8
Giugno 1975
Un sonoro sospiro uscì dalle labbra di Daisy. All'epoca aveva consumato talmente tante lacrime per quell'episodio che, in quel momento, non aveva senso aggiungerne altre.
Erano passati molti anni e detestava essere ancora tormentata dal ricordo, al punto che si odiò per aver deciso di intraprendere anche il racconto di quel tanto sofferto quadro. Poteva saltarlo, dire che non era troppo rilevante nonostante, dentro di sé, lei sapesse bene quanto servisse per comprenderla a fondo.
Quei quadri non raccontavano solo la storia d'amore con Jeremiah, ma parlavano di lei ed era quello, forse, uno dei motivi principali che l'avevano spinta a non cercarli a sufficienza una volta trasferitasi. Non aveva mai amato esporsi ed essere al centro dell'attenzione come lo era stata in quegli ultimi due giorni; per lei c'erano prima gli altri e il loro bene, in seguito arrivava il far qualcosa per se stessa.
In quel frangente le balenò nella mente, però, l'idea che quei dipinti potessero essere d'aiuto a qualcuno, perché testimoniavano come la vita di una persona potesse essere ugualmente meravigliosa, nonostante i tanti ostacoli che intralciavano il cammino. Facevano capire che bisognava sempre trovare quella forza per abbatterli, insistere e persistere.
Desiderava così tanto che Amanda comprendesse quel concetto, dato che il racconto della sua vita non voleva venisse sprecato, ma sperava che, in qualche modo, la figlia potesse trarne benefici o insegnamenti.
La guardò e poi spostò i suoi occhi su Claire. Entrambe tacevano perché, probabilmente, dinanzi a un susseguirsi di episodi tristi, ormai non restavano altre parole. Avrebbero potuto mostrare incredulità, ma Daisy le aveva avvisate e, consapevoli di ciò che sarebbe stato loro raccontato, avevano un'aria fin troppo rassegnata.
"Nonna, il treno del quadro testimonia che tu te ne vai, vero?" domandò la piccola, scrutando con attenzione quel dipinto che Daisy aveva fatto molti anni dopo gli eventi raccontati.
Dai tocchi decisi si percepiva rabbia, ma anche un cambiamento nella sua tecnica. L'utilizzo dei colori, da quel quadro, era variato: più deciso e maturo rispetto a quelli adolescenziali. Gli spazi erano tutti riempiti, perché lasciare dei vuoti le ricordava come si era sentita e colmare ogni lacuna era diventato un obiettivo da perseguire in tutte le occasioni.
"Potrebbe essere come no. Vorrei non anticiparti questo dettaglio, ma ci tengo a specificare che il viaggio non è solamente un passaggio fisico da un posto a un altro" cominciò, interrompendosi per cercare di trovare le parole giuste, senza rivelare il contenuto di ciò che avrebbe raccontato.
"A volte credo che una crescita individuale, dovuta a vari eventi, possa portare a un viaggio interiore. Si esplorano i propri mondi nascosti e si arriva a essere una versione più completa, matura e a tratti diversa dalla precedente" aggiunse. "Non so se mi sono spiegata" disse, con tono titubante, desiderando che figlia e nipote comprendessero ciò che voleva far loro capire.
Sovente aveva pensato che le persone avessero paura dei cambiamenti, cercavano di rimanere ferme sulle loro posizioni o su quel modo d'essere perché così si sentivano a casa e, in qualche modo, sicuri e consapevoli delle loro azioni e reazioni. Daisy non l'aveva mai vista in quel modo. Come per la sua tecnica, anche lei evolveva e raggiungeva, di volta in volta, la versione migliore che voleva di se stessa.
"Credi che l'evoluzione sia obbligatoria?" domandò Amanda, arricciandosi le punte dei capelli.
"Io penso sia necessaria. La mentalità cambia con il tempo ed è strano che le persone continuino a dirsi colpevoli di alcune azioni" iniziò Daisy, per poi aggiungere: "Insomma, era passato. Poi si matura e si comprende di aver commesso un errore, ma non per quello bisogna accusarsi".
Vide la figlia abbassare lo sguardo e seppe di averla colpita con quelle parole. Voleva mostrarle che errare era un evento normale della vita, ma che avrebbe dovuto solamente andare avanti e prepararsi al cambiamento senza vederlo come sbagliato. L'aver creduto di essere innamorata era un errore che molte persone compivano e non per quello doveva rifiutarsi di provare ad aprire il suo cuore nuovamente, verso qualcuno che avrebbe potuto renderla felice.
Le afferrò la mano e facendo scorrere il pollice sul dorso, le concesse uno di quei sorrisi rassicuranti che aveva sempre offerto quando ce n'era bisogno e le disse: "Andrà tutto bene alla fine". Perché se ce l'aveva fatta lei, ci sarebbe potuta riuscire anche Amanda.
"Allora, che ne dite di riprendere il racconto? Anche se adesso, però, la storia si farà un po' più complessa" asserì, cercando di sviare un discorso che considerava concluso, visto il suo essere riuscita a colpire la figlia.
"Perché?!" domandò Claire, strabuzzando gli occhi.
