1 ~ 2*
Non riuscì a rispondere alla bambina, stupita di ciò che le passò per la mente. Aveva atteso con ansia l'arrivo dei nipoti, ma dentro di sé, in quel momento, desiderava poter stare il più possibile a contatto con la figlia. Avrebbe avuto settimane per giocare con i piccoli e solo pochi minuti, qualche ora nel migliore dei casi, da trascorrere con Amanda. Le domandò, di conseguenza, volgendole uno sguardo interrogativo: «Fino a quanto ti vuoi fermare qui?»
«Se non è un problema parto dopo cena», rispose sicura, quasi come se avesse preso quella decisione ancor prima di entrare nella casa della madre. Amanda non le diede neanche il tempo di replicare; si alzò da tavola e, raccogliendo i tovaglioli, chiese ai due bambini: «A cosa volete giocare?»
«Facciamo un gioco da tavolo?» domandò Jason, facendo spuntare a tutti quanti un'espressione spiazzata sul volto. Con le temperature che stavano decisamente aumentano rispetto al mattino e con il sole che batteva forte, scaldando tutte le superfici scoperte, Daisy si era immaginata una proposta differente. Già era preoccupata all'idea di giocare a nascondino e dover correre alla ricerca di quelle due pesti, così piccole e sottili, capaci di intrufolarsi nei luoghi più improbabili.
La proposta di Jason le fece proprio tirare un bel sospiro di sollievo. «Dobbiamo andare a cercarli in soffitta, però», affermò dopo aver riflettuto su dove potessero essere. Quando Amanda e Jonathan erano cresciuti, le loro stanze erano state svuotate e i giochi sistemati tutti là sopra.
Solo con l'arrivo dei nipotini qualcuno era tornato all'interno delle camere, ma non i giochi da tavola.
Daisy si sollevò, rimettendo la sedia al suo posto. Uno stridio leggero la accompagnò in quell'atto e fece una smorfia, quasi come se quel grattare sul pavimento le avesse arrecato fastidio.
«Andiamo», si limitò a dire, incamminandosi lungo il corridoio, per poter accedere alla rampa di scale. Giunti al primo piano, Daisy sollevò la testa cercando di capire a quale altezza si trovasse la botola. Una volta individuata, si diresse verso l'armadio di legno antico posizionato al lato del corridoio e, dopo aver girato la chiave per aprirlo, prese il bastone che c'era all'interno. Le serviva quello per arrivare alla corda e, non appena la tirò, le scale si palesarono dinanzi ai loro occhi.
«Fate attenzione ai ragni e alla polvere. Non pulisco mai qui sopra», dichiarò la nonna, dispiaciuta per quella sua mancanza. Tuttavia, non immaginava che qualcuno avrebbe potuto entrarci.
Nel buio, tastò sul bordo destro della parete alla ricerca dell'interruttore della luce, il quale, una volta pigiato, rese qualunque angolo della soffitta illuminato. Si percepiva la mancanza di attenzioni posta a quella zona della casa: i teli che coprivano gli oggetti, ormai, non erano più bianchi e il pavimento di legno scricchiolava a ogni passo.
«Dividiamoci e cerchiamo», propose Amanda muovendosi verso la zona centrale. Daisy si diresse sulla destra, mentre i fratellini andarono a sinistra.
La nonna cominciò a rimuovere ogni telo, svelando il contenuto di tutto ciò che era nascosto sotto. Non si curò dei sussulti o delle esclamazioni degli altri, troppo impegnata a frugare tra gli oggetti e le cianfrusaglie alla ricerca dei giochi.
Di tanto in tanto si soffermava a contemplare ciò che la incuriosiva: ampie cornici, numerosi utensili, libri impolverati, pupazzi trasandati e gioielli ormai non più lucenti.
Un'espressione stupita comparve sul suo volto nell'attimo esatto in cui intravide il comodino che c'era nella sua stanza quando era giovane. Non pensava fosse lì in soffitta, era convinta fosse andato perso con il trasloco.
Gli si avvicinò, ancora incredula di ciò che aveva davanti agli occhi, ma con la consapevolezza di chi sapeva cosa avrebbe trovato riposto dentro.
