Pippo

Ludovica

La quarta settimana è passata velocemente ed, in un istante, il suo viso è impresso nello schermo della televisione mentre canta 'A te' di Jovanotti, con gli occhi incollati a quelli dell'attrice Giulia Michelini. Appena la melodia inizia ad affievolirsi, tiene la bocca leggermente schiusa, mentre la guarda con intensità, come se la proteggesse, come se anche senza sfiorarla riuscisse ad accarezzarla, ad arrivare fino all'anima, fino alla bocca dello stomaco. Poi arriva il momento del duetto con Emma Marrone sulle note de 'Il paradiso non esiste', ma le cose non vanno come dovrebbero: il microfono non funziona e subito il suo sguardo si spegne. Il suo viso assume un'espressione tirata, sconsolata, quasi la paranoia gli stesse già sotterrando i pensieri. Però, fortunatamente, riesce comunque a sciogliersi, a godersi l'esibizione, trova lo spazio per il suo mondo in ogni singolo istante e riesce sempre ad essere dannatamente giusto. - proprio come se il palco fosse casa sua -
La squadra bianca vince anche questa puntata e lui va di nuovo in terza fase, questa volta con 'Un giorno in più'. Indossa una maglia a rete che lascia poco all'immaginazione, la scenografia è scura, nera, cupa, solo due luci bianche puntate su di lui e il silenzio attorno. Appena arriva il momento di massima intensità, la scenografia cambia totalmente e minuscoli fiori di ciliegio di colore rosa, illuminano lo studio; mentre lui gesticola, apre le braccia quasi a liberarsi e ha gli occhi luminosi, ormai lucidi, ormai bagnati. Poi lancia l'asta del microfono, la fa cadere a terra, con il fiato corto e la bocca leggermente socchiusa. Le persone che cantano insieme a lui, creando una melodia unica, mentre Filippo si inginocchia sul palco e quasi sussurra l'ultima frase della canzone. Le luci si spengono, ma lui resta lì, la sua sagoma in controluce, mentre il boato del pubblico gli esplode attorno. I miei occhi sono pieni di cose belle, di lacrime, di orgoglio. - pieni del mio amore - Appena raggiunge Maria quasi non riesce a parlare, ha il fiato corto, praticamente spezzato e uno sguardo che non può mentire: i ricordi gli scorrono addosso come un fiume in piena, come se quella canzone infilasse sempre il dito in una ferita ancora troppo profonda. Il pubblico l'ha premiato ancora una volta ed è di nuovo lui il vincitore di puntata. Appena Maria glielo comunica, il suo viso si rilassa, ha un'espressione meravigliata, innocente come il più puro dei bambini. Si porta le mani dietro alla nuca, proprio all'attaccatura dei capelli e sorride incredulo. Continua solo a guardarsi attorno, quasi non ci credesse, quasi pensasse di essere stato catapultato in un sogno troppo bello per essere vero, con la voce che continua a schiarirsi in gola e i denti che si stringono dentro alla bocca per la troppa commozione. E questa sera sono felice anche io, come se il suo sorriso mi trasmettesse così tante emozioni, che quasi il mio cuore si stesse riempiendo di lui. È vero, la mancanza è tanta, tantissima, talmente tanta che a volte fa bruciare addirittura lo stomaco o piangere senza motivo. Però devo essere forte anche per lui, devo resistere e fargli vivere questa esperienza al meglio, senza farlo preoccupare di nulla; perché ora è il suo momento e deve goderselo fino in fondo. - perché questa è la sua rivincita -

Sono un paio di giorni che Celeste è a casa mia a Milano ed io sono davvero felice. Ho sofferto tanto per questa situazione, ho passato anni orribili a colpevolizzarmi per il rapporto con mio padre, anni a sperare che lei potesse non vivere quello che ho vissuto io, anni a sentirmi inferiore, debole, inerme davanti ad una situazione che sembrava non cambiare mai, anni a sentirmi sputare contro tanta di quella cattiveria che solo a pensarci mi vengono i brividi, però oggi sono felice.
È una vittoria, lei è la mia rivincita.
Appena finisce di mangiare, si piazza subito davanti al televisore, la sua piccola figura rannicchiata nel divano color fucsia e i suoi occhi che sembrano non aspettare altro. Mi siedo accanto a lei, mentre le accarezzo dolcemente la testa che ha appoggiato sulla mia spalla e man mano allunga i suoi piccoli piedi per avvicinarli al mio grembo. Appena il viso sorridente di Filippo compare in televisione, gli occhi di Celeste si illuminano e inizia a urlare felice. Ad ogni singola inquadratura, è tutto un susseguirsi di: 'Pippo', 'Pippo quanto è bravo', 'Sei bellissimo', 'Pippo mi manchi tantino', 'Pippo', 'Pippo ti voglio tanto bene, 'Ludo, ma l'hai visto Pippo come canta bene?' 'Pippo ma che belle quelle piume', 'Ludo hai visto che porta quelle che gli ho regalato io?', e ancora 'Pippo', 'Pippo', 'Pippo'.
Non fa a tempo a finire il programma su Real Time, che poco dopo inizia lo speciale su Canale Cinque ed, ovviamente, Celeste interrompe i compiti con la scusa di poterlo rivedere in televisione, anche solo per qualche minuto. - e quanto mi fa sorridere questa cosa, quanto mi riempie il cuore pensare a lui e lei insieme: le volte in cui si è addormentata in braccio a lui,
le sere in macchina in cui cantava a squarciagola ogni sua canzone storpiando tutte le parole,
le volte in cui nessuno le asciugava i capelli come il suo Pippo,
oppure quelle in cui si sono divisi una pizza capricciosa davanti ad un cartone animato,
quelle in cui lei lo osservava attentamente scrivere e gli faceva compagnia,
le volte in cui Filippo la osservava dormire e gli si riempivano gli occhi,
o ancora quelle in cui lei disegnava solo per Pippo: ritratti di Pippo, piume, rose ovunque, serpenti o qualsiasi altro dettaglio le ricordasse lui,
le volte in cui qualcuno lo chiamava Irama o più semplicemente Filippo e lei gli si avvicinava in fretta sussurrando 'No, lui è Pippo. Solo Pippo ed è il mio amore', però allo stesso tempo guai a chiamarlo Pippo in sua presenza, perché è un soprannome che può dargli solo lei, 
le volte in cui li ho scoperti a ridere alle mie spalle, mentre con una complicità disarmante, mi prendevano in giro,
o quelle in cui mi ritrovavo a scorrere la galleria del telefono di Filippo e trovavo praticamente solo foto di Celeste,
o ancora quella volta che decisero di farmi il tiramisù e tornata a casa trovai loro intenti a lavarsi dal cacao e i muri sporchi di mascarpone,
le volte in cui, la domenica mattina, partivano insieme per andare a fare colazione al bar e tornavano solo allora di pranzo,
quelle occasioni in cui lui fumava nel terrazzo e lei stava con la faccia attaccata al vetro della finestra a guardarlo, mentre Filippo le faceva buffe smorfie con il viso e Celeste rideva e rideva e rideva ancora.
E forse è proprio lì che ho capito che avrei voluto costruire una famiglia con lui. Osservarlo con un piccolo scricciolo in braccio mentre lo culla sussurrandogli qualche nota delle sue canzoni, leggere l'emozione nei suoi occhi nel diventare finalmente papà, vederlo in giro con il suo chiodo in pelle inconfondibile mentre spinge una carrozzina o tiene due piccole manine intente a muovere i primi passi accanto a lui.
E proprio in quei momenti ho capito che mi sarei innamorata ogni giorno di più, sempre di più.

