7
Giugno 1975
"Non posso crederci!" esclamò Amanda, coprendosi la bocca con la mano. In quell'attimo a Daisy venne istintivo chiudere gli occhi e deglutire con forza tentando di eliminare quel groppo che sentiva in gola. Si passò il palmo sul volto, quasi come se con quel gesto potesse scacciare via il ricordo, ma al tempo stesso garantirsi quel sollievo di cui necessitava per riuscire a continuare il racconto.
Era stata costretta a fare una pausa, interrompendo la narrazione, perché la tristezza di quegli attimi aveva preso il sopravvento, ricordandole quanta sofferenza racchiudesse il quadro Le crisi. Daisy ripensò al dolore che quel susseguirsi di eventi, che si erano verificati dopo l'episodio della scoperta dei dipinti, le avevano recato. Nonostante fossero trascorsi molti anni, lo strazio persisteva e non era mai stata in grado di concepire come tanta cattiveria fosse stata possibile.
Nella mente le scorsero le immagini di quelle interminabili giornate, passate solamente con i suoi pensieri. Era da anni che non pensava a quegli attimi che l'avevano terribilmente segnata, ma anche in quel frangente, seduta su quel divano, tentò di trovare una scusa per giustificare il padre. La sua testa lavorava e i pensieri ronzavano alla ricerca di qualcosa da dire, ma niente le usciva dalla bocca.
Pensò al fatto che lui le aveva davvero fatto del male, non tanto a livello fisico, quanto emotivo.
Venir privata di ciò che amava, l'aveva resa vuota come quelle quattro mura nelle quali era rimasta imprigionata.
Un brivido la percorse e si strinse forte le spalle, facendo scorrere le mani su e giù. Aveva provato freddo al ricordo di ciò che faceva parte di lei e le era stato brutalmente strappato, portandola a percepire una carenza incolmabile.
"Mamma, mi dispiace tantissimo" aggiunse Amanda, afferrandole la mano e stringendogliela. La proteggeva e la carezzava, dandole quel conforto che una madre non avrebbe mai dovuto necessitare da una figlia, ma di cui, in quell'istante, Daisy aveva tremendamente bisogno.
"Anche a me, veramente tanto". Sospirò e si ricompose, raccogliendo quella forza che gli ostacoli della vita le avevano consentito di maturare.
Per non guardare negli occhi i nipoti, timorosa che potessero vederle ulteriori lacrime sul volto, si dedicò al suo vestito. Lo stirò con cura, evitando così che quella posizione potesse far sì che si formassero delle pieghe.
Né Claire, né Jason commentarono e Daisy desiderava ardentemente poter loro insegnare quanto l'atteggiamento di suo padre fosse stato sbagliato, ma l'educazione che aveva dato ad Amanda la fece giungere alla conclusione che loro lo sapessero già.
Mentre era alla ricerca di un modo per continuare a parlare e interrompere quel silenzio, sentì un pallone rimbalzare ripetutamente sulle travi del portico. Nel giro di brevi istanti, sentirono qualcuno bussare alla porta.
"Potete andare a vedere chi è?" chiese Daisy, mentre si aggiustava i capelli vicino alle orecchie, spaventata che qualche ciuffo potesse essere fuori posto. Non le doveva importare, ma farsi vedere in disordine era qualcosa che non riusciva a concepire.
Ad andare ad accogliere chi aveva fatto visita nella casa di Daisy fu Jason, il quale, nell'esatto momento in cui spalancò la porta, gridò: "Peter!". Rivelò così il nome dell'ospite, ma fino a quando la nonna non raggiunse il corridoio, non fu in grado di capire di chi si trattasse.
Era un ragazzino che avrà avuto all'incirca una decina d'anni. Osservandolo bene Daisy si accorse di aver visto quel volto molto spesso nei dintorni e comprese, oltretutto, che si trattava di uno dei bambini con i quali Jason si era sfidato sugli autoscontri.
"Salve!" esclamò, mentre si tirava indietro i capelli castani troppo lunghi, che gli coprivano gli occhi del medesimo colore.
"Cosa ci fai qui?" gli domandò Jason, con un tono di voce decisamente eccitato. Il suo volto sembrava si fosse illuminato e la nonna non poté non gioire, dinanzi a quella reazione.
"Mia mamma mi ha detto che vivevi qui e sono venuto per invitarti a fare due tiri con me" rispose, girando la palla che aveva tra le mani. Lo sguardo di Daisy ricadde su di essa, ma specialmente si concentrò sugli abiti che il ragazzino indossava: una maglietta da basket bianca, con al centro il numero dodici e la grande parola Alabama che, rossa, risaltava. A guardarlo, Peter sembrava molto sudato e, prima ancora che i due potessero fuggire di casa per andare a giocare, a Daisy venne istintivo farlo accomodare in casa e offrirgli un bicchiere di qualcosa di fresco.
