42-Se il mio cuore dovesse essere intrappolato-

La luce era gelida. La ricordo, si infilava fra le fessure della spessa stoffa delle tende, raggiungeva i piedi del letto, saliva, saliva, percorreva le lenzuola chiare, si posava sulla coperta verde pallido e continuava la sua corsa, furtiva, verso una mano immobile. Le gambe ferme, i brividi lungo le braccia, la fastidiosa ed inadeguata morbidezza del cuscino sotto la testa pesante, quel bagliore mi sfiorava le guance portando solo freddo. Cos'era? Cosa mi stava sfuggendo dalla mente? Ho dimenticato, o così fingo di credere, ma il calore, lo smarrimento, tutto resta nitido in fondo alle mie memorie. Ti accuserò, potrei arrivare ad odiarti, ti affiderò me stesso come se le mia volontà fosse venuta a mancare, me ne pentirò e avrò paura, ma non cadrò, non lascerò che qualcosa ti porti lontano da me perchè mi stai reggendo. Io ho bisogno di te, lo sai?
Un giorno mi consumerai, lo sento, ed io sarò impotente con felicità solo perchè ti potrei dedicare l'ultimo mio pensiero. E sarà il tempo a portarmi via, potrà essere doloroso, ma non avrò il coraggio di temerlo; non sarò vinto e tu dovrai promettermi tutto poichè io sarò perso.
Questo proverò, ma all'epoca solo la mia pelle rabbrividì, non la mia mente, non il mio cuore.
Presi un grande respiro e, tra la vista sfocata e la gola secca, sentii l'aria abbandonare i miei polmoni lentamente. Strizzai le palpebre ancora restio a volermi svegliare completamente e mi obbligai a spalancare gli occhi. Il gelo dell'ambiente si attaccò alle mie iridi e a fatica misi a fuoco uno sconosciuto mobile bianco proprio vicino al letto. La sua superficie, linda, presentava pochi oggetti ordinati posati su di essa: il mio cellulare, stranamente privo di cover, uno strano pacchetto avvolto in un nastro rosso e lì, nell'angolo, un bicchiere d'acqua con un foglio sopra.
Svogliato, allungai la mano verso quest'ultimo.
Nel frattempo feci lo sforzo di tirarmi su a sedere, prestai attenzione a maneggiare quel piccolo pezzo di carta e lo rigirai, stranito, un paio di volte fra le dita prima di dare un'occhiata a quelle lettere che notai esservi scritte sopra. Era una grafia leggera, ignota per la mia memoria, non sapevo a chi appartenesse.

"Signor Katsuki, ci siamo presi la libertà di contattare i suoi genitori, passeranno durante l'orario pomeridiano. Sarà esentato dalle lezioni per la prossima settimana, ma i suoi compagni sono ansiosi di avere sue notizie, la prego perciò di prepararsi ad una loro visita di gruppo. Con la speranza che si rimetta presto,

il preside Nezu, UA."