Inizia la trasmissione e rimango impietrita quando sento che Filippo sta per incontrare qualcuno della sua vecchia casa discografica per alcuni chiarimenti, visto come sono finite le cose tra loro.
Entra in una saletta canto e, seduta su un pouff di colore rosso, vedo Sara: una manager della Warner. Iniziano a parlare di tutto ciò che è successo durante quell'anno infernale, di quello che alcune persone gli hanno sputato addosso senza un minimo di sensibilità o di tatto, degli inediti che ora stanno avendo successo, ma che loro avevano già ascoltato senza dargli alcun peso, delle mail su mail  inviate con la speranza di cambiare qualcosa, che tanto finivano senza una risposta, abbandonate nel cestino di qualche computer. Il suo sguardo è duro, serio e l'espressione del suo viso è inequivocabile ed io devo sforzarmi per trattenere le lacrime e non farmi vedere da mia sorella, che è qui accoccolata accanto a me in religioso silenzio. Filippo tiene gli occhi fissi in quelli di Sara e le parla di quel periodo assurdo in cui non faceva altro che fare avanti e indietro negli uffici e in un attimo troppo ricordi mi assalgono, tanto che non riesco nemmeno a trovare una posizione comoda nel divano e inizio a sbattere nervosamente la pianta del piede contro il pavimento. Mi ricordo che tornava a casa di Lorenzo e finiva per chiudersi in una stanza, quasi fosse in isolamento, con l'aria viziata dal fumo e passava ore lunghissime a scriversi le cose su un foglio bianco, a fare un elenco di tutto ciò che avrebbe dovuto chiedere all'incontro successivo. Scriveva nervosamente, con il dolore e la rabbia riversate in quei punti uno di seguito all'altro, tutto sfogato in quell'inchiostro nero e tetro.
'Sono io che ho passato tutti i giorni a piangere, a soffrire come un coglione. Mi sono sentito come un pesce in una grande rete: dove si investe sempre in quello migliore, in quello che si vende di più e gli altri vengono dimenticati. Mi hanno calpestato i sogni, Sara. Me -" non riesce nemmeno a continuare, la rabbia gli sta salendo fino in gola e lo posso vedere chiaramente. "- me li hanno sgretolati davanti agli occhi." Ed io, purtroppo, quella sofferenza la sento ancora addosso, crudele e infame dritta sulla carne come la più spregevole delle pugnalate. Come una ferita che potrà essere messa in un cassettino della memoria, ma non potrà mai essere dimenticata.
"Questa è la mia opportunità e non posso lasciarmela scappare. Ti chiedo solo una cosa: se io non fossi qui, se le canzoni non stessero facendo successo, tu mi saresti venuta a cercare?" le lascia qualche istante per rispondere, ma alla fine lo fa lui al posto suo. "No. Assolutamente no. Nessuno mi ha più cercato." e lo sussurra con un dolore nel tono della voce, che per qualche istante il mio cuore ferma il suo battito. - che vorrei solo correre a Roma, abbracciarlo e prendermi carico di quella sofferenza, in modo da alleggerirgli il cuore -
Ripete di nuovo la frase dei sogni sgretolati, poi aggiunge "Io ho tantissimi difetti, ma nelle canzoni dico sempre la fottuta verità e non potrò mai dimenticarmi di chi mi disse 'se fallisci non è un problema mio'. Me la tatuerei quella dannata frase, ma la musica non è questo: non è voglia di fare soldi sui sogni degli altri, non è qualcuno che ti augura di fallire, che ti sotterra...la musica è arte ed è tutta la mia vita." non riesce più a trattenere quel dolore, la voce si spezza, si piega leggermente e la rabbia esce sotto forma di occhi lucidi e commossi. "Mi hanno preso tutto quello che avevo, mi hanno letteralmente ammazzato dentro, sono arrivato addirittura a pensare che non sono nato per fare musica, io che un piano B nella vita non l'ho mai avuto. E voi - cazzo, voi non potete neanche immaginarlo cosa ho passato io in quei mesi. Ho perso tutto, ho rischiato di perdere le persone più importanti della mia vita perché arrivavo a casa distrutto e mi sfogavo contro di loro. Ho perso me stesso, la voglia di vivere, quella di sorridere. Quando dico che la musica è la mia vita, non scherzo Sara." E un'altra volta riesco a sentire di nuovo tutto, come se la mia mente stesse vivendo un flashback orribile. Ricordo il giorno in cui arrivò a casa dopo che, durante l'ennesimo incontro, gli sputarono addosso quella frase bruttissima. Lo ricordo come se fosse ora e soffro esattamente allo stesso modo. Era distrutto, completamente distrutto, spezzato come poche volte l'avevo visto. Ubriaco fradicio, senza nemmeno la forza per reggersi in piedi, con due occhi talmente tristi da aver cambiato persino colore. Non aveva neanche il coraggio di guardarmi, poi ad un certo punto, in piena notte mi raggiunse in cucina e mi confessò tutto quel dolore che lo stava lentamente divorando dentro. Ci guardammo negli occhi per secondi infiniti, poi mi sussurrò 'abbracciami, ti prego' e restammo così per quasi tutta la notte, finché non si addormentò con la testa appoggiata al mio braccio sul tavolo di legno.
Che poi alla fine tra noi è sempre stata questione di occhi, di sguardi, della capacità di leggerci dentro a vicenda.

Poco dopo rientra in casetta e si siede in giardino, con la voce ancora spezzata e l'umore sotto i piedi. Biondo lo raggiunge, si siede a terra accanto a lui e, tra il fumo di qualche sigaretta, prendono forma confidenze così intime da farmi venire la pelle d'oca.
Inizia a sfogarsi in un modo crudo, diretto, senza mezzi termini, come se avesse l'impellente esigenza di sputare fuori quella rabbia che continua a corrodergli lo stomaco. "La musica deve rimanere arte e quando viene fuori quel mondo lì, diventa tutto una merda e a me fa schifo." sussurra all'amico con un filo di voce, mentre Simone lo ascolta con attenzione. "È un tasto dolente per te" gli dice semplicemente. Che Simone è proprio fatto così: mette in fila qualche parola nel modo giusto ed è come se riuscisse ad avvolgerti in uno di quegli abbracci che sono in grado di curarti le ferite. "L'ho scritto anche in una canzone, si intitola 'Colpa tua'. L'ho scritto che quando le cose vanno bene ci sono tutti, ma quando vanno male rimani solo, non hai vicino un cazzo di nessuno. Ed io l'ho provato sulla mia pelle, sono rimasto solo, Simo. Solo." gli confessa ancora e ad ogni parola il mio cuore si spappola di più, come se quelle ferite si crepassero e mi lacerassero dentro. "Mi sono spaccato il fegato per quel mondo, per quelle dinamiche che ti ammazzano e, sono sicuro che se non fossi stato qui dentro, nessuno mi avrebbe cercato. Sono a pezzi per tutta la merda di quell'anno che si ripresenta sempre e che mi fa soffrire come se la rivivessi e non ce la faccio più, vorrei - fa un tiro dalla sua sigaretta - vorrei solo riuscire ad archiviare, perché - perché fa male ed io non voglio più stare così." dice amareggiato, sconfitto, quasi annientato da quel dolore, mentre fa scorrere su e giù la zip del giubbotto e Simone cerca di consolarlo. - anche se sa benissimo che ricucire quelle ferite sarà impossibile - "Ti giuro, oggi ho detto la verità come non ho mai fatto ed io nella vita non ho davvero nient'altro, solo mi chiedo perché deve essere così difficile. Perché?"

