RF: "White Symphony"


DETTAGLI DELL'ELABORATO

Concorso: Reclutamento Fantasy (RF).

Titolo dell'elaborato: "White Symphony".

Prova II: scrivere un testo di lunghezza compresa tra le 1000 e le 4000 parole.

Conteggio parole: 4000 (maledettissime) parole! (Con grande sforzo di pulizia da parte della sottoscritta!)

Traccia II: stavolta la traccia data funge solo da trama e non è da integrare.


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Groenlandia, anno 1432 d. C. ...

     Un sospiro. Incredibile come un sospiro potesse cambiare tutto. Un attimo prima non esisteva altro che La Musica. Uno dopo, ciò che aveva ritenuto importante era svanito. Il tempo si era improvvisamente fermato. L'universo era immobile. La neve era diventata calda. L'inverno si era trasformato in una primavera bianca.

     I suoi occhi si erano riempiti di meraviglia. L'indifferenza li aveva abbandonati. Si sporse, reggendosi a un ramo. Vedeva qualcosa che andava oltre la semplice bellezza. Neanche la migliore composizione poteva eguagliare quel fascino terreno.

     Un nuovo sospiro. Il freddo lo rese visibile. Mostrò il suo peccato. La promessa che non avrebbe mantenuto.

     Appoggiò le mani sul tronco. Si accucciò, cercando di non essere notato. Sperava che lei non si accorgesse della sua presenza.

     Chiunque avrebbe potuto dire che era una come tante. Bassa e rotondetta, con arruffati capelli ricci, di un bel nero ossidiana. La sua pelle era pallida come la luna. Indossava una sciarpa grossolana, sopra un lungo mantello con cappuccio.

     Non era niente di speciale. Eppure ad Aelians appariva bellissima.

     Lei nascose il volto nella sciarpa. Il suo respiro si mostrò in piccoli sbuffi bianchi. Lui non sapeva cosa significasse avere freddo o caldo. Non aveva mai percepito nulla che trascendesse La Musica. Tranne in quel momento.

     La ragazza si girò. Aelians si accucciò contro il tronco dell'albero. Non poteva rischiare di essere visto. La studiò attentamente: stava percorrendo la strada a ritroso. Probabilmente tornava al paese. Il pensiero lo rattristò: voleva che rimanesse ancora. Anche se non ne capiva il motivo.

     Un tratto del sentiero passava vicino all'albero. Colto dall'agitazione, si spostò, nascondendosi dietro al tronco. Rimase immobile, con la schiena premuta contro la corteccia. Le sue spalle erano rigide e percorse da una strana tensione. Provava un'ansia sconosciuta.

     Sentì i passi sulla neve. Erano leggeri e cadenzati. Somigliavano alla melodia di uno strumento musicale. Trattenne il fiato. Il cuore rombava nelle orecchie. Il flusso del sangue frusciava come foglie scosse dal vento. Sbirciò oltre il tronco e la vide camminare proprio sotto l'albero. Si tirò indietro all'istante, temendo di essere scoperto. Quando lei passò oltre, la tensione si sciolse.

     Sospirò di sollievo.

     Un errore fatale.

     «Chi sei?»

     Trasalì. Rischiò di cadere, ma si aggrappò al tronco. L'agitazione tornò. Il cuore riprese a martellargli nel petto. Aelians abbassò lo sguardo. La ragazza era ai piedi dell'albero e lo fissava, col naso all'insù. Stupido! Aveva sospirato troppo presto!

     La osservò. Aveva gli occhi color nocciola. Le labbra erano sottili, pallide. L'espressione tradiva una certa curiosità. Aveva una voce timida, acuta. A molti sarebbe risultata sgradevole, ma lui la trovò adorabile. Il giovane rimase in silenzio. Trascorsero minuti interi così, immobili, a studiarsi a vicenda.

     Alla fine Aelians non disse nulla. Cautamente, si spostò di lato, fino a scomparire dietro al tronco. Avrebbe tranquillamente potuto fondersi con l'albero, per quanto era rigido. Era come se un incantesimo lo avesse pietrificato. Si sentiva un idiota e aveva la sensazione di star sbagliando tutto. Ma tutto cosa?

