In un vortice di emozioni

Irama

Sono in stanza con Einar e Biondo, stiamo chiacchierando e sparando le solite cazzate tra noi. Tra una tirata di sigaretta e qualche risata di sottofondo, sento il suono del telefono segno di una videochiamata in entrata: è lei. Prego i miei due compagni di stanza di zittirsi con un gesto della mano, mi sdraio sul letto, appoggiando la schiena alla testiera e mi sistemo con le mani il ciuffo di capelli disordinato, poi accetto la chiamata.
"Ehi" mi sorride dall'altra parte dello schermo: anche lei è sdraiata nel letto, però a pancia in giù, con i capelli sciolti, alcuni boccoli che le ricadono sul viso e la mia felpa rosa addosso.
"Ehi" le rispondo mimandole un ciao con un gesto della mano e infilandomi un braccio sotto la testa per mantenerla dritta.
Parliamo un po' della settimana, delle cose che sono successe, - anche se siamo riusciti a tenerci in stretto contatto durante ogni giorno - ormai la sera è diventata nostra tradizione fare questa videochiamata. - un modo carino per non sentire la mancanza, per vedere le espressioni dell'altro, per sentire le sfumature della voce e perdersi un po' tra la bellezza di quei sorrisi -
Ad un certo punto, improvvisamente, i miei cari amici si annoiano di continuare a farmi strani versi alle spalle e decidono di comparire anche loro due sullo schermo, per presentarsi a Ludovica e, soprattutto, interrompendo bruscamente i nostri discorsi.
"Lo sappiamo che te stai ad annoià de brutto a sentì parlare Flacø...mi presento: io sono il sex symbol freddo anche se tutti mi conoscono come Biondo" dice Simone, terminando con la sua classica mossa dressy e facendo scoppiare a ridere la ragazza dall'altro lato, tanto che per un istante lo schermo diventa nero, perché il telefono cade sul piumone e lei non riesce a recuperarlo prima di asciugarsi le lacrime agli occhi. "Ciao, piacere di conoscerti, la tua fama ti precede" gli risponde Ludovica, facendogli l'occhiolino, poi ovviamente, come se non bastasse si intromette anche Einar, con il suo solito modo di fare moderato e timido. "Ciao piacere, io sono Einar" le dice in tono dolce, salutandola con la mano, lei ricambia il saluto e sorride con gli occhi che le brillano, prima che con le labbra.
"E questa pupellina non la vogliamo invità alla festa del secolo?" dice con un inconfondibile accento romano il biondo ossigenato al mio fianco, io lo guardo e socchiudo lievemente gli occhi, dandomi una pacca sulla testa. "Scusa, me ne sono completamente dimenticato. Domani sera è il compleanno di questo pazzo, ha organizzato qualcosa in discoteca...niente di che...noi ragazzi della scuola, qualche amico, ovviamente sei compresa anche tu. So che avevamo altri programmi, ma domenica prometto di dedicarti tutto il tempo possibile!" le dico, abbassando la voce alla fine della frase, trasformandola in un sussurro appena udibile. "Se vabbè domenica fate quel che ve pare..."- dice girandosi verso di me e schiacciandomi l'occhio, aggiungendo una pacca sulla spalla - "però vacci piano che me sembra troppo bella per uno come te Flacø. Poi non vedo l'ora de conoscerte pupellì, sei quella che ha rubato il cuore al piumato, devi esse senz'altro una persona speciale! - Nun glielo dì, che anche se lui nun c'ha detto niente, noi l'avemo capito lo stesso che sta innamorato perso -" dice bisbigliando le ultime parole, come se volesse che quelle confidenze restassero un segreto tra di loro, anche se, mentre pronuncia quelle frasi, si volta con lo sguardo verso di me, che di risposta scoppio a ridere e mi gratto la nuca imbarazzato.
Mi fermo un secondo a pensare, mentre i miei amici chiacchierano con Ludovica, mi estraneo per un attimo, come se volessi fermare il tempo e rendere quegli istanti eterni. Penso a quanto mi fa stare bene questa esperienza, a quanto questi due compagni di stanza mi stiano aiutando durante questo viaggio, a quanti momenti di sconforto sono riusciti a spegnere facendomi sorridere, a quanto questa nuova vita si stia incastrando alla perfezione con le due persone più importanti della mia vita: Lorenzo e Ludovica. Penso a quanto mi sento grato e fortunato per aver incontrato persone genuine e speciali come loro, a quanto mi sta piacendo il rapporto che stanno instaurando tutti e quattro insieme, a quanti ricordi belli porterò in valigia con me alla fine di questa magica esperienza.

Finalmente ci lasciano il tempo di finire la conversazione in pace, - o meglio, sono io ad andarmene in balcone per fumarmi una sigaretta, lasciando i miei compagni all'interno per una partita alla PlayStation -  questa sera a Roma fa freddo, fa terribilmente freddo, così mi stringo ancora di più nel mio maglione e cerco di scaldarmi in qualche modo, anche se l'aria mi entra nelle ossa come fossero acute punture di spilli.
"Allora ci vediamo domani?" le chiedo guardandola fissa negli occhi, sperando che tutto vada come deve andare, che le nostre paranoie non vincano ancora una volta.
"Certo, un bel ragazzo romano mi ha invitato alla festa per il suo compleanno, come posso rifiutare?" mi chiede in tono ironico, piegando la bocca in un sorriso ammiccante e schiacciando l'occhio per cercare di farmi ingelosire.
"Ti capisco, alla festa ci sarà anche quel figo di Irama, sai il tizio con le piume alle orecchie? Il nuovo idolo delle ragazze? Quello tatuato con quel corpo da paura?" le chiedo aspirando il fumo dalla sigaretta e buttandolo fuori poco dopo, mischiandolo con l'aria di città.
"Mmh si, ho capito di chi parli. Non mi convince molto, non è neanche il mio tipo, preferisco di gran lunga quel suo amico fotografo. Sì, si dovrebbe chiamare Lorenzo, almeno credo. Mamma mia: moro, occhi azzurri, alto, lentiggini sul viso...bhe decisamente meglio! Speriamo ci sia anche lui alla festa!" mi dice con espressione sognante, poi si ferma alcuni secondi ad osservare il mio viso, - che deve avere assunto una smorfia molto divertente - le sue risate sono talmente forti che riescono a riempire il silenzio di quella notte e così belle da far sorridere anche me. - come per riflesso -

Terminiamo la chiamata augurandoci la buonanotte, intanto torno in stanza sotto gli sguardi attenti di Einar e Biondo che seguono ogni mio minimo movimento e continuano a lanciarsi occhiate complici tra di loro, senza però proferire parola. "Si può sapere che volete?" gli chiedo sospirando pesantemente, alzando gli occhi al cielo e buttandomi a peso morto sul mio letto. "Perché nun c'hai detto niente Filì?" mi chiede Biondo mentre se ne sta sdraiato sul letto con un braccio a reggergli la testa. "Perché - perché - non lo so. So solo che è una situazione complicata, che mi fa ancora troppo male per raccontarvi tutto. Spero possiate capire." dico semplicemente, guardandoli negli occhi e cercando nelle loro pupille un briciolo di comprensione. Quasi contemporaneamente dicono "Noi siamo qui, quando vorrai...tranquillo bro." e io gli sono immensamente grato. Grato perché non cercano di essere invadenti, grato perché capiscono questo mio modo strano di essere, grato perché non aggiungono altre domande, comprendono il mio passato e provano a farmelo superare.