La cosa che mi preoccupa è, che per tutto questo tempo, Celeste non ha osato dire una sola parola, emettere nessun tipo di suono, nemmeno quello del silenzioso respiro. La linea passa ad un altro programma ed io cerco di deglutire e di rimpicciolire quel nodo alla gola che ho cercato di trattenere, mi schiarisco la voce e ricaccio indietro le lacrime salate che stanno per uscire dai miei occhi. "Amore, che ne dici se per merenda usciamo a prenderci un bel gelato?" non faccio a tempo a sfiorarle la piccola mano, che mia sorella corre di corsa verso la mia camera e sbatte con rabbia la porta in legno. Rimango stranita dal suo comportamento, tanto che non esito un secondo a raggiungerla. Mi siedo sul letto accanto a lei e le accarezzo la testa piena di capelli marroni, dalle leggere sfumature dorate; mentre la sua faccia sprofonda nel cuscino, già bagnato dalle sue stesse lacrime e continua a singhiozzare ininterrottamente, senza la forza nemmeno per spiegarmi. "Celeste, mi dici che succede?" le chiedo, abbassandomi fino a sfiorarle la testa con le mie labbra per lasciarle un tenero bacio. "Pi - Pippo -" non riesce nemmeno a continuare la frase, perché scoppia un'altra volta a piangere, quasi disperatamente. "Amore, ma non capisco, perché stai piangendo?" le chiedo ancora. A quel punto, alza la faccia dal cuscino, i suoi occhi sono arrossati e pieni di lacrime salate, di quelle che proprio fanno male, di quelle che fanno piangere anche te di conseguenza. - come per riflesso - Si accoccola in braccio a me e appoggia la sua testina sulla mia spalla, stringendomi forte con le sue braccia. "È che - che ha pianto ed io sto male. Non capisco perché non possiamo andare da lui...magari gli porto i cioccolatini, quelli che gli piacciono tanto, che appena li vede sorride." mi dice teneramente e quasi il mio cuore non si blocca per qualche istante. "Amore...-" le sussurro, accarezzandole la guancia con la punta delle dita. "- Non possiamo andarlo a trovare, nemmeno chiamarlo al telefono purtroppo, il programma che sta facendo non ce lo permette. Però appena esce ti prometto che passiamo qualche giorno noi tre, insieme." le dico, mentre lei accenna un timido sorriso e tira su con il naso. "L'hai visto anche tu come ha pianto vero? Aveva gli occhi tristi." mi dice di nuovo ed io non riesco più a trattenermi, qualche lacrima sfugge al mio controllo e mi sento così debole, che avrei bisogno di sentirmi stringere la vita dalle sue braccia. "Si amore, l'ho visto. Ma lo sai che Pippo è forte, vero? Lo sai che, secondo me, ti pensa sempre? E che gli manchi tantissimo?" le dico cercando di farla smettere di piangere. "Certo che lo so, ama molto di più me che te. Anche perché io lo faccio sempre ridere un sacco, gli faccio vedere i cartoni animati e gli regalo sempre tanti cioccolatini, perché so cosa gli piace." e improvvisamente non posso fare a meno che ridere, così di cuore, così un po' come viene, così un po' come se mi mancasse troppo. "Ma quando uscirà da Amici, ci vorrà bene lo stesso, vero? Non si dimenticherà di noi solo perché avrà tanta gente che gli vuole bene, vero?" mi chiede con un tono di voce preoccupato, ma appena sussurrato. "Pippo non potrà mai dimenticarsi di noi, soprattutto di te. Mai. Grazie a te è riuscito a credere di nuovo in una cosa che gli faceva tanto male. Tu magari certe cose non le puoi ancora capire e ti sembrerò anche pazza, però quando ti guarda gli brillano gli occhi, diventano quasi cristalli di luna. Ecco, tu piccolina, hai aiutato Filippo a superare una delle sue più grandi paure: aveva un brutto dolore dentro al cuore e tu sei riuscita a farlo guarire. Di te si è proprio innamorato, sei quella bambina che ha sempre desiderato avere." le dico, mentre i suoi occhioni neri mi guardano intensamente, per poi lasciarmi un tenero bacio sulle labbra. "Comunque il gelato oggi non mi va molto, vorrei rimanere triste ancora un po', va bene? Sai che nessuno mi è mai mancato come Pippo?" mi dice teneramente, mentre è ancora accoccolata tra le mie braccia. "Come? Nemmeno io?" sbarro gli occhi e inizio a solleticarle i fianchi. Celeste non riesce nemmeno a tirare un respiro da tanto che ride e a me sembra di non essermi mai sentita così viva. "Ma assolutamente no. A te voglio bene, ma Pippo è proprio il mio amore. Io e lui ci sposeremo quando sarò grande. Cioè li hai visti bene i suoi occhi? Sono tipo il mare è per questo che ho pensato che assomiglia un sacco al principe azzurro, -" la guardo e sorrido scuotendo la testa. "- solo con molti più tatuaggi e quegli orecchini colorati." aggiunge poi, concludendo il suo discorso sull'imminente futuro con suo marito Pippo.

È ormai notte fonda, Celeste sta dormendo accanto a me, il suo respiro è regolare e profondo ed io potrei stare ore a fissarla, senza stancarmi mai. I pensieri di notte corrono come mandrie imbufalite, tanto che quasi mi gira la testa, che quasi mi si confonde talmente tanto che rischia di scoppiarmi. Prendo il telefono in mano e, come di consueto, apro la chat con Filippo, ma noto dei messaggi che fino a poche ore fa non c'erano.

Li leggo tutti, ogni minima parola con attenzione e inevitabilmente mi scende qualche lacrima. Quando dicono che i bambini hanno quell'innocenza, quella purezza che li rende speciali, in grado di cogliere ogni più piccolo e singolo dettaglio è pura verità. Lei così piccola, che con la sua dolcezza è riuscita a scrivere a Filippo cose semplici, ma tremendamente empatiche, così tanto che quasi sento dei brividi di felicità scorrermi sulla pelle. Le do un bacio sulla fronte, mentre lei mugola leggermente nel sonno, per poi accoccolarmi stretta accanto a lei, che addormentarmi con il suo profumo nelle narici è così bello. - che quanto sarebbe bello essere in tre in questo letto, che un po' penso anche a lui -