"Tesoro, ora siamo a metà racconto del quadro. La prossima crisi è quella che non ha colpito me direttamente, ma è stata in grado di piegare l'intera Nazione" iniziò, fermandosi solo per emettere un sonoro sospiro. "Si tratta della famosa crisi economica, di cui vi ho accennato qualcosa nel corso della storia. Forse sarebbe comunque il caso di spiegare meglio alcuni aspetti per rendervela più chiara" sostenne, passandosi la mano sul braccio. Era un gesto che faceva molto spesso quando era nervosa e, in quel momento, capì che quel suo stato era dovuto al fatto che temeva di poter annoiare Amanda e Claire. Per quel motivo disse quella frase, quasi come se sottintendesse una richiesta di conferma da parte loro.
"Va bene" confermò Amanda, senza alcuna esitazione.
Daisy non riuscì a guardare Claire, ma si ripromise mentalmente di essere il più sintetica possibile e di esporre i concetti in modo semplice, così da renderli comprensibili anche alla nipotina.
"Si tratta solamente di qualche dettaglio in più. Non entrerò nello specifico, anche perché non ho tutte queste conoscenze e il discorso sarà solamente legato alla storia" aggiunse, sfregando le mani tra di loro.
"Mamma, stai tranquilla. Parla e non farti problemi" replicò Amanda, sorridendo a Daisy. Con quel gesto le stava infondendo il conforto necessario per scacciare via la preoccupazione che si stava impossessando della sua persona.
"Va bene. Allora..." iniziò, esitando un attimo. Respirò profondamente e riprese: "Come vi avevo accennato, negli anni Venti, gli Stati Uniti avevano vissuto un periodo di importante crescita economica. Questa aveva generato ottimismo tra imprenditori e semplici cittadini, spingendoli ad acquistare i titoli in borsa".
"Come tuo padre e Al, giusto?" chiese Amanda. Daisy pensò che stesse facendo quelle domande solo per farsi vedere interessata e rassicurarla nuovamente.
"Esattamente" rispose, per poi aggiungere: "Le azioni quindi erano salite, ma avevano raggiunto vertici esageratamente alti da far sì che il loro valore in borsa fosse più elevato di quello effettivo. Questo ovviamente i cittadini non lo sapevano...".
"E cosa causa?" domandò nuovamente Amanda. Quegli interventi confortarono ancora Daisy, ma al tempo stesso la resero sempre più convinta del fatto che fosse solo un modo per spronare la madre a mettere da parte i suoi timori e continuare a parlare.
"Praticamente le industrie avevano continuato a produrre sempre più beni, ma questi erano talmente tanti da far sì che la maggior parte rimanesse invenduta. Le imprese, per questo, avevano cominciato a fallire" replicò, per poi prendersi una pausa, aggiustando la gonna e, in tal modo, dosando la quantità di informazioni da offrire.
"Le azioni a questo punto avevano perso valore ed erano state svendute. I più abili, come mio padre e i suoi colleghi, avevano venduto le quote in loro possesso; altri le avevano mantenute o addirittura ne avevano acquistate altre".
"Come Al..." esordì Amanda, espirando profondamente. Daisy aveva evidenziato molte volte, nel corso del racconto, di come fosse stato avventato e, in quel momento, capì che la figlia aveva compreso dove la madre sarebbe andata a parare.
"Il 29 ottobre, quando il crollo fu definitivo, chi aveva investito tutti i propri beni era ridotto sul lastrico. Migliaia di persone quel giorno si erano precipitate in banca per ritirare il proprio denaro e ciò aveva causato una crisi senza precedenti" concluse Daisy.
"Cosa ne è stato di Al?" domandò Amanda, con un tono di voce preoccupato. "E tuo padre?" chiese subito dopo, quasi come se non volesse far capire alla madre che si era dimenticata di lui. Daisy, da quelle piccole richieste, comprese come quanto grande fosse l'affetto che la figlia nutriva per lei. Si era fatta condizionare talmente tanto dalle vicende che la madre le aveva raccontato, al punto da interessarsi prima delle condizioni di un amico di famiglia e dopo del nonno.
"Questo è ciò su cui si concentra la nuova parte del racconto, tesoro. Se volete comincio a raccontarla ora" disse con un tono di voce flebile, consapevole di quanto fosse doloroso quello di cui avrebbe dovuto parlare. Al sol ricordo, infatti, le si spezzò nuovamente il cuore e comprese che quel tipo di ferita poteva far meno male con il tempo, ma non si sarebbe mai potuta sanare.
Nota dell'autrice
Salve a tutti, cari lettori!
Innanzitutto mi scuso infinitamente con voi per l'immenso ritardo. Purtroppo questa sessione d'esame mi sta portando via tantissimo tempo ed energie, quindi non riesco mai a trovare il momento adatto per scrivere. >.<
Ad ogni modo, questo capitolo è molto statico e devo scusarmi con voi se per caso vi ho annoiato. Ora mi sento proprio come Daisy: tremendamente nervosa.
Ho sempre pensato, però, che prima di spiegare le conseguenze del crollo, avrei dovuto fare un piccolissimo quadro generale su questa parte di storia.
Aggiungo, per concludere e rassicurarvi, che nei prossimi capitoli torneranno molti personaggi a noi cari, tra cui Jeremiah. Non so voi, ma a me manca tantissimo! Questa Daisy senza Jay è così spezzata e incompleta. :(
Bene... Come sempre mi dilungo tanto! Quindi ora mi congedo e mi auguro di trovarvi nel nuovo capitolo, che ho già iniziato e spero di portare a termine in poco tempo.
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