4

Giugno 1975

«E poi? E poi? Cos'è successo? Ti ha baciata quando sei arrivata a casa?» domandò la piccola Claire, alzandosi da terra e posizionandosi in piedi con le mani sulle ginocchia della nonna. La guardò dritta in volto e, senza darle tempo di replicare, aggiunse: «Allora, nonna?»

Daisy non prestò attenzione a quelle domande. Fissò la bianca parete davanti a sé, impegnata a cercare di controllare quel turbinio di emozioni che stava rievocando. Valutò come, in una sola serata, in maniera quasi graduale, aveva scoperto tanto di Jeremiah al punto da potersi fidare, abbandonare alle sensazioni e farsi coinvolgere in un qualcosa che lei stessa all'epoca non riusciva a spiegare. Aveva solo sedici anni e Jeremiah era stato il suo primo amore, colui che le aveva fatto scoprire per la prima volta quel sentimento di cui tanto aveva sentito parlare, ma che non aveva mai vissuto in prima persona. Certo, quello che aveva sentito il giorno del loro primo appuntamento non era ancora amore, era troppo presto per definirlo, ma di una cosa era certa: aveva provato sin da subito una forte attrazione per quell'uomo e più ci stava assieme, più realizzava quanto, per lei, lui fosse essenziale.

Era sempre nei suoi pensieri, dal momento in cui si svegliava all'attimo prima di addormentarsi. Non vederlo la faceva star male, ricordò che si sentiva addirittura come se le mancasse qualcosa, una parte di lei.

All'epoca non credeva fosse possibile innamorarsi di qualcuno così in fretta, ma a lei era successo. Chiuse gli occhi e, dopo aver ispirato ed espirato profondamente, sorrise ripensando al loro ritorno a casa, a quel silenzio che, assieme al contatto delle loro mani unite, era sufficiente a comunicare tutte quelle parole non dette e le loro emozioni corrisposte.

«Nonna, ci sei?» domandò Claire, agitando la mano davanti al volto di Daisy. La donna ritornò alla realtà e disse, guardandoli uno a uno: «Cosa? Avete detto qualcosa?»

«Ti avevo chiesto se ti aveva baciata quando eravate rientrati a casa», affermò Claire.

«No, tesoro. Per il primo bacio ci vollero molte altre uscite», rispose sogghignando imbarazzata.

«Ma eravate così vicini a farlo al Jazz Band Club!» intervenne Amanda, spostandosi in avanti per osservare meglio il volto della madre.

«Non si sono più create le circostanze, ma nessuno di noi due se ne è mai lamentato. Il bacio è arrivato al momento giusto, quando entrambi eravamo pronti», disse, tornando a fissare la parete bianca e perdendosi di nuovo nel ricordo di quelle labbra così calde e soffici... «Ecco che è partita di nuovo. Nonna, torna tra noi», gridò Jason, sbuffando e iniziando a scuoterla per riportarla alla realtà.

«Come?» domandò, un attimo prima di aggiungere: «Ci sono, ci sono». Lo ripeté due volte, quasi come per autoconvincersi a rimanere lì con la mente e ad attendere ancora un po' prima di rivivere quella bellissima giornata al lago Rock Pond.

«Dicevo che il momento era quello giusto perché c'era la consapevolezza di ciò che stavamo facendo. Voi giovani sprecate così facilmente le prime volte», affermò.

«Non sapete che sapore abbia l'attesa o il desiderio. Non siete in grado di immaginare, di crearvi delle aspettative. Magari verranno disattese, ma credetemi le prime volte non le riavrete mai, quindi cercate di non sprecarle e di godervele.»

Fece un respiro profondo, per poi riprendere: «Rischiate, altrimenti, di non avere più il battito accelerato, le farfalle nello stomaco, lo stupore o l'imbarazzo».

Nel dire quelle parole pensò alla meraviglia che quel bacio le aveva evocato. Era mille volte meglio di come lo aveva immaginato, forse un po' impacciato e goffo, ma sicuramente fu in grado di sorprenderla.

Sperava che i piccoli e la stessa Amanda ascoltassero le sue parole, perché di una cosa era certa: aveva atteso sedici lunghi anni per dare il suo primo bacio e non ci fu giorno nel quale non ringraziò di aver aspettato.

«Vi siete baciati al lago, quindi?» domandò Claire, con gli occhi spalancati e uno sguardo sognante.

«Tesoro, se ti dico tutto adesso, poi non resta più niente per il racconto del quadro», rispose ridendo.

La piccola chinò la testa e annuì, consapevole che la nonna aveva ragione. Sembrava così curiosa di scoprire cosa sarebbe successo e così impaziente nel sentire la nonna proseguire con il racconto.

«Nonna, ma alla fine il quadro del vostro primo appuntamento quando l'hai dipinto?» domandò Jason mentre voltava la testa per osservarlo e, subito dopo, riportava l'attenzione su Daisy, in attesa della risposta.

«Il giorno seguente. Ricordo che mi svegliai al mattino, presi il mio materiale e andai in quella che un tempo, quando ancora ci vivevano i vecchi proprietari, era la stalla dei cavalli. Raffigurai esattamente lo schizzo che avevo fatto al locale e nello spazio vuoto che avevo lasciato sulla destra. Decisi di dipingere me e Jeremiah, coinvolti in una delle tante conversazioni che avevamo avuto», rispose Daisy, rammentando, poi, di come quel giorno le venne l'illuminazione di trasformare quella stalla nel suo nuovo studio.