È passata anche la quinta puntata e come al solito ha spaccato, si è preso quel palco e ci ha scritto il suo nome sopra un'altra volta. 'La musica non c'è' di Coez, con lui che per la prima volta sale sulle gradinate e si avvicina al pubblico, che sorride e sembra che quasi quel sogno tanto irrealizzabile lo stia ormai sfiorando, l'abbia ormai in pugno. 'Un giorno in più' che riempie lo studio con la sua magica melodia, le persone che cantano insieme a lui, che respirano la sua arte, che si nutrono di quelle note. Perché con quella canzone a tratti ferisce, fa male, fa soffrire, a tratti invece cura, lenisce, come cerotti su ferite fresche. Perché ha qualcosa di speciale che te lo fa sentire addosso, fin sotto la pelle, che arriva dritto in faccia come un pugno o più gentile come una carezza; senza sovrastrutture, senza contorni, ma solo con la sua anima fragile e indifesa come non mai. - solo con la sua vera essenza - Poi è tempo di un capolavoro di De Gregori: 'La leva calcistica del '68'. Inizia seduto, con gli occhi pieni di cose belle ed è come se questa canzone la sentissi per la prima volta, oppure semplicemente, forse per la prima volta, presto attenzione ad ogni singola emozione, così tanto che mi lascio trasportare. Poi si alza ed apre il palmo della mano, come a sottolineare ogni parola, ogni sensazione e, si, è proprio la sua strada, è la sua vita, è ciò che lo rende felice perché quegli occhi sorridenti li ha poche volte. Poi è il momento di una prova un po' particolare, con un componente della squadra blu che, sono sicura, gli manca come l'aria. Lui ed Einar cantano sulle note di 'Kiss' con una complicità quasi disarmante, che mi stampa un sorriso in volto difficile da cancellare, che fa bene al cuore, che ti fa sentire leggera. Si guardano, mentre le loro voci graffiate si mischiano tra quelle note e, forse per la prima volta, lo vedo spensierato. Mi ricordano tanto il Filippo e l'Einar del sabato pomeriggio, appena dopo la puntata del pomeridiano, in giro per i vicoli di Roma, a scherzare, a ridere, a prendersi in giro, per poi finire sempre con l'abbracciarsi forte.
Un'amicizia iniziata per un caso fortunato della vita e vissuta tra i sanpietrini e il cielo della città eterna, in un turbinio di emozioni difficili da spiegare.
Poi è tempo di terza fase anche questo sabato, sento nelle orecchie una nuova melodia e mi concentro sullo schermo. Lo vedo spensierato, tranquillo, leggero. È sorridente e un sacco a suo agio sul palco: balla, si muove, crea complicità con Francesca, la ballerina, e intorno a sé ha una coreografia studiata fino all'ultimo dettaglio. Già mi sembra di sapere la canzone a memoria e quando vedo il pubblico che già la balla, con la testa libera dai pensieri e il cuore già proiettato su una spiaggia, penso che 'Nera' potrebbe diventare la canzone della prossima estate.
Lo penso così tanto che quasi il mio cuore non scoppia d'orgoglio, di soddisfazione, di amore. - di lui -


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Sono a casa di Lorenzo da questo pomeriggio, c'è stato lo speciale di Verissimo e ce lo siamo goduti insieme, poi ci ha raggiunti anche Alessandro ed ora sto aspettando che i ragazzi tornino con la pizza, mentre io apparecchio la tavola.
Sarà che Celeste è tornata a casa, sarà che la mia vita mi sembra così monotona, sarà forse che Filippo oggi mi manca un po' di più, ma ho il morale completamente a terra. E Lorenzo non ci mette molto ad accorgersene effettivamente: durante la cena continua a lanciarmi qualche sguardo confuso, cerca di farmi parlare, ma sa che preferisco tenermi tutto per me. Mi chiede per circa dieci volte cosa c'è che non va, ma io continuo solo a rispondere 'nulla' in modo scocciato e indisponente.
I ragazzi sono usciti in terrazza a fumare una sigaretta e a prendere un po' di aria fresca, mentre alla televisione c'è la pubblicità ed io continuo a stare ferma sul divano, in un silenzio quasi spento, come solo il vuoto sa essere. Rientrano in stanza e Lorenzo sembra alquanto scocciato, si avvicina e mi chiede se ho voglia di parlare. "Mi dici che cazzo vuoi da me stasera, Lorenzo? Mi hai rotto le palle!" gli rispondo, alzando il tono della voce. "Sei tu che dovresti dirmi cosa ti prende. Cazzo, è da oggi pomeriggio che stai zitta, che non parli e sono ore che sto cercando di capire che succede. Pensavo -" si interrompe per un istante. "- Pensavo ti fidassi di me, che fossi sicura di potermi raccontare qualsiasi cosa." si avvicina ancora di più, alzando il tono della voce in una maniera così repentina, che quasi mi sento in colpa. "No, no Lorenzo. Il problema è che tu che ti devi sempre impicciare di affari che non ti riguardano. Quasi come se proprio non resistessi. Quasi - Cristo, quasi come se fossi una crocerossina che ha bisogno di aiutare sempre qualcuno, come se fosse il tuo fottutissimo scopo di vita." gli urlo, mentre mi passo una mano nervosamente tra i capelli. Lui mi fissa per qualche secondo, finché non scoppia in una risata ironica, che quasi riesco a sentire chiaramente quanto l'ho ferito. "Spero tu stia scherzando, Ludo. Giurami che non l'hai detto davvero. Pensi realmente che accollarmi i problemi degli altri mi faccia stare bene? Eh? Pensi - Cristo, pensi davvero che non lo faccia solo perché vorrei vederti felice? Felice e basta?" mi dice, mentre prende una sigaretta dal suo pacchetto di Camel blu e la accende nervosamente, quasi la consuma come se così riuscisse a recuperare un po' di fiato. "Non ho voglia di parlare con te, fanculo Lori." gli urlo ancora, mentre la sua faccia si fa seria di colpo. Poi semplicemente mi volta le spalle e si dirige verso la camera da letto, in religioso silenzio, mentre Alessandro ci guarda impietrito. "Vaffanculo Ludovica." un sussurro appena udibile, stretto tra i denti, prima che il rumore della porta sbattuta sovrasti tutto il resto.
Sto fissando lo schermo da troppi minuti ormai, non riesco neanche a sentire le parole che escono dal televisore, Alessandro si è arreso e sta controllando svogliatamente la home di Instagram, mentre la voce di Emma riempie la stanza. Mi alzo, vado in cucina e dal frigo prendo due bottiglie di birra ghiacciate e il mio pacchetto di sigarette. Do uno sguardo ad Ale che mi sorride teneramente, - come a rassicurarmi - poi mi dirigo verso la stanza di Lorenzo. È sdraiato nel letto, completamente coperto dal piumone, tanto che non si vede nemmeno la testa ed il buio sembra prevalere su tutto. Mi avvicino piano, mi siedo accanto alle sue gambe e con la mano sposto di poco il piumone, così da incrociare i suoi occhi azzurri. Ci guardiamo per qualche secondo senza dire niente di più, poi si scopre e appoggia la sua schiena alla testiera del letto. "Scusa" gli dico semplicemente, mi sorride per poi invitarmi a fumare una sigaretta all'esterno. "Ora me lo vuoi dire che ti succede, nana?" mi chiede dolcemente, mentre appoggia la bocca al collo della bottiglia e da un sorso alla sua birra. Sbuffo, appoggio le labbra alla sigaretta e faccio un tiro, poi mi lascio andare con la schiena appoggiata al muro, fino a toccare il pavimento in cotto del terrazzo. "Mi hanno offerto un lavoro" gli dico semplicemente, non avendo nemmeno le parole per continuare. Il mio amico Lorenzo mi guarda confuso, mentre spegne la sua sigaretta nel posacenere e mi invita a continuare. "È - è davvero un'esperienza importante. Dovrei andare a Parigi, mi hanno offerto di lavorare per una grande casa di moda però - però - Dio, non lo so Lori. Non voglio andare via ora, non mentre Filippo è ancora lì dentro, non proprio quando tutto sta per finire e senza poterne parlare con lui. Non - non so cosa fare." gli confesso. La mia voce è amareggiata, continuo solo a sospirare, come se non sapessi più nemmeno come reagire. Lorenzo si avvicina, si siede accanto a me e con un gesto dolce fa appoggiare la mia testa sulla sua spalla. "È una grandissima occasione, non puoi sprecarla così. Anche Filippo non vorrebbe, ne sono sicuro" mi dice. Io scuoto la testa e mi accendo un'altra sigaretta. "No, Lori, no. -" aspiro un po' di nicotina. "- Dio, avrei così bisogno di parlare con lui ora." sussurro, con la voce che si spezza leggermente, ma che io schiarisco subito per non farlo notare. "Dovrei andare via nelle prossime settimane, non so neanche se riuscirei a tornare per la finale. Non - non posso. -" gli dico. "- Non me lo perdonerei mai."
"Guardami." mi sussurra il mio amico, mettendo due dita sotto al mio mento e sollevandolo leggermente. "Filippo vuole vederti felice, lo sai. Devi andare a Parigi, non puoi mollare un'occasione così speciale. -" mi dice, mentre i suoi occhi azzurri si specchiano nel mio marrone scuro. "- So che dirlo a me non è la stessa cosa, però potresti scrivergli no? -" mi dice con un sorrisetto furbo, mentre io sgrano gli occhi e abbasso di colpo la testa, imbarazzata. "- Ti ho sgamata nana! Mi sono accorto che hai sempre il telefono aperto nella vostra chat e che gli scrivi tutto ciò che ti passa per la testa. Ecco, continua a farlo, è un modo per portarlo con te, no?" io lo guardo ancora per qualche istante, poi mi accoccolo tra le sua braccia e mi lascio stringere forte.
Torniamo in casa, la puntata ormai è giunta al termine e Alessandro ci mette al corrente di tutto quello che è successo. Il mio cuore sembra essere più leggero, anche se stasera avrei voglia di urlare. Di uscire in balcone e far tremare il buio della notte con la potenza della mia voce. Mi manca, mi manca talmente tanto che lo stomaco sembra corrodersi sotto il potere del più aggressivo degli acidi, che sembra quasi contorcersi su se stesso, aggrovigliarsi senza lasciare il tempo neanche per tirare un respiro. È vero, manca poco, potrò riabbracciarlo presto, però mi sento un'anima a metà, quasi come se una parte del mio cuore fosse a Roma, rinchiusa in una casetta bianca ed io mi sentissi incompleta.

