41 -Un saluto al passato nascosto-

Il clima si era inasprito con il trascorrere dei giorni, il tempo andava veloce seguendo lo scorrere delle ruote sull'asfalto bagnato e oramai ricoperto da uno strato di fanghiglia di neve e pioggia, le macchine erano bloccate in un insolito ingorgo ed il cielo si era fatto grigio ed era diventato via via stimolo di nervosismo; solitamente mi sarebbe piaciuto un clima del genere, caotico, ma non fastidioso, solamente monotono. Pomeriggi come quelli passavano lenti o veloci a seconda di come una persona li viveva, ma per me era diverso: io vedevo le lancette fermarsi e l'orologio bloccato, la città intrappolata in una bolla opaca, i passi affondare nel terreno e la percezione di tutto farsi debole fino ad affievolirsi con il tremore delle dita, le quali stringevano in cerca di calore la fodera delle tasche. Sentivo solo me stesso e questo era l'aspetto che apprezzavo maggiormente, perchè non lascia il tempo di perdersi per le strade, nè di vagare con i pensieri, in quel periodo il peso dello studio aumentava e, seppur all'epoca io fossi incline a sentirmi costantemente sull'orlo di una crisi di nervi a dover studiare ogni giorno, mi sentivo bene ogni qualvolta avvertivo l'odore del freddo incombente di dicembre farsi avanti.

Crocettare il numero sedici, ormai passato, e osservare la casella del diciassette fu la prima cosa che feci quando mi alzai. Novembre aveva fatto il suo ingresso trascinandosi dietro vento gelido e numerosi appuntamenti nel solito locale, il nostro, quello dei muffin. Stavamo lì una o due ore a sorseggiare cioccolata o a mangiare una fetta di torta alle mele che scoprii essere la tua preferita ed eri buffo nel far continui pasticci sbriciolando troppo il boccone che stavi per assaporare, di tanto in tanto assaggiavi quel che prendevo io; variavo ogni volta, sotto tuo consiglio, così da trovare il mio dolce che sarebbe diventato il solito, ma la verità era che, a parte la bontà del loro gusto, adoravo vederti attentare al mio piatto lanciando sguardi curiosi e a volte cedevo lasciandoti parte di quel che avevo ordinato. Mi ricordo che un giovedì provasti a cambiare l'abbinamento torta di mele e cioccolata e prendesti una piccola porzione di zuppa inglese e un tè alla menta, come me. Gustato il primo cucchiaio, ne andasti matto, mi rivolgesti un'occhiata di approvazione e mi regalasti un ampio sorriso. Del tè apprezzasti il profumo invitante, ma avvicinasti le labbra troppo in fretta alla tazza e, prendendo un sorso del liquido lievemente verdastro, ti scottasti la lingua. Dopo il tuo panico iniziale, ascoltasti il mio invito a non continuare a berlo e aspettasti che si intiepidisse per finirlo.
E il sabato in cui i miei restarono fuori casa tutto il pomeriggio? Lascerei solo immaginare ciò che non abbiamo fatto. La scusa dello studio fu troppo banale.
Alla sera, quando mia madre mise piede in casa, eravamo tranquilli sul divano davanti ad un film e lei ti salutò con felicità, vi si era abituata. Parlarle di noi, faccia a faccia e seriamente, fu una cosa che affrontammo assieme e lo stesso accadde con mio padre e tua madre. Parlare non ci creò difficoltà, ma rammento bene l'ansia che ci prese nell'attesa di una loro reazione. Tuttavia fu semplice solo per il fatto che tu fossi con me ed io fossi con te e giurai che mai avrei fatto qualcosa che mi mettesse tanto sotto pressione senza di te. Ci eravamo sorrisi. Inko pareva conoscere già tutto, sapeva di te e aveva sospetti su di noi, ma era stata tanto discreta da non provare a farci domande prima che noi non le avessimo voluto parlare. Mio padre...fu imparziale, in fondo e in apparenza era di animo gentile, speravo di poter far affidamento su di lui e così fu.