     La ragazza girò attorno all'albero, fino a essergli di nuovo di fronte.

     «Ehi! Perché ti nascondi? Eri tu a suonare, prima?»

     Aveva sentito la sua musica? Aelian rimase stupito. Non tutti ci riuscivano. Si chiese cosa dovesse fare. Risponderle? Era fuori questione. Non poteva parlare con gli umani. Scappare? No! Non era di certo un codardo.

     La ragazza lo squadrò: «Che ci fai su quell'albero? E perché sei scalzo? Non hai freddo con quei vestiti?»

     «Sai fare solo domande?» sbottò lui, innervosito.

     Oh no! Si portò le mani alla bocca. Le aveva risposto! E adesso? Percepì uno strano formicolio alle gote. Non si rese conto di essere arrossito. Beh, era la prima volta che capitava. Si piegò e nascose il volto contro le ginocchia, cinte dalle braccia. Si sentiva sempre più stupido e impacciato. Perché aveva sospirato? Si stava odiando.

     Lei sorrise: «Quindi sai parlare!» esclamò. «Allora? Me lo dici il tuo nome?»

     No, no! Non poteva assolutamente risponderle. Se fosse rimasto in silenzio, forse se ne sarebbe andata. Doveva solamente ignorarla: lei si sarebbe stufata e lo avrebbe lasciato solo. Ebbe un sussulto. Non voleva... desiderava che rimanesse.

     Alzò timidamente la testa. Posò il mento sulle ginocchia e la guardò. La ragazza inclinò la testa di lato. Il suo gesto gli trasmise una sensazione strana. Un formicolio, dentro, nello stomaco. Era teso come una corda di violino, però era piacevole. Non riusciva a capire.

     «M-mi... mi chiamo Aelians...» balbettò, per poi nascondere di nuovo la faccia contro le ginocchia.

     Il viso di lei si illuminò: «Aelians! È bellissimo! Io sono Bianca.»

     Bianca.

     Non poteva esistere un nome più azzeccato.

     Aveva incontrato Bianca in una foresta ricoperta di neve. Bianca era carina e aveva la pelle dello stesso colore della luna. Bianca lo aveva scoperto mentre la spiava, anche se erano due perfetti sconosciuti. Bianca gli aveva chiesto chi fosse e lui si era nascosto. Bianca aveva visto quanto fosse stupido e impacciato. Aveva fatto una magra figura di fronte a Bianca.

     La parola Bianca sarebbe rimasta impressa nella sua mente.

     Per sempre.


Groenlandia, seicento anni dopo...

     All'estremo sud della Groenlandia, incastonata nelle rive di un fiordo, c'era una cittadina di nome Narsaq. Come molti paesi di lì, Narsaq era composta da graziose casette colorate, sparse qua e là per il territorio. Contava poco più di millecinquecento abitanti e si poteva raggiungere facilmente in battello.

     Nonostante il clima polare, Narsaq era una cittadina felice. Le persone vivevano di pesca e, grazie ad alcuni campi arabili, d'allevamento. Spesso giungevano anche dei turisti, affascinati dalle bellezze del luogo. Nessuno straniero, però, poteva ammirare il più grande spettacolo che la città aveva da offrire.

     Solo gli abitanti di Narsaq riuscivano a sentire La Musica.

     Per loro la vita stessa era La Musica. Si svegliavano, la mattina, ascoltando il canto delle terre. Ognuno si preparava per una nuova giornata di lavoro. Non c'era uomo o donna, anziano o bambino, che non avesse un impiego. Tutti contribuivano alla felice e pacifica coesistenza.

     Il ritmo de La Musica li accompagnava a ogni passo. Spesso qualcuno, passeggiando per le vie, all'improvviso si cimentava in una piroetta o imitava il gesto di suonare uno strumento.

     Tranne quel giorno.

     Quando Bianca De Santis uscì dall'albergo, trovò una bizzarra scena ad aspettarla. Gli abitanti si erano riversati per le vie. Un brusio percorreva la folla. Una confusione che lei, nelle poche settimane che aveva trascorso lì, non aveva mai visto.

     Nessuno di loro stava canticchiando, ballando o fingendo di suonare. I volti tradivano un certo disagio. La paura attraversò i loro sguardi.