Siamo tutti e tre seduti in balcone, l'aria di maggio che è ancora fresca e i colori dell'alba che si staglia di fronte ai nostri occhi: una birra in mano e tante chiacchiere al profumo di vita. Osservo quelli che ormai, da due anni a questa parte, sono diventati i miei amici e quasi mi vengono gli occhi lucidi, quasi mi si crea un groppo in gola, quasi la pelle si lascia percorrere da migliaia di brividi. "Sai, tu e Fil non mi avete mai raccontato come vi siete conosciuti." dico voltandomi in direzione di Lorenzo, che alla mia domanda accenna un sorriso. "Ci siamo conosciuti durante una rissa, non ne facevamo parte però da lì abbiamo iniziato ad essere amici. Da quel giorno la nostra vita è cambiata, le strade si sono incrociate e mai più divise." mi dice, mentre appoggia la testa alla parete e si lascia andare ad un sospiro, che ha il profumo di ricordi. "E tu lo sai quanto può essere difficile stare vicino a Filippo, quante volte vorresti mollare tutto, quante volte gli vorresti urlare contro o arrabbiarti perché ha dei comportamenti assurdi. Però, ti giuro, che ormai è mio fratello, quello che non ho mai avuto, quello che ho scelto e continuerei a scegliere per l'intera vita. Però indispensabili l'uno per l'altro, no?
So che è difficile da credere, ma io e Filo non abbiamo mai litigato seriamente. Che poi, alla fine, quando succede ci ritroviamo come due romanticoni a sussurrarci le cose dolci, mentre nel sangue scorre qualche goccio di birra di troppo." dice, mentre io ed Ale scoppiamo a ridere di gusto, forse per la troppa birra, forse per la stanchezza, forse sarà il sonno, o forse sarà che, semplicemente, stasera quel ragazzo dalle piume alle orecchie manca un po' a tutti. "Sei tu che dovresti raccontarci come è andata tra voi due quella sera al compleanno di Lorenzo. Sai che Filo non ci ha mai voluto raccontare nessun dettaglio?" mi dice Alessandro quasi retoricamente, prendendo un sorso dalla sua birra ormai tiepida. Io abbasso la testa imbarazzata, che quasi mi perdo a contare le piastrelle del pavimento. "Non saprei neanche da dove iniziare sinceramente. Ero sola in terrazza, alla villa al mare e lui si è presentato con un plaid di pile per scaldarmi. Di lì è iniziato tutto all'improvviso: ci siamo lasciati trasportare dalle chiacchiere e siamo finiti a passeggiare, con la bocca sporca dai granelli di zucchero della ciambella, l'alba come sfondo e il suono dei nostri cellulari che non smettevano di squillare." io sorrido leggermente, mentre i due ragazzi commentano il loro romantico amico. "Poi - beh poi sono successe così tante cose che quasi ho la testa confusa: la musica, le sere in macchina, i baci, la disastrosa presentazione in famiglia, Milano, Sanremo, le paranoie che ci hanno attanagliato il cervello, le canzoni, le coccole, le risate. E dopo queste tante altre cose brutte: -" che quasi mi fa male ricordarlo "- la mostra di fotografia, i cocci di bottiglia, le urla, la morte di Adri, il funerale, la casa discografica, le cose fatte di nascosto, la sua presenza che da fissa diventa fantasma ed il mio cuore che quasi muore un po'. Ho riassunto tutto molto bene, vero? Breve ma intensa, no?" loro mi guardano e scoppiano a ridere, poi mi avvolgono in un abbraccio, forse avranno notato i miei occhi commuoversi leggermente. "Chi è stato il primo a dire 'ti amo'?" chiede Lorenzo curioso. "Lui. Si, assolutamente lui. Vi ricordate di quella sera quando scappò dal tuo compleanno, -" dico indicando con un cenno del capo Alessandro "- prese la macchina e tornò ore ed ore dopo mentre io ero in balcone a parlare con te? -" dico girandomi in direzione di Lorenzo. "- Ecco, iniziò ad elencarmi tutti i motivi per cui si era innamorato di me e me lo confessò." "Ah, ora capisco tutto. Ecco perché siete spariti poi, non abbiamo mai capito il motivo per cui non siete neanche nelle foto. Ora si spiega tutto, avevate di meglio da fare." mi dice Alessandro, dandomi una gomitata nel fianco e strizzando un occhio con un'espressione furba e particolarmente maliziosa in viso. Io mi copro la faccia con le mani, imbarazzata, mentre li prego di smettere di fare battute a sfondo sessuale su me e Filippo.
"Sai che il motivo di una nostra discussione sei stata tu?" mi confessa Lorenzo dopo qualche minuto, mentre mi passa l'accendino nero, che fino a poco prima era poggiato vicino ai suoi piedi. Io lo guardo confusa, mentre mi giro verso Alessandro che scuote la testa come a vergognarsi. "All'inizio, quando ancora ti conoscevo poco e quel coglione non mi raccontava praticamente nulla, mi stavi antipatica. Poi ancora peggio quando ho iniziato a notare che l'unica persona in cui trovava conforto eri tu: l'abbraccio che andava a cercare, gli occhi nei quali si rifugiava, le parole che voleva ascoltare avevano sempre a che fare con te. Boh - mi sono sentito messo da parte e ci ho sofferto parecchio, finché non sono scoppiato e, complice un po' di alcol, gli ho sputato tutto in faccia. -" viene interrotto bruscamente da Alessandro che si intromette. "Lorenzo il gelosone" lo prende in giro, mentre tira fuori il labbro inferiore, facendo una voce particolarmente divertente. "- Che ridere, Ale. Comunque, esattamente due minuti dopo stavamo già ridendo insieme, proprio come se non fosse successo nulla. Poi è stato inevitabile, l'ho letto nei suoi occhi che lo rendevi felice e quindi, come di riflesso, hai iniziato a far star bene anche me. Ed ora mi sembra impossibile pensare alla mia vita senza la mia nanetta preferita." mi dice, poco prima di stringermi in un abbraccio, che mi stritola talmente forte che quasi mi fanno male le costole, che quasi è scomodo, ma allo stesso tempo è il posto più sicuro al mondo.