Sono in puntata e ho solo voglia di togliermi questa benedetta maglia rossa e infilarmi di nuovo la felpa nera. Ho appena finito di cantare "Che vuoi che sia", ho cercato di viverla frase dopo frase, di vestirla, di cucirmela addosso come se quella storia l'avessi vissuta veramente, come se la potessi sentire sulla pelle. Ora è il turno della cover "Le tasche piene di sassi", è la prima volta che la canto e cerco di immergermici completamente, abbassando il freno a mano e sciogliendomi tra le note di questa canzone. Il pubblico che canta insieme a me, le loro voci che si mischiano alla mia: è qualcosa di talmente bello, da essere magico. "E gli occhi pieni di te" con questa frase termino il pezzo e penso a lei, ai miei occhi che si nutrono della sua bellezza, - come se non ne potessero fare a meno, come se ogni volta riuscissero a vederla più bella, come se fossero nati per guardarla - penso a quel messaggio poco prima della puntata: "Spacca tutto, sono qui che ti aspetto!
PS: vestito di nero, che il rosso ti sta male (cit.)", penso che ho voglia di vivermela, di correre verso di lei e sprofondare in un suo abbraccio, di assaporare il suo profumo e perdermi tra le ciocche dei suoi capelli.
Continuo a pensare, intorno si fa silenzio, percepisco tutta la confusione quasi ovattata, come se la mia testa fosse totalmente scollegata dai fili. - non mi concentro su nulla, l'ansia mi attanaglia il cervello, il respiro accelera bruscamente e i pensieri corrono ad una velocità sconvolgente -  Tocca di nuovo a me con "Che ne sai", qui mi sciolgo completamente, scendo in mezzo al palco e cerco di coinvolgere le persone, sono a mio agio e ho solo voglia di cantare, di divertirmi, di spogliarmi delle paure e godermi l'esibizione.
- È la mia ultima occasione, non posso permettermi di fallire -
Il giudice decreta che mi aggiudico la vittoria della sfida, Maria mi passa la felpa nera e finalmente posso tornare a sedermi al mio posto. - non prima di aver dato una pacca sulla spalla ai capitani delle due squadre -
La puntata procede abbastanza male, la squadra del fuoco perde e così Paola Turci decide di ridarmi la felpa rossa e mandarmi di nuovo in sfida la prossima settimana.
Lei continua a parlarmi, a spiegarmi il perché di questa scelta, le sue ragioni, "è una sfida con te stesso, hai l'opportunità di rivelare le tue ferite e liberarti di ciò che ti trattiene" dice, mentre io cerco di mantenere la calma, anche se dentro sento un vortice di emozioni - quasi fossi finito dentro ad una centrifuga - Sono deluso, avvilito, amareggiato, incazzato, insoddisfatto, a tratti persino triste. Avrei voglia di prendere a pugni qualcosa per sfogarmi un po', avrei voglia di abbandonare lo studio e poter correre fino a perdere la forza nelle gambe, di isolarmi e urlare fino a perdere la voce, fino a sentire la gola bruciare dal dolore. Questa è la mia ultima occasione e ho una fottuta paura di non farcela, di dover abbandonare definitivamente il mio sogno, di dover accantonare la musica in un cassetto da dimenticare e so che non potrei farcela. - ho il terrore che quell'abisso si riapra e ricominci a risucchiarmi, a togliermi tutto: dalla felicità ai sorrisi, dalle cose belle fino alla voglia di vivere -

A fine puntata anche il mio amico Einar infila la maglietta rossa, ma io corro in sala relax a cambiarmi e penso solo di voler uscire da qui, che ho bisogno di respirare e che mi sembra mi manchi l'aria da minuti infiniti. - tanto che non riesco a tirare un respiro profondo, tanto che per un attimo mi sembra persino che la testa sia talmente confusa da annebbiarmi la vista e farmi vedere tutto nero -
Esco e mi ritrovo accerchiato da alcune ragazze che vogliono farsi qualche foto o farsi autografare un pezzettino di carta, ma io con lo sguardo cerco solo di incontrare i suoi occhi, di trovare conforto in quelle sfumature dorate in grado di tranquillizzarmi. Eccola lì: ha una sigaretta tra le dita, muove la mano per salutarmi e sorride insieme a Lorenzo, mentre con le labbra mi mima un "ti aspetto qui".
Ho finito di scattare qualche foto, mi dispiace persino di non aver dato la giusta considerazione a quelle povere ragazze, di non essere riuscito ad essere totalmente me stesso, di non avergli regalato nemmeno un misero sorriso, ma oggi non ne ho proprio voglia, ho l'umore sotto ai piedi e un bisogno solo di urlare fortissimo.
"Ehi" mi saluta Ludovica, spegnendo il mozzicone di sigaretta con la suola di una scarpa e avvicinandosi a me, io neanche le rispondo, la guardo e lei sembra capire tutto ciò che non ho la forza di dire. Apro le braccia e la invito ad accoccolarsi a me, restiamo così per qualche minuto: il suo viso appoggiato alla mia spalla, il mio mento sulla sua testa, finché non le sussurro in un orecchio "Ho bisogno di andare in albergo, scusami", le lascio un bacio nell'incavo del collo e mi avvio verso l'hotel in solitaria. - lasciandola lì, un'altra volta: delusa e sola -

Ludovica

L'ho capito subito, appena l'ho visto uscire dagli studi: con quella faccia coperta da un'ombra scura e le labbra piegate all'ingiù, con gli occhi talmente spenti da avere persino assunto un colore diverso. L'ho visto in quello sguardo poco prima di abbracciarmi, che qualcosa era andato storto, che l'umore era pessimo, come quando gli resta solo la voglia di urlare o sfogare la sua rabbia distruggendo qualcosa.
Per l'ennesima volta, però, mi lascia sola, non si confida con me e mi mette da parte, mi tratta come se non potessi comprendere quei sentimenti, quel marcio che sente dentro; per l'ennesima volta non riesco a capire questo suo assurdo modo di comportarsi: come se volesse sempre farcela da solo, senza l'aiuto di nessuno, come se volesse trovare da solo la forza per rialzarsi. - ma nessuno si salva da solo -
"Seguilo, ha bisogno di te" mi dice Lorenzo, indicando con un cenno della testa la direzione presa da Filippo. Lo guardo, faccio un respiro profondo per darmi coraggio e decido di raggiungerlo.

