Capitolo 2
Deglutii e il suono riecheggiò nella stanza "sei un fantasma o uno spirito, che cosa sei?"
Avanzò di qualche passo e si avvicinò ulteriormente al letto. Indossava stivaletti neri alti, jeans strappati blu scuro e un giubbotto di pelle nera.
"Sono tua amica Josh, non mi devi temere e non devi sorprenderti perchè solamente tu puoi sentirmi, vedermi e toccarmi."
Ero spaesato, non sapevo cosa fare tanto meno che cosa avrei dovuto dire. Forse stavo impazzendo, succede spesso alle persone anziane, come George. Quel povero vecchio diceva di vedere sua moglie che cucinava alla sera. Il punto è che Lucille era morta circa trent'anni prima di tumore al pancreas.
"Sto diventando pazzo senza dubbio e sto parlando con una presenza che non esiste, sono conciato male." Si portò l'indice della mano sinistra sulle labbra e poi disse "non sei pazzo, siamo qui per aiutarti, so che sei un po' frastornato e spaventato ma col tempo capirai."
"Siamo? Perchè c'è qualcun altro ? Ma poi aiutarmi in che modo ? Io non ho bisogno d'aiuto". Sorrise e disse in modo pacato " tutti abbiamo bisogno d'aiuto, so benissimo che fardello devi sopportare e trasportare ogni giorno e sono qui per questo".
Rimasi ancora più stupito di quanto già non lo fossi "sono sempre più confuso, come fai a sapere tutte queste cose su di me ? E come ti chiami?".
La ragazza era sull'uscio della porta, si volto e sussurrò " mi chiamo Eve" sorrise e se ne andò. Quella sera non riuscivo a dormire, prendere sonno sembrava un'impresa ero agitato per l'incontro avuto; poi finalmente presi sonno ma sfortunatamente non fu molto tranquillo e feci l'incubo peggiore della mia vita.
Ero in una sala completamente bianca. Nessun arredamento, nessun tappeto e nessuna sorta di tavoli o sedie. Avevo le mani legate ed ero in ginocchio, a pochi metri da me mia moglie Cassandra e mia figlia Candice anch'esse vestite di bianco, fecero un passo e all'improvviso sul petto si formò un buco gigantesco. Il vestito si tinse di un rosso cremisi e cadde a entrambe il cuore per terra proprio davanti a me. Spalancarono la bocca in modo innaturale, le pupille sparirono e gli occhi scomparvero.
Candice esordì per prima e chiese "papà ho bisogno del tuo aiuto, aiutami ti prego". Risposi "ma certo che ti aiuterò, io ci sarò sempre per te."
Uno schiocco, seguito da un dolore atroce sulla schiena. Mi girai; c'erano anche li mia figlia e mia moglie in perfetto stato con una frusta in mano. Il dolore che provavo era dannatamente troppo reale.
Ora era il turno di Cassandra " Josh caro non sarebbe ora di cambiare casa ? Potremmo prenderla più grande che dici? Ah oggi sono andata in profumeria e mi sono presa un paio di cose e ho prenotato per due una cenetta in uno splendido ristorante in centro".
Non potevo resistere in nessun modo e dalla mia bocca uscì "bene cara sono molto contento, per me va benissimo ciò che hai deciso."
Un altro schiocco, un altro dolore atroce. In fondo a quell'immensa luce bianca qual'era la stanza si palesò una figura. Era troppo lontana ancora per poterla riconoscere, ma si sentivano passi pesanti, sembrava che qualcuno stesse camminando per inerzia e che da li a poco sarebbe crollato a terra. Altre richieste, altro dolore. La figura si era seduta non tanto distante da me. Adesso potevo riconoscerla senza problemi, mio figlio Gil. Lo spettacolo faceva rabbrividire. Aveva tutti i vestiti stracciati, emetteva dei lamenti strazianti mentre con una siringa si bucava la faccia in punti diversi ormai intrisa di sangue.
"Posso aiutarti Josh" più che una voce sembrava un gracchiare simile a quello di una strega. "Siamo qui per questo non ricordi ?" voltai la testa ma non vidi nessuno.
La paura stava prendendo il sopravvento, iniziai ad ansimare e a girare la testa freneticamente ma non vedevo nessuno. Un battito d'ali ripetuto riecheggiò nella stanza e un uccello si posò sulla spalla di Candice. Aveva un piumaggio nero color pece, il bianco accecante della stanza rifletteva il suo colore e gli dava un aspetto luccicante, pareva una macchina sportiva appena uscita dal lavaggio. L'animale in questione era un corvo. Molti lo accostano spesso a premonizioni di sventura e presagi di morte. Io invece trovo che sia un animale maestoso ed elegante. Sa sempre essere al posto giusto al momento giusto, è vanitoso e gli piace mettersi in mostra. Nessuno mi ha mai domandato quale fosse il mio animale preferito, ma sicuramente avrei risposto il corvo. La visione però fu tutt'altro che piacevole. Lo notai solo dopo alcuni secondi, la sua testa non era altro che uno scheletro privo delle sue piume, della sua pelle, dei suoi occhi, del suo becco. Il piccolo cranio mi fissava, sorrideva o almeno quella fu la mia impressione. Un momento inquietante, volevo piangere ma si sa nei sogni non sempre si può decidere quello che si vuole fare.
"La sopportazione di un uomo è molto alta, a patto che abbia una grandissima forza di volontà e sia disposto a soffrire fin quasi a morire. È ovvio che sei arrivato al culmine anche tu Josh. Lasciati andare, fai un respiro profondo e al resto ci penserò io".
Non feci in tempo ad aprire bocca che il corvo scattò verso di me ridendo sguaiatamente, volevo urlare ma non ci riuscii allora chiusi gli occhi. Non sentivo più nulla, il che mi sembrò strano; così provai ad aprire gli occhi lentamente. Ero seduto sul letto d'ospedale sudato fradicio nemmeno avessi fatto una maratona. Mi misi le mani in faccia e cercai di tranquillizzarmi un po'. Guardai l'ora, le cinque e mezzo del mattino, avrei continuato a dormire ma l'incubo decise che era l'ora di svegliarsi. Andai in bagno, dovevo rinfrescarmi visto lo stato in cui ero. Feci per tornare nel letto ma una voce mi interruppe sull'uscio del bagno...
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