*
*
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Sono seduta ad un bar in centro a Monza, sto aspettando Jolanda che, con un messaggio, mi ha detto che deve parlarmi urgentemente. La sua voce al telefono risultava squillante e felice, ma a me come al solito sale l'ansia e mi ritrovo a pensare ad ogni minima cosa, ogni dettaglio, trasformando tutto in una catastrofe annunciata.
La vedo avvicinarsi da lontano: così bella stretta in quel vestito rosa che risalta i suoi capelli biondi e la sua carnagione di porcellana. Mi abbraccia calorosamente ed io, esattamente come la prima volta, mi sento un po' a casa, come se ormai fosse parte anche della mia famiglia. Passiamo qualche minuto a parlare di tutto quello che ci succede, molto genericamente, anche perché ci teniamo in contatto praticamente sempre, quindi non c'è molto da raccontare. "Ludo, devo dirti una cosa." mi dice sorridendo, al che io cerco di tirare un respiro profondo, anche se il groppo che ho in gola sembra aumentare. "Non fare quella faccia. Dio, mi sembri Filippo...poche paranoie, non devo dirti niente di brutto, anzi. -" mi dice, appoggiando la sua mano al mio braccio sul tavolo. "- Sabato mi hanno chiesto di andare in puntata a fare una sorpresa a Filippo, però io ho pensato che potresti andarci tu al posto mio." conclude. I miei occhi si illuminano all'istante, come se mi si fosse parato davanti il sogno più bello della mia vita, ma esattamente dieci secondi più tardi torno con i piedi a terra e i pensieri che si riassestano. "No. Cavolo, no. -" continuo a ripetere, scuotendo la testa, quasi volessi svegliarmi da un brutto incubo, che purtroppo è fin troppo reale. "- Non posso. Venerdì parto per Parigi. Hanno anticipato il progetto e sabato dobbiamo iniziare a scattare la campagna. Non posso proprio, Joly...Dio, che odio." dico, buttando indietro il mio peso e sbattendo la schiena contro la sedia. La ragazza mi osserva per qualche istante, accarezzandomi dolcemente la mano, quasi a cercare di lenire la mia delusione. "È giusto che tu segua il tuo sogno, però ho una soluzione: scrivigli una lettera. Prenditi qualche giorno e venerdì prima di partire me la consegni, così gli porterò un pezzo di te dritto in casetta. So che ha più bisogno di quella lettera che di un abbraccio con me." mi dice la bionda seduta davanti a me, con un sorriso così bello che è quasi impossibile rimanere indifferenti.

Qualche ora dopo, mi ritrovo stesa su un letto a pancia in giù, con una penna in mano e troppi pensieri nella testa. Continuo a fissare la pagina bianca, con la penna fra le labbra e le dita che accarezzano la superficie del foglio. - che quasi tra quelle righe intravedo il suo viso, quelle labbra perfette, quel sorriso dolce, quegli occhi dal colore indefinito, quasi trasparenti, quasi acqua del mare -
"Ciao amore mio,
quanto tempo è passato dall'ultima volta che ti ho scritto una lettera, così tanto che pensavo di non ricordare nemmeno come si facesse.
Mi manchi tanto, sai?
Mi manca la tua risata tra le mura di casa, così tanto che a volte mi sembra di sentirla e penso di essere pazza,
mi mancano i tuoi occhi così belli che quasi mi ci perdo dentro, che quasi ci annego, che quasi respiro di nuovo,
mi manca il tuo modo di sorridere gettando la testa all'indietro e socchiudendo gli occhi, che io ti dico sempre che assomigli ad un cinesino,
mi mancano i discorsi lunghi la notte, che tanto per dormire c'è tempo, ma noi abbiamo voglia di viverci,
mi mancano gli abbracci sul divano, quelli dove ci incastriamo alla perfezione e chissenefrega se le ossa fanno male o sono scomode, noi non ci siamo mai sentiti così comodi,
mi manca guardarti riflesso nello specchio mentre ti fai la barba ed io mi trucco, tu che mi schizzi la schiuma sui vestiti ed io che mi arrabbio,
mi manca fare colazione con te, tanto che la punta del cornetto ora la butto nel cestino, la tua faccia assonnata e la voce ancora impastata dal sonno, il profumo dei baci al caffè (che ho anche iniziato a bere perché mi mancava troppo il tuo odore sulle labbra),
mi manca la sensazione delle mie dita che scorrono sulla tua pelle, tra i tuoi capelli, nelle pieghe dei tuoi vestiti,
mi manca il tuo profumo nel cuscino, mentre il tuo respiro è ancora regolare ed io mi perdo a guardarti dormire,
mi manca cantare a squarciagola in macchina con te, proprio come le prime volte, tra concerti improvvisati e odore di sigarette.
Una volta ho letto in un libro di Enrico Galiano una parola un po' strana: gigil. In lingua tagalog significa quella voglia di far male a qualcuno da quanto desideri toccarlo, stringerlo e sentirlo.
Ecco, forse più di tutto, mi manca sentirti.

Amore mio, tu mi hai cambiato la vita, o meglio forse mi hai insegnato a vivere.
Io che nella vita mi sono sempre sentita troppo poco, sempre inadeguata, troppo matura, troppo bambina, fragile ed indifesa, oscura, a volte addirittura vuota,
troppo emotiva che bastava un qualcosa di minuscolo a cambiarmi l'umore e ad aggrovigliarmi lo stomaco, io che ho sempre avuto paura di amare, di donare troppo di me stessa, di mettere a nudo le mie insicurezze più grandi, io che ho sempre avuto il timore di farmi guardare negli occhi, perché so che basta guardarli in un certo modo per farli frantumare in mille pezzi,
io che mi sono sentita scartata, inutile, usata, debole, quasi superflua,
io che ho fumato troppo, ho bevuto troppo, ho urlato troppo, ho vissuto di bugie e sofferenze nascoste, ho litigato troppo, ho pianto troppo e riso troppo poco,
io che non mi sono mai sentita giusta fino a quel lontano giorno di fine estate.
Ecco, quando dico che mi hai cambiato la vita intendo proprio questo. Intendo che l'hai resa migliore, che sei riuscito a guardarmi l'anima, che non mi hai mai giudicata, che ti sei innamorato della vera me, quella senza filtri.
E stasera, sdraiata su questo letto che era un po' nostro, ma che ormai ha perso il tuo profumo, mi sono accorta di essermi davvero innamorata.
Ma innamorata sul serio, perdutamente proprio.
Sai non ci avevo mai pensato più di tanto, che forse già dalla prima volta che ti ho visto un po' mi sono innamorata, ma mai, mai, proprio mai, mi sono resa conto cosa significasse realmente essere innamorata. Ecco, tu Filippo, mi hai fatto capire cosa vuol dire amare un'altra persona, cosa significa pensare al per sempre, cosa si prova a vivere di cose belle. Tu mi hai insegnato la parola amore, perché nei tuoi occhi ne ho trovato così tanto che ho sentito il cuore scoppiarmi nel petto.
Io non ho molto da offrirti in cambio, in realtà. Te l'ho detto una delle prime volte che siamo usciti insieme: sono una con più problemi che riccioli in testa. Una piena di guai, con un passato che ha costruito un muro invalicabile, emotivamente instabile, lunatica da far spavento, tremendamente romantica, con un sacco di rabbia inesplosa e tanta voglia di baci, di parole, di carezze. Non è molto, lo so, ma è la mia vera essenza, quella che mostro a pochi, quella che forse hai scoperto solo tu.