     «Riesci a sentirla?» chiese qualcuno.

     «No! Allora non sono pazzo!» rispose qualcun altro.

     «Non c'è!» pigolò una donna.

     «La Musica è sparita!» si lamentò un uomo.

     Il brusio crebbe d'intensità. Bianca si guardò intorno, sempre più confusa. Che stava succedendo alla sua cittadina preferita? Si avvicinò alla gestrice dell'albergo per chiedere spiegazioni. Non ricevette risposte coerenti. Tutti ripetevano che La Musica non c'era, che quello era il giorno dell'Apocalisse, che il mondo sarebbe andato distrutto.

     Bianca cercò di calmarli, ma fu tutto inutile. Un panico generale aveva attanagliato la città. Allora lei ricordò. Ripensò al giorno prima, all'incontro avuto mentre passeggiava tra la neve. Si voltò, guardando nella direzione dei campi. Lì, dove aveva conosciuto quell'uomo.

     In fretta, Bianca recuperò la sua bicicletta. Appoggiò la borsa nel cestello e iniziò a pedalare. L'armonia di Narsaq si stava sbriciolando davanti ai suoi occhi. Le persone avevano i volti deformati dal terrore. Tutto questo, solo perché lui aveva smesso di suonare? Non riusciva a crederci.

     Pedalò senza sosta. A metà strada, dovette fermarsi a causa della neve. Abbandonò la bicicletta e iniziò a correre a perdifiato. I suoi piedi affondavano nella coltre.

     Quando raggiunse il luogo dove aveva incontrato quell'uomo, la neve aveva ormai imbiancato ogni cosa. C'erano solo l'albero centenario e una sconfinata distesa candida.

     Bianca si piegò, poggiando le mani sulle ginocchia, e riprese fiato. I suoi ansimi si condensavano in piccole nuvolette di vapore. Alzò la testa e lo vide. Se ne stava lì, disteso su uno dei rami più spessi, a guardare il cielo uggioso.

     Era un uomo dall'aspetto angelico. La sua pelle era bronzea, cosa quasi impossibile in quelle terre. I capelli castani gli incorniciavano il volto, dai lineamenti eleganti e giovanili. Indossava degli abiti esotici, assolutamente inadatti alle temperature. Quando lo aveva visto, Bianca aveva creduto che fosse un folle. La conversazione che era seguita, aveva confermato quell'ipotesi.

     «Aelians!» lo chiamò, rancorosa.

     L'uomo non si mosse, ma i suoi occhi si spostarono dal cielo a lei: «Oh. Sei solo tu» disse stancamente.

     Bianca s'infervorò ancora di più: «Sei uno stupido ragazzino! Come hai potuto farlo davvero? Volevi dimostrarmi che sei un Dio? Va bene! Ora ci credo, sei contento? Adesso però devi riprendere a suonare: a Narsaq non sentono più la tua musica! Credono che si stia scatenando l'Apocalisse! Sono tutti impazziti, c'è il panico!»

     Aelians sbuffò e si girò sul ramo, dandole le spalle: «Lasciami in pace.»

     Bianca aprì e chiuse la bocca. Non poteva esserci persona più testarda e intrattabile di lui! Il bello era che lo conosceva solo da un giorno. Aggirò l'albero e gli si mise di nuovo di fronte.

     «Puoi ignorare me, ma non i tuoi figli!» lo rimproverò.

     Aelians strinse gli occhi: «Io non ho figli» replicò con un ringhio, girandosi di nuovo.

     Bianca insistette: «Va bene...» si avvicinò al tronco e tornò di fronte a lui. «Va bene. Magari non sono i tuoi figli, ma c'è un motivo se riescono a sentire la tua musica, giusto? Sono imparentati con... insomma...»

     Lui sbuffò e scese di scatto dall'albero. La donna indietreggiò, intimidita. Era più alto di lei di almeno quindici centimetri. Aelians le si avvicinò ulteriormente. Bianca puntò i piedi a terra, decisa a non lasciargli troppo spazio. I loro respiri si mescolarono in nuvole candide.

