47 -Noesis-

Precipitare non è difficile, ma spiegare il come lo è e sovente, in ogni particolare sorpassato per la sua apparente banalità, vi è un infinità di aspetti a cui la nostra attenzione dovrebbe andare. Ho tanti esempi da fare e poche parole per illustrarli, perciò mi chiedo se ne valga la pena, se valga la pena sacrificare frasi innocenti per gli sbagli che si commettono. Torneranno, si ripeteranno, sono ormai da tempo in questa bizzarra ruota con cui la mia vita si diverte a giocare e le abitudini sono ormai mutate in quei gesti privi di volontà che tanto ho disprezzato; l'aria mi ha intrappolato, la primavera non ha portato alcun risveglio in me, qualcosa continua a ticchettare incostante nei miei pensieri: si scandiscono, i secondi passano solitari mentre riposo su queste soffici coperte che stanno tentando invano di divorarmi. Scrivo pagine immaginarie da ore che sembrano mesi, l'inchiostro mi è colato sul viso, le mie guance ne sono ancora umide, ma se mi sfioro la pelle non trovo nulla da asciugare o da cancellare, non è strano?
Minaccia pioggia, ma non è ancora caduta una goccia, le nuvole stanno lì in attesa di un mio segnale, o così mi piace immaginare, con il loro grigio segno di tempesta loro lo sanno: non parlerò e non lascerò che piangano per me, non un'altra volta. Rimpiango l'inizio di questi giorni, vorrei ricordarlo in modo diverso, come se tutto fosse stato molto più intenso e doloroso di quel che posso rammentare, perchè bramo quelle sensazioni come se mi appartenessero da sempre.
Il materasso ha accolto il mio corpo con stanchezza, la stanza mi gira attorno sorridendo, le tende pendono dall'alto assieme ai miei pensieri, i libri cantano sui ripiani della libreria, i loro racconti ritornano in questo modo alla mia mente e forse riescono a farmi fuggire da me stesso. Con l'idea di distrarmi, il bianco del soffitto è un muro davanti al rosso dei miei occhi, cosa vi è oltre? Spero in un cielo limpido. Non sono solo, ne potrei essere certo, perciò celo i miei scritti invisibili, timoroso di esser visto, tuttavia sto già tirando fuori dal cassetto la carta e andrà bene così, dopo tutto non posso nascondermi.
Nell'osservare quel che mi circonda mi ritrovo di nuovo assieme ad una presenza che mi ha sempre accompagnato da quando ne ho memoria, potrei esserne spaventato, ma al contrario ne sono affascinato. Allora la chiamo, potrebbe rispondermi. Poso una mano sulla sua spalla e glielo dico: 《Dovresti guardarmi in questo momento, non stare voltato, perchè io...ti sto pensando.》le mie labbra si muovono senza proferire alcun suono.
Non vuole rispondermi.
Adesso sono seduto, il braccio sospeso e l'irreale a portata di mano, proprio davanti ai miei occhi, lo vedo, ti vedo.
Non essere così, te ne prego, lo sai quanto me: questo è uno di quei giorni impossibili da evitare, uno di quelli che abbiamo temuto.
Passerà assieme alla pioggia e magari si rispresenterà nuovamente, ma questa è la prima volta che sento il suo peso farsi più leggero; il fruscio assente e silenzioso della stoffa mi fa capire che ti sei alzato, ma io...non sento i tuoi passi, nè il tuo respiro, dove sei? Ti posso guardare o farai come le altre volte? Te ne andrai ancora?
"Non farlo", conosci i miei desideri, tuttavia li ignori di continuo ed io non riesco più a parlarti, la voce si è spenta improvvisamente. Quindi cosa aspetti ad andare? Anche se non ti vedo, so che sei qui, al mio fianco come tuo solito e va bene, puoi abbandonarmi se lo vuoi.
Questa mattina sei esitante e nel notarlo oso sporgermi in avanti in un vano tentativo di afferrarti. L'ho capito, è bastato il tuo silenzio: domani non tornerai e nemmeno dopodomani, non ti presenterai più.
Rifiuto di essere impotente, tuttavia non posso fermarti, allora ti ripeto ciò che ti ho detto molto tempo fa: 《Per me...》deglutisco a vuoto 《...è molto di più.》. Ed il ricordo del significato di quelle poche parole è l'ultima cosa che posso lasciarti prima che le tue dita si posino sulla maniglia della porta che, tuttavia, non aprirai.
Scompari, come una memoria fuggevole nella fredda luce di aprile, in un silenzio in grado di dovorarmi. Non glielo dovrei permettere, vero?
Chiudo gli occhi.
Posso solo ripensare al passato e ritornare alla prima volta in cui ti dissi di non dovermi temere perchè te lo vorrei dire anche adesso.
Sentire il tuo tocco sul mio corpo allora era stato un brivido che mai scorderò, ora lo bramo.
Sorrido. Mi avevi detto di andarmene ed è bizzarro come io, in questo momento, ti abbia concesso di lasciarmi e come io non possa seguirti a causa delle mie contraddizioni.
Perchè un addio è insensibile e privo di qualsiasi conforto se pronunciato in un presente che brama il passato.