Ed ora vorrei essere lì a Roma, stringerti fino a levarti un po' di respiro, baciarti fino a perdere il fiato o anche solo parlarti per cinque miseri minuti. Invece, mi ritrovo a dover partire per un progetto lavorativo importante, senza la possibilità di parlarne con te o di guardarti negli occhi e trovarci tutta la sicurezza necessaria, che quando non ci sei mi sento così fragile. Vorrei prendere il primo treno e correre da te, fregarmene di tutto il resto e correre finché mi reggono le gambe, a costo di arrivare persino a piedi, ma so che non si può. Mi hanno invogliato tutti a partire, dicono che l'avresti voluto anche tu, ma ora che non so neanche se riuscirò a tornare per la puntata finale, mi sento uno schifo e vorrei mollare tutto. So che sono forte e che devo farcela, anche per te, ma credimi è così difficile...
Sappi che in ogni caso, ti aspetto qui, in quella casa che un giorno riusciremo a costruire.

Ti amo da sempre. Vienimi a prendere amore mio.
Tua L.'


*
*
*


Sono in un piccolo appartamentino affittato per queste lunghe settimane a Parigi: è davvero grazioso, tutto sui toni del rosa e del verde e basta scostare di poco le tende che la vista ti lascia quasi senza fiato. Mi trovo a Montmartre: è un quartiere pieno di vita, di artisti, di musica, di pittura, di colori, di cose belle che ti regalano un sorriso. Ovviamente, anche qui non mi dimentico dell'appuntamento ormai fisso su canale 5. Accendo la televisione, la conduttrice sta entrando in studio e saluta tutti i presenti, mentre io prendo il telefono in mano per scrivere a Filippo.

La prima esibizione è sulle note di 'Le tasche piene di sassi' e quasi il mio cuore non si stringe al ricordo di quella canzone. Ci ha scritto delle barre sopra ed io non posso fare a meno di piangere, di lasciare spazio alle lacrime, che tanto in questa stanza deserta posso concedermi il lusso di essere fragile.
'Sono qui da solo
a pezzi, lo sai,
con le tasche piene di guai
mentre urlo al cielo,
ma non so nemmeno se mi ascolti
o non lo saprai mai.
Ho voglia di pensare soltanto
che sei in ritardo,
perché la verità non sempre fa stare meglio
e tu ad un bambino puoi mentirgli se vuoi farlo
e no, non ho gli occhi lucidi,
ho gli occhi pieni di te.'
Ed io quegli occhi cristallini li ho tatuati sul cuore, indelebilmente.

Poi è la volta di 'Ti ho voluto bene veramente' che quasi mi lascia senza fiato. Mi fermo un secondo, con la testa confusa dai ricordi di quella sera. Era una delle nostre prime uscite, gli sguardi ancora imbarazzati, i sorrisi appena accennati e quella complicità così assurda da essere dannatamente giusta. Eravamo in macchina, la radio accesa come nostro solito, mentre la melodia di questa canzone creò un'armonia speciale. Talmente speciale che forse iniziai ad innamorarmi.
Ed oggi, sentirgliela cantare lì, in quel palco, con quell'intensità enorme e quel modo di essere diretto ed emozionale che mi mancano le parole per descriverlo. Torno con l'attenzione su di lui, quando sento che ha scritto delle frasi anche per questo pezzo e voglio godermele tutte, fino a farmele entrare nelle ossa. - che magari saranno in grado di abbracciarmi al posto suo -
'Cosi lontana che se cadi non sento il rumore
cosi distante che non riesco a ricordare il tuo odore
di quando in macchina per ore facevamo l'amore
quando stringevi il sedile mentre gridavi il mio nome
Io che ti cerco dentro un cellulare
forse perché in una foto non ti puoi arrabbiare
spiegami perché una foto la si può salvare
se la vita ci separa e non rimane uguale
Ma il dolore che non ha piú un'età
una sigaretta a metà
che ti rende insoddisfatto come quando
avrei voluto dirti "sono qua"
Questa volta non rimango
ma rimango male su una tangenziale
che da mesi sono solo come sopra un'astronave
no no non mi va sapere che cosa fa
quando vorrei soltanto dirti che ti voglio bene veramente
ma non posso farlo ora.'

Appena la melodia si affievolisce, la sua testa fa su e giù, lievemente, in modo appena accennato mentre sussurra un 'già' con le labbra e sorride con gli occhi leggermente lucidi. E anche qui migliaia di ricordi mi invadono la testa e sono così intensi che mi sembra di sentirli ancora sulla pelle, come fossero tanti aghi che tracciano una riga indelebile sulla carne. Mi sembra di tornare all'interno di quella macchina, dopo essere stati nel nostro posto speciale, con l'alba a farci da sfondo e la nostra ultima notte insieme. I sedili intrisi del nostro profumo, la pelle nuda a contatto, i respiri affannati, il rumore dei baci e la canzone dei Foo Fighters in sottofondo.
E vorrei poter tornare indietro nel tempo perché mi manca troppo, perché non sento più il suo sapore sulle labbra, perché la notte mi ritrovo a sfogliare la galleria del telefono per cercare le nostre foto, perché ho bisogno di sentire le sue dita sulla mia pelle, perché la sua risata è il suono più bello che io abbia mai sentito. - perché non pensavo potesse esistere la sensazione di avere un'assenza grande come una voragine nel cuore -

Poi Maria lo ferma e lo fa sedere in un angolino del palco, parla per qualche minuto con lui, rassicurandolo il più possibile, anche se Filippo continua a guardarsi intorno quasi spaventato dalla situazione. Scende davanti ai loro occhi un enorme led, dove iniziano a scorrere tantissime foto di Filippo da bambino, con la sua famiglia e con Jolanda, mentre la voce della conduttrice inizia a leggere la lettera della sorella.
'Caro Filo,
ormai sono diversi mesi che manchi da casa e questa assenza la sentiamo tanto, soprattutto per il silenzio. Sei, in tutti i sensi, la colonna sonora di questa famiglia e questo ci manca, tranne che di notte, lì anche no. Mi fa uno strano effetto alzarmi la mattina e trovare la casa tutta perfettamente in ordine, senza nessuna traccia del tuo passaggio notturno. Non credevo proprio, ma mi manca anche questo.
Sicuramente in questi anni, pur continuando a vivere insieme, abbiamo avuto meno la possibilità di condividere cose. Forse un po' per la differenza d'età, o perché siamo fratello e sorella o più semplicemente perché abbiamo impegni diversi. Oggi mi sembra di essere tornata indietro nel tempo: quando eravamo bambini e stavamo sempre insieme. Ti guardo tutti i giorni e, anche da lontano, mi sento di condividere con te tutti i momenti. Mi torna in mente quando io giocavo con te ed i tuoi amici a calcio e tu, invece, ti adattavi ad ascoltare lunghe conversazioni tra bambine. Ora più che mai, mi mancano le piccole cose quotidiane che condividevamo: quando mi chiami per farmi sentire un nuovo pezzo per una tua canzone, che forse non te l'ho mai detto quanto sia speciale per me essere la tua prima ascoltatrice, o quando dopo una giornata 'no' vengo a sfogarmi con te, oppure quando ti propongo una delle mie serate cinema, che poi si concludono puntualmente con un nulla di fatto, perché non ci accordiamo mai su cosa vedere.
E pensare che quando eravamo piccoli, ti facevo da ombra e, tuo malgrado, ti costringevo a stare fisicamente incollato a me, perché avevo paura che ti potessi fare male. Ti vedevo scatenato e credevo di doverti proteggere. Oggi vorrei dirti che sono tanto orgogliosa di te e, anzi, sono io a sentirmi al sicuro quando ci sei.
Ti voglio tanto bene,
Joly'

