Capitolo 36
Pov Julya:
Diciassette anni!
Mi ci sono voluti diciassette anni per capire cosa voglia dire provare dei forti sentimenti per una persona.
E quando parlo di sentimenti, non intendo affetto o amicizia .
Parlo di quel sentimento che ti dona il potere di essere invincibile, di toccare il cielo con un dito, quel sentimento che ti fa sentire felice all'estremo, e allo stesso tempo così arrabbiata.
Certo, la rabbia sale quando vedi tutte atteggiarsi cercando di attirare la sua attenzione, mettendo in mostra ogni pezzo di carne.
Ma poi mi chiedo: come si fa in pieno inverno ad andare in giro con dei pantaloncini così corti, con le maglie con uno scollo a V, mostrando i seni, o addirittura le pance orgogliose dei nuovi piercing fatti sicuramente dalla signora Janina. Quindi sarà storto, visto che non ci vede benissimo.
Come si fa? Me lo sono sempre chiesta. Se non metto maglioni su maglioni, non indosso il cappotto, facendo tre giri di sciarpa, berretto e guanti, non esco di casa.
Le sorpassai facendo finta di niente, quando dentro di me avrei voluto schiacciarle una per una.
Dovevo resistere ancora sei mesi. Una volta compiuti i diciotto anni mi sarei trasferita. Naturalmente, anche lui avrebbe richiesto il trasferimento, e vissero tutti felici e contenti.
-Per caso, hai anche scelto la destinazione del viaggio di nozze?- chiese la mia vocina, mentre mi morsi la lingua per non parlare. Già avevo tutti i nomignoli immaginabili, se mi fossi messa anche a parlare da sola mi avrebbero dato della pazza.
Iniziai a camminare verso il parcheggio, dove c'era la macchina che lui mi aveva dato per venire a scuola. Mi avvicinai al parabrezza notando un foglietto bianco.
"Mi sei mancata, sempre tuo."
Sorrisi a quel suo messaggio, prima di nasconderlo per non farmi vedere da qualcuno.
«Roder!» mi fermai prima di salire in macchina, mentre Baker era fermo a pochi passi da me.
«Che vuoi?» chiesi infastidita. Ogni volta che lui era nei paraggi significava: scherzo in vista.
«Mi devi aiutare. Nella materia di fisica ti hanno assegnato a me. Sei il mio tutor.» Disse mostrandomi il foglio. Merda, me ne ero dimenticata!!
I primi tempi, per non rimanere da sola, avevo depositato la mia proposta per aiutare gli studenti in difficoltà con le materie. Ma mai nessuno aveva fatto il mio nome, o mi aveva scelto per essere aiutato, quindi pensavo che mi avessero cancellato dalla lista.
«Non posso, ho un lavoro. E poi non partecipo più.» Mi giustificai.
«Julya, ho davvero ho bisogno del tuo aiuto. Se la mia media scende, non mi daranno la borsa di studio.»
«Su, Baker, la tua media è già bassa.»
«Ti sbagli, guarda», prese un foglio dove c'erano tutti i suoi voti, «ho solo chimica e la materia del tuo innamorato.» Aggiunse quasi disgustato.
«Non è il mio innamorato.» Provai a mentire, anche se non credevo nemmeno io a quelle parole.
«Stasera lavori? Passo prima che tu inizi al Buch.» Disse andandosene, senza lasciarmi rispondere.
Il mio cellulare iniziò a suonare, accettai la chiamata senza vedere chi era, ma dal tono e dalla parola d'ordine non ci misi tanto a capirlo. «A casa, ora.»
«Devo solo aiutarlo Cosa ti dà fastidio? Stiamo parlando di Baker!» provai a dire, mentre lui si avvicinava a me. « Che stai facendo?»aggiunsi.
«Ferma, rimani ferma qui.» Rispose, dopo aver finito di annusare in giro.
Il campanello suonò, mentre lui andò ad aprire.
Pov Daniel:
La mia gelosia stava peggiorando. Ogni giorno aumentava sempre di più nei suoi confronti.
Come avrei voluto portarla lontano da tutti, in un posto sperduto, dove gli unici abitanti fossimo solo io e lei. Ma questo è impossibile.
Vedere quel pivello avvicinarsi a lei, chiederle di aiutarlo usando una scusa da bambini delle elementari, mi fece salire il sangue alla testa.
Non potevo lasciarla andare, dopo che lui l'aveva baciata.
Stava provando a spiegarmi le sue motivazioni, anche se niente avrebbe potuto farmi cambiare idea, finché l'odore di qualcuno attirò la mia attenzione. Qualcuno che era entrato dentro la mia zona. Non era un umano, ma un mannaro.
«Jonas?» rimasi stupito vedendolo sulla porta.
«L'hai trovata e non mi dici niente?» disse, ma non capivo a cosa si stesse riferendo.
«Juylia vai di sopra.» Dissi, mentre Erman e Enysa arrivarono.
«Esco.» Rispose avvicinandosi alla porta.
«La piccola Julya!» disse Erman sorridendole.
«Guarda che abbiamo più o meno la stessa età.» Rispose piazzandosi davanti a me, pronta ad uscire. Erman iniziò a ridere, ma mi voltai verso di lui fulminandolo con gli occhi, cosa che Julya usò per uscire.
«Ho detto di no. Perché non fai mai come ti dico?»dissi a denti stretti, mentre la mia gelosia si mostrò a tutti i presenti.
«Perché esiste la libera scelta professore.» Rispose con lieve sorriso.
«Daniel, andiamo con lei. Anche io ed Enysa abbiamo bisogno di staccare un po'. Così, tu e il vecchio votrete parlare.»
«No!» risposi secco. Non avrei mai lasciato che lei lo vedesse senza di me.
«Daniel, lasciala andare.» I suoi occhi mi comunicarono qualcosa nella mente: ALMENO CHE TU NON VOGLIA DIRLE TUTTA LA VERITÀ.
«Enysa, mi raccomando.» Ordinai, mentre i miei occhi si posarono su di lei, facendole un veloce sorriso prima di rientrare in casa.
«Cosa vuol dire: l'ho trovata?» chiesi dopo un po' di tempo.
«È lei la ragazza di cui mi hai parlato, no?» chiese ad un tratto.
«Sì, ma non cambiare discorso.»
«Hai avuto rapporti sessuali con lei? Hai mai visto o assaggiato il suo sangue?» chiese ancora, senza ascoltare la mia risposta precedente.
«Ma sei impazzito? No. Perché diavolo stiamo parlando di lei?» Mi innervosii.
«Per tutto questo tempo era tra le tue mani e non te ne sei accorto. Due anni fa un ibrido entrò in questo territorio, nel tuo territorio e tu non ne sai niente?»
«Ero in giro!» mi giustificai non capendo dove volesse arrivare.
«Daniel, tu hai sempre avuto con te il Kirrotu.»
«Ma sei ubriaco? Non è ver...» dissi fermandomi.
«Due anni fa ci fu un incidente. Un ibrido che entrò in queste terre colpì un umano, poi ne colpì altri due. Ma la terza non riuscì, il suo sangue è dannato per gli ibridi. Porta alla morte.» Aggiunse Jonas.
La mia mente iniziò a pensare perchè ero bloccato, non leggevo i suoi pensieri. A tutto l'inizio della nostra storia.
«È lei che vogliono, assieme all'ibrido che è stato creato quella notte, sono delle macchine di morte per tutti.»
«No, lei è mia!» urlai con tutta la rabbi ache avevo dentro.
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