     L'uomo la scrutò attentamente. I suoi occhi neri la studiavano nei minimi dettagli. Il loro sguardo era... particolare. Immerso in ricordi molto lontani. Alcuni belli, altri estremamente dolorosi. Bianca si chiese cosa avesse dovuto passare. Se era vero ciò che le aveva raccontato il giorno prima, doveva avere più di mille anni.

     «Dillo» sibilò lui, a denti stretti.

     Lei deglutì: «Sono imparentati con... Bianca. L'altra. La tua Bianca.»

    Aelians scosse la testa. Le afferrò il volto tra le mani e la avvicinò a se. La sua forza le comprimeva le tempie, trasmettendole una sgradevole sensazione di violenza. Si oppose, ma lui non la lasciò andare. Le loro labbra si sfiorarono.

     «Sei tu la mia Bianca. Perché non ricordi?»

     Lei infilò le braccia tra le sue e fece leva per liberarsi: «No!» sbottò, ritraendosi. «Non sono la tua Bianca tornata in vita, lo vuoi capire? Potrò anche assomigliarle, ma io sono Bianca De Santis, una turista italiana venuta qui in vacanza! Una turista che non riesce a sentire la tua musica. È chiaro? Non la sento!»

     «Ma tu devi sentirla!» insistette Aelians, stringendo i pugni. «Ti ho aspettata. Ho continuato a suonare la nostra musica. Per trecento anni, tutti i giorni, ho smesso di comporre nuove melodie, per eseguire il nostro ultimo movimento. Sapevo che La Musica ti avrebbe guidata da me. Infatti sei venuta. So che sei tu. Ho rinunciato a tutto, per te. Ho infranto il mio giuramento, ho tradito la musica stessa, per te. Solo per te, Bianca!»

     «E allora sei uno stupido!» urlò lei. «Perché hai suonato per la persona sbagliata! Io. Non. Sono. La. Tua. Bianca!»

     Bianca tentò di riprendere fiato. Le doleva la gola per quanto aveva gridato. Alzò lo sguardo e rimase pietrificata. Aelians stava piangendo. I suoi occhi neri scintillavano di dolore. La amava davvero... così come aveva davvero amato quella donna. Ripensò alle sue parole. Trecento anni trascorsi ad aspettarla. Poteva davvero esistere un amore così forte?

     Sentì il cuore stringersi in una morsa. Provava una gran pena per quell'uomo. Tutte le cose che le aveva detto il giorno prima non avevano senso. Lei, la reincarnazione della sua donna? La sua Bianca, morta per un male incurabile? La persona per la quale aveva combattuto contro gli altri Dei, infranto il giuramento di non mescolarsi mai con gli umani, tradito la sua vocazione a La Musica?

     Era impossibile. Lei non era quella Bianca. Non ci credeva.

     Eppure non dubitava che Aelians fosse un Dio.

     All'improvviso, non trovò più la sua immagine. Bianca si guardò attorno e capì che Aelians era scomparso. Svanito nel nulla. Era rimasto solo l'albero centenario. Si passò le mani tra i capelli ricci, scrutando in ogni angolo del paesaggio. Se n'era andato davvero? Dove? E perché la sola idea che fosse sparito per sempre la dilaniava?

     «Aelians...» sussurrò, correndo per la distesa imbiancata. «Aelians!» lo chiamò.

     Lui non le rispose: quella Bianca non lo rivide mai più.


Groenlandia, dopo altri duecentocinquant'anni...

     Il cuore di Aelians si contrasse. Dopo molto tempo, non provò la familiare sensazione di venire accoltellato. I suoi occhi si riempirono di... cosa? Cos'era quell'emozione? Dolore? Rimorso? Nostalgia? Oppure gioia? Speranza, forse? O paura di credere che fosse vero?

     Guardò la ragazza di fronte a lui. Era giovane, non aveva più di ventidue anni. I capelli ricci erano raccolti in un fermaglio. Erano del colore dell'ossidiana. La pelle era pallida come la luna. La divinità la scrutò per minuti interi. Non riusciva a parlare né a muoversi. Non poteva essere vero. Dopo tutto il dolore che aveva patito, non riusciva a credere che fosse possibile.

     La ragazza sorrise dolcemente: «Vedo che ti ricordi ancora di me...» sussurrò, inclinando la testa di lato.

     Inclinando la testa.

