55-Soffioni-

È da un po' che non penso.
Non credo di riuscire a ricordare il momento in cui tutto é iniziato, ma ora sono qui e non trovo sia giusto sforzarsi per questo, in fondo è il passato, no?
Si condanna da solo, lo hai mai notato? Il tempo non lascia spazio ai ripensamenti insistenti, nè ha mai avuto la capacità di gestire se stesso autonomamente; inconsistente, ecco cos'è. Lo so, credi che stia sbagliando, ma lasciami parlare, respirare, sorridere e ricordare, te ne prego.
È da un po' che non penso, non a te, non a noi, forse ad ogni cosa: il sapore del tè alla mattina, l'odore dell'aria, la nostra stanza in disordine, alcune vecchie magliette posate malamente sullo schienale della sedia, proprio di fronte alla scrivania, dove sono ammassati dei vecchi libri, nulla, da chissà quando fino ad oggi, ha mai attirato la mia attenzione, tuttavia tu hai una spiegazione, non è così?
Mostramela, adesso, la desidero, sento come se, lasciato senza, il mio respiro si stia accorciando, sempre ad un passo dall'arrestarsi. Hai mai provato questa sensazione?
È magnifica, travolgente e contraddittoria , poichè e dolorosa, ma capace di rendersi inarrestabile e amabile in ogni contrazione dei miei muscoli, in ogni brivido che persiste, memoria ferma nella falsità e verità racchiusa in una gabbia invisibile, ne sono ancora attirato. Lascia uno strano retrogusto una volta appassita, ma, con l'arrivo dei giorni caldi, delle piogge delicate, il suo rifiorire scatena brividi indimenticabili.
La mia mente è spenta mentre indago in me per l'ennesima volta...che sembra sempre la prima, riscopro vecchi ricordi, ne rimango stupito e li osservo abbandonarmi per nascondersi nuovamente. Vorrei che li riportassi da me, il vento mi sta derubando, mi sento svuotare, tutto sta fuggendo dalle mie mani e non posso afferrare nulla.
Ho capito tardivamente la tua sincerità: è ingiusto rincorrersi senza un obbiettivo, una volta fatto inciampare, cosa farò di me stesso?

