riversava sulla città di Netville più forte che mai, lavando via la polvere dai marciapiedi e costringendo i senzatetto a cercare riparo sotto ai portici e negli scantinati dei palazzi.
Il profondo boato di un tuono fece vibrare il vetro della finestra mentre Jeff osservava immobile ogni centimetro del viso di Eva, come se si sforzasse di memorizzarne quanti più dettagli possibile; dopotutto, non poteva sapere quando lei sarebbe apparsa nuovamente nella sua testa.
Fece scorrere lo sguardo sulle lentiggini che tappezzavano le sue guance, sulle ciglia inarcate che addolcivano i suoi occhi e sulle ciocche scomposte dei capelli rossi che le pendevano giù dalla testa, come si rifiutassero di essere trattenuti in una banale coda.
Avrebbe voluto toccarla, ma non trovò il coraggio di farlo.
E se questa volta gli sarebbe sembrato meno reale?
-Perché non ti siedi e parliamo un po'?- disse lei, dopo una lunga manciata di secondi in cui aveva trattenuto un plateale silenzio. Allungandosi verso il ragazzo lo prese per mano e, camminando lentamente e voltandosi più volta indietro, lo indusse a seguirla fino a raggiungere il letto. Qui si sistemarlo entrambi a sedere l'uno accanto all'altra, sopra alle lenzuola in disordine, e continuarono a osservarsi intensamente.
Jeff si sentiva sempre più confuso, ma in quel momento pensò che non aveva più importanza. Eva era davanti a lui, il contatto con la sua mano era stato reale, il suo profumo era reale.
-Non vuoi chiedermi niente?- disse ancora la ragazza, concedendosi un sorriso che coprì parzialmente con le dita. -Te ne stai lì a guardarmi a basta?-.
Il killer istintivamente annuì con un cenno del capo, prolungando il suo silenzio. Si sentiva spaesato, nel suo inconscio era paralizzato dal dubbio che se avesse interagito eccessivamente con quella proezione della sua mente essa sarebbe svanita nel nulla, adesso che conosceva la verità.
Eva allargò le guance in un sorriso intenerito, mentre gli sfiorava con un indice la punta del naso. -Sei sempre stato molto più tenero di quanto non dessi a vedere, non è così?- gli chiese ancora.
Questa volta Jeff distolse lo sguardo per un breve attimo, poi tornò a guardarla. -Quindi non esisti. Ma come puoi... Come puoi sembrare così reale?- mormorò, aggrottando lievemente la fronte.
Nello stesso tempo un violento fulmine cadde a terra nelle vicinanze, interrompendo l'alimentazione elettrica dell'intero palazzo; in un attimo il monolocale fu sommerso dell'oscurità.
-Maledizione... Ci mancava solo questa, temporale del cazzo-.
Il killer si guardò intorno senza dire una parola, poi si alzò e rovistò tra i cassetti alla ricerca di qualcosa che avrebbe potuto utilizzare per creare un po' di luce. E lo fece con una crescente ansia poiché, in quel buio pesto, si domandava se la sua Eva si trovasse ancora con lui oppure fosse già svanita.
-Merda- borbottava.
Riuscì a trovare una vecchia torcia che miracolosamente sembrava funzionare ancora. La sistemò sul comodino e la accese, in modo tale che il fascio di luce generato andasse a illuminare la parete sotto alla quale si trovava il letto; e con enorme sollievo il ragazzo notificò che lei si trovava ancora lì, immobile nella medesima posizione in cui l'aveva lasciata.
Eva lo osservò in silenzio fino a che non fu tornato a sistemarsi al suo posto, poi lentamente allungò una mano e la posò sulla sua coscia. -Jeff, non sono mai stata qui-.
Un lampo illuminò la stanza per una frazione di secondo, per poi svanire.
Il moro deglutí a fatica, ammirando il modo in cui il fascio di luce proiettato dalla torcia rendeva ancor più perfetto il profilo del viso di Eva. Come fosse stato possibile. -Questo l'ho capito ma... Ci sono troppe cose che non mi spiego- le rispose. -E il bambino? Non sei mai stata incinta, non sarei mai diventato padre-.
Le labbra di lei si schiusero, solo per emettere il suono di una singola parola. -Esatto-.
Lui scosse il capo. -E così... Sono impazzito del tutto?-.
Lei ridacchiò, facendo dondolare i capelli rossi adagiati sulle sue spalle. -Può darsi. Ma ha davvero importanza?-.
Qualcosa in lei era cambiato.
Il killer sentì la sua mano scivolare lentamente sul tessuto dei suoi pantaloni seguendone le pieghe con la punta dell'indice, per poi insinuarsi senza timore tra le sue gambe raggiungendo le parti intime. Dapprima il killer si irrigidì, semplicemente sorpreso di osservare un comportamento che Eva non aveva mai avuto fino a quel momento; ma poi, continuando ad osservare l'espressione tenera sul suo volto, scelse di lasciarsi andare. Dopotutto, a questo punto, che differenza avrebbe mai fatto? Quella poteva essere l'ultima volta in cui avrebbe potuto averla tutta per sé.
Eva gli sorrise ancora, stavolta guardandolo dritto negli occhi. -Lasciami fare, solo per questa volta- gli sussurrò.
E lui così fece, ignorando di proposito la vaga sensazione di rifiuto che sentiva provenire dal profondo del suo subconscio. Lasciò che lentamente lo liberasse dalla stretta dei pantaloni e iniziasse a far salire il suo piacere muovendo lentamente la sua mano, che ancora riportava i segni degli abusi che aveva subito; solo una manciata di secondi dopo Jeff si lasciò catturare del tutto dall'eccitazione e dalla passione che era tornata ad accendersi in lui.
All'esterno il temporale impazzava e grossi chicci di grandine avevano iniziato a battere con violenza sulle vetrate ancora ricoperte di fogli di giornale mentre il killer, guidandosi con le mani e con la fioca luce che la torcia riusciva a proiettare, strappava i vestiti via dal corpo della ragazza e si insinuava tra le sue coscie come se in quel momento quello fosse per lui l'unico posto sicuro al mondo. Nell'appropriarsi del suo corpo questa volta non utilizzò alcuna forma di violenza, pareva quasi che entrambi avessero desiderato quel momento fin da subito e lo avessero atteso con trepidazione.
Dopo essere sprofondato dentro di lei le strinse le braccia graffiandole la pelle per poi morderle le labbra fin quasi a farle sanguinare. Si abbandonò completamente a quel momento di completa follia, si lasciò catturare da quel piacere fasullo scegliendo volontariamente di abbandonare ogni contatto con la realtà e godersi quell'unione con Eva, incurante del fatto che non fosse reale.
Lei gemeva silenziosamente accrescendo il suo piacere, la sua pelle era calda e morbida, i suoi occhi pieni di desiderio; ma ad un tratto, per qualche ragione, tutto cambiò.
-Jeff...- la sentì mugolare, premendo una mano sul suo petto come a volerlo respingere proprio adesso che aveva quasi raggiunto l'apice del piacere. -Che cos'hai fatto alla tua famiglia?-.
Nell'udire quella frase il killer si immobilizzò, ritrovandosi con gli occhi socchiusi a trattenere il fiato e, con esso, ogni emozione disperata che cercava di sgorgare fuori dai meandri della sua mente.
E anche se non le rispose la ragazza, alzando il tono della voce, continuò a porre domande sempre più specifiche e mirate a colpirlo nel modo più crudele possibile.
-Hai ucciso tutti quanti, anche tuo fratello Liu. Che cosa ti aveva fatto quel povero ragazzino?-.

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