     Aelians sentì qualcosa spezzarsi. Non seppe dire se fosse il suo cuore, la sua anima, o semplicemente la sua capacità di raziocinio. Quel gesto... l'adorabile tic della sua Bianca... era reale? Forse il dolore lo aveva reso pazzo. Doveva essere proprio così...

     La ragazza si avvicinò. Lui indietreggiò di scatto. Sentiva che la sua anima, l'anima di Bianca, era in quel corpo. Ma come poteva fidarsi delle proprie percezioni? Come, quando l'avevano già ingannato una volta?

     Lei si fermò e si accigliò: «Perché scappi?» gli chiese ingenuamente. «Sono io...»

     Aelians scosse la testa: «Tu... tu non sei... lei...»

     La ragazza l'osservò attentamente. La consapevolezza si accese nel suo sguardo. La tristezza e il rimpianto offuscarono il suo volto.

     Uno scatto. Fulmineo. Imprevedibile.

     La divinità trasalì. I suo occhi si spalancarono dalla sorpresa. Le gambe minacciarono di cedere. La ragazza lo stava abbracciando. Lo stringeva con forza. Sentì dei lamenti. Dei singhiozzi.

     «Mi dispiace!» sussurrò lei. «Mi dispiace così tanto, Aelians. Ti ho ferito, ti ho fatto così male... non ho saputo crederti... sono stata così sciocca...»

     La divinità non riusciva a capire. Le parole della giovane non avevano senso. Ricordava di averlo rifiutato? Allora era davvero lei! Perché lo aveva fatto? Perché non era riuscita a sentire la sua musica? Come aveva potuto andarsene senza di lui? Farsi una famiglia, avere dei figli, con un altro!

     Scosse la testa. Era troppo. Non poteva sopportarlo.

     Le afferrò le spalle. La spinse via. Lei si lamentò e aumentò la stretta. Non voleva lasciarlo andare. Perché? Le era risultato così facile, l'ultima volta. Aelians tentò di scrollarsela di dosso. Una rabbia immane si stava impadronendo di lui.

     Il Dio abbandonò il suo stato fisico. Scomparve, semplicemente. La sua coscienza però rimase. Aleggiò nella pianura. La ragazza perse il suo appiglio e cadde a terra. La coltre di neve attutì l'impatto. Lei si rialzò in fretta e si guardò attorno.

     «Aelians!» lo chiamò. «Non andartene! Devi lasciarmi spiegare! Aelians!»

     La coscienza della divinità osservò la ragazza. La vide correre per la distesa. La sentì ripetere il suo nome, come un mantra. Bianca Hitember continuò a cercarlo. Per ore. Solo la stanchezza e il freddo riuscirono a fermarla.

     Lei crollò in ginocchio, piegandosi su se stessa. Iniziò a singhiozzare. Le sue lacrime scesero copiosamente. Il suo pianto dilaniò Aelians nel profondo. Più di una volta dovette resistere all'impulso di tornare e consolarla. La paura e la rabbia gli diedero la forza per non cedere.

     Non voleva passarci di nuovo. Non aveva il coraggio di sopportare altri trecento anni senza di lei. Secoli interi, trascorsi ad aspettarla. Per cosa? Per un rifiuto. Bianca aveva infranto il loro giuramento. Non era tornata da lui, nonostante Aelians avesse fatto di tutto per permetterglielo.

     Aveva combattuto contro gli altri Dei, affinché le concedessero il potere della reincarnazione. Aveva opposto resistenza alla sua vocazione, che lo spingeva a creare sempre nuove sinfonie, solo per poterla guidare con il loro ultimo movimento. Aveva tradito la propria razza, amandola come un essere umano, al livello carnale, oltre che divino.

     Ma lei non se ne era ricordata.

     Lo aveva dimenticato.

     Imperdonabile.

     «Aelians...» sussurrò la ragazza. «Aelians... Aelians, perdonami...»

     Neanche quella Bianca lo avrebbe più rivisto.


Groenlandia, anno 2689 d. C. ...

     Narsaq non esisteva più. Dopo che Aelians aveva smesso di suonare per Bianca, i cittadini erano diventati persone comuni. La loro "follia collettiva" era svanita, ma avevano continuato a popolare quelle terre per anni, prima che il mare le inghiottisse.