Rammento della primavera come i mesi più terrificanti e meravigliosi, rimembro il calore appena svegliato delle calme mattine, le luci dei locali alla sera, la mia giacca di pelle che occasionalmente prendevi in prestito dopo esserti accorto di aver indossato vestiti troppo leggeri per uscire; una camicia bianca e morbida fra le insegne della città, il tessuto scostato, tre bottoni, troppi, slacciati, due occhi limpidi, un paio di pantaloni attillati neri, qualche centimetro di altezza in più, maniche arrotolate e giacca di jeans, un po' larga, posata sulla spalla, tenuta in equilibrio dalla tua mano, scarpe bianche dall'insolita suola alta, viso più scarno di quanto lo fosse stato un anno prima, ma fisico forte nonostante l'apparenza, chiunque ti avesse visto camminare sarebbe caduto ai tuoi piedi. Era un sera di fine aprile, fresca, piacevole, e tu avevi un'aria ipnotica.
I tuoi tratti risaltavano sotto la luminosità delle vetrine, messi in risalto dal tuo nuovo taglio di capelli: avevi preso una scelta radicale una settimana prima e ti eri deciso a domare una volta per tutte la tua testa scombinata dando un taglio netto lungo i lati e scendendo fino alla nuca, un morbido ciuffo ordinato e, permettimelo, tremendamente sexy, si alzava in morbide volute raggiungendo la tua fronte per poi ricadervi delicato, ma ribelle, parevi mutato, avevi cambiato pelle, sì, ma non essenza. Tenevi le mie dita in una salda presa procedendo a passo lento, di tanto in tanto mi rivolgevi occhiate tutt'altro che fraintendibili.
Modestamente, anche io non ero messo male con il mio solito abbinamento pantaloni morbidi, t-shirt e anfibi e sospettavo, da ormai un'ora e poco più, che il tuo sguardo mi stesse ammirando. A differenza tua, io non ero andato incontro a grandi cambiamenti esteriori. Mantenevo il solito fisico, l'unico particolare che poteva saltar subito all'occhio era il fatto di esser riuscito ad ammaestrare i miei ciuffi ribelli, i quali ti eri divertito a sistemare e che in quel momento contornavano un viso di un rosa delicato, dai tratti mercati, ma affusolati, tela di un'espressione indecifrabile, due iridi color rubino rapite dalla tua visione riflettevano immagini confuse e coinvolgenti.
Su di un marciapiede asciutto, memore di una giornata limpida, ascoltavamo il traffico della città. Era tardi, ma la notte per noi non era ancora giunta, nel contare i nostri passi eravamo passati, spinti da una tua infantile idea, a saltare le crepe come se calpestarle ci avesse potuto ferire. Non erano burroni o profondi dirupi oscuri, ma tu avevi iniziato a fuggirne ed io ti stavo seguendo.
Se ci fosse stato un modo per rendere il rischio reale, pensai lasciandoti scivolare piano dalle mie dita ed osservandoti a qualche passo di distanza, tu avresti giocato; non avresti ammesso nulla se te lo avessi chiesto, ma conoscevo già la risposta ed il nostro appuntamento passò improvvisamente in secondo piano.
Ci pensavo ancora, più insistentemente di te, da due o tre mesi, non riuscivo a farne a meno, non controllavo la mia stessa paura, tuttavia era silenziosa e passare inosservata era dovuto sembrare semplice. Mi domandavo cosa stesse succedendo nella tua testa, le idee che vi si trovavano, le intenzioni, non ero capace di capire e stavi diventando imprevedibile da alcune settimane. Lo vedevi? Assumevi strani comportamenti, ma talmente naturali da mandarmi in confusione.
Forse ero stato ingannato, ma mi rifiutavo di credere che il mio Deku si stesse rialzando, poco a poco.
Volevo urlarti di aspettare, di non aver fretta poichè delle ali fragili non sopportano il vento più debole e le stelle non sono mai state vicine quanto lo siano sembrate allora. Preoccupazioni, ne ero assillato ormai.
I buchi nel cemento si sarebbero allargati per inghiottirti, mi dicevo colto da un impulso irrefrenabile di volerti nascondere alla luce della città, tua illusoria nemica, la quale allungava ombre innocue sul nostro percorso.
Ma sentivo di essere nel torto, tu mi avresti compreso una volta che ti avessi rammentato dei pomeriggi pieni di tremori, delle lezioni prive di sorrisi, dei baci evitati per timore di trovarvi un rifugio troppo comodo e sfruttabile, avresti potuto rovinarli, non è così?
Facesti un passo falso, letteralmente, e mentre ti voltavi verso di me con la più sorridente delle emozioni rappresentata in viso inciampasti; reagii in ritardo, il mio cuore si bloccò quando realizzai quel che stava accadendo, ma, quasi fosse una stupida presa in giro, tu non eri caduto. Stavi in piedi, all'inizio un po' traballante, ma reggevi comunque il tuo peso ed io...ero così lontano dal poterti vedere davvero.
Avevamo trascorso settimane altalenanti, fra tristezza ed insensibilità, perciò come potevo non essere inquieto nel dedicarti attenzione?
Idiota. Me lo dissi da solo, forse mimai la parola con le labbra mentre una macchina ci passava affianco e tu mi rivolgesti uno strano sguardo.
Sbuffai ed alzai sicuro gli occhi per potermi concedere una calma che da troppo tempo stavo agognando.
Ti sorrisi.

