31 -La tua natura-

Buona sera😅... Beh...so che non é sabato, ma ho voluto farvi una specie di regalo prenatalizio con super-anticipo rispetto alla festività pubblicando prima e quindi garantendo non uno, ma due aggiornamenti questa settimana.
Ok, in realtà vorrei ringraziarvi per i numerosi commenti che avete lasciato negli scorsi capitoli e, davvero, non potete immaginare quanto mi rendano felice.❤
Non è un buon periodo per me: a problemi vari si è aggiunto lo stress scolastico di fine trimestre e ormai mi sono arresa all'idea di doverci convivere ancora per due settimane se non di più, perciò diciamo che questa storia mi fa da cuscino per non farmi sbattere la testa contro il muro ogni volta che vedo segnate sul diario tutte le verifiche e le interrogazioni che mi aspettano😑

Un grande GRAZIE e un abbraccio a tutti voi❤

P.s.: nella speranza, nel caso anche voi abbiate una verifica domani, vi faccia non pensare a ciò per qualche minuto, vi auguro buona lettura😘

Le settimane che si susseguirono furono un misto di piacere e disagio, direi soprattutto la seconda cosa.
Avevamo deciso di lasciare che gli eventi seguissero il loro corso, di vederci il pomeriggio, di non rivelare ancora a nessuno la nostra relazione, dalla confusione iniziale eravamo passati ad un'organizzazione involontaria delle cose da fare e non fare. Ciò non è da fraintendere però, era vero che ci mostravamo sempre controllati nei nostri comportamenti, stranamente calmi ed indecifrabili, ma d'altra parte il restare solo con te era una delle cose che attendevo con più ansia durante la giornata, anche il desiderio di un bacio mi perseguitava dalla mattina, era tutto diventato una mutevole costante che desiderai non si interrompesse mai.
Tuttavia, il mio cuore stava subendo, piano piano e involontariamente, le conseguenze di tutte le mie soppressioni. Come ormai sarà chiaro, i miei sentimenti avevano fatto fatica non a crescere, ma a mostrarsi e ciò li rendeva quasi come un essere prematuro, fragile e persistente dentro di me.
In quei giorni mi lasciai cadere totalmente.
È come quando sei nel mezzo di una corsa e, improvvisamente, ti blocchi e pianti i piedi a terra. Vedi? È facile pensare che a causa della stanchezza ci si possa sentire sollevati, ma le cose non stanno così, in realtà sono totalmente differenti.
Nel momento in cui i tuoi muscoli si tendono, i tuoi piedi strisciano e raschiano il terreno, i polmoni prendono l'ultimo grande respiro, in quel preciso istante, sai di star precipitando. E inizi ad ansimare, l'aria fredda ti penetra nelle vie respiratorie, la gola si secca a causa delle grandi boccate che cerchi di prendere, le ginocchia si piegano sotto il tuo peso, la coscenza di essere fermo ti destabilizza. Ero così abituato ad inseguire le mie emozioni o, certe volte, a fuggirne, che la mia situazione era pressappoco tale e quale a ciò che ho appena descritto.
Verso fine ottobre la mia mente sembrava essersi raffreddata con il cambio del clima. Le giornate avevano iniziato ad inasprirsi a metà del mese e oltrepassato il 24, un venerdì pervaso di nebbia la mattina e di vento gelido il pomeriggio, il mio umore pareva mutato irreversibilmente. Passavamo le giornate fra i libri scolastici, momenti di riposo e baci fuggevoli, nulla di meno e, purtroppo, nulla di più. Ci eravamo adagiati nel tepore dei nostri sentimenti senza esitare e non avevamo pensato al fatto che ci saremmo dovuti risvegliare da quel dormiveglia in cui eravamo caduti.
Non è abbastanza.
Questo pensiero iniziò a perseguitarmi con l'avanzare del tempo, segnato dalle lancette dell'orologio appeso al muro, un sabato sera.
Scorrendo le pagine del calendario, facendo i conti, mancavano due mesi esatti più un giorno a Natale. Le mie dita lasciarono scivolare la carta e i miei occhi tornarono a fissare la casella dedicata al numero di quel giorno, il 25.
Il peso sul mio petto, quello che credevo essersi alleggerito, era tornato. Non lo sapevi, non sapevi di questo mio segreto riguardante solo ed esclusivamente te, ma io sospettavo che lo sentissi anche tu, quella sensazione ti doveva coinvolgere perchè era inconcepibile che ciò gravasse solo ed esclusivamente su di me.
Sentivo che non eravamo giunti al termine, le radici che ci tenevano legati non avevano ancora una presa salda sul terreno e noi inconsciamente eravamo consapevoli della loro delicatezza.
Ma allora cos'era che mancava? Cosa poteva dolermi ancora?

Ebbi parte della risposta quella stessa sera, sul tardi, quando lo schermo del mio cellulare si illuminò nel buio di camera mia, proiettando la sua luce nell'ambiente. Il tuo nome compariva fra le notifiche e, subito sotto, notai un tuo messaggio. Il mio stomaco si contorse. Non mi inviavi spesso messaggi, anzi, non lo facevi mai ed io non ero da meno. Preferivamo vederci di persona, senza stupidi schermi a dividerci.
Aprii la tua chat con curiosità.
Le scritte a caratteri neri riportavano poche parole, una sola domanda.

Non stai dormendo, vero?