Ed in questo modo avevamo oltrepassato la metà del mese alla grande. Accoccolati sul treno di andata, guardando il nevischio cadere dal cielo, attendevamo la chiamata per la nostra fermata. Eravamo riusciti a prendere due dei pochi posti a sedere ancora liberi prima che il vagone diventasse ricolmo di gente e il tepore che ci avvolgeva si stava dissolvendo man mano che le nostre menti si riprendevano dalla sonnolenza che ancora ci stava tenendo stretti nella sua morsa. Sbadigliai e tu mi imitasti poco dopo mentre ti appoggiavi alla mia spalla.
《Hey, vedi di non addormentarti.》ti sussurrai.
《Ma sei comodo.》
《Tsk. Guarda che non ti porto in spalla.》
《Anche tu hai sonno.》
《È colpa tua, per farti capire matematica ieri sono tornato a casa alle 11.》
《Mi farò perdonare.》
Ti rivolsi un'occhiata dubbiosa e sbuffai.
《Ti converrà.》
《Ok, allora sta sera andiamo alla pista di pattinaggio.》
《Scherzi? Io non ci so andare sui pattini.》
《Imparerai.》affermasti convinto ed io alzai gli occhi al cielo, alla fine ti assecondavo quasi sempre.
Passammo i minuti che ci separavano dalla prossima stazione in silenzio, vicini, i respiri stretti fra loro. Ad un certo punto ti muovesti ed i tuoi ciuffi verdi mi solleticarono il collo, non vedevo i tuoi occhi, ma ero sicuro che stessi guardando le nostre mani vicine, appoggiate sulle nostre gambe.
《Ne sei sicuro?》
Mi strinsi nella giacca.
《Sì, lo sono.》mi voltai verso di te mentre ti scostavi per osservarmi.
《Bene.》dicesti.
《Bene.》Ripetei in automatico restando incantato davanti a te. Eri stupendo, in ogni particolare che riuscivo a vedere, in ogni aspetto del tuo carattere, anche se trovavo quasi disagevoli i brividi che avvertivo percorrermi.
Velocemente, mi chinai e feci in tempo a lasciarti un bacio a stampo prima che il treno si fermasse e fossimo obbligati a scendere.
Per strada cercai di non pensare e riuscii a concentrarmi sul rumore dei miei anfibi sulla neve mezza sciolta, sul ticchettio di quest'ultima, seppur misto acqua, sull'ombrello che mi riparava. Camminavi al mio fianco con tranquillità, ma una volta giunti a scuola, i nostri muscoli si tesero all'inverosimile.
Muoviti. Pensai davanti al grande ingresso che si stanziava dinanzi a noi.
Il mio passo ti trascinò con sè come se il tuo vi fosse legato e mi sentii meno nervoso salendo le scale. Non incrociammo nessuno dei nostri compagni e il brusio proveniente dalla nostra classe ci diede conferma del fatto che fossero già tutti, o quasi, arrivati. Come d'abitudine, ci saremmo separati prima d'entrare, ma quella mattina era diversa, terribilmente diversa: era spaventosa. Le voci dei ragazzi, le risate delle ragazze, il tonfo di uno zaino lasciato cadere sul banco, ogni cosa mi parve improvvisamente terrificante e mi ritrovai impreparato a dover affrontare tutto ciò. Quasi fui tentato di far retromarcia, ma una sorta di orgoglio me lo stava impedendo.
È strano pensare che io possa aver certi pensieri, io sono Katsuki Bakugou, uno che non si fa intimorire facilmente, che è scontroso, permaloso e restio ad indugiare troppo sul da farsi, perciò perchè doveva succedere proprio a me? Perchè mi stavo bloccando a dieci passi dalla porta della nostra classe?