I suoi occhi sono completamente bagnati dalle lacrime. Tra le tante foto, ad un certo punto, è comparsa quella con nonna Adri e, lui che ha cercato invano di trattenersi per tutta la durata della lettera, è scoppiato a piangere non appena quegli occhi così simili ai suoi sono comparsi sullo schermo. Come se quella ferita fosse ancora aperta, come se non potesse cicatrizzare mai, come se il ricordo di lei fosse ancora così vivido da trafiggere il cuore come la più cruda delle pugnalate. - ogni volta più forte, ogni volta più intensa - Maria lo fa sedere, mentre lui continua a schiarirsi la voce, nel vano tentativo di tranquillizzarsi e non pensare a lei. Quando alle sue spalle, pochi metri dietro di lui arriva una ragazza dai capelli biondissimi e un sorriso accogliente. Lo chiama, ma lui resta fermo immobile, quasi per un attimo non realizzasse. Poi si volta, incrocia gli occhi della sorella e le corre incontro, l'abbraccia e la solleva da terra, facendole fare un giro su se stessa. Ed io mi sento parte di quella famiglia, penso che ormai le loro sensazioni riesco a sentirle sulla mia stessa pelle, che ormai quelle emozioni invadono anche me. - come fossero parti di me, come fossi parte di loro. -

Irama

La puntata è appena finita e io ed Emma, siamo stati accompagnati in casetta ad aspettare l'esito della sfida tra Biondo ed Einar. L'ansia ci sta letteralmente consumando vivi, girovaghiamo per la casetta facendo discorsi totalmente a caso e prestando attenzione ad ogni minimo rumore all'esterno. In quello studio due dei miei migliori amici stanno combattendo per il loro sogno ed io, appoggiato al bracciolo di questo divano bianco, sto pregando che il risultato sia di parità. Ma appena la testa biondo platino del mio amico compare da dietro la porta, non porta con sé nessuna buona notizia: è lui l'eliminato. Ci racconta della sfida, mentre Emma lo attira a sé e lo abbraccia forte, ripetendogli che senza di lui niente sarà più lo stesso. Ed è vero, dannatamente vero, che dentro questa casetta mancherà qualcosa, da domani tutto sarà più vuoto, non ci saranno più le sue divertenti battute o il suo accento romano in grado di farci sorridere, il suo modo di incoraggiarci o quello di capirci senza l'utilizzo di grandi parole. Simone è stato un punto fondamentale di questa esperienza e glielo confesso. Glielo dico quando preoccupato lo guardo e gli sussurro, sconsolato, che adesso nessuno ascolterà più le mie paranoie, che dovrò trovare il modo di farcela da solo. Ma lui sorridendo mi fa promettere di scriverle tutte su un foglio bianco e spedirgliele. E in un attimo mi sembra tutto così reale: siamo alla fine della settima puntata e tra poco tutto finirà. Mi torna in mente tutto di colpo: le prime sere passate insieme, l'incontro quel 27 gennaio, le notti pazze con i ragazzi della stanza 310, le volte in cui mi rubò il quaderno che custodivo gelosamente e lesse ciò che c'era scritto, quella volta che telefonai in piena notte a Ludovica in preda al panico perché Simo mi aveva nascosto tutte le piume ed io non riuscivo più a trovarle ed ancora mille altri piccoli frammenti di memoria.
Sarà che ci conosciamo da poco, ma abbiamo vissuto tutto così intensamente, che mi sembra di conoscerlo da una vita. Sarà che da domani mi mancherà sul serio, anche se non riuscirò mai a confessarglielo.
Sarà perché ormai lo considero parte di me e, forse, senza lui ed Einar non sarei arrivato fino a qui.
Sarà che loro sono stati la mia porzione di casa in una vita totalmente distante da me.
Sarà che mi hanno fatto sentire parte di qualcosa di bello.

Ho a stento il tempo di salutare Biondo, che da quella stessa porta entra il sorriso dolce di mia sorella Jolanda. La produzione ci ha concesso alcuni minuti da passare insieme ed io ne uso la metà per stringerla forte in un abbraccio.
Parliamo tanto: di musica, di quel passato ancora troppo presente, delle mie canzoni, dei nuovi inediti, dell'orgoglio immenso che prova nei miei confronti e come sempre, con lei riesco ad aprirmi veramente, mando a puttane quel freno che mi trattiene e levo la maschera che mi protegge. La faccio ridere tantissimo quando le parlo dell'aneddoto con Albano in saletta, quando in settimana sono rimasto sconvolto e parecchio scioccato dalla potenza della voce e, nei corridoi, ho pregato Maria di non farmici duettare insieme. Poi arrivo a chiederle di papà, ma lei mi rassicura, mi dice che è orgoglioso del mio percorso, della persona che sono, delle canzoni nuove e addirittura che si è persino commosso. Ed io al pensiero di mio papà con gli occhi lucidi quasi crollo, sono stupito e così felice che finalmente anche lui riesca a capire cosa significhi la musica per me, quanta vita ci sia in quello che faccio, che quasi mi sembra surreale.
"Filo, devo darti una cosa." mi dice mia sorella, mentre dalla tasca della giacca tira fuori una busta bianca. Me la porge tra le mani, la tengo lì per qualche secondo, finché non abbasso lo sguardo e leggo una calligrafia che non posso confondere con quella di nessun altro. "Doveva esserci lei stasera al posto mio, ma lì dentro ti spiegherà tutto." mi dice sorridendomi. "Ma è successo qualcosa? Sta male? Oddio esco stasera, non ci sono problemi, torno a Monza. Oddio Joly -" mia sorella mi interrompe, posando la sua mano sul mio ginocchio e scuotendo la testa. "No, Filo. Assolutamente nulla. Ti prego basta paranoie!" mi dice, poco prima di abbracciarmi l'ultima volta prima di lasciare la casetta.

Emma è andata a dormire ed io mi ritrovo in giardino, il cielo nero sopra la mia testa e una sigaretta tra le dita. Tengo la lettera stretta in una mano, mentre osservo ogni dettaglio di quella busta, ogni linea di quel 'Fil' scritto da lei, la avvicino al naso e sento che ci ha spruzzato sopra un po' del suo profumo che sa di fiori e cose buone. Sono combattuto: vorrei non aprirla mai e restare in questo limbo perfetto per sempre, con il cuore che mi batte dalla felicità e l'adrenalina forte nelle vene.


Angolo autrice

Buonasera a tutti, anzi ormai direttamente buonanotte 🌙 come state bella gente? Io tutto bene, anche se sono state giornate parecchio indaffarate e mi ritrovavo a scrivere in piena notte, ad orari davvero imbarazzati...però alla fine, anche se un po' in ritardo, ecco il capitolo!
Ci tengo tanto, ho inserito una persona speciale e vorrei che vi toccasse il cuore, lo spero 💙
In tutto questo, il prossimo capitolo ci sarà la finale di Amici e finalmente i due innamorati si rincontreranno...voi cosa ne pensate? Vi sta piacendo? Avete consigli o critiche? Vi aspetto sempre 💙
Ho deciso di lasciarvi un po' con il fiato sospeso, anche perché si sa che niente è mai rose e fiori quindi...chissà...
Un abbraccio,
~R. 🦋

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