Lì per lì non seppi che rispondere, i miei occhi vagarono sullo schermo per trovare l'ora segnata in alto a destra: 11.25. La luce del sole aveva dato il suo arrivederci da molto ormai; mi ritrovai a fissare la finestra buia della mia stanza.
Mi sollevai dal materasso, i piedi nudi e stanchi toccarono il pavimento gelido, le mani pesavano dalle mie braccia e parvero molli e prive di calore dal gelo che aleggiava nell'aria. Muovermi portava solo freddo.
Cos'era quella sensazione?
Indefinita, paurosa e opprimente. Da dove veniva?
Se avevo superato il primo ostacolo, se avevo superato le mura che io stesso avevo costruito, come potevo definire ciò che stavo provando con facilità?
La risposta che non ti avevo inviato parve passare in secondo piano.
Era istinto? Non lo so, ma ancora adesso rammento chiaramente che quella sera sentii la tua presa attorno al mio cuore stringersi.
Infine eri arrivato, di sorpresa, sperai per l'ultima volta.
Avevi oltrepassato l'ultima barriera e, con la tua forza delicata, avevi raggiunto la mia parte più vulnerabile. Ero stato io a permettertelo.
Tu non eri a conoscenza di quel che provocavi in me, o perlomeno lo credevo e, sicuro di tale convinzione, non ti avevo accennato al dolore silenzioso che avevo affrontato per te. Lo avevo fatto, ero andato avanti nell'intricato via vai dei miei sentimenti. Dovevo dirtelo? Dovevo raccontarti il mio contorto viaggio? Non lo sapevo.
Una strana verità si presentò alle porte della mia mente provata dalla lunga giornata, riguardava noi.
Io non sapevo.
Non sapevo la nostra origine.
Non sapevo se dovessi provare felicità o terrore.
Non sapevo cosa mi aspettasse, verso quale via mi avevi condotto, di nuovo.
Doveva andare così? Era scritto questo nel mio destino? Si sarebbero alternati periodi chiari a periodi scuri? Saresti stato tu ad essere la mia inevitabile incomprensione mascherata da chiarezza?
Deku, io avevo paura e lo realizzai da solo, quella sera, in una stanza buia.

Nel silenzio un ronzio insistente si fece spazio nella bolla in cui mi ero perso o in cui forse ero caduto per infiniti minuti. La mia mano tremava stretta attorno al cellulare, il tuo nome stava al centro in chiare lettere bianche e brillanti.
I miei polmoni raccolsero aria con impreparata calma.
《Kacchan?》 Espirai sollevato. La tua voce infine mi aveva davvero riportato alla realtà come avevo sperato.
《Dimmi.》 Ero schietto e diretto come al solito, ma vi era quella gentilezza nascosta che solo tu potevi riconoscere, credo fu per questo che non esitasti nel continuare a parlare.
《Domani seu libero?...mi chiedevo se ti andasse di venire da me a pranzo, magari anche un po' prima....che ne dici?》 Mostrasti la tua timidezza in quella domanda, mi ci dovevo abituare ogni volta, avevi un comportamento così diverso dal mio, seppur simile per certi versi. Quella sera percepii chiaramente grazie alla tua voce l'ennesima stretta al petto.
Ti immaginai nella penombra di camera tua, seduto sul letto, le dita a tormentare un lembo della tua maglia in attesa che io dicessi qualcosa.
《Sì...》 le mie labbra si separarono solo per pronunciare quell'unica sillaba priva di essenza. Era suonata come una nota stonata, un vuoto in una successione regolare e seppi che tu non ci saresti passato sopra, no, per te queste cose erano importanti e non avevi l'accuratezza d'ignorarle.
《Cos'hai?》 Limpida, la tua domanda risuonò nella mia testa talmente leggera e pesante che quasi non sentivo più i pensieri scorrervi. Passarono attimi morti.
《Puoi...dire qualcosa?》 Ma io non mi feci avanti, non riuscii a dirti nulla.
Ti sentii sospirare con agitazione e, in ciò che pronunciasti successivamente, potei figurarmi i tuoi occhi fissarmi insistentemente, lucenti anche alla sola luce dell'abat jour posta sul tuo comodino.
《Ascoltami, se vuoi stare in silenzio va bene, basta solo che tu stia con me, intesi?》
Mi avevi posto di fronte ad una condizione che non potevo rifiutare, perchè io non avrei mai rinunciato e forse anche perchè tu per primo non lo avresti fatto, no, tu non avresti lasciato un punto iterrogativo sul mio momento di blocco e fu questo a lasciarti via libera per raggiungermi.
《Domani vieni a casa mia. E non voglio obiezioni o scuse.》
Sussultai appena avvertendo la tua convinzione in quelle parole. Non ammettevi repliche, volevi essere risoluto in ciò che dicevi e di certo io non potevo impedirtelo, non potevo opporre resistenza alla tua volontà, non in occasioni come quella. Mi hai sempre colto nei miei momenti più fragili e questo, anche se banale, ne è un esempio.
I miei ripensamenti distratti mi stavano trattenendo.

《Deku, io...》 mi sforzai, lo giuro, ma non riuscii nell'impresa, la voce mi restò in gola come un nodo indistricabile.
《Non hai capito, non era una richiesta.》 Affermasti serio ed io rimasi stupito dal tono che utilizzasti.
《Kacchan, io voglio parlare con te con sincerità, ho cercato di ignorare tutto, ma è difficile se non straziante vederti andare avanti giorno per giorno con quello sguardo perso che non ti accorgi di avere.》
Sì, avevi colto nel segno. Come sempre, riuscivi a carpire ogni mio particolare senza apparente difficoltà. Ero così facile da decifrare ai tuoi occhi.
Allora sarebbe stato così? mi avresti condotto ancora più in profondità nell'esplorazione del mio animo? Era questo il mio prossimo passo in avanti?
Non stetti a domandarmi se vi fossero rischi, non avevo bisogno di altri ripensamenti.
《...verrai?》

E la mia risposta fu incompleta, farfugliata di fretta, ma, forse, tu la capisti.

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