La verità é che sono un ragazzo come tanti altri, unico nella sua storia seppur assimilato a molti, ho trovato la strada per conoscere me stesso e sto ancora continuando a percorrerla per te. Volevo dirtelo, sai? Prima di oltrepassare quella soglia ho desiderato che sapessi del mio stomaco in subbuglio, della mia testa vuota e confusa, del mio desiderio di una tua rassicurazione perchè io potevo affidarmi solo a te, perchè ti volevo stringere per poi voltarmi e andare avanti, perchè eri al mio fianco, perchè tu in quel momento potevi riconoscere le mie paure, perchè io...io ti amavo.
Arrossii, ne fui certo, a tele pensiero.
Forse tu lo sapevi, ma sei sempre stato troppo gentile per chiedermi di dirtelo prima del tempo ed ero stato in silenzio a causa del nodo che mi si formava in gola, nonostante fossero semplici, quelle parole non volevano essere pronunciate da me ed il motivo, lo avrei scoperto, era assai contorto.
《Deku!》la voce squillante di quella ragazza impacciata, troppo ingenua e fastidiosa in quel momento, detta anche Uraraka, mi destò bruscamente dai miei ripensamenti. Sollevai lo sguardo e la vidi dirigersi con passo determinato in un primo momento, poi incerto, verso di te, non me, non noi, stava puntando gli occhi esclusivamente sulla persona che stava al mio fianco.
《Ecco, vorrei parlarti.》Si chinò frettolosamente e attese un tuo consenso torturandosi le dita.
La osservai curioso, ma avevo già iniziato a capire il suo malcelato nervosismo, lo sapevo: eri stato così ceco da non notare i suoi tentativi di nascondersi ed i suoi sguardi.
A lei piacevi, nulla di più né di meno, io lo avevo capito da tempo. Ti avevo tenuto all'oscuro perchè non te ne preoccupasti e non la ferissi direttamente. Per quanto fosse improbabile, anche io potevo essere gentile con qualcuno all'infuori di te e pensavo che Ochaco fosse timida e ancora delicata nonostante la forza che aveva dimostrato al festival sportivo, perciò, sapendo che tu per primo non avresti voluto farle del male, seppi che dovevo toglierti questo peso.
《P-preferirei da soli.》ti disse.
Ti diedi due secondi per vedere cosa avresti fatto.
《Non...cioè, proprio adesso?》te ne usciti con questo. Cominciamo male, pensai.
Silenzioso, mi apprestai a prenderti la mano e tu sussultasti non comprendendo il mio gesto.
《Uraraka.》la chiamai attirando l'attenzione sia sua che tua.
Mi preparai mentalmente a ciò che stavo per dire. Lo facevo per noi o era gelosia? Magari un misto di entrambe le cose, ma ero certo che in fondo io non volessi davvero che lei si smascherasse di fronte a qualcuno che non la corrispondeva. Sarebbe stato meglio così: il suo attaccamento nei tuoi confronti era basato sull'ammirazione, avrebbe superato la cosa, me ne convinsi.
《Io e Deku stiamo assieme.》
Sbiancò. La sua reazione era comprensibile, quando i suoi occhi si fissarono sulle nostre dita intrecciate ne parve spaventata. Fece un passo indietro.
《Oh. Io N-non lo s-sapevo. Perdonate...ora vado.》
I suoi capelli si sollevarono mentre si girava, le mani erano strette in due pugni, si udì un suo respiro spezzato e lì, in quell'istante, qualcosa nella tua espressione mi disse che avevi compreso la situazione. Facesti per fare un passo e raggiungerla, tuttavia io te lo impedii.
《Non farlo, non puoi consolarla tu, sai anche il perché, no?》
《Sarebbe solo peggio, giusto?》mi rispondesti. Deglutisti e guardasti un po' rattristato l'angolo che Ochaco aveva appena svoltato, probabilmente diretta verso i bagni femminili.