Arrivo nel corridoio della stanza 310 e con la mano busso alla porta - nessuna risposta.
Busso ancora, finalmente sento la maniglia scattare e vedo la porta di legno aprirsi: "Scusa" mi dice semplicemente, scostandosi da una parte invitandomi ad entrare con un cenno della testa. Sono un po' in imbarazzo, non sono mai entrata in questa camera e non so dove sedermi, non so come comportarmi, né tantomeno cosa dire. - anche perché la rabbia vorrebbe avere la meglio, parlare al posto mio, la mia parte irrazionale agire e dare fiato alla bocca, ma sto cercando di trattenermi per capire i motivi del suo gesto -
Tra noi è calato il silenzio, quel silenzio vuoto e inospitale, quasi gelido, tanto che sento i brividi scorrermi sulla pelle e percorrerla tutta da capo a piedi. "Che succede?" gli chiedo guardandolo, anche se i suoi occhi sono rivolti verso il pavimento e non mi degna di attenzione. "Niente" mi risponde alzando le spalle e tenendo i suoi occhi color ghiaccio sempre fissi in quel punto.
"Cazzo Filippo non farlo, non con me. Sfogati, parlami, lasciati andare, ma non chiuderti a riccio, non far finta che vada tutto bene perché non è così e ti conosco troppo per credere a questa puttanata." gli dico avvicinandomi a lui, cerco di sollevare il suo sguardo per farlo incrociare al mio, ma lui sfugge dal mio tocco e a sua volta si alza dal letto. "Parlane con me, ti prego." gli sussurro, il mio tono esce quasi fosse una supplica. - o forse inconsapevolmente la è, non voglio che mi escluda un'altra volta dalla sua vita -
"Credi che sia tutto così facile eh? Credi di tornare nella mia vita così, come per magia e poter cancellare tutto?" chiede con una voce dura, finalmente alza lo sguardo per incrociare i miei occhi e quasi il cuore non mi scoppia nel petto, accelera i suoi battiti all' impazzata e sembra esplodermi in gola.
"Dio, spero tu stia scherzando. Non ho mai pensato potesse essere facile, mai. Mi sono sentita bloccata milioni di volte, perché la paura di perderti mi stringeva la gola e non mi lasciava neanche respirare. Ho pensato decine di volte se questa fosse la decisione giusta, se provarci di nuovo ci avrebbe fatto bene. Ho passato mille notti senza chiudere occhio, sperando che il mattino non arrivasse mai e potessi restare sola coperta dalle mie paranoie. Quindi non puoi dirmi che ho voluto velocizzare le cose o anche solo osato pensare di metterti alle strette o davanti ad una decisione netta." gli dico, il respiro è accelerato e in un secondo tutto inizia a confondersi.
"Non capisci Ludovica, non capirai mai." - Ludovica. Quanto mi fa strano sentire il mio nome detto in quel modo, per intero, con quella voce fredda. Lulù. Era il mio nomignolo, quel modo carino che usava solo lui e che ora sembra essere solo un lontano ricordo - E infatti non riuscivo a capire, non riuscivo a mettere pace alla confusione dentro alla mia testa e trovare un motivo logico a questa sua sfuriata incontrollata.
"Ho sentito queste tue parole troppe volte Filippo. Troppe. Ripeterai quelle frasi scritte in quel cazzo di messaggio, quel "non sono abbastanza per te", oppure quel "non sono stato in grado di essere la metà bella del tuo cielo". Cazzo Filippo, cazzo -" cerco di respirare con calma, anche se sto per cedere ad una crisi di pianto isterica e incontrollata. "Io non ce la faccio a stare male ancora, mi hai spezzato in due. Completamente. Mi hai lasciato sola, con l'anima in frantumi e un dolore assurdo dentro. Fino a qualche giorno fa, piangevo solo a leggere il tuo nome nella lista delle chat...sono passati nove mesi Filo, nove cazzo di mesi e io non ho ancora superato quel dolore. Credevo di poterci riuscire insieme, invece a quanto pare -" neanche mi lascia finire il discorso, che con la sua voce aspra interrompe la mia.
"Tu mi hai lasciato solo. Tu te ne sei andata e non lo sai. Non lo saprai mai. Non avrai mai idea di quello che ho passato, di come mi sono ridotto, dei casini in casa discografica, di quanta merda mi abbia sotterrato in quei mesi. Non lo saprai mai, perché è stato più facile andartene. Perché è stato più semplice voltarmi le spalle e lasciarmi in quell'appartamento: solo con la speranza che l'alcol riuscisse ad annegare quel dolore, a renderlo liquido, a farlo evaporare dalla mia anima. Ma quel dolore non sparirà mai, lo sentirò per sempre, avrò per sempre in testa l'immagine di te, voltata di schiena che sali su quel cazzo di treno, lo capisci ora?" mi chiede, anche se ha più il sapore di una domanda retorica, a cui non avrebbe neanche senso rispondere. E quelle parole fanno così male che mi sembra di poter vedere quella ferita, di vedere il sangue scorrere e macchiarmi la pelle, gli indumenti. Fa così male che per un attimo toglie persino il fiato, offusca la vista: come se mi avessero colto di sorpresa, con una lama infilata nella carne della schiena. Dritta. Cruda. Spietata. Come solo la verità sa essere. - la verità che non riesci ad accettare tu per prima -
"Non puoi rinfacciarmi questo, non te lo permetto. E tu il mio dolore lo comprendi? Riesci a capirlo? Hai presente quanto mi sono sentita inutile in quei mesi? Quante cazzo di volte avrei voluto poter sentire il tuo dolore dentro di me, così da alleggerirti un po'? Cosa significasse svegliarsi in piena notte e non trovarti a letto, perché eri già in salone con una bottiglia di vodka tra le mani e non poterti aiutare?
Lo sai quante volte ho sperato con tutta me stessa di scomparire, di non esserci più, per non soffrire così tanto? Quante volte avrei voluto abbracciarti e sussurrarti che andava tutto bene e invece tu preferivi urlarmi contro o lanciarmi qualche oggetto quasi addosso? Filippo, io non ti riconoscevo più, mi sembrava di aver perso tutto. Tutto. La mia intera vita non aveva più senso, mi guardavo allo specchio ed ero buona solo a scoppiare  a piangere perché non riconoscevo più la figura riflessa, mi sono sentita la persona più insulsa del mondo, l'essere più minuscolo e inutile del mondo. Mi sono sentita calpestata, delusa, usata, straziata dal dolore, dalla rabbia, dalla tristezza.
Quel dolore sarà sempre lì, sempre, ma devi provare a conviverci, devi lasciarlo affievolire, devi fargli vedere che le cose belle vincono sempre.
Ogni giorno, ogni dannato giorno, mi sveglio e mi sento in colpa per averti lasciato proprio quando avevi più bisogno di me. Ogni cazzo di giorno, te lo giuro. Ma tu ci pensi mai a me?" si lascia andare contro la parete, appoggiandoci prima la schiena e poi la testa, fino a sprofondare a terra con un rumoroso sospiro; ormai il mio viso è bagnato dalle lacrime e spero solo che tutto questo finisca presto perché rivivere quei momenti mi fa troppo male.
"Tu non puoi capire quanto sono incazzato e amareggiato...Sei arrivata a pensare che potessi non amarti più, che potessi essere cambiato così tanto, da non sentire il cuore battere ogni volta che ti guardavo, hai pensato che tutto il resto potesse uccidere anche il sentimento che provavo per te, hai pensato che potessi farlo apposta, hai pensato che i tuoi occhi non mi facessero più lo stesso effetto, che avrei potuto dimenticarlo. Dimenticarti. Cazzo, che avrei potuto dimenticarmi di te..." mi dice con le mani in mezzo ai capelli, che tirano nervosamente le punte verso l'alto, mentre le lacrime scendono inesorabili sul suo viso e anche sul mio. - vorrei che questo fosse solo un brutto incubo, vorrei potermi svegliare e smetterla di stare male -
"Non potevo più stare al tuo fianco. Non ce la facevo più. Non sapevo più come aiutarti." - e si, pensavo mi avessi dimenticato, pensavo che la tua mente avesse cancellato tutti i nostri ricordi, che la tua pelle non si ricordasse più il contatto con la mia, che il tuo naso non fosse più in grado di riconoscere il mio profumo tra milioni. Pensavo ti fossi davvero dimenticato di me, di noi - tutto questo lo tengo per me, lo lascio annegare tra i pensieri della mente e scomparire in mezzo alla confusione. Cerco, semplicemente, di incrociare i suoi occhi, i miei stanno diluviando come pioggia durante un temporale estivo e avrei solo voglia di smetterla di urlare e sprofondare tra le sue braccia.
"Non capisci che se solo avessi detto una parola, se mi avessi sputato in faccia tutto quel dolore avrei fatto di tutto? Sarei scappato ovunque con te! Ovunque cazzo! Eri la cosa più importante, l'unica cosa bella da proteggere dal male con tutte le forze necessarie. Sarei arrivato a perdere tutto per te, tutto, persino una parte di me stesso." a quel punto, per la prima volta dall'inizio di questa discussione, i nostri occhi si incontrano e i miei, per poco, non rischiano di annegare in quel lago trasparente. "Pensavo fosse la cosa giusta separarci, ma cazzo, non puoi essere ancora fermo lì. Ancora a quel momento. Non puoi continuare a lasciarti distruggere da quei ricordi, non appena ti senti un po' meglio...E invece no, vai a ripescarli perché sei un orgoglioso del cazzo, sembri quasi avere un bisogno vitale di soffrire e devi per forza trovare un pretesto per stare male, per non goderti mai le cose belle." Non riuscivo più a trattenermi, dovevo sputargli in faccia quelle cose che continuavano a risuonarmi in testa, in un fluire sconnesso di pensieri confusi dalla rabbia. "Credi di essere stato l'unico a stare male? A soffrire come un cane? Credi di essere l'unico a dover convivere con quello che ritieni essere l'errore più grande della tua vita? Mi maledico ogni fottuto giorno per non esserci stata, per aver pensato che potessi non amarmi più, per aver lasciato vincere la mia parte razionale, per averti fatto affogare in quell'abisso da solo. Totalmente da solo. Torno con la mente lì ogni giorno, affogo per un