Capitolo 4


Gil portò via Jane ancora in lacrime, l'aula era ormai vuota se n'erano andati via tutti a parte me. Ero ancora fossilizzato nella stessa posizione di quando era apparsa la ragazza col mantello rosso, fu allora che alla mia sinistra apparve Eve mentre a destra apparve Evan. 

" Non sono sicuro di ciò che ho visto prima, ma è stato fottutamente spaventoso" furono le mie prime parole dopo un periodo di tempo che mi era sembrato infinito. 

"Ho sempre considerato gli uomini degli esseri spregevoli, beh ne ho avuto la conferma pochi minuti fa. Sapete, c'è stato un secondo nel quale ho pensato Candice è morta e con lei parte dei problemi e delle preoccupazioni che mi affliggevano. Per un secondo non ero dispiaciuto della morte di mia figlia !" esclamai a gran voce e una lacrima mi accarezzò il viso come fa una mamma con il proprio bambino.

 Senza emettere alcun fiato mi misero entrambi un mano sulle ginocchia, Evan aveva un anello sull'anulare della mano destra, una mano scheletrica che si avvolgeva su se stessa sembrava stringergli il dito. Eve invece ne aveva uno sul dito medio della mano sinistra. Era un teschio avvolto in un cappuccio, a pensarci bene era pressoché identico alla ragazza con il mantello. 

Iniziò a parlare Evan che scalpitava nel poter interrompere il silenzio del momento e disse "essere duro con te stesso non ti aiuterà di certo Josh, definirti spregevole è esagerato. Abbiamo avuto a che fare con persone malvage e tu non rientri in questa cerchia così vasta. Ad esempio, una volta nel 1456 se non sbaglio, una contessa ha accoltellato nel sonno il proprio figlio solamente perch..." 

un colpo di tosse lo interruppe, era di Eve e con tono esasperato aggiunse " quello che Evan stava cercando di dirti è che talvolta le persone credono di avere il pieno controllo dei proprio pensieri sbagliando. Il nostro cervello spesso prende il sopravvento e parla direttamente all'anima prendendo il controllo su noi stessi."

 Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poi continuò. "Ognuno di noi ha dei difetti, chi piccoli e chi grandi è inevitabile, ma alla fine ciò che siamo viene definito dalle nostre azioni." Volevano alleviarmi il dolore anche se in momenti del genere la cosa migliore da fare sarebbe non dire nulla. Comunque il loro modo goffo e del tutto fuori luogo aveva funzionato così mi asciugai la lacrima, tirai un sospiro profondo e mi avviai verso l'uscita dell'aula.

La perdita di un figlio è il dolore più grande in assoluto da sopportare, un dolore che nessun genitore dovrebbe provare. È un dolore perpetuo, con il tempo potrebbe anche affievolirsi ma un vuoto nell'anima rimarrà per sempre. Di tornare subito a casa non avevo voglia, così decisi di allungare il tragitto passando per il parco che si trovava poco distante dal tribunale. Volevo rimanere da solo a fare i conti con la mia tristezza e il dolore lacerante che mi stava soffocando. Mi piace stare un po' da solo di tanto in tanto, ritengo che giovi allo spirito e alla mente soprattutto mi fa stare tranquillo.

 Entrai dal cancello principale e mi accolse un piccolo viale alberato. L'autunno stava svolgendo il proprio compito, le foglie per terra avevano coperto il viale come un lenzuolo; sembrava di camminare in mezzo a della marmellata di varie sfumature gialle e arancioni. Arrivato in fondo c'era un laghetto costeggiato da un vecchio recinto in legno piuttosto rovinato; bisognava stare attenti ad appoggiarsi, dato che sporgevano schegge dappertutto.

 Tra il recinto e il laghetto c'erano sterpaglie e qualche cespuglio, un cartello vietava la pesca. Il colore dell'acqua era opaco e non si poteva certo definire pulita, qualche pesce qua e la nuotava con fare assonnato, non credo che qualcuno si sarebbe messo a pescare proprio qui. All'interno c'erano delle rocce che spuntavano e alcune papere stavano dormendo su di esse. Si alzò una piccola folata di vento e mi abbottonai il giubbotto, non faceva freddo ma ad una certa età si sopportano meno tante cose. Fu allora che da uno dei cespugli sbucarono due corvi che gracchiando si posarono sul recinto poco distanti da me, uno dei due sembrava particolarmente interessato alla mia presenza. 