Alzai un sopracciglio non comprendendo quel che avevo appena letto. Rimettermi? Ma io stavo bene, no?
Fu il turno del cellulare.
Guardai l'ora: 15.37. Non mi ero mai svegliato così tardi in vita mia e mi feci prendere dall'ansia a comprendere di star elaborando numerose informazioni che, in quel momento, mi parevano prive di senso. Alzai finalmente lo sguardo, distinsi una camera spoglia, chiara e che di sicuro non era la mia, nella penombra di quella stanza mi sentii perso. Dov'ero? Cos'era quell'odore pungente di chimico che vi aleggiava? Disinfettante?
Piantai i palmi sul materasso staccando la schiena dalla testata del letto osservando meglio quel che mi circondava.
Il clacson di una macchina mi fece sussultare.
《Un...ospedale?》mossi le labbra per pronunciare involontariamente queste parole, ma la mia voce era sparita e solo un sibilo fuoriuscì dalla mia bocca. Giusto, l'acqua!
Ruotai il busto e afferrai il bicchiere impaziente di mandar giù un sorso di quel liquido che all'improvviso mi ritrovai ad agognare tanto.
Tuttavia, restai con il braccio a mezz'aria: i miei occhi erano caduti una seconda volta sul pacchetto.
Una banale carta da pacchi beige, un nastro sottile, nulla di più a parte una scritta a pennarello.
Percorsi i piccoli tratti neri, li lessi e li rilessi, finanche a distinguere i più piccoli dettagli, nemmeno quella piccola sbavatura sulla K mi sfuggì.
In stampatello, quelle dieci lettere mi spaventarono.
Il vetro che avevo in mano tremò.
Il tuo respiro non era al mio fianco, ma quando le guardai per l'ultima volta, fu la tua voce a pronunciarle: "Per Kacchan".
Gli angoli erano schiacciati, qualcosa doveva aver rigato sul dorso o magari era caduto. Non so cosa fosse successo a quel pacco, ma era rovinato, ancora sporco di polvere e terra nonostante fosse stato evidentemente pulito un minimo prima di essere posato su quel mobile.
Non rammentai di averlo mai visto prima di allora, ma seppi che era tuo e questo pensiero mi fece sentir le dita molli ed incontrollabili.
Il bicchiere cadde, scivolò via dalla mia presa e si frantumò. Il rumore di vetri rotti precedette quello del cigolio della maniglia di una porta, quello della mia stanza.
Io ero girato, potei solo sentire i passi affrettati di qualcuno e la stretta improvvisa di un paio di mani attorno alle mie spalle.
《Katsuki! Mi sono liberata dal lavoro il prima possibile, sarei venuta anche ieri, ma mi hanno detto che dormivi e che sarebbe stato meglio lasciarti riposare. Come ti senti?》era stato tutto detto molto velocemente e faticai a comprendere quel che stava dicendo la donna di fronte a me.
《Mamma...》Fui in grado di dire solo questo mentre la fissavo.
Lei sembrò rincuorata e, senza preavviso, mi si buttò addosso abbracciandomi.
I respiri che prese subito dopo si trasformarono in sussulti e presto compresi che aveva ormai iniziato a singhiozzare.
《Sei sveglio, stai bene...stai bene...》sussurrò a voce tirata e mi strinse di più a sè.
Non ricambiai l'abbraccio.
《Dov'è?》chiesi piano, lei parve ignorarmi.
《Mamma!》Non potei alzare il tono, ma attirai comunque la sua attenzione.
《Dov'è lui? Deku...non è qui, non è in ospedale, vero?》
La sentii deglutire.
《No, è a casa. Lui s-sta bene, non hai da preoccuparti.》
《No, devo vederlo.》bofonchiai provando a staccarmi, cercai di spingerla.
《Devi restare in ospedale.》disse ed ottenni il risultato opposto: mi intrappolò maggiormente tra le sue braccia.
《Lasciami, mamma, n-no!》Inspirai pesantemente tentando di nuovo di far allentare la sua stretta.
《Ti prego...ti prego.》quasi sibilai, preso dal panico ero arrivato persino a supplicarla, ma lei scuotè la testa contro la mia spalla ed io fui costretto a rilassare i muscoli e ad arrendermi.
《Non puoi.》
《Sì, posso.》
《No!》ribadì e mi stupii del modo in cui mi riprese, troppo duro rispetto al solito.
Così, quando capì che io, seppur riluttante, non avrei cercato di far nient'altro, si staccò e si sedette sul bordo del materasso.
《Mi ha chiesto di dirti di non cercarlo. Sa che sei qui e non vuole che ti sforzi, dopo tutto, da quel che mi hanno detto i medici, non potrai uscire prima di due o tre giorni. Quando ci hanno detto che sei stato spinto contro quelle macerie e hai preso un brutto colpo, io...io-》inspirò 《Io e tuo padre, non sai quanto eravamo in pensiero. Dai video che sono iniziati a girare in rete ti abbiamo visto steso a terra e ho temuto il peggio. Izuku non ha voluto dirci nulla, ma ti assicuro che era preoccupato, moltissimo, è stato con te fino all'arrivo dei soccorsi e non la smetteva di parlarti nella speranza che riprendessi conoscenza. Non ti voleva lasciare andare.》prese una pausa ed io, seppur incerto, parlai.
《Ho rotto il bicchiere.》
Vidi il suo sguardo soffermarsi sul laghetto d'acqua disseminato di schegge di vetro lì vicino.
《Dirò a qualcuno di passare a raccoglie-》
《Non sono riuscito a tenerlo quando ho visto quel pacchetto. Perché è lì, mamma?》la interruppi e lei, come se non riuscisse a comprendermi, si mise a studiare per alcuni secondi l'oggetto a cui mi riferivo.
《Non lo so, ma è di-》
《Deku, lo so, quel nome lo usa solo lui. Non so cosa contenga, ma non ricordo di averlo mai visto. È sporco. Perchè è sporco? Verrà lui a dirmelo? Ti ha detto perchè non vuole che lo veda? Tu lo sai il motivo?》
Corsi con le parole e quando finii con le domande la mia bocca mi sembrò più asciutta di prima. Avevo ancora sete.
Mia madre avvicinò la sua mano alla mia guancia. Lei capiva il mio sconforto.
《Non so cosa risponderti, nè so dirti se lo saprò, vorrei che la smettessi di tormentarti, sei sempre troppo stressato.》mi sorrise una volta che arrivò alla mia chioma e poté scostare alcune ciocche dal mio viso.
《Però ti do un consiglio: non chiederlo a nessun altro, quando uscirai da qui, vai da lui.》
Tenevo lo sguardo basso, le dita strette attorno alle coperte.