po' in quegli sbagli, in quei rimorsi che mi hanno sconvolto la vita, però sono arrivata alla conclusione che non possiamo tornare indietro. È stato un errore colossale, ne sto pagando le conseguenze e lo stai facendo anche tu. Non si può rimediare a quel dolore, rimarrà sempre lì fisso nel cuore, ma ci si può convivere, o almeno si può imparare a farlo." gli dico, accucciandomi di fronte a lui e cercando il contatto con la sua pelle. "Non posso. Io non - " sussurra semplicemente, mentre la rabbia dentro di me sale sempre più, quasi mi contorce lo stomaco, mi sale la nausea fino in gola. "Non vuoi. E continui a farmi male, a farti male, a farci male. Ti giuro, ti prenderei a schiaffi se solo ne avessi la forza...odio questo tuo comportamento, odio il tuo essere così dannatamente rancoroso, la tua smania di voler sempre soffrire, di non essere mai felice. Hai passato giorni interi a cercarmi, a raccontarmi le tue giornate, a compiere gesti dolcissimi, sei venuto a Monza, abbiamo dormito insieme, ballato, mi hai sussurrato frasi importanti, mi hai fatto leggere quella cazzo di lettera. Ti rendi conto delle cose che hai scritto in quella dannata lettera eh? Hai scritto che sarò sempre l'amore della tua vita, che ti ho rubato il cuore, che durante quei mesi ti mancavo come l'aria nei polmoni, che mi cercavi da qualsiasi parte, che mi parlavi come se fossi stata accanto a te, che non avresti mai potuto dimenticarmi, che nessuno ti ha fatto sentire felice e leggero come ho fatto io, che avresti voluto solo la possibilità di amarmi, amarmi e basta.  Hai scritto che avresti voluto una figlia con me, una figlia Filippo cazzo! Le parole hanno un peso, pesano enormemente, non puoi pensare che possano scomparire in una folata di vento. Ma tu fai così,  tutto d'un tratto, ti fai sopraffare di nuovo da quei cazzo di ricordi che potresti lasciarti alle spalle e ricadi giù, ti ferisci ancora con più ostinazione, ti autolesioni come se ne fossi dipendente, come se fossi talmente cocciuto da non riuscire a ricominciare e, così, trascini con te tutti quelli che ti gravitano intorno. Non te ne rendi nemmeno conto forse, ma rovini ogni cosa. Ogni cosa bella viene spazzata via in un lampo dalle tue parole, dalle tue azioni assurde. Pensavo di essere abbastanza importante da riuscire a superarla insieme, ma invece non è così." dico alzandomi in piedi, mentre la sua mano mi blocca per un polso e mi fa tornare con il viso davanti a lui. "Credi che se non fossi ancora la persona più importante della mia vita non ti avrei dimenticata mesi fa? Credi che se smettere di amarti fosse stato così facile, non l'avrei già fatto? Eh? Queste cazzo di lacrime che vedi sul mio viso non ti fanno pensare? Non ti fanno pensare che se fossi realmente così poco importante come credi non ci avrei già messo una pietra sopra riuscendo a ricominciare?" i suoi occhi cerulei incastrarti nei miei, abbasso lo sguardo per notare la sua mano appoggiata sulla mia pelle che quasi brucia sotto quel contatto, il cuore non smette di accelerare, di pulsare forte contro le pareti della testa, mentre intorno cala una nube di silenzio. - non dire quello che stai pensando, non lo fare, lui deve convivere con il dolore e anche tu devi riuscire a superarlo - "Ti vorrei ricordare che hai provato a dimenticarmi, scopando con un'altra. Quindi sì, pensavi di scordarmi facilmente." gli dico con un tono scostante, quasi schifato, mentre mi libero dalla sua presa con un gesto nervoso. E fa quasi sorridere: perché butto fuori quelle parole con veemenza e, paradossalmente, un attimo dopo trattengo il respiro per la paura di aver rovinato tutto quanto.
Lui si alza di scatto, allontanandosi da me, come se non riuscisse a credere alle mie parole, poi improvvisamente tira un calcio contro la valigia appoggiata al pavimento e la scaraventa contro la finestra, talmente forte da far tremare persino i vetri. "Dio, vorrei urlartelo che è stata solo una scopata. Vorrei fartelo capire in qualsiasi modo. Si è vero, pensavo di dimenticarti, volevo credere che fosse facile, ma facendo così è andata anche peggio. Non sono nemmeno riuscito ad arrivare in fondo perché immaginavo solo te, avevo il tuo viso davanti e quel profumo non era il tuo, quel tocco sulla mia pelle non era come il tuo, quegli occhi erano così spenti che non ricordavano neanche lontanamente la luce dei tuoi, niente era meraviglioso, niente profumava di Paradiso. Dio, mi fai così incazzare! Anche tu dovresti riuscire a superare questa cosa, dovresti riuscire ad accantonarla in un cassettino della mente e a non pensarci più. Perché non riesci a perdonarmi?" le lacrime ormai sgorgano come una cascata in piena estate, annebbiandomi anche leggermente la vista. Io sono ancora accucciata nel pavimento, la schiena rivolta verso di lui, la voce che mi trema e non riesce a non singhiozzare. "Perdonarti? Credi che sia così facile? Il solo pensiero delle tue dita che toccano un'altra mi fa impazzire, le tue labbra che assaporano quelle di un'altra persona mi trafigge come centinaia di coltellate, il pensiero del tuo profumo sulla pelle di un'altra donna mi uccide. Non dovevi farlo Filippo." gli dico semplicemente, scuotendo la testa e asciugandomi le lacrime in maniera irrequieta, mentre una risata nervosa esce dalla sua bocca. "È stato un cazzo di errore, ma non ho mai smesso di pensare a te. Ti amo ancora come il primo giorno, ancora come la prima volta che ti ho rubato quel bacio perché non resistevo più, come la prima volta che abbiamo fatto l'amore, ti amo ancora troppo ed è questo il problema. Vorrei riuscire ad amarti un po' meno...ti rendi conto che non riesco nemmeno a concentrarmi su questa esperienza, perché tutto mi ricorda te? Tutto, qualsiasi cosa e non riesco a pensare ad altro." mi dice accasciandosi contro la parete dall'altra parte della stanza e sbattendoci contro la testa.
"Dio, e allora smettila. Smettila di far vincere quel cazzo di orgoglio e quelle paranoie, proviamoci ancora. Insieme. Non ti sto dicendo che sarà facile, abbiamo tante cose da superare, farà addirittura male forse, a tratti ci sentiremo vuoti, persi, ma possiamo farcela. Io lo so che insieme possiamo farcela, tu sei la mia piuma e niente potrà mai farmi sentire leggera come te. Niente sarà mai tanto forte come questo sentimento. Niente. Almeno proviamoci, ti prego." dico avvicinandomi di nuovo a lui e prendendo la sua mano, intrecciando le sue dita con le mie, mentre con l'altra gli asciugo qualche lacrima sul viso. Ho voglia di lasciarmi tutto alle spalle e voglio che anche lui ci riesca, ho bisogno di avere la certezza della sua presenza nella mia vita, perché sennò non riuscirò mai a ricominciare davvero. "Non ce la faccio." dice semplicemente, lasciandomi prontamente la mano e dirigendosi verso la porta. In quel preciso istante il mio cuore si spezza, lo sento frantumarsi in mille pezzi, con quel crack che mi spacca dentro. Quei cerotti appoggiati con minuziosa cura e particolare attenzione sulle ferite per farle rimarginare, si spezzano, si tolgono e loro ricominciano a sanguinare, di nuovo, sporcandomi dentro e creando per l'ennesima volta una marea di piccoli pezzettini difficili da ricomporre, difficili da far combaciare ancora.
"La cosa che mi fa male è che tu sei ancora la metà bella del mio cielo, sei ancora la cosa più importante della mia vita, sei ancora quel battito di ali leggere, sei ancora un insieme di ricordi indimenticabili, sei ancora l'unica persona in grado di farmi sentire giusta...ma non posso, non riesco a continuare così. Rischio di impazzire, rischio di farmi troppo male e non voglio. Non ce la faccio, non sono abbastanza forte per tutto questo. Spero solo che riesca a smettere di amarti, perché ora mi sembra una cosa impossibile." dico poco prima di vederlo uscire dalla stanza. La porta che sbatte furiosamente, che fa tremare persino i vetri, che fa muovere i soprammobili e il mio cuore che si frantuma. Mi sta lasciando lì, sola un'altra volta ed è anche colpa mia. Ci siamo urlati contro cose troppo grandi, abbiamo riaperto ferite non ancora rimarginate, che bruciano come se qualcuno ci avesse gettato del sale puro sopra. E la consapevolezza che forse, quella porta non si riaprirà più mi squarcia l'anima, la ferisce come milioni di piccoli tagli, la squarta in metà.
Il mio petto si alza e si abbassa furiosamente, come dopo una corsa veloce, come quando l'addome ti fa male e non riesci a tirare un respiro profondo. Lo stomaco si contorce sempre di più.
Sempre di più.
Ancora di più, se possibile.
Sembra formare un grosso nodo, tant'è che in gola comincia a salirmi la bile, parte dallo stomaco e risale sempre più su, fino che non mi ritrovo in quel bagno terribilmente freddo a vomitare pure l'anima. - cercando di rimuovere quei brutti ricordi, cercando di cancellare tutto, cercando di far fuoriuscire insieme a quel liquido anche tutto il dolore che mi trafigge lo stomaco -
I brividi mi percorrono tutto il corpo, da capo a piedi: partono dal collo, percorrono la spina dorsale, si diramano nelle braccia, poi nelle gambe; mi fanno addirittura tremare leggermente, non riesco a reggermi in piedi, la testa continua a girare e le orecchie a fischiare forte, le immagini appaiono confuse, come se la vista mi si stesse offuscando leggermente. Mi reggo al lavandino per non crollare al suolo, respiro profondamente, o almeno cerco di farlo, mi guardo allo specchio e mi faccio pena da sola: un colorito biancastro in viso, il trucco tutto colato che mi sporca le guance, le mani che tremano e i singhiozzi che sembrano non placarsi mai.
Tutto intorno a me è buio, di un colore spento e triste, inospitale e orrendamente vuoto.