Entrati in classe, mi lasciasti e ti precipitasti da Momo.
Non so cosa sussurrasti alla corvina, ma poco dopo quest'ultima uscì avvisando Ojiro che sarebbe andata in bagno e di dire al prof Aizawa che non si era sentita bene, essendo una studente modello che non mancava a quasi nessuna lezione non avrebbe sospettato nulla, e se ne andò.

《Gliel'ho detto, almeno ho fatto qualcosa.》sospirasti sedendoti al tuo posto, esattamente alle mie spalle.
Ti guardai. Sembravi rammaricato per ciò che era successo in appena dieci minuti da quando avevamo messo piede a scuola.
《Su, non finirà così per gli altri, non possono essersi tutti invaghiti di te.》ti bisbigliai per non farmi sentire ed un lieve sorriso prese posto sul tuo volto.
《Se fosse così, inizierei a dar di matto.》Asserii facendoti ridacchiare e mi ritenni soddisfatto: ci ero riuscito giusto in tempo prima che il professore facesse il suo ingresso.

La prima ora passò veloce e alla seconda il formicolio allo stomaco riprese a farsi sentire, ma riuscii a superarlo concentrandomi sulla lezione che, purtroppo, si concluse troppo presto.
Quel giorno avevamo stabilito di rivelare il nostro segreto. Era stata una decisione improvvisa, ma ormai ne sentivamo entrambi la necessità, forse tu più di me e per questo eri assai più nervoso.
Cosa ci spaventava? L'imbarazzo? Il peso che gravava sulle nostre labbra in attesa?
Al suono della campanella dell'intervallo mi alzai rivolgendoti una veloce occhiata. Ti stavi facendo prendere dall'ansia, lo capii dal modo in cui continuavi a far ticchettare la matita sul quaderno.
I nostri occhi si incontrarono e tu parvesti rabbrividire.
《Aspettami.》ti dissi e mi voltai per uscire da quella stanza che di punto in bianco era diventata tanto soffocante. Sbucai nel corridoio ingombro di studenti, ricolmo del loro vociferare caotico. Potei distrarmi pochi secondi ed inspirai sollevato.
《Era un po' giù di corda Midoriya oggi o sbaglio?》una voce famigliare ti nominò e, forse solo per questo fatto, attirò la mia più completa attenzione. Qualcuno mi aveva affiancato.
Kirishima. Lo aveva notato, non è vero? Un po' me lo aspettavo da lui.
Avevo iniziato a capire il suo comportamento e ormai mi pareva ovvio il suo punto di vista, ben più ampio di quanto potessi immaginare alcune settimane prima. Mi conosceva e avrei dovuto aspettarmelo da parte sua: quella domanda innocente era uno scomodo quesito posto di proposito al momento sbagliato.
《Mi fai di nuovo da psicologo? Grazie, ma no grazie.》
《Non era la mia intenzione.》
《Beh, hai già fatto fin troppo in ogni caso.》Asserii.
《Almeno hai risolto.》
Sbuffai.
《Sì, idiota, ho risolto.》alla mia risposta lo sentii ridere e lasciar sfumare tale risata in pochi secondi.
I suoi passi si arrestarono con i miei, ma, quasi a volerlo fare apposta, lui decise di rallentare di più e si ritrovò a starmi dietro.
《Te lo volevo dire.》dissi.
Il rumore di una sedia che striscia, il calpestio delle persone, me ne resi conto solo allora di quanto quel piccolo mondo che si era venuto a creare a scuola mi avesse influenzato e aiutato, come aveva fatto lui, uno dei pochi che posso definire amici.
《Grazie.》
Non so cosa mi aspettassi, ma quando lo guardai mi stava sorridendo. Rilasciai un po' di tensione e finalmente fui pronto per tornare indietro. Udii un suo sussurro.
Lo oltrepassai dirigendomi verso la nostra classe, lasciandolo lì, vicino alle grandi finestre del corridoio. Non so come avessi potuto non accorgermene, ma la sua espressione era sempre stata così triste? Da quando era diventato malinconico nel parlarmi?
La sua voce piatta e stranamente ferma mi lasciava una sensazione strana.
Non devi ringraziarmi.》quasi non riuscii a distinguere bene le parole, che però presto divennero nitide nella mia testa. Dovevo scusarmi per la mia freddezza? No, forse era lui a sentirsi in colpa con me ed io ero l'ultima persona a poter far ammenda per il mio comportamento. Purtroppo, se io fui in grado di oltrepassarlo senza rimorsi, lui riuscì a lasciarmi andare e poco dopo riprese a camminare tranquillo. Credo che Kirishima lo abbia sempre saputo: controllarsi richiede un grande sforzo. E lui lo aveva fatto, per me o per te, non saprei dire, ma come amico, era riuscito a trovare il modo per staccarsi da me senza difficoltà. Qualcosa, un mio ricordo di quei mesi freddi, gli sarebbe rimasto, indelebile, ma suppongo che ogni tanto ci avrebbe ripensato con sollievo perchè, come mi aveva detto, era stato felice di avermi aiutato almeno per una volta e non potevo biasimarlo, al suo posto avrei fatto lo stesso. Sperai che imparasse a rivalutare gli eventi e a trovare un punto fermo da cui ripartire, da cui iniziare a dimenticare e ad estirpare del tutto quella radice infestante che aveva attaccato anche il sottoscritto. I sentimenti sarebbero potuti scomparire, essere cancellati, perché lui era ancora in tempo, non come me, lui non ne era ancora stato inghiottito.
Qualcuno mi urtò la spalla, mi irrigidii ed in quel momento desiderai solo arrivare da te.
Eri seduto sul tuo banco, le gambe lasciate a spenzoloni, con un'aria assente e gli occhi persi a guardare il nevischio cadere oltre il vetro.
Feci presto a raggiungerti e tu sollevasti uno sguardo curioso su di me. Avevo trovato una soluzione:
《Perchè non ci baciamo? Qui, adesso.》
Ti chiesi.
《Cosa?》mi guardasti senza capire.
《Come? Ora?!》esclamasti avendo elaborato le mie parole e alcuni dei nostri compagni si voltarono verso di noi. Perfetto.
Posai le mani sulla superficie fredda della tua piccola scrivania e ti impedii le possibili vie di fuga.
《Per una volta, taci.》ed ignorai i tuoi tentativi inutili di pressare le labbra per fermarmi: ti lasciasti cadere fra le mie braccia, come facevi sempre, portando in me stravolgimenti continui.

