Capitolo 3
"Sei davvero in una brutta situazione, mi dispiace molto Josh".
Ad essere sincero non mi spaventai, dovevo aver sviluppato una sorta di immunità. "Perdonami, non mi sono presentato sono Evan; credo che ieri sera tu abbia avuto il piacere di incontrare mia sorella Eve".
Era un ragazzo alto, capelli scuri più sul castano che sul nero, indossava jeans blu scuro, un giacchino nero e delle scarpe alte del medesimo colore.
"Si ieri l'ho vista, ma sinceramente non capisco cosa stia succedendo. Chi siete voi e che cosa volete da me ?".
Si girò e guardò fuori dalla finestra poi rispose "si, amiamo le entrate in scena stile hollywood in effetti. Comunque, forse ti sarai stufato di sentirtelo dire ma siamo qui per starti vicino" si schiarì la voce, si girò verso di me e continuò il discorso. "Più avanti ti prometto che capirai meglio il perché della nostra nostra presenza qui. Comunque io ho assistito all'incubo che hai fatto perché posso percepire le tue emozioni e posso guardare a fondo dentro la tua mente."
Sbuffando tornai a sedermi a letto poi aggiunsi "non voglio esagerare, ma temo che sia stato l'incubo peggiore della mia vita e di brutti sogni ne ho fatti molti, credimi."
Evan scosse la testa, sospirò e mi disse in tono scherzoso "è stato abbastanza bruttino devo ammetterlo, ne ho visti comunque di peggiori in caso ti faccia sentire meglio."
Ridacchiò, poi ricomponendosi aggiunse "so tutto, anzi sappiamo tutto della tua situazione Josh. Gil è un tossicodipendente, non riesce ad uscirne nonostante tu stia facendo tutto il possibile per aiutarlo. Una volta ha rischiato di morire per overdose e adesso sta facendo riabilitazione. Candice invece ha quasi ucciso suo marito durante una lite colpendolo con un vaso di fiori in testa. Ovviamente il marito ha chiesto il divorzio con tanto di denuncia, appena ripresosi, e tra poche settimane ci sarà il processo. Per quanto riguarda tua moglie Jane beh, ha un grande problema con i soldi dato che soffre di prodigalità."
Sorpreso ma non troppo, visto che stavo parlando con qualcosa che potevo vedere solo io risposi con rassegnazione "non hai tralasciato nulla, vivo in questa merda ogni giorno, ma devo sopportarla e trovare delle soluzioni. È una situazione pessima ma è la mia famiglia e ho l'obbligo di aiutarla."
Sorrise, mi mise una mano sulla spalla e disse "non ci sono abbastanza persone come te in questo mondo Josh, comunque ciò che devi sapere è che io e mia sorella ci saremo sempre, a volte non ci vedrai ma ti staremo ascoltando, a volte ci vedrai e saremo pronti ad ascoltarti. Ci saremo nei momenti più felici, ma soprattutto in quelli più bui. Non importa che cosa tu farai, noi vogliamo sarti vicino." Queste furono le sue ultime parole prima di svanire davanti ai miei occhi.
Passarono alcune settimane e quasi mi scordai di aver incontrato quei due, mi venne in mente poche volte e quando succedeva mi sembrava che fosse accaduto qualcosa di normale, come una semplice chiacchierata con un conoscente. Dentro di me però era come se sentissi che prima o poi li avrei rincontrati; non la definirei speranza o presentimento, ma più che altro ne sentivo il bisogno. La mia sensazione si rivelò corretta, di fatti riapparvero ma non un giorno qualsiasi bensì il giorno del processo di Candice. La sala del tribunale si presentò quasi vuota. Come immaginavo erano presenti solamente i parenti stretti e pochi altri. Presi posto in prima fila chiaramente, subito dietro il banco degli imputati dov'era accomodata Candice. Mi sembrò alquanto singolare lo stato di mia figlia, il suo respirò era regolare, non tremava ed era tranquilla almeno per quanto dava a vedere esternamente. Il giudice entrò in aula e si mise in piedi per qualche secondo davanti al suo bancone poi si sedette. La stanza era del tutto in legno, a parte il rettangolo di pietra sopra il bancone del giudice con incisa la scritta " la legge è uguale per tutti."