     A causa del riscaldamento globale, i ghiacciai si erano sciolti fino a scomparire quasi del tutto. Gli sconvolgimenti climatici erano stati nulla, in confronto alle esondazioni. Molte terre emerse erano state inglobate dall'acqua.

     Anche la pianura innevata, dove Bianca e Aelians si erano conosciuti, era stata sommersa. Il grande albero centenario era morto. Prima che ciò accadesse, l'umana era tornata più volte in quei luoghi. Diverse Bianca si erano susseguite, tutte memori delle loro vite passate.

     Avevano ricordato il loro amore con Aelians, ma anche il rifiuto della divinità. I sensi di colpa avevano portato molte di loro a isolarsi. Alcune erano arrivate a togliersi la vita. Altre avevano sostenuto che, ovunque andassero, riuscivano a sentire la presenza dell'amato.

     Erano tutte Bianca distinte, nate in famiglie lontane, in ogni angolo della Terra.

     L'ultima, però, era diversa.

     Questa Bianca decise che avevano sofferto a sufficienza. Raccolse la propria forza di volontà e si mise alla ricerca di Aelians. Voleva che fossero di nuovo felici. Sapeva che la divinità aveva solo paura. Il suo uomo era terrorizzato all'idea di dover rivivere quell'inferno. Lei ne era consapevole. Era anche conscia del fatto che non sarebbe mai riuscita a capire fino in fondo il suo tormento.

     Andò ovunque le terre fossero ancora emerse. Trascorse anni interi a cercare La Musica. Viaggiò per gli angoli più remoti del pianeta, nella speranza di ritrovarlo.

     Alla fine, riuscì a scovarlo.

     Lì, dove tutto era iniziato.

     Nelle terre sommerse di Narsaq.

     Era stata una stupida a pensare che il mare potesse essere un ostacolo. Lui era un Dio: poteva abbandonare lo stato fisico e rimanere sotto forma di pura coscienza. Le era servito del tempo, per arrivarci.

     «Aelians!» lo chiamò, fermando i motori della barca. «Aelians! So che sei qui! Dobbiamo parlare!» urlò all'oceano.

     Non ricevette risposta. Nulla cambiò. Il mare continuò a cullarla con le sue onde. Nel fiordo, la corrente era minima e le acque erano quasi sempre calme. La sconfinata distesa azzurra le ricordava la pianura innevata. Era quasi immobile come la coltre. Mancava solo la neve.

     Bianca si guardò attorno, sconfortata. Si sedette sulla panchina della barca e si mise le mani tra i capelli. Davvero non sarebbe tornato da lei? Era sul serio troppo tardi? Lo aveva perso per sempre? Iniziò a dondolarsi. Non voleva arrendersi. Non dopo tutto quello che entrambi avevano sopportato. Che senso avrebbe avuto, altrimenti?

     «Mi dispiace...» pigolò. «Mi dispiace tanto... ma io ti amo... Aelians. Non posso rinunciare a te... non ci riesco... ti prego, perdonami...»

     «Perché sei venuta qui?»

     Quella voce... la riconobbe all'istante. Il cuore iniziò a palpitare. Un fiotto di speranza riempì quel fragile muscolo. Sì... tutte le Bianca avevano avuto un cuore debole. Per questo erano sempre morte prematuramente. Si alzò di scatto e si girò.

     Aelians era lì, in piedi, sulla sua barca. Era diverso da come lo ricordava. Il suo volto era inespressivo, emaciato. La sua pelle era pallida, aveva un colore malaticcio. I capelli erano sfibrati. Bianca rimase sconvolta. Cosa era accaduto al suo Dio?

     Gli si avvicinò e gli prese il volto tra le mani: «Aelians! Che ti è successo?» esclamò.

     Lui le strinse le mani e si ritrasse. La donna si rese conto che le sue dita sembravano quelle di un novantenne. La pelle era percorsa da delle profonde rughe. Dei crepacci su una terra avvizzita.

     Aelians indietreggiò di un passo: «Non dovresti essere qui. Io... non ti voglio qui.»

     Bianca colse l'esitazione nella sua voce: «Non è vero» rispose, annullando la distanza e scrutandolo. «Sai che non è vero. Speravi che tornassi. Altrimenti non saresti rimasto.»