《Sei meraviglioso, sai?》sollevai di scatto la testa, la fissai confuso.
《Dico sul serio, sei così preso da lui, tanto che il tuo sguardo si perde quando ci pensi. Potrei davvero aver l'ardire di dirtelo: lo ami.》
Ogni mio pensiero si annullò. Il silenzio mi sommerse per consentire a quelle frasi di attaccarsi al mio animo. Io...ti amavo? La soluzione che avevo desiderato si era ripresentata di nuovo, con i suoi passi leggeri e mi pareva tremendamente vicina, era spaventosa, accanto a me minacciava di sopraffarmi senza che me ne accorgessi.
No, qualcosa suonava male, una nota amara in quella sinfonia di gusti che mi attanagliavano la lingua, incapace di farmi deglutire. Cos'era?
Mi bloccava di nuovo, imprevedibile, un senso di nausea.
《No, ti sbagli.》asserii e lei non ebbe altro con cui ribattere se non con:
《Ne sei sicuro?》
Dopo di che, non proferii parola, per tutte le due ore successive in cui mia madre rimase con me restai a fissare i palazzi della città fuori dalla finestra. Avevo protestato quando lei si era alzata per scostare bruscamente le tende, ma dovetti abituarmi presto alla forte luce del primo pomeriggio e così trascorsi il tempo a tormentarmi a furia di ripensamenti.
Quando la porta fu chiusa, dopo un saluto veloce, e rimasi solo, non ci pensai due volte ad afferrare quel fatidico pacchetto.
Ruvida sotto il mio tocco, strappai la carta con nervosismo ed in questo modo comparve fra le mie dita una copertina dai coloro sgargianti, ma delicati, che andavano a comporre una specie di galassia, il grande titolo scritto in bianco risaltava sullo sfondo.
Come mi aspettavo, il dorso presentava una lunga linea che, percorrendolo in diagonale, rovinava quel volume.
In alto a sinistra notai la scritta "Edizione spaciale" stampata in un corsivo ordinato.
Lo trovai strano, non avrei detto che fosse il tuo genere.
Curioso, sfogliandolo da destra, aprii la prima pagina, mi scoprii ansioso, quasi mi aspettavo di trovarvi qualcosa d'importante all'interno.
Nulla, neanche un segnalibro, arrivato alla penultima pagina mi convinsi di essermi illuso che quel manoscritto avesse un qualche valore significativo. Poi, arrivai a svoltare l'ultimo di quei fogli sottili.
Notai qualcosa scarabocchiato in basso a sinistra, vicino alla rilegatura, e con delusione appurai che si trattasse solo di una macchia d'inchiostro, probabilmente un errore di stampa.
Sbuffai, ma, dopo neanche due secondi, mi ritrovai a fissare quell'ammasso di carta con interesse. Era più spesso di un solito manga, dava l'impressione di essere pesante come contenuto, le linee dei disegni erano ben definite, curate nei dettagli.
Se era lì, ci doveva essere un motivo, quindi iniziai a fantasticare sulle varie possibilità, tuttavia tutte mi apparivano insensate e vi rinunciai per poterne incominciare la lettura.
In pochi minuti, mi ritrovai così assorto nella storia che a stento mi resi conto del sole che calava, una volta staccati gli occhi da quelle pagine, mi accorsi di tutti i rumori che mi circondavano: il traffico della strada sottostante, dei suoni elettronici in lontananza, voci ovattate che passavano per il corridoio.
Buttai la testa all'indietro.
Sarei dovuto star lì ancora due giorni e già sentivo la stanchezza che mi avrebbero portato la noia ed il nervoso.
Perchè non eri lì con me? Perchè non ero con te?
Mia madre si era rifiutata di darmi una qualsiasi informazione e questo mi dava il nervoso perchè l'ultima immagine che avevo era il mio corpo spinto violentemente a terra e l'ultimo tuo ricordo era distante, sepolto fra la polvere che mi aveva circondato.
Solo e privo di distrazioni, fui in grado di pensare e ripensare. Tormentarmi non mi avrebbe portato a nulla.
Non riuscii ad immaginarti, perchè in quel momento la confusione ti faceva apparire così...così lontano.
《No, ti sbagli, mamma.》sussurrai.
《Ti sbagli》ripetei e la mia voce divenne instabile.
Crollai contro il materasso e scivolai piano fra le lenzuola. Il sole ormai basso mi stava per dare il suo arrivederci ed io desiderai tanto che il suo bagliore sparisse in fretta per lasciarmi nell'ombra e nella calma della notte.