Allungò la mano nella sua direzione e, constatando come il cassetto fosse rotto, si complimentò con se stessa per essere riuscita a ricordarlo; la sua memoria non faceva ancora cilecca. Afferrò con forza il pomello e tirò, servendosi dell'ausilio dell'altra mano per tenere fermo quel pezzo di mobilio.
Quando lo aprì, al suo interno vi trovò una foto. Sapeva che sarebbe stata lì, perché era quello il luogo in cui l'aveva posata anni prima e nessuno sarebbe mai andato a curiosare. La tirò fuori e la osservò attentamente, tirando gli angoli ormai accartocciati. Se la portò al petto e la strinse, come se con quel gesto avesse potuto abbracciare chi era stato immortalato in quell'attimo.
Non la rimise al suo posto, ma la infilò nella tasca della vestaglia perché era l'unica foto che possedeva di lei con i suoi genitori e non meritava certo di restare rintanata in un cassetto impolverato.
Sorrise dinanzi a quello scatto, ma prima che la sua mente riuscisse a rievocare il ricordo di quel momento, la voce di Claire rimbombò in tutta la sala. «Cos'è?»
La nonna si voltò di scatto, cercando di capire a cosa la piccola si stesse riferendo. Vide Amanda posare a terra ciò che stava guardando e senza neanche rifletterci la imitò, raggiungendo assieme a lei i due piccoli. Nell'avanzare, Daisy sperò con tutta se stessa che Claire non si stesse riferendo a un ragno, o a un qualunque altro tipo di animale. Non aveva alcuna intenzione di assumersi la responsabilità di sbarazzarsi di quegli esseri, dato che ne era tremendamente terrorizzata.
Quando si avvicinò, notò che la piccola era intenta a tirar fuori un oggetto, mentre Jason le impartiva ordini su come estrarlo senza danneggiarlo. Continuava a pronunciare "attenta" a ogni tocco e a indietreggiare, quasi come a volersi allontanare per evidenziare che un eventuale danno recato era dovuto a Claire e non a lui.
Daisy vide Amanda raggiungere la figlia e afferrarla per le braccia, così da costringerla a spostarsi di lato. Tentò, poi, di sollevare l'oggetto che copriva quello a cui i fratellini facevano riferimento.
Nel momento in cui Amanda ci riuscì, la nonna giunse dietro di lei, ma la sua bassa statura le impediva di capire cosa stesse causando così tante esclamazioni di stupore.
«Ma è meraviglioso», affermò Amanda. La nonna non resistette alla tentazione e, aprendo con forza un varco tra la figlia e la nipote, sbucò fuori, rimanendo immobile dinanzi a ciò che le si parò davanti agli occhi.
Conosceva bene quell'oggetto.
Era un quadro. Un quadro che aveva dipinto lei molti anni prima.
Lo prese prontamente dalle mani della figlia e fu in quel momento che delle lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi. Sempre più copiose, le rigavano il volto; solcando le rughe precipitavano fino al mento e poi a terra.
Non si era mai fatta vedere così da nessuno, specialmente dalla figlia e dai nipoti, perciò chinò la testa, quasi come per coprirsi dalla vergogna. Non voleva che capissero così chiaramente tutte quelle sensazioni che la visione del quadro le aveva risvegliato.
«Chi l'ha fatto, mamma?» Fu la prima cosa che riuscì a dire Amanda, dopo averla abbracciata da dietro.
«Io, tesoro», rispose Daisy prima di fare una pausa per deglutire. «L'ho fatto io», ripeté, pensando che nessuno l'avesse capita o, in caso contrario, per enfatizzare meglio il concetto.
«Perché ti fa piangere così, nonna?» domandò Jason avvicinandosi a lei e cercando di prenderglielo dalle mani per osservarlo meglio.
«Mi fa ripensare alla mia giovinezza», rispose senza troppi giri di parole, asciugandosi il volto con il dorso della mano.