《Non restare qui, vattene...vattene!》mi avevi colpito debolmente con il palmo, ma io non mi ero mosso di un millimetro. Ripetevi e urlavi, sussurravi e piangevi lacrime inarrestabili, ma prive di luce, ti ricordo con la tua espressione vuota, ma terrificante.
《No.》risposi con calma, cercando di non dar peso al ragazzo in balia di emozioni a me incomprese che si stava ancora aggrappando alla mia maglia, ma era difficile e sentirlo tremante portava in me una sorta di tristezza inconsistente.
Le mie disattenzioni erano state così involontarie, così temute e così inaspettate: ciò che era sempre fuggito da me non erano stati solo i miei sentimenti, forse anche tu lo avevi fatto e dovevo averne conferma perchè questo pensiero si fece insistente nell'alternarsi dei miei battiti. I pensieri andavano accumulandosi ed il tempo non mi concedeva possibilità di respiro, la bramosia di una fine mi parve estranea.
《Smettila, devi smetterla.》tutto d'un tratto, la tua voce mi accarezzò mentre mi supplicavi, non più con irruenza, ma con delicatezza me lo dicesti avvicinandoti di nuovo al mio volto e la falsità sotto alla verità volle ingannarmi, non distinsi le tue intenzioni da quel che volevo vedere.
Per te fu semplice trarmi in inganno quel distante pomeriggio poichè il mio coraggio si poteva annullare in tua presenza e l'incomprensione si presentava con gentilezza alle porte del mio cuore, come un vecchio amico la salutavo e l'accoglievo senza riconoscerla veramente. Ero troppo spaventato per discernere il terrore dalla confusione.
Mi baciasti una seconda volta con avventatezza, volgendo su di noi la tua vista ceca, portando stupore nella mia reazione e rabbia in quel contatto. Ed io non ricambiai il gesto.
Il tuo sguardo non era quello a cui ero abituato. Non era dolce, non era delicato e sosprattutto non luminoso come doveva essere. Non emanava calore, nè gelo, era spento.
Il mio battito rimbombava nella testa come un avvertimento: ero in pericolo.
《K-Kacchan...》
Riuscusti a dire bloccandoti a poca distanza dalla mia bocca, un'allettante lembo di carne rosata che in quel momento tanto speravo di far sfuggire ai tuoi occhi. Non ti stavo riconoscendo, poteva avere il tuo aspetto, il tuo profumo, la tua voce, ma quel corpo che mi stava di fronte non era del ragazzo che mi stava tanto a cuore. Pareva un oggetto inanimato, mosso da una follia momentanea che piano piano lo stava logorando trasformando la poca rabbia rimasta in istinti indomabili che purtroppo si stavano riversando su di me.
Cosa ti stava succedendo?
《Lasciami! Ti prego!》Quasi gridasti mentre rivolgevi quelle dure parole a testa bassa contro il mio petto, il tuo fiato caldo contro la pelle.
Come se ti stessi rimangiando ciò che mi avevi appena detto, qualcosa sfiorò la pelle del mio collo, lentamente si mosse e in pochi istanti realizzai che la tua mano, come un ingannevole tentatore, stava percorrendo la mia carne che ormai, così credetti, stavi considerando alla tua mercè. Il tocco si spostò e divenne tremante: stringesti improvvisamente le dita attorno alle mie braccia, con forza, con debolezza e poi, infine, con sicura incertezza. Eri contraddizione nella falsa chiarezza, un tranello posto sotto ai miei piedi, un ignaro manipolatore delle mie reazioni.
《Deku, cosa stai facendo?》