Ero tanto intimorito dalla realtà che avevamo conosciuto assieme, ma non volevo arrendermi ad essa, avrei cercato di resistire al tuo fianco, se solo mi avessi mostrato il modo lo avrei fatto, lo sapevi. Allora raccontami come nel giro di poche ore tutto cambiò, lascia che detti le tue parole e ti prometto che sarò cauto nel maneggiare i tuoi ricordi, come tu hai fatto con me.
Ho un grande debito con te che non potrò mai saldare e sento come se mi stessi perseguitando silenziosamente in attesa di una mia supplica, una preghiera che non sono in grado di pronunciare, essa non potrà sfuggire dalle mie labbra, non finchè ti vorrò con me. Quindi ti prego, comprendimi, ho un disperato bisogno di solitudine che ormai non potrò avere mai più. Puoi sentirmi? Non sto urlando, non sto piangendo, ma ho desideri di dolore che mi tormentano; vorrei solo che vi ponessi un freno.

《Ti sbagli!》gridai soffocando la voce contro il cuscino stringendomi in un abbraccio che, allora, mi diede un minimo di sollievo.

Un giorno non lontano avrei potuto spiegare a me stesso il significato di quei lamenti.



Felice giornata a tutti voi!
Com'è andata la settimana?
Io sono uscita da poco da scuola e non vedo l'ora di buttarmi sul divano perchè, dopo due ore "soporifere" di filosofia ne necessito.
Ho finito ieri sera tardi di revisionare il capitolo, spero di non aver lasciato errori.

Visto che son qui, vi ringrazio per i commenti e per il supporto che date a questa storia❤
Ci vediamo la prossima settimana😉

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