     La divinità scosse la testa e si lasciò cadere sul bordo della poppa. Si sedette scompostamente e si passò le mani raggrinzite tra i capelli. A Bianca si strinse il cuore, come quando lo vide piangere. Si inginocchiò di fronte a lui e gli prese le mani tra le proprie.

     «Aelians. Aelians, guardami. Io ti amo... e so che anche tu mi ami ancora. Possiamo ricominciare. Se solo tu mi lasciassi spiegare... Ora so perché ti rifiutai, quella volta. Ebbi un incidente. Capisci? Un incidente molto grave, quando ero bambina. Causò un danno al cervello, che mi fece dimenticare tutto. Quando sono morta, ho ricordato ogni cosa. E sono tornata. Da te, solo da te. Ti prego, non lasciare che un incidente ci rovini la vita. Abbiamo l'eternità davanti a noi. Potremo essere felici...»

     Mentre parlava, lui negava con la testa: «È troppo tardi» ripeteva. «È troppo tardi, ormai.»

     Anche Bianca scosse il capo: «No. No, Aelians. Non è tardi. Non sarà mai tardi, noi...»

     «È tardi, ho detto!» esplose la divinità, alzandosi di scatto.

     La barca oscillò lievemente. Lui si aggrappò alla ringhiera. Allora lei se ne rese conto. Le sue mani tremavano. Era debole. La consapevolezza si insinuò nella mente di Bianca. Quanto tempo era che la divinità non suonava? Cercò di contare gli anni, ma si rese conto che erano secoli.

     Dalla prima volta che era morta, Aelians non aveva eseguito altro che il loro ultimo movimento. La Musica, però, pretendeva di più. Voleva essere composta, ma lui si rifiutava. Suonare un unico brano lo aveva mantenuto in vita, ma era come se avesse vissuto con solo pane. L'aveva aspettata, in equilibrio su un filo tagliente.

     Poi aveva smesso del tutto. Quando lei lo aveva rifiutato, non era scomparso soltanto lui: anche il loro ultimo movimento era svanito. In quel momento, Aelians aveva cessato di essere il Dio della Musica. Aveva tradito la sua fedele compagna. L'aveva abbandonata.

     La Musica lo aveva punito, smettendo di sostenerlo.

     Solo adesso Bianca si rendeva conto della realtà.

     Aelians stava morendo, da più di settecento anni, a causa sua.

     «No... No!» lo raggiunse e lo abbracciò da dietro. «No, Aelians! Ti prego, ricomincia a suonare.»

     La divinità strinse la grata: «Non posso. La Musica... non c'è. Non la sento più.»

     Lei scosse la testa: «Non è vero» lo fece girare e gli prese il viso tra le mani. «C'è il nostro movimento. L'hai eseguito per secoli: lo sai a memoria. Ti prego, Aelians. Suonalo. Fallo per me. Pe noi. Ti scongiuro.»

     Una scintilla di speranza si accese negli occhi della divinità. Aelians la fissò intensamente. Bianca ricambiò, pregandolo anche con lo sguardo.

     «Rimarrai con me?» le chiese lui.

     «Per sempre, te lo giuro» promise Bianca. «Quindi, ti prego: chiudi gli occhi. Concentrati. Suona per me.»

     Aelians le prese il volto tra le mani. La avvicinò a se, continuando a guardarla, finché le loro fronti non si toccarono. Allora chiuse gli occhi. I loro respiri si mescolarono, come se non si fossero mai separati.

     Bianca represse le lacrime. Non voleva perderlo. Non adesso che l'aveva ritrovato. Pregò con tutta l'anima che funzionasse.

     Il mare assunse un suono più melodioso. Le sue onde dettarono il ritmo del movimento. I versi degli uccelli si uniformarono alla sinfonia, mentre il vento assunse il ruolo degli archi e dei bassi.

     Bianca chiuse gli occhi e finalmente la sentì.

     La Musica era tornata.


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Il testo ha ottenuto punteggio pieno nella valutazione della seconda prova del concorso Reclutamento Fantasy, totalizzando 9 punti su 9. Di seguito lo screenshot della valutazione.

Screenshot della valutazione:

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