" Signor Malone! Da quanto tempo che non ci si vede" esclamò un uomo avvicinandosi. 

Andrew Brewer, e chi altri se no. Era sulla cinquantina, alto e abbastanza asciutto teneva molto evidentemente all'aspetto fisico. Quel tale era l'uomo che aveva rovinato la vita a Gil presumibilmente uno spacciatore; non ne ero tanto sicuro, al giorno d'oggi entrare in possesso della droga è più facile che comprare cioccolatini. 

" Ho saputo quanto è accaduto a sua figlia poche ore fa mi dispiace molto. Gil invece come se la passa?" mi chiese con tono sarcastico. 

"Da quando non frequenta più te e la tua gentaglia molto meglio grazie" risposi sicuro di me.

 "Adiamo Josh non fare così, lo sappiamo entrambi che è stata una sua scelta, ognuno è padrone delle proprie azioni e deve pagarne le conseguenze."

 Tossì per due volte poi continuò "comunque la mia presenza qui è dovuta dal fatto che mi devi pagare. In effetti dovrebbe essere Gil a farlo ma è un tossico buono a nulla e sono sicuro che sarai tu a farne le veci".

Avrei voluto togliergli quella sua schifosa superiorità soltanto che non potevo così mi limitai a rispondere "Ascolti io non ho soldi in questo momento e devo pagare altri debiti per fav...".

 Mi interruppe " i tuoi problemi non mi riguardano, io so solo che mi dovete pagare e voglio che lo facciate adesso."

 Pensai a qualcosa in fretta, dovevo trovare una soluzione, poi un lampo improvviso, così balbettai " p-posso darle la mia macchina ecco le chiavi, è parcheggiata sotto casa mia tanto lei sa dove abito. È una bella macchina sono sicuro che vendendola guadagnerà la somma necessaria a saldare il mio debito."

 Pensai non avrebbe accettato e che ci sarebbero state delle ritorsioni, invece con un ghigno annunciò " sa signor Malone ho visto un sacco di persone implorarmi e stringere gli accordi più sudici di questo mondo per salvare la propria pellaccia, ma non posso affermare di aver visto altrettanta gente come lei che sta facendo di tutto pur di proteggere la sua famiglia. Accetterò la sua auto come pagamento ma sappia che il conto non è ancora saldato. Premierò la sua gentilezza con del tempo in più in modo che lei possa trovare i soldi che mancano."

 Prese le chiavi della macchina dalle mie mani e se ne andò. Me l'ero cavata in qualche modo ma non era finita, sarebbe ritornato ovviamente. La cosa che mi dava un po' di pace era il fatto che non si sarebbe fatto vivo per un po'. Il corvo d'un tratto emise un verso, sobbalzai, mi stupì molto il fatto che fosse rimasto li come ad aspettare che finissimo la conversazione. I suoi occhi nero pece mi scrutarono, un altro verso, spiegò le ali e se ne andò via.

Sospirai, il giorno peggiore della mia vita si era concluso finalmente e non posso nasconderlo ero allo stremo delle forze perciò misi le mani in tasca e ripresi la strada per il viale alberato, due passi dietro di me seguendomi c'erano Eve ed Evan. 

"Che persona spregevole, e io ancora mi stupisco della viscidità degli umani. Talvolta vorrei intervenire, malauguratamente non mi è permesso. Sono dispiaciuta Josh" disse Eve. 

Le sue parole erano piene di tristezza e la cosa che mi stupì era il suo dispiacere reale, non come quelle persone presenti ai funerali che venendoti a stringere la mano ti porgono le proprie condoglianze e il loro (finto) dispiacere.

"Non temere Eve, per dei tipi come lui il conto si presenterà salatissimo, mi chiedo se avrà ancora quel sorriso spavaldo e strafottente" puntualizzò Evan. 

Dopo parecchio tempo c'erano due individui disposti a supportarmi, quasi mi commossi. "Ci mancava solo il cazzone della droga. Facile prendere di mira e rovinare la vita per sempre delle persone indifese." 

Feci un respiro a pieni polmoni e aggiunsi "forse le notizie di merda per oggi sono finite, ho bisogno di doccia rilassante e della mia poltrona." 

Mentre ci incamminammo, senza che io potessi vederla, una ragazzina con un mantello rosso stava raccogliendo le piume perse dai corvi volati via poco prima.

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