Amanda si coprì la bocca, come se un'intuizione le fosse appena balenata in mente. «Siete tu e papà quei due?» domandò infatti, osservando la scena di due innamorati prossimi a baciarsi, seduti su una barca, al centro di un lago.
Daisy non riuscì a rispondere, perché lo sguardo le ricadde sul quadro e il ricordo della foga con cui aveva dipinto quell'attimo si impossessò di lei. Era particolare, una delle poche raffigurazioni che non rappresentavano completamente ciò che significò per lei quell'uomo e, poco prima di annuire, si trovò a desiderare di voler reperire tutti gli altri; quelli più veri.
Jason le porse la mano, come a volerlo guardare più da vicino. Non appena gli venne passato, lo girò e lesse ad alta voce ciò che vi era scritto dietro: "Il bacio". «È il titolo dell'opera?» domandò, poco dopo, incuriosito.
«Sì, piccolo.»
«Ne hai fatti altri?» chiese Claire avvicinandosi al luogo in cui aveva trovato quello, curiosa di scoprire la risposta prima che la nonna intervenisse.
«Sì, piccola», rispose. Un'affermazione quasi uguale alla precedente. Daisy era ancora così sconvolta da non riuscire a dire altro e nella sua testa frullavano talmente tanti pensieri da renderla in uno stato di confusione. Pensava al fatto che non ricordava dove si trovassero i quadri, credeva che anche loro fossero andati persi con il trasloco e, sicuramente, non immaginava che potessero essere lassù. Si interrogò su quanti altri tesori potesse contenere quella soffitta impolverata e si ripromise che, un giorno, l'avrebbe svuotata da cima a fondo.
«E dove sono tutti quanti?» domandò Amanda.
«Non lo so, tesoro. Potrebbero essere sotto questi teli», iniziò, guardandosi attorno. Constatò come la sala fosse immensa e gli oggetti coperti davvero tanti, quindi non poté non pensare a quanto dura sarebbe stata la ricerca.
«Vi va di aiutarmi a cercare gli altri?» chiese mentre si avvicinava a Claire, intenta a vedere anche lei se riusciva a scorgerli.
«Certo», risposero cominciando a frugare.
Fortunatamente il tempo che impiegarono non fu molto come avevano temuto e, dopo aver reperito ogni quadro, li collocarono tutti in un angolo della soffitta.
«Mamma, sono uno più bello dell'altro. Non sapevo dipingessi!» esclamò Amanda e sul volto le spuntò un'espressione corrucciata, quasi come se fosse infastidita del fatto che Daisy si fosse tenuta quel segreto. La madre non seppe cosa rispondere, perciò decise di fare qualcosa per sviare il discorso: sollevò un quadro da terra e si incamminò lungo le scale pronta a riportarli giù. Gli altri la imitarono, prendendone tra le mani uno per volta.
Furono i tre giovani, coloro che li trasportarono in salotto dove Daisy, invece, era intenta a posizionarli in ordine cronologico, rivolgendoli tutti verso un'unica direzione.
Quei quadri raccontavano una storia, la storia della sua vita.
Una volta terminato, si sedettero sul divano attaccati l'uno all'altro e si misero a fissarli in silenzio. La prima a parlare, dopo un lasso di tempo che parve molto lungo, fu Claire. «Nonna, ci racconti la storia tua e di nonno?»
Daisy spalancò gli occhi davanti a quella domanda. Non aveva mai raccontato a nessuno la storia del loro amore e quelle parole pronunciate le fecero battere forte il cuore. Le immagini del suo passato si susseguirono nella sua mente, come una serie di flash che le si presentavano uno dietro l'altro, mandandola in uno stato di confusione e inebriando i suoi sensi.
Guardò Amanda e Jason, curiosa di capire dal loro sguardo se anche loro volessero conoscerla, ma non traspariva nulla. «Volete davvero sentirla?» domandò di conseguenza.
Silenziosamente mossero la testa in un cenno affermativo.
Un ampio sorriso le illuminò il volto. «Va bene allora. Comincerò a parlarvene partendo dal primo quadro. Erano i primi giorni d'aprile del '29, un anno che sicuramente non avrei mai dimenticato...»
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