《Kacchan!》mi chiamasti ad alta voce, ma non ne compresi il motivo, dopo tutto eravamo a soli due passi di distanza.
Rabbrividii nel constatare che mi stessi fissando intensamente nel camminare all'indietro. Non ti spaventava il non sapere cosa avessi alle spalle? Fui preso dalla preoccupazione e, successivamente, dall'imbarazzo.
《Sei stupendo.》unisti le dita allungando le braccia in avanti, formavano un cuore.
《Tsk.》mi limitai a dire. Ti piaceva farmi arrossire e, purtroppo, io non potevo farci nulla.
Avrei voluto risponderti, dirti che eri magnetico con il viso diafano cosparso di lentiggini, le guance rosee, un verde smeraldo penetrante al posto delle iridi e quelle labbra insaziabili, tuttavia ingoiai quei complimenti.
Eravamo soli, in una strada famigliare, ci stavamo allontanando dalle vie trafficate, dal vociferare delle persone nei bar, dal mondo contorto che ci aveva avvicinati ed io desiderai tanto stringerti a me. La mancanza ci voleva ghermire ancora, ma l'oscurità del cielo, quella sera, ci avrebbe protetto.
La strada svoltò a sinistra ed i nostri passi si accorciarono fino ad un efificio uguale ai tanti altri che fiancheggiavano la via. Ti eri arrestato proprio di fronte all'ingresso, come pietrificato, i pugni stretti ed un groppo in gola, ne fui certo, simile al mio.
La brezza primaverile ci spingeva in avanti incurante della nostra indecisione sul proseguire o il tornare indietro. Ti raggiunsi e ti circondai le spalle abbracciandoti, mi sporsi in avanti e strofinai piano la mia guancia contro la tua.
《Vuoi tornare indietro?》le mie parole ti accarezzarono con il giusto tatto e tu non ne fosti intimorito.
Deglutisti.
《No.》
La tua mano si tuffò nella tasca della tua giacca e, in pochi secondi, guardandoti dall'alto, ti studiai incuriosito mentre estraevi qualcosa. Luccicavano flebilmente, tintinnavano con suoni metallici, quelle due chiavi pesavano sul tuo palmo e fui tentato di rubartele perchè non dovevi averle tu.
Erano rimaste appese per lunghi mesi, le avevo lasciate io in bella vista, ma con il passare del tempo mi ero sempre più convinto che tu non le dovessi vedere; le avevo così riposte in un cassetto che tu, evidentemente, avevi trovato.
《Scusa se le ho prese, le avevi nascoste per me, ma...voglio tentare.》
Inspirai e, conscio del fatto di non avere il diritto di fermarti, depositai il bacio sul tuo collo prima di scostarmi e trascinarti, stringendo le mie dita con le tue, fino alla porta.
Credo che fosti sollevato dalla mia reazione e raccogliesti il coraggio necessario prima di inserire la chiave, girarla e sentire lo scatto della serratura.
Ci addentrammo all'interno portando con noi, quasi come sicurezza, appiglio, un po' di calore che la nuova stagione ci aveva donato.
L'ambiente era silenzioso, la luce dell'atrio illuminava debolmente la prima rampa di scale, la quale raggiungesti di fretta, sospinto da un'agitazione improvvisa ed io...ne fui contagiato.
Rallenta! Ti gridai interiormente ed i miei piedi si mossero veloci alla tua rincorsa. I tonfi sui gradini che stavano rimbombando mi dicevano che avevi ormai dimenticato di dover fare attenzione in quella vecchia foresta di ricordi verso cui ti stavi dirigendo, non dovevi buttarti all'inseguimento di animali pericolosi senza l'accortezza di assicurarti di avere una qualche sorta di difesa. Se fosse stato un mondo facile da affrontare, io ne avrei dubitato, se fosse stato palesemente terrorizzante, sarei stato certo delle mie azioni, ma quello...era una memoria sconosciuta in grado di togliere respiro alle parole, luce alla vista e controllo alle emozioni.