Irama

Non riuscivo più a stare in quella stanza insieme a lei, quella discussione mi aveva spezzato in metà , lasciandomi solo con una confusione di pensieri in testa e il cervello completamente in tilt. Sono scappato via, - per l'ennesima volta -lasciandola sola, abbandonandola di nuovo e lasciando che quel dolore continuasse solo a farmi soffrire sempre di più. Da una parte, avrei voluto trovare la forza di scappare lontano, prendere le chiavi della macchina di Einar e premere il pedale sull'acceleratore. Senza pensare alle conseguenze, senza dar peso alla parte razionale, lasciando vincere la follia. Allo stesso tempo, però non sono riuscito ad allontanarmi troppo: il corridoio dell'hotel è deserto, non c'è anima viva nei paraggi e il silenzio che si respira fa quasi paura. Mi sono appoggiato con la schiena alla parete, ho buttato la testa contro il muro, poi poco dopo con un pesante sospiro mi sono accasciato a terra, nel pavimento coperto dalla moquette rossa, lasciandomi andare completamente. Le emozioni mi stanno sopraffando, non riesco a calmarmi, né a respirare con tranquillità, sento come se un macigno si fosse appoggiato sul mio sterno, - con lo stesso peso di un tir - e non mi permettesse di tirare un respiro profondo. Riesco solo a piangere nervosamente, come se avessi voglia di urlare forte e stessi continuando a trattenere tutto dentro. Come sempre.
Piango.
Piango.
Piango e mi vergogno persino di me stesso.

Come abbiamo fatto a ridurci in quel modo orribile? Come siamo arrivati ad urlarci contro quelle cose tremende?  Come?

Queste domande continuano a risuonarmi in testa come una persecuzione. Eravamo sempre stati la parte migliore l'uno dell'altra e vederci così: distanti, feriti, esausti, tristi - come se non riuscissimo più a comprenderci, a tradurci - mi fa terribilmente male. Pensare che siamo arrivati a questo punto di non ritorno, a quello che mi sembra un vicolo cieco senza via di scampo, a quella che mi sembra una realtà talmente dolorosa da essere impossibile da accettare; mi fa talmente male da diventare insostenibile. In questo momento, non riesco nemmeno a muovere un muscolo, non ho la forza neanche per alzarmi in piedi, la testa continua a girare e piango al pensiero che i miei occhi non riescano ad essere felici incrociando i suoi. - e in un istante tutto si fa chiaro -
Penso a quando, poco fa, mi ha urlato contro che io fossi ancora la metà bella del suo cielo, che fossi ancora la cosa più importante della sua vita e mi esce spontanea una risata sarcastica, quasi nervosa.
Come poteva credere che per me non fosse lo stesso?
La amo, la amo ancora con tutto il cuore possibile e vorrei avere il coraggio di urlarglielo in faccia, di guardarla negli occhi e dirle che per lei sarei in grado di passare sopra a tutto, che tutto quel dolore è soltanto un puntino minuscolo rispetto all'amore immenso che provo nei suoi confronti, che sarei in grado persino di perdere un pezzo di me stesso per vederla felice.
- la rabbia è stata in grado di confondermi i pensieri per un istante, talmente subdola da farmi credere che tutto fosse arrivato alla parola fine, che le sfumature attorno alla sua pupilla non fossero più in grado di farmi sentire l'uomo più fortunato al mondo, che quel sogno di felicità potesse evaporare perdendosi nelle particelle dell'aria -

Non posso permettere che tutto finisca così.
Non posso permetterlo perché ho un bisogno quasi vitale della sua presenza nella mia vita e non voglio perderla per nessuna ragione al mondo. Certo, avremo bisogno dei nostri tempi, dei nostri spazi e soprattutto di vivercela con calma, di respirare, di meditare, ma non posso nemmeno lontanamente pensare di escluderla dalla mia vita o di fare a meno di lei.

Sento dei sospiri mischiati a singhiozzi al di là della porta, capisco che anche lei è lì, proprio come me, non è riuscita ad allontanarsi nemmeno di un passo. Corro per un attimo giù per le scale, fino ad arrivare alla hall dell'albergo, chiedo qualche foglio di carta e una penna, poi decido di tornare davanti a quella porta. Ho il fiato corto e il cuore che batte di nuovo all'impazzata, che accelera il suo ritmo in una maniera spropositata. "Bhe ci tengo così poco a te, che non sono riuscito neanche ad allontanarmi dalla porta. Sono un coglione!" poi lo ripiego e lo faccio passare sotto alla fessura della porta, così da farglielo avere.

Ludovica

Le lacrime non sembrano voler cessare, non sembrano avere una fine, così continuo ad asciugarmele nervosamente con il dorso della mano, abbasso di poco lo sguardo e noto che da sotto la porta spunta un fogliettino bianco ben ripiegato, lo apro e finalmente, dopo minuti che mi sono sembrati infiniti, sorrido. Prendo la penna e gli rispondo "Nonostante tutto, solo tu riesci a farmi sorridere. Scusa" poi lo ripiego e lo butto di nuovo dall'altro lato. Sento lo scatto della penna e, dopo qualche secondo, il foglio è di nuovo nelle mie mani.
"Non ce la facciamo mai a goderci questo tempo insieme, ma forse urlarci contro ci ha fatto bene...scusami tu" avvicino il foglio al mio naso e riesco a sentirci il suo profumo: quella fragranza rassicurante e sensuale, che mi fa sentire subito a casa.  Per un istante, metto da parte tutto: la rabbia, la delusione, il dolore, persino la parte razionale. Mi alzo e proprio mentre apro la porta, vedo la mano di Filippo ferma a mezz'aria che stava per bussare.
"Davvero, io-" ma non fa a tempo a pronunciare queste parole, che io allargo le braccia e gliele allaccio dietro il collo, lui di risposta mi lascia un tenero bacio tra i capelli e poi appoggia le sue mani dietro alla mia schiena, stringendomi ancora di più.
L'abbraccio più bello che ci siamo mai scambiati: il mio corpo quasi appiccicato al suo che mi da la sensazione di tornare a respirare, dopo essere stata in apnea per un tempo troppo lungo, il cuore che quasi scoppia di felicità e il respiro che, finalmente, si normalizza. Il mio profumo che si mischia al suo, il suo respiro che si mischia al mio, la mia felicità che si incastra alla sua. Poi lo prendo per mano e insieme ci dirigiamo in balcone, gli porgo una sigaretta dal mio pacchetto e ce la dividiamo come ai vecchi tempi: notte fonda e qualche chiacchiera come accompagnamento.
"Mi ha rimesso in sfida, è per quello che ero un po' nervoso" mi dice d'un tratto, rubandomi la sigaretta dalle dita e portandosela alle labbra. La sua schiena è appoggiata alla parete del balcone, mentre la mia sul suo petto. "Potevi dirmelo subito, continui a tenerti tutto dentro. Ti prego solo una cosa Fili: non escludermi, non tirarmi fuori dalla tua vita." gli dico, voltando leggermente la testa e incastrando i miei occhi nei suoi. - e vorrei sprofondarci, vorrei nuotarci come nel più bello degli oceani, vorrei vederli brillare di nuovo come qualche tempo fa, vorrei essere ancora la causa di quella luce speciale -
"Non potrei farlo mai, mai. Senza di te non riesco a stare, però è proprio per questo motivo che ho bisogno di un po' di tempo, di un po' di spazio, di dare ordine a tutti questi cazzo di pensieri che mi risuonano in testa." mi dice con una sincerità nello sguardo che quasi mi disarma, che quasi mi lascia senza le parole per proseguire. "In questo preciso istante, ad esempio, già trasgredirei uno dei punti che mi sono prefissato: andare con calma. Me ne fregherei di tutto e ti bacer-" veniamo interrotti dalla porta che si apre e rivela le figure di Biondo, Einar e Lorenzo: parecchio ubriachi, particolarmente allegri e in vena di far casino.
"Anvedi chi ce sta! A belli de casa!" esclama Simone, allungando in maniera spropositata la A finale e alzando gradualmente il tono della voce, per poi avvicinarsi e sdraiarsi praticamente sulla nostre gambe.
"Sappiate che non vi abbiamo rotto le palle stasera, perché abbiamo avuto rispetto della vostra situazione e sappiamo che dovevate chiarire" dice Lorenzo, lasciandomi un bacio sulla guancia e rubando una sigaretta dal mio pacchetto. "E tra parentesi, vi siete persi pure una festa colossale!" esclama Einar, sedendosi nelle sedie poco distanti da noi, mentre io e Filippo continuiamo solo a guardarci e a ridere come due scemi. - e un pensiero costante si fa sempre più spazio nella mente: vorrei restare così per sempre. Io e lui felici, i nostri pazzi amici intorno, qualche sigaretta, un sorso di birra e un sorriso quasi dipinto sulle labbra -
"Ah domani ve porto in un posto da sogno, ce diamo dentro col sushi. Nun se accettano risposte negative, dovete farvi perdonare!" dice Biondo guardandoci con aria di sfida, portandosi l'indice e il medio verso gli occhi, per poi muoverli verso di noi, come a metterci paura. Io e Filippo, ci scambiamo uno sguardo di complicità per poi lasciare un bacio per uno nella guancia del sex symbol freddo.