La realtà si era messa in pausa, questa fu la mia impressione.
I loro occhi erano puntati su di noi con stupore e tu li sentivi addosso, come me, ci studiavano.
Quando ci separammo, tu deglutisti a vuoto mantenendo le palpebre chiuse, immaginai che ti sentissi troppo al centro dell'attenzione. Cosa stavi pensando? Cosa stavi provando?
Sentivi anche tu ogni tua parte tendersi?
Rilasciai l'aria che avevo inconsciamente trattenuto con lentezza, ti guardai e finalmente ebbi la determinazione necessaria per voltarmi. Le mie iridi, ferme, si spostarono sul resto della classe.

《Lo sapevo!》Mina, dal terzo banco della seconda fila a partire da destra, strattonò il braccio del nostro povero compagno Kaminari che ancora ci fissava con espressione indecifrabile.
Improvvisamente la sua chioma rosa si mosse e la vidi saltare giù da dov'era seduta per poi saltellare verso di noi. Ci rivolse uno sguardo contento.
Solo allora osasti tirar su una palpebra e osservare quel che stava accadendo; immediatamente impallidisti a vedere la nostra compagna così vicina e, suppongo per istinto, ti apprestasti a prendere la mia mano e stringerla con nervosismo.
《Aaaah! Siete così carini!!》esclamò e fu il mio turno di sentirmi a disagio. Avvertii come una serie di delicati pizzichi percorrere le mie dita, la schiena, il collo, arrivarono fino alle mie guance e a quel punto mi sforzai di restar serio per evitare di mostrarmi irritato.
Il banco vicino al mio si spostò bruscamente e notai che un ragazzo vi si era seduto, il suo braccio era andato a circondarmi il collo ed io mi ritrovai impreparato.
《Certo che avete scelto un momento davvero improbabile! Mi dispiace per la nostra scena muta, ma potete ben comprenderci.》Sero ridacchiò e, insieme a Mina, fu in grado di smorzare la tensione che si era venuta a creare.
《Ma insomma, credevo di aver le allucinazioni.》Kaminari, grattandosi la nuca, ci raggiunse e così fecero gli altri nostri compagni. Diventammo l'argomento principale e le domande, fino a fine ricreazione, non diminuirono. La nostra ansia aumentò e si assopì senza che potessimo accorgercene, le nostre parole furono solo incerte, le mie riservate, le tue sincere, come i tuoi occhi, unici come le sensazioni scomode che provammo.
《Su, non fare così il timido.》ti dissi velocemente quando Mina iniziò a farti l'interrogatorio.
Per quanto invadente, credo che ci potessimo trovar d'accordo sul fatto che grazie a lei potemmo entrambi rilassarci...in un certo senso.