Ne avvertivo l'imprevidibilità e tu il richiamo a cui era impossibile resistere. La tua curiosità è sempre stata una trappola mascherata da desiderio ed in quel momento pregai che i miei muti avvertimenti venissero ascoltati prima che fosse troppo tardi.
Non ancora. Era troppo presto perchè affrontassi quella via abbandonata senza di me, sentii di dover salire con più decisione le scale, di dover accorciare la nostra distanza il prima possibile.
Così, quando giunsi nel corridoio, trattenni il fiato stupendomi, con sollievo, di non vedere la porta dell'appartamento spalancata. Non eri entrato e ne fui rincuorato, tanto che mi precipitai verso la tua figura immobile vicino all'ingresso del paese delle più terribili meraviglie. Una tua parte spaventosa risiedeva oltre quel l'uscio, una parte che avevi dimenticato in quel luogo allo scorgere della neve invernale, era addormentata e tu non dovevi risvegliarla, non lo volevi davvero, mi potevi rassicurare su questo?
Non mi misi di fronte a te, non avrei potuto impedirti nulla, ma ti affiancai volgendo lo sguardo in avanti, in attesa di un qualsiasi tuo gesto.
Non osai toccarti o studiarti, per quanto non fossi convinto della tua decisione, sapevo che fosse destinata a te la facoltà di prendere una decisione e se avessi voluto svelare il mistero oltre quella barriera non avrei avuto la volontà di tirarti indietro. Allora dovevi aprirla, se quello fosse stato il tuo vero desiderio, avresti dovuto farlo.
Cosa aspettavi? Liberare creature invisibili, passati rimorsi, ti appariva forse rischioso?
L'ultima serratura, quella notte, non fu mai sbloccata.
Ti voltasti verso di me e mi spingesti. Colto alla sprovvista, sbattei contro la parete e non ebbi il tempo di realizzare il tutto che tu ti eri già fatto avanti, approfittando della mia impreparazione, per posare famelico le labbra sulle mie. Anche volendo, non avrei potuto porti domande, perciò mi concentrai nell'afferrare i tuoi fianchi con le mani e chinarmi un poco per reagire al meglio al tuo bacio richiesto disperatamente.
Attraverso il tessuto della camicia, sentivo il tuo corpo tremare e, quando mi separai da te mordendoti il labbro inferiore, sussultare.
Posai la fronte contro la tua ed entrambi riprendenmo fiato.
《Credevo di poterlo fare.》mormorasti con tono  sconfortato.
Le mie mani si spostarono per andare ad accarezzarti la schiena.
《Non ancora.》ti dissi.
《Ma io...》
《No, Deku, non adesso.》
《Kacchan.》due braccia incerte mi circondarono il collo e, pronunciando il mio nome come un richiamo a cui aggrapparsi quando ci si sente smarriti, ti accostati sempre più fino a ritrovarti prigioniero nella mia stretta.
Ebbi la netta sensazione che quella notte saresti scivolato via dalle coperte del tuo letto e ti saresti rifugiato tra le mie e che, più delle altre volte, ti avrei dovuto avvincere per poi non osare allentare la presa. Ti avrei tenuto forte, al riparo da quelle emozioni che, con un solo respiro, avevano il potere di farti crollare e portarti lontano...talmente lontano da non riuscire a tornare da me.


Con un poco di ritardo, sono riuscita ad aggiornare, spero che abbiate passato un buon weekend ❤
Purtroppo non sto passando in un buon periodo (maggio porta sempre disgrazie), per questo sto impiegando sempre più tempo nella stesura dei capitoli. C'è di buono che oramai manca poco alla fine della scuola e, come tutti, non vedo l'ora di vedere l'ultimo voto segnato sul registro prima di potermi rilassare.

Grazie per continuare a leggere questa storia, vi prometto che pubblicheró qualche altro capitolo speciale perchè devo molto a tutti voi lettori ed una scrittrice paga sempre i propri debiti!

Auguro un buon lunedì a tutti!😘

P.s.: Deku ed il suo nuovo taglio sono una cosa meravigliosa, non trovate?

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