Dopo qualche altra chiacchiera, ci fumiamo l'ultima sigaretta tutti insieme, poi io e Lorenzo decidiamo di tornare in albergo perché ormai è quasi mattino. Filippo ci accompagna fino alla porta della stanza, saluta Lori con un abbraccio e mentre sto uscendo mi blocca per un polso, trascinandomi verso di sé, lasciandomi un bacio tra il collo e la spalla e sussurrandomi un "A domani", io di risposta gli sorrido e gli accarezzo le labbra con la punta delle dita, poi raggiungo Lorenzo che mi sta aspettando nel corridoio, voltandomi solo alla fine per mandargli un bacio volante, accompagnato da un gesto della mano.

Il sole splende alto nel cielo, fa anche abbastanza caldo per essere ancora febbraio. È una di quelle tipiche giornate quasi primaverili: dove ti viene voglia di estate, mare, di mettere quei vestiti svolazzanti, di aperitivi al tramonto e mazzi di fiori colorati.
Siamo in uno dei ristoranti giapponesi migliori di Roma, - almeno secondo il parere di Simone -  ci sono alcuni dei concorrenti di Amici, poi la fidanzata di Einar: Valentina, direttamente da Brescia, Lorenzo ed infine io.
Sto parlando con Emma e Valentina che sono sedute al mio fianco, mentre di fronte ho i visi di Lorenzo, Einar e Simone che ridono complici, ma i miei occhi sono fissi sulla figura di Filippo. È seduto qualche sedia di fronte a me ed io non riesco a togliere lo sguardo da quell'espressione da pesce lesso che ha dipinta sul viso dall'inizio del pranzo - o più precisamente, da quando una Nicole particolarmente sexy e seducente non fa altro che provocarlo con quelle risatine sguaiate e quell'atteggiamento da oca giuliva -
Lorenzo continua a parlare con i ragazzi vicino a noi, mentre ha lo sguardo fisso su di me, i suoi occhi che di tanto in tanto si incrociano con i miei e che quasi mi vorrebbero sussurrare un "è un coglione, solo un coglione" e io che con il potere dello sguardo cerco di mimargli un "sono stanca, stanca di quel comportamento da stupido menefreghista, stanca di non riuscire mai ad arrivare ad un punto, stanca di non sentirlo mai mio."
"Tu e Filippo stavate insieme vero?" mi chiede sorridendo Emma, con un uso bizzarro della lingua italiana, io prima di rispondere fisso negli occhi Lorenzo per cercare un briciolo di conforto. Filippo si volta di scatto a guardarmi, come se avesse sentito la domanda della maltese e attendesse una mia risposta. "Si, una volta, tanto tempo fa." le dico con un sorriso spento, cercando di chiudere il discorso, forse in una maniera pure troppo secca, però non ho la forza per rispondere altro. - mi manca persino la forza di respirare in questo momento -
Mi volto di nuovo nella direzione del ragazzo con le piume e vedo una scena raccapricciante: Nicole che con il suo atteggiamento provocante,
prende le bacchette e porta un pezzo di sushi fino alla bocca di Filippo. - basta, è troppo. Non ci posso credere. -
"Scusate, esco a fumarmi una sigaretta" dico rivolgendomi al gruppo di ragazzi accanto a me. Ho lo stomaco contorto, quasi schifato, ci porto una mano sopra perché mi fa persino un po' male, tant'è che mi è passata pure la fame e il solo vedere ancora del cibo fatto ad involtino contenente pesce crudo, mi fa salire la nausea.