"Lo berrei molto volentieri" rispose, ripetendo il gesto dello spostamento dei capelli.
"Coraggio" disse Amanda, esortandoli così a non stare fermi impalati sull'uscio, ma spingendoli ad accomodarsi sulle sedie del tavolo della cucina.
Non appena cominciarono a compiere dei passi verso la stanza, Peter portò con sé il pallone, facendolo ricadere più volte sul pavimento bianco. Piccole macchiette di fango iniziarono a decorare ciò che Daisy, con tanta cura, aveva lucidato e quello la portò a spalancare gli occhi, domandandosi come il ragazzino non si accorgesse del disastro che stava combinando.
Mentalmente contò fino a dieci, respirò a fondo e si concentrò su altro. Pensò che nell'esatto istante in cui sarebbero usciti, sarebbe potuta correre a sistemare tutto.
Versò un po' di succo di frutta da offrire ai presenti. Si dissetarono, lei compresa, e a Daisy parve come se fossero in astinenza da liquidi, perché tracannarono il tutto nel giro di brevi istanti.
Per lei era anche lecito esserlo, visto che aveva parlato, ininterrottamente, per moltissimi minuti, ma poi, guardando fuori dalla finestra, rifletté sull'evidente innalzamento delle temperature. Il sole batteva con prepotenza sulle superfici disponibili e il clima torrido dell'Alabama aveva cominciato a fare capolino, preannunciando l'inizio di una nuova e calda estate.
"Dove andiamo a fare due tiri?" chiese Jason, alzandosi dalla sedia. Era chiaramente pronto ad uscire di casa e a Daisy sembrava che fosse molto euforico all'idea.
Peter si rivolse ad Amanda per rispondere alla richiesta e disse: "Siamo nel cortile di casa mia: la prima della via, sulla destra". La madre annuì e fece quel gesto ancora, nel momento in cui Jason le chiese: "Possiamo andare?".
"Divertitevi e fate attenzione per strada, mi raccomando!" replicò, mentre i due oltrepassavano la porta di casa. Le donne e Claire li osservarono, silenziose, dalla finestra e continuarono a farlo fino a quando, imboccata la via principale, non scomparvero dal loro sguardo.
Daisy, senza esitazione, prese uno straccio inumidito e corse a pulire lo sporco lasciato dal pallone di Peter, soffermandosi poi, una volta terminato, a guardare soddisfatta il risultato. La piccola Claire le aveva dato una mano, passando uno strofinaccio per asciugare e lei non poté non darle un tenero bacio sulla fronte, in segno di ringraziamento.
"Mamma, io vorrei sentire comunque la storia" esordì la figlia, ferma sullo stipite della porta, con le braccia conserte.
"E Jason?".
"Avrà occasione di conoscere la parte mancante..." disse, con un attimo di esitazione. "Tra poche ore sarò all'appuntamento con Caleb e poi avrò poco tempo, prima di partire per Atlanta. Non voglio andarmene senza aver sentito tutto il racconto della vostra vita".
Daisy concordò con lei. Dopotutto Jason era solamente un bambino e per quelli della sua età era difficile resistere così tanto a lungo seduti, fermi ad ascoltare. Pensò che se anche a Claire fosse stata data la possibilità di uscire, l'avrebbe colta al volo, perciò annuì e compì dei passi in direzione del divano.
Non appena ci sprofondò sopra, respirò profondamente, perché le venne naturale ricordarsi ciò di cui avrebbe dovuto parlare. Si impose di farsi forza e di non dimostrarsi fragile dinanzi agli occhi della sua famiglia.
Lei era Daisy: la cosiddetta nonna invincibile, che aveva sempre fatto delle varie debolezze, una forza per ripartire da capo. Non poteva assolutamente cedere e far prevalere quella tristezza che, insita nel suo petto, minacciava di espandersi e prendere il sopravvento.
Guardò verso l'alto, come se con quel gesto potesse scacciare via delle possibili lacrime e buttò fuori l'aria, che aveva precedentemente accumulato.
"Prima di iniziare, vi dico che trascorsi quasi due settimane in quella casa e vi risparmierò il racconto delle mie giornate passate solamente a ciondolare per i corridoi, con solo i miei pensieri a tenermi compagnia" cominciò, per poi aggiungere: "C'è stato un episodio, però, che mi preme dirvi, dopodiché passerò direttamente al momento in cui riuscii a vedere un volto diverso da quello dei miei genitori".
"Quello di Jeremiah, vero?" domandò Claire, con un tono di voce che lasciava trapelare euforia e timore al tempo stesso.
"Magari, tesoro" disse e, nel giro di un breve istante, ripeté: "Magari". Non riuscendo a guardare la figlia e la nipote negli occhi, spostò lo sguardo verso il quadro de Le crisi e ammise che a farle visita fu Ellen, alla quale, purtroppo, fu permesso di vedere Daisy solo perché portava con sé nefande notizie.
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