《Sei. Stato. Un. Idiota!》mi riservasti, con davvero molta gentilezza, questa frase una volta usciti da scuola ed io, perdonami, ma scoppiai a ridere.
《Tu mi hai lasciato fare.》mi difesi infine.
《Com'è che la colpa ricade sempre su di me?! Non mi hai lasciato scelta! Fai sempre di testa tua.》
Ti guardai storto ed esasperato dall'aria nervosa che avevi, velocizzai il passo e ti superai.
Tra la gente che camminava indaffarata sul marciapiede, faticasti a starmi dietro ed il maltempo che imperversava dalla mattina non ti aiutava di certo visto che ti obbligata ad evitare che il tuo ombrello si scontrasse con quello degli altri.
La mia chioma chiara fu la tua guida, ma ad un certo punto, lo sentii, mi perdesti di vista. Li percepii, i tuoi occhi distanti da me, e così mi voltai.
Le mie iridi iniziarono a saettare da un punto all'altro della strada mentre un groppo in gola aveva iniziato a formarsi.
I miei pensieri mutarono velocemente ed il fatto d'essere un po' offeso passò in secondo piano, non avrei tenuto il muso a lungo, come al solito, e volevo solo ritrovarti perchè rischiavamo di arrivare in ritardo in stazione ed io non volevo star da solo durante il viaggio.
Inciampai e per poco non mi ritrovai con la faccia a terra, mi fermai.
Ero solo, in mezzo a quel via vai incontrollato di esseri umani e tu...tu non eri vicino a me. Ti immaginai disperso o inghiottito da quella massa informe che mi circondava ed il mio cuore perse un battito. Era una situazione talmente banale, eppure rabbrividii comunque. Dov'eri? Pensai di chiamarti, ma non mi avresti sentito con il rumore del traffico.
Decisi di non stare a tornare indietro, di sicuro mi stavi cercando, ne ero convinto e per tale motivo sarebbe stato meglio se non mi fossi mosso. Confidai nel fatto che il mio ombrello blu risaltasse un minimo tra la folla. Faceva freddo quel giorno, mi feci stretto nel cappotto avvicinandomi alla vetrina di una libreria lì a fianco. Spostai lo sguardo da destra a sinistra, ma nulla di te osava ancora mostrarsi. Sospirai e conclusi di dover attendere la tua fatidica comparsa.
《Tsk. Sbrigati.》bofonchiai tra me e me.
Prima di quel pomeriggio lo avevo già capito, ma ne ebbi la conferma: odiavo quando non eri con me, soprattutto fuori casa perchè quello che mi circonda diventava nauseante, quasi mi trovassi su una nave, rischiava di farmi star male. Vedevo il mondo con più freddezza senza di te.
Insomma, che giornata stupida che stavo passando: d'improvviso ogni particolare della città mi pareva distante, le assillazioni dei nostri compagni un lontano seppur recente ricordo, il nostro ultimo bacio, risalente a poche ore prima, inconsistente. Ti volevo di nuovo e giurai che, quando ti avrei ritrovato, te ne avrei dato un altro e me ne sarei fregato del tuo "cattivo umore".