"Compagnia?" sento la sua voce pormi questa domanda e, se possibile, il disgusto mi sale ancora di più, non riesco neanche ad alzare lo sguardo per incrociarlo con il suo. Ho la pelle d'oca, i brividi di freddo che mi percorrono tutto il corpo, creando quella classica e parecchio fastidiosa reazione sull'epidermide. Filippo sembra accorgersene, tanto che si sfila la giacca per mettermela sulle spalle e sedersi sul muretto poco distante da me. "Torna dentro" gli dico restituendogli la giacca di pelle con un gesto duro, quasi nervoso. "Mi sembrava ti stessi divertendo molto prima con la tua amichetta. Io imbocco te, tu imbocchi me, già che c'eravate una bella limonata come dessert no?" gli chiedo in tono ironico, voltandomi leggermente verso di lui e chiudendo gli occhi fino a farli diventare piccoli come una fessura. Vorrei tirargli uno schiaffo ben assestato in volto per fargli capire il livorio che provo fin dentro allo stomaco in questo momento, per fargli sentire solo un po' di quella rabbia che mi sta salendo fino in gola, per sputargli in faccia tutto il disgusto che provo. "Non ho voglia di discutere, davvero non ce la faccio." gli dico con un tono sincero nella voce, quasi trasparente, come se mi stessi spogliando completamente delle mie debolezze più nascoste. "Non voglio continuare a discutere, è l'unica cosa che non ho voglia di fare con te." mi sussurra lui, voltandosi nella mia direzione e cercando il contatto con i miei occhi, anche se io continuo a tenere lo sguardo rivolto verso l'asfalto grigio, senza degnarlo di attenzione. Lo vedo boccheggiare, come se volesse dire qualcosa, come se stesse connettendo i pensieri, ma avesse quasi paura ad esternarli senza freni.
Restiamo così: uno accanto all'altra, per minuti infiniti, senza pronunciare una parola, mentre tra noi cala quell'alone di silenzio terribile. Uno di quei silenzi vuoti, che sono pieni di cose da dire, ma non si hanno i mezzi giusti per parlare, quelli pieni di ferite coperte da cerotti non troppo resistenti, di quelli che si staccano con la prima goccia di acqua, quei silenzi assurdi che a tratti fanno persino male.
"Torneremo mai quelli di prima?" mi chiede improvvisamente, lanciando il mozzicone di sigaretta davanti a lui e scendendo dal muretto sul quale stava seduto. Si mette davanti a me, incastrandosi nello spazio tra le mie gambe e cercando il contatto con le mie mani, le sue dita si intrecciano alle mie, mentre lascia che il fluire di pensieri si liberi nell'aria.
"Sai, parlo di quelli che stavano ore sotto un cielo stellato a parlare. Quelli che amavano uscire di notte per passare qualche ora in macchina a cantare. Quelli che si amavano alla follia, fregandosene di tutto il resto. Quelli che, se incrociavano per un istante lo sguardo dell'altro, si sentivano sempre nel posto giusto. Quelli che non resistevano nemmeno qualche minuto senza baciarsi. Quelli che si svegliavano la domenica mattina e restavano ore a coccolarsi nel letto. Quelli che hanno mandato a farsi fottere la distanza, le paranoie, le insicurezze e hanno scelto il loro amore. Quelli che facevano l'amore e mischiavano il proprio respiro a quello dell'altro. Quelli che amavano le cose semplici: una pizza, una rosa, un gesto inaspettato. Quelli che facevano invidia al mondo intero. Quelli che sono riusciti a salvarsi a vicenda, buttando giù a suon di felicità quei muri invalicabili. Quelli giovani e follemente innamorati. " mi dice, sollevando leggermente il mio mento per incrociare i miei occhi. - resto un attimo in silenzio, beandomi di quel tocco -
"Tu dici quelli che lui era un ragazzo un po' strano con degli orecchini singolari e lei una con più paranoie che riccioli in testa? Che lui era un tipo super disordinato, con la camera piena di fogli scritti e i pensieri sempre in movimento? Che lei era una ragazza che non credeva più nelle persone, che viveva di delusioni e fallimenti, ma poi ha incontrato qualcuno che l'ha fatta ricredere? Quelli che lui le dedicava canzoni, le scriveva versi speciali e romantici, che era un po' come se vivesse di lei? Quelli che lei non aveva mai trovato una collocazione nel mondo, non si era mai sentita a casa come tra le braccia del suo posto felice? Quei due ragazzi che bastava che si guardassero e il mondo intorno sembrava fermarsi?
Non so se torneranno mai quelli di prima, so solo che non potranno mai essere completi, felici, sentirsi giusti, senza avere l'altro accanto." gli rispondo tenendo i miei occhi fissi nei suoi, in quelle pozze dal colore di un lago ghiacciato - così trasparenti da farmi da specchio, talmente puri da leggerci un mondo dentro -
"Regà, avete l'accendino?" chiede Biondo, urlando dall'altro lato della via, con quel suo inconfondibile accento romano. Attraversa la strada e si viene a sedere sul muretto accanto a me, mentre Filippo gli presta l'accendino per la sigaretta. - e la sua espressione è inspiegabile: ha la faccia di chi vorrebbe poterti prendere a schiaffi per aver interrotto un discorso così importante, quasi vitale, un momento così perfetto  - "Che ho interrotto qualcosa?" chiede voltando il suo viso ripetutamente prima verso Filippo, poi verso di me. "Assolutamente no" gli rispondo, lanciando un'occhiataccia a Filippo che stava per aprire la bocca e lasciarle libero sfogo.
"Io rientro, tra poco io e Lori abbiamo il treno" dico sorridendo lievemente a Filippo, come a volergli dire qualcosa che vorrei capisse solo attraverso lo sguardo. - vorrei dirgli che quei due ragazzi torneranno quelli di prima: che ci vorrà del tempo, che forse farà male, che sarà difficile, ma ce la faranno. Vorrei dirgli che quella ragazza lo ama ancora come il primo giorno, che sente il cuore felice solo quando è insieme a lui, che non è mai riuscita a specchiarsi in altri occhi, che non si è mai sentita bella come quando la guarda lui, che non si è mai sentita così felice. Vorrei, ma preferisco evitare -

"No macché, oggi pomeriggio giro pe Roma, poi stasera andiamo a be da qualche parte....c'ho già parlato io col Galli, che v'ha già cambiato er bijetto der treno" mi dice Biondo, tutto soddisfatto della sua folle idea. - e in quel momento avrei voluto scappare, avrei voluto scomparire dalla faccia della terra, avrei voluto svegliarmi da quello strano sogno. Con Filippo la situazione è davvero in bilico: siamo in un limbo strano e difficile da definire, non siamo amici, nemmeno fidanzati. L'unica certezza che mi resta è quella che siamo due ragazzi con un bel bagaglio di passato alle spalle, pieno di cose belle e di ricordi incancellabili -

Irama

Avrei voluto finire quel discorso, senza che Simone ci interrompesse e rovinasse quell'attimo di confidenze. Avrei voluto dirle che la vita di quel ragazzo è diventata bella solo dal giorno in cui ha incontrato lei, che svegliarsi al mattino con lei accanto è una delle sensazioni più incredibili del mondo, che non gli era mai successo di ridere di riflesso, come se il sorriso di lei fosse qualcosa di così meraviglioso da far sentire appagato anche lui, che quel ragazzo si è sentito per la prima volta giusto quel giorno in villa da Lorenzo. Che niente, niente, potrà mai eguagliare quell'amore speciale, quel batticuore che toglie il respiro, quel sorriso spontaneo che nasce sul viso e non ti spieghi il perché. Niente.

"Guarda un po' quanti like me becca Flacø..." mi dice Biondo avvicinandosi e girando verso di me lo schermo del suo cellulare. Guardo distrattamente la foto scattata poco prima all'uscita del ristorante, gli sorrido anche se i miei pensieri sono totalmente altrove. "C'è sta pure quello de Ludo bro, vai sereno!" conclude facendomi l'occhiolino, prima di allontanarsi e mostrare la foto anche a Einar e Lorenzo.

Biondofficial
Rome, Italy

persone a cui piace lorigalli, davidezenobio, ludovicam, emmamuscat, laurencelentano, einarmusic, iramassunflower e altre 54.057

biondofficial Io e Flacø post abbuffata 🤟🏻🐷
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Stiamo visitando tutta Roma a piedi, quasi fossimo in gita turistica e lei non smette di girare la testa in ogni direzione: per concentrarsi su ogni dettaglio, anche sul più piccolo, per fotografarlo nella mente e tenerlo lì, in un cassettino dei ricordi rendendolo indelebile. Sta camminando poco più avanti con Valentina ed Emma, mentre io sono affiancato da Lorenzo, Einar e l'immancabile Biondo. - che oggi si sta immensamente vantando delle sue doti da cicerone, portandoci in giro per la sua città -
"Guarda che sta bene, non serve che la fissi ogni secondo..." mi dice Lorenzo, indicandola con un cenno della testa, per poi cingermi le spalle con il suo abbraccio e scuotere leggermente la testa. Io sto per rispondergli, ma vengo interrotto per l'ennesima volta da Simone.
"Ha cercato pure de fa lo stronzo ar sushi, l'hai visto? La voleva fa ingelosì con CilieginaVergani...oh Flacø, smettila de fa il galletto che ce stai a morì dietro. Che anche se ste cose ai tuoi amici nun ce le racconti, io e il cubano le avemo capite lo stesso!" dice avvicinandosi a me e appoggiando anche lui il suo braccio sulla mia spalla, lasciandoci poi una pacca finale; prima di allontanarsi e raggiungere la ragazza maltese per offrirle un gelato, cercando di far breccia nel suo cuore di ghiaccio.