Fui in grado di rivolgerti solo queste parole senza ottenere risultati, tuttavia, poco dopo, quando stavo perdendo la speranza di farti ragionare, la presa sui miei arti si indebolì ed io colsi l'occasione al volo, non per allontarti, ma se possibile per poterti sentire vicino come lo eravamo stati in precedenza, quando non vi era freddezza in certi contatti.
Mi liberai e le tue braccia scivolarono molli lungo i tuoi fianchi, come appartenenti ad un manichino privo di vita ed io sentii un vuoto aprirsi nel mio petto.
Inspirasti malamente, producendo un verso strozzato tremendamente doloroso per me: un singhiozzo che si diffuse per le stanze vuote di quell'appartamento.
Non potevi permetterti di piangere, ti implorai mentalmente di non farlo perchè lo sapevo, sapevo che non avresti retto, che saresti crollato senza che io potessi impedirlo. Per quanto desiderassi sorreggerti, io, come essere umano, avevo dei limiti, psicologici o fisici che fossero, sentivo di essere sull'orlo del precipizio, al tuo fianco.
Portai le mani tremanti a circondarti la testa, le dita a insidiarsi fra i tuoi capelli ancora umidi dalla doccia e guardai quel groviglio verde chinato di fronte a me.
Dovevi parlarmi con chiarezza e, dovevi saperlo, se non ci fossi riuscito, io avrei cercato di trovare le parole tra i tuoi respiri instabili.
Dovevi permettermi si stringerti, non sembrare riluttante, perchè io ero immobile e perso in ragionamenti contorti senza vie d'uscita conosciute.
Dovevi fare ciò che io, prima di te, ero riuscito a fare: concedermi il permesso non di conoscere, poichè ritengo che il vedere sia più importante, ma di osservare la tua concretezza, quella che sentivo debole, ma viva ed incomprensibile, nella mia presa.
Lentamente, cercai di ritrovarmi stabile sui piedi e chiusi gli occhi mentre osavo avanzare di un passo in avanti, di uno a destra obbligandoti a seguirmi nei movimenti; ed in tal modo fui io a poterti trattenere dal fuggire.
I tuoi fianchi si poggiarono al tavolo, ma non sussultasti, ti lasciasti trasportare e quando posai la fronte contro la tua potemmo entrambi espirare piano, così piano che nessun suono si udì.
Avevi concluso? Avevi riacquistato la calma?
Le mie mani scivolarono attorno alle tue tempie.
《Ora devi fermarti.》ti dissi.
Non potevi comprenderlo, ma io...io sì: avevi la straordinaria capacità di saper donare e tu mi avevi dato tanto, forse troppo, ma per contro non sapevi ricevere e accettare ed è per questo che eravamo giunti a quel punto.
《Aiutami.》un sibilo fu tutto ciò che ottenni.

Sono tornata, so che ho detto più di una volta che avrei potuto saltare un aggiornamento e non  vorrei essere diventata noiosa a furia di ripeterlo.
Pubblicherò anche domani per recuperare la settimana scorsa.
Ho finalmente ritrovato un po' di calma per mettermi a scrivere!
Cosa ne pensate? La storia sta procedendo bene?
Ho paura di far casini😅.

Avrei anche una cosa da chiedervi:
questa storia ha raggiunto le ventimila (anche di più) letture, perciò consigliatemi come "festeggiare". Nel senso: preferireste un capitolo speciale su Katsuki e Deku, un capitolo dedicato a domande e risposte (potrete chiedermi quello che volete, sempre entro certi limiti, ed io risponderò) o avete qualche consiglio?

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top