Aveva deciso tutto d'un tratto di ristrutturarlo e renderlo il suo luogo, quello nel quale avrebbe potuto dipingere lontano dalla confusione e dagli altri. Avrebbe inoltre avuto spazio a sufficienza per conservare tutto il suo materiale e i quadri che aveva, sino a quel momento, ideato, a eccezione di quelli nei quali aveva dipinto Jeremiah. Per loro avrebbe dovuto trovare un posto diverso dall'armadio, ma sarebbe pur sempre stato un luogo lontano da occhi indiscreti. Li voleva solo per lei.

Dopo l'ingaggio al Cotton Bar e la commissione dei musicisti per la creazione del poster, a Daisy si sarebbero potute aprire molte strade nel mondo del lavoro. Avrebbe potuto ricevere tante richieste e la sua stanza ormai era diventata troppo stretta per dipingere. Quindi, siccome quel luogo era ormai in disuso da anni, cominciò a lavorare, nelle settimane seguenti, assieme ad Ellen e a Jeremiah per renderlo adatto al suo scopo.

Fu in quella occasione che la madre di Daisy, Dahlia, lo conobbe. Lei non lo presentò mai come il suo ragazzo, anche perché non era stato ancora ufficializzato, ma tra madre e figlia c'era una complicità tale che Daisy era convinta che lo avesse capito. Come immaginava suo padre non si avvicinò mai a quel luogo, perché, a detta sua, non aveva il minimo interesse a intromettersi in affari che riguardavano "un lavoro che non l'avrebbe portata da nessuna parte".

Ci vollero molti giorni e tanti sforzi per portare a termine la trasformazione dello stabile. Daisy non aveva molte richieste, se non quella di dipingere tutto di bianco, in modo tale da rendere l'ambiente luminoso e lasciare una parete interamente vetrata verso il giardino esterno. Voleva essere in grado di ammirare la natura, fermarsi a contemplarla quando aveva bisogno di ispirazione o semplicemente di riflettere.

Un grosso tavolo di legno massiccio venne posizionato al centro esatto di quell'ampio spazio e sopra ci mise tutto ciò che le serviva: dagli strumenti, ai colori e via dicendo. Adorava quel posto tutto suo e, da quando fu ultimato, ricordò che preferiva passare le sue giornate lì quando Jeremiah era al lavoro. Quel luogo le ricordava lui, la circondava d'arte e, si sa, l'arte è emozione, così come Jeremiah. Respirava amore e sensazioni inebrianti ogni volta che ci metteva piede. Non poteva chiedere di meglio e il fatto che il padre non ci entrasse, lo rendeva ancora di più tutto suo. Un luogo nel quale si sentiva realizzata e riceveva l'amore di cui aveva bisogno.

Raccontò tutto questo ai bambini e ad Amanda che, come per il racconto dei quadri, chiusero gli occhi immaginando ciò che Daisy aveva descritto, assaporandone anche gli odori e ciò che la nonna aveva così dettagliatamente esposto.

«Ho un'altra curiosità, nonna. È sempre legata al primo appuntamento. Jeremiah ha più chiesto scusa ai musicisti per il casino successo quella sera?» domandò il piccolo Jason.

«Certo, lavoravano tutti assieme nella piantagione di mio padre, Sam compreso, e il giorno dopo quando si presentò andò subito a scusarsi con i cinque per il comportamento che aveva avuto e per il fatto che non li avesse salutati», rispose Daisy.

«E loro?» continuò a chiedere.

«Niente, tesoro. Come poteva anche solo pensare che loro fossero arrabbiati con lui quando li aveva difesi? Si risolse tutto nel migliore dei modi e ci incontrammo diverse volte al Jazz Band Club dopo quella serata.»

«Sam ha più fatto qualcosa?» chiese Claire, anticipando Jason che sembrava avesse voluto domandare la stessa identica cosa.

«Bambini, non posso mica raccontare tutto adesso. Mi lasciate iniziare il racconto del quadro successivo?»

«Sì, ma prima posso chiedere un'ultima cosa?» chiese Claire alzando la mano, quasi come se fosse a scuola e stesse chiedendo il diritto di avere parola.

«Certo, piccola.»

«Quando sono venuti a sapere di Jeremiah i tuoi genitori? Come l'hanno presa? A ogni serata continuavi a dire che ti vedevi con Ellen?» Claire pose quelle domande una dietro l'altra, senza dare il tempo alla donna di intervenire.

A prendere parola prima di Daisy fu Amanda che disse: «Ottime domande, Claire. Sono curiosa pure io di scoprire tutto ciò che mia madre nascondeva alla sua». Nel pronunciare quelle parole rimarcò l'accento su mia madre, quasi come per far cogliere a Daisy che si ricordava di tutte quelle volte in cui lei l'aveva punita per averle tenuto nascosto le uscite con i suoi amici o con dei ragazzi.

«Lo scoprirono dopo l'uscita al lago, ma non voglio anticipare nulla, se non che mio padre non la prese per niente bene», rispose chinando la testa e passandosi la mano sulla fronte, con un gesto che indicava che provava ancora vergogna e dispiacere per ciò che successe. «E sì, raccontai loro che uscivo con Ellen quasi tutte le sere.»

«Che ne dite allora, procediamo con la storia?» aggiunse prima che i piccoli potessero intervenire e porle altre domande che avrebbero rivelato alcuni dettagli dell'appuntamento più bello della sua vita.

Jason corse a leggere il titolo: Il bacio. Erano finalmente giunti a parlare del quadro che Claire aveva trovato, per primo, in soffitta. La piccola applaudì appena il fratello pronunciò quelle due semplici parole e a tutti un sorriso entusiasta illuminò il volto.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top