Lascio un attimo soli Lori ed Ein, mi avvicino a Ludovica e la colgo di sorpresa abbracciandola da dietro, mentre le mie labbra si posano teneramente tra i suoi capelli. "Che ne dici di dividerci una coppa di gelato enorme come ai vecchi tempi?" le sussurro avvicinandomi al suo orecchio, mentre la sua bocca si piega in un sorriso. "Mi dispiace, ma io e Lorigalli abbiamo già pensato di smezzarci una brioche piena di gelato alla crema e pistacchio" mi dice con un'espressione rammaricata, quasi tenera e alzando le spalle, per poi allontanarsi e prendere per mano il mio migliore amico. "Non pensavo foste capaci di tradirmi, mi avete colpito alle spalle! Sleali, impostori, mi avete ingannato!" dico con fare quasi teatrale, scuotendo la testa e sospirando pesantemente, per poi scoppiare in una fragorosa risata insieme agli altri due. - di quelle capaci di farti scoppiare il cuore dalla gioia e ricucirtelo, punto dopo punto, minuziosamente -

Siamo in un pub vicino all'hotel dove alloggiamo, il locale stasera è davvero strapieno: c'è gente da qualsiasi parte, la musica alta che ti invade le orecchie e ti confonde i pensieri, alcuni sono talmente ubriachi da girovagare senza una meta precisa, con i bicchieri straripanti di qualsiasi liquido contenente percentuali di alcol e il vociare delle persone che cerca di sovrastare, invano, il rumore delle casse crea ancora più confusione.
Io, insieme a Lorenzo, Einar e Biondo siamo ormai praticamente inseparabili, infatti ce ne stiamo stravaccati su alcuni divanetti, con quello che sarà il terzo cocktail della serata tra le mani, in un vortice di risate- causate in grande percentuale dall'alcol che nuota nelle profondità delle nostre vene. Le ragazze, invece, stanno ballando in gruppo in mezzo alla pista; cerco di notare, tra tutte, una testa di riccioli che però non riesco a trovare. Sposto lo sguardo nervosamente da una parte all'altra del locale, mentre già mi sale il panico, poi la vedo al bancone mentre sorseggia un drink in compagnia di Alessandro. - un concorrente del talent, frontman di una band - Per un istante mi si tappa la vena, i pensieri sembrano non connettersi, mi alzo prontamente dai divanetti con un gesto nervoso e mi faccio spazio tra le persone che mi ritrovo davanti e mi ostacolano il passaggio. - ed è così strano provare un sentimento del genere: quella gelosia che ti fa schizzare il cervello, quella voglia matta di averla solo per te, di poter godere solo tu della sua infinita bellezza. Quel sentimento che non provavo ormai da mesi interi, si stava riaccendendo come la fiamma del fuoco dopo averci gettato sopra un bicchiere stracolmo di alcol -
Mi avvicino a loro e Ludovica mi guarda storto, come se avesse capito perfettamente il motivo del mio gesto e cercasse di tranquillizzarmi e, soprattutto, di non farmi agire in modo sbagliato o impulsivo. "Perché non vai a rompere i coglioni da un'altra parte?"  dico ad Alessandro in modo diretto, crudo, senza filtri. Tra noi non scorre buon sangue, già all'interno della scuola ci parliamo a stento: ho notato che è una persona falsa, di quelle da tenersi ben lontane, di quelle che pur di idolatrare se stessi, sarebbero in grado di buttare fango anche sulla propria famiglia, di quelle che farebbero di tutto pur di vederti fallire e crollare e ne sarebbero anche felici.
Ludovica avvicina la sua mano alla mia e la stringe forte, come a volermi dire "Smettila", ma io non le do neanche ascolto, non sento neanche la sua presa salda sulle mie dita, continuo a tenere gli occhi fissi in quelli di Alessandro. "È arrivato il paladino della giustizia a salvarti dolcezza, fortunata ad aver incontrato un grande uomo come Irama" dice con sfumature parecchio ironiche nel colore della voce, finendo con il bere un sorso dal suo drink.
"Si da il caso che lei sia la mia fidanzata, quindi vedi di andare a fare il coglione un pochino più in là, o perlomeno non avvicinarti a lei." gli rispondo in tono sprezzante, poi prendo per mano Ludovica e la porto fuori dal locale insieme a me.
Lei continua a guardarmi da quando siamo usciti, io sto fumando nervosamente una sigaretta mentre i suoi occhi continuano a stare incollati sulla mia figura, talmente fissi da sentirli bruciare sulla pelle, ma nessuno dei due ha il coraggio di dire niente. La musica che esce dal locale fa eco nel silenzio di questa strada, mentre finalmente i miei nervi sembrano essersi un po' calmati, i pensieri sembrano tornare a scorrere in una maniera normale e la rabbia sembra essersi placata; lei continua a sorridere scuotendo leggermente la testa. "Cosa c'è?" le chiedo, mi prende la mano e mi attira verso di sé, appoggiando due dita sotto il mio mento e sollevandolo di poco. "Sei geloso Mr. Paranoia" mi dice scoppiando in un sorriso di quelli talmente belli da illuminare anche il buio più nero. "Chi io? Assolutamente no! Semplicemente non mi piace come persona." le rispondo secco, cercando di sminuire la sua teoria in qualsiasi modo. - che poi, alla fine dei giochi, così assurda non è - "E allora illuminami: da quando siamo fidanzati io e te?" mi chiede corrugando la fronte e mordendosi delicatamente il labbro inferiore. - e Dio...sarà l'alcol, sarà quel sentimento di gelosia che mi ha fatto capire quanto sia ancora innamorato di lei, sarà colpa di questi brividi di freddo che mi attraversano la pelle, sarà l'aria di stasera, sarà la confusione che ho in testa, sarà la voglia di abbracciarla, sarà che continua a mordersi il labbro e quel gesto mi fa impazzire, sarà la voglia di ricominciare, sarà il mio cervello che non connette più oppure colpa della musica che continua a risuonarmi nelle orecchie - Mi avvicino lentamente a lei, poggio una mano sui suoi fianchi, mentre con l'altra le accarezzo una guancia, le lascio un bacio sul naso, poi una scia sull'osso della mandibola, uno sulla curva del collo, percorrendole tutta la pelle fino alla spalla e uno all'angolo della bocca. Lei non stacca i suoi occhi dai miei, - e dannazione, vorrei poterci annegare in quel colore marrone, in quelle sfumature nocciola/dorate - si morde di nuovo il labbro, inumidendosi le labbra con la lingua e a quel punto non mi trattengo più: mi avvicino e la bacio. Uno di quei baci semplici, a stampo, labbra contro labbra, quelli da coccole sotto il cielo stellato di una Roma bella da morire e difficile da dimenticare. "Ora non siamo niente, hai ragione, ma io sono settimane che sogno di fare questo." le dico mettendole nelle mani il mio cuore libero da tutti i freni, libero da quella valanga di paranoie, libero da tutta la dura corazza che lo ricopre di solito. "Sei ubriaco Fili" mi dice accarezzandomi con la punta delle dita le labbra e sorridendo, con una luce negli occhi speciale. - quella luce che non le vedevo da troppo tempo - Mi avvicino e faccio scontrare di nuovo le nostre labbra; restiamo per un po' a pochi centimetri l'uno dall'altra: le sue braccia incollate dietro al mio collo, le mie mani appoggiate sui suoi fianchi, i nasi che quasi si sfiorano. "Lo so che non sono lucido, che ho bevuto un po' troppo e non voglio rovinare nulla. Però avevo bisogno di farlo, lo desideravo da troppo tempo." le dico incastrando la mia testa nell'incavo del suo collo e assaporando un po' il suo profumo, fino a farmelo entrare nelle ossa.
"È stata la scelta più giusta e folle che potessi fare" mi dice, piegando le labbra in un sorriso, prima che la voce di Lorenzo ci interrompa avvisandoci dell'arrivo del taxi, che li avrebbe accompagnati in stazione. La prendo per mano, facendola scendere delicatamente dal muretto, attraversiamo la strada, ci salutiamo, poi me ne resto lì: fermo sul marciapiede, mentre il taxi si allontana e sta quasi per svoltare al semaforo, a muovere la mano da destra verso sinistra, con un sorriso da ebete stampato in faccia e il cuore che sembra scoppiare. Poi d'improvviso, lei che si gira, sorride talmente tanto, che riesco a vederla anche da qui e con la mano mi saluta guardandomi dal finestrino. - e il mio cuore che già sente la sua mancanza -




Angolo autrice

Bella regà! Come state?
Io tutto bene, mancano 11 giorni al concerto di Filippo e mi sta salendo l'adrenalina 😍🤟🏻🌹

È arrivato un nuovo capitolo bello tosto, devo ammettere che per la prima volta ho pianto pure io mentre lo scrivevo....OMG 😱 comunque spero che vi possa piacere!
Se avete voglia di fare qualche chiacchiera, alcuni consigli o pareri vari vi aspetto anche in privato, mi fa sempre molto piacere 🌹❤️ vi ringrazio tanto tanto!
Poi vorrei precisare che non ho assolutamente niente contro Nicole o Alessandro, ma semplicemente mi serviva qualcuno per far scattare determinati sentimenti nei miei personaggi.
Con questo vi saluto, vi abbraccio forte e alla prossima!
~R. 🦋

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