Il processo iniziò e il giudice cominciò esponendo all'aula ciò che è di rito esporre. Avrei dovuto prestare attenzione, in quanto era un giorno cruciale per la vita di mia figlia e della mia famiglia; dovetti inevitabilmente cedere e caddi nei miei pensieri esternandomi dal resto del mondo, i rumori sparirono. La preoccupazione prese il sopravvento, mi preoccupava la reazione di Jane e Gil in particolare, chissà cosa avrebbe fatto dopo la sentenza, dopo la carcerazione di Candice (sapevo sin dal giorno dell'aggressione a suo marito che sarebbe finita in carcere, aveva sbagliato, doveva pagare così vanno le cose). Alzai lo sguardo, l'avvocato difensore stava svolgendo il proprio lavoro, la controparte stava ascoltando per poi sferrare l'attacco decisivo. Guardai Candice, adesso sembrava fatta di pietra; era immobile. Piccola mia, pensai, mi dispiace essere arrivati a questo punto, purtroppo devi pagare ma sappi che ti vorrò per sempre bene. Tornai in me stesso, tornai a sentire le voci. Il giudice aveva l'espressione di chi sa cosa deve fare senza dubbi.
Una macchia di colore rosso spento stonava non poco con il resto della sala, la vidi con l'occhio sinistro, mi girai. La figura che dava tutta l'impressione di essere una ragazza era avvolta in un mantello appunto rosso scuro, era molto lungo tanto da arrivarle fino a piedi e da nasconderle le mani. Le estremità erano rovinate, doveva essere un mantello piuttosto vecchio. Era girata verso il giudice per cui si poteva vedere solo il profilo. La cosa strana era che nessuno sembrava notare la presenza della ragazza col mantello rosso, il processo continuò. L'avvocato di Ryan l'ex marito smise di parlare; l'hanno notata allora, mi dissi, non fu così. La ragazza si mise il cappuccio in testa (non l'avevo visto) lentamente quasi a scatti si girò verso di me. Strozzai l'urlo in gola, la parte visibile era di una ragazza bellissima, capelli neri mossi come cascate di tenebra e occhi color oceano. L'altra metà era raccapricciante, uno scheletro privo di qualsiasi organo, pelle e muscolo. Forse stavo per vomitare o forse per svenire, mi trattenni comunque in piedi. Un bagliore proveniente sopra il bancone del giudice divampò nella stanza, la lastra di pietra stava prendendo fuoco contro ogni fisica. Con il terrore negli occhi vidi lettere rosse formarsi nella pietra " la morte non è uguale per tutti" provai a deglutire, niente da fare non avevo più saliva. Scendendo un gradino, la ragazza andò in direzione di Candice, passo dopo passo si avvicinò e io non provai neppure ad agire, ero troppo spaventato.
Due colpi del martelletto del giudice risuonarono nell'aula "la corte ha deciso, Candice Malone è colpevole !" esclamò a gran voce.
La ragazza col mantello rosso trapassò Candice come se fosse trasparente, poi guardandomi sorridendo se ne andò insieme alle fiamme. I parenti di Ryan esultarono e si abbracciarono, mentre Candice cadde per terra. Il tonfo fu forte, probabilmente una sasso tirato a terra con violenza avrebbe fatto meno rumore. Jane urlò e corse verso di lei, anche Ryan spaventato si precipitò ad aiutare, qualcuno chiamò l'ambulanza, il giudice piagnucolando scappò via. Gli attimi dopo furono un susseguirsi di grida disperate e panico, qualcuno disse che non respirava più, io non mi mossi di un centimetro ero spaventato. Così Gil si sedette di fianco a me ma non disse nulla. I medici arrivarono di corsa, provarono a rianimarla, in seguito uno dei due si alzo e diede la triste notizia, Candice era morta.
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