Per pranzo sarei dovuto venire da te, lo avevamo deciso il giorno prima. Inko sarebbe rimasta in centro per lavoro e noi due avremmo trascorso quella grigia giornata assieme ed io ne ero stato felice poichè tu ne eri sembrato più entusiasta di me. Ebbi un altro motivo per sentirmi scocciato a causa della situazione in cui mi ero ritrovato.
Qualcosa iniziò a vibrare insistentemente nella mia tasca destra e mi affrettai a prendere in mano il cellulare; risposi senza nemmeno dare un'occhiata allo schermo: dovevi essere tu.
《Pronto? Katsuki?》persona sbagliata, quella non era la tua voce.
《Sì?》 risposi brevemente, ma cordialmente, a tua madre.
《Scusa il disturbo, ma Izuku non risponde al telefono, mi da occupato, è lì con te?》sta a vedere che mi avevi chiamato proprio mentre lei ti cercava, ne saresti stato capace. Mi portai due dita alla base del naso e cercai di rilassarmi.
《No, stavamo andando verso la stazione, ma si è fermato per strada, ora lo sto aspettando.》
《Capisco, beh...immagino di poter far affidamento anche su di te, dopo tutto tornate all'appartamento insieme. Sono in pausa pranzo e dovrei lasciarvi un paio di cose da portare a casa, se mi dici dove sei di preciso le lascio a te, sempre che non sia un disturbo.》pensai non ci fosse nulla di male a dirle di sì.
《Certo, sono alla libreria...》mi sporsi per leggere l'insegna 《Airplane, poco prima della stazione.》
《Perfetto, so dov'è e non sono molto distante, ti ringrazio, ci vediamo tra poco e controlla che Izuku non si sia cacciato in qualche negozio di videogiochi, quando entra ci si perde e non esce più.》Ridacchiai e la rassicurai che di sicuro saresti ricomparso con qualche nuovo acquisto da nerd in mano...in effetti avevo visto una nuova action figure di All-Might in una vetrina lungo la via.
Una volta riattaccato, restai ad osservare la schermata per alcuni secondi. Non mi avevi ancora scritto niente, ma dove ti eri andato a cacciare?
Con il passare dei minuti, presi a guardarmi attorno con ansia e, stanco di star lì a soffocare contro l'edificio alle mie spalle, feci due passi in avanti tagliando la lunga fila di persone che mi stava passando davanti e potei prendere un grande respiro quando arrivai dalla parte opposta, al bordo del marciapiade. Sistemai lo spallaccio del mio zaino e dando un ultimo sguardo in giro, ormai rassegnato al fatto che sarei dovuto andare a cercarti dopo cinque miei messaggi ancora senza risposta e la notifica di una chiamata persa dal tuo numero che inutilmente provai a ricontattare, intravidi finalmente un punto rosso in lontananza, più in alto di dove mi trovavo io, lungo la via in pendenza. Quel parapioggia lo avrei riconosciuto fra mille: era il tuo.
Immediatamente pensai che avrei tenuto fede a ciò che mi ero ripromesso di fare, ma aggiunsi un particolare: ti avrei dato un bacio, ma non prima di averti dato dello stupido e averti scombinato i capelli insistentemente per dar sfogo alla preoccupazione che mi avevi fatto provare anche solo per poco tempo.
Con quest'idea in testa, credetti che quel giorno avesse preso la giusta piega, ma di certo non potevo immaginare di star avendo il pensiero più sbagliato e più lontano dalla realtà dei fatti che mi potessi permettere.

Distrattamente, nell'attesa del tuo arrivo, osservai il semaforo, vicino alle strisce pedonali ad una decina di metri di distanza da dov'ero io, diventar rosso. Le numerose auto si fermarono, i loro motori sembravano aspettare con impazienza il via per poter ripartire, ma le persone che stavano attraversando la strada erano molte e dovevano attendere ancora alcuni secondi.
Se mi ricordavo bene, l'ufficio di tua madre era in una via parallela a quella della stazione, oltre il parco, e probabilmente si era fermata in uno dei locali lì vicino per mangiare, perciò lei avrebbe dovuto attraversare la strada per arrivare.
Ed ecco che un ammasso di capelli verdi come i tuoi comparve. Decisi di andare incontro ad Inko e percorsi la breve distanza fino a quei lunghi tratti bianchi che tagliavano la larga strada. Ti dedicai un ultimo sguardo, eri ormai vicino, mi avresti visto e non mi feci molti problemi nel darti le spalle.
Non avvertii nulla di sbagliato, non un avviso sussurrato dal silenzio del rumore che mi circondava, non una voce a dirmi di ricordare come si facesse a camminare tra tutti quei piedi che mi affiancavano, non provai ad ascoltare il mio respiro o forse non cercai di concentrarmi, non lo so. Ho avuto rimorsi privi di senso per le mie azioni che allora furono così banali, i motivi mi sono sfuggiti troppe volte per potermi dare abbastanza forza per raggiungerli. Voglio rivivere quegli istanti di calma, lo sai?
Solo per pochi secondi, puoi concedermelo?

Salve gente!😄
Ho poche cose da dire, anzi, una:
vi devo dare una comunicazione importante, ma, essendo un po' lunghetta, preferisco pubblicare un avviso più avanti, vi pregherei di leggerlo.

P.s.: dal prossimo la storia inizierà a complicarsi, quindi...vi è piaciuto il capitolo?

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