Eternamente nostri
Ludovica
Lo stiamo facendo davvero.
È tutto vero, dannatamente vero.
Talmente tangibile, da essere vero.
Talmente vero che sento i brividi ovunque, forse tremo un po' anche per colpa loro.
Mi gira la testa, mi bruciano gli occhi, sento un groviglio strano avvolgermi lo stomaco e a stento riesco a reggermi in piedi.
È vero e tutto dannatamente strano.
Tutto è partito qualche giorno fa, quando un po' per gioco, sono finita in un atelier di abiti da sposa a Milano. Con me le mie due migliori amiche di sempre: Francesca e Letizia, con gli occhi già lucidi ed il telefono rigorosamente in mano, pronte ad immortalare ogni singolo momento. Siamo entrate e siamo state investite in pieno da centinaia di metri di tulle, pizzo, chiffon in qualsiasi gradazione di colore, forma e lunghezza.
Lì, l'inizio della consapevolezza.
La sensazione che tutto stesse davvero per accadere, che mi sarei sposata con Filippo, che ci saremmo promessi amore eterno, che avremo giurato l'una all'altro fede reciproca. Che ci saremmo guardati negli occhi, dicendoci si, scelgo te per tutto il resto della mia vita.
Cosi, come quando da bambine si sogna di essere principesse e di raggiungere il proprio amato sopra una carrozza trainata da cavalli bianchi, con un vestito bianco da favola, abbiamo iniziato a girovagare per l'atelier. Con gli occhi sognanti e le gambe tremanti, con il cuore colmo di sentimenti e i sorrisi stampati in viso. Abbiamo giocato ad indossare tiare, scarpe da sogno, veli di tulle tempestati di cristalli. Provato a percorrere la navata, con le nostre voci a fare da sottofondo e la sensazione che fossimo state catapultate in una delle fiabe che ci piaceva leggere da piccole. Infatti, non facevamo altro che guardarci negli occhi e ripeterci che non poteva essere vero, che sembrava tutto troppo.
Troppo bello, troppo magico, troppo speciale, troppo emozionante. Sicuramente troppo.
Amore, ecco, sicuramente qualcosa che aveva a che fare con troppo amore.
Troppo amore da far entrare nel mio cuore, così piccolo per accoglierne una così grossa quantità.
Io ferma in un angolo di quel luogo incantato, impegnata in una conversazione al telefono con un Filippo totalmente ignaro di tutto e le mie due amiche che mi raggiungono, mentre reggono tra le mani quello che sembra essere il vestito perfetto, quello che ti fa battere il cuore dal primo istante in cui i tuoi occhi incrociano quel tessuto fluttuante e leggero.
L'ho guardato per secondi infiniti, poi mi sono soffermata su loro due e i loro occhi sono stati in grado di parlare e dire tutto ciò che avrei voluto sentire in quel momento. Una, sola, minuscola scintilla mi è scoppiata nell'iride e così è esplosa la magia. Di colpo mi sono immaginata qualche giorno più tardi: io che entro in comune accompagnata dalle mie due amiche e lui che mi vede, affiancato da Lorenzo ed è come se si innamorasse per la prima volta.
E proprio ora che lo sto fissando, mentre se ne sta attaccato ad una gruccia appesa alla finestra, non posso fare a meno di ricordare tutte le sensazioni provate quel giorno. L'esatto momento in cui l'ho indossato per la prima volta e con le mani tremanti ho aperto la tenda del camerino, l'emozione di sentire il tessuto scivolare sulla pelle quasi fosse stato creato apposta per me, la mia immagine riflessa allo specchio e le mie amiche dietro, con gli occhi talmente lucidi da sembrare diamanti, la prima e unica foto inviata a Lorenzo, con un abito completamente diverso ma fatta solo per renderlo parte di quelle emozioni, la sensazione di sentire il cuore battere forte in gola, la consapevolezza che quel giorno stava davvero per arrivare.
Non esistono parole in grado di esprimere tutto quello che ho vissuto in quegli istanti, so solo che l'emozione che mi ha trasmesso quell'abito da sposa è stata maledettamente simile ad una vissuta anni prima: incrociare gli occhi di Filippo la prima volta che mi ha sussurrato ti amo. Lo stesso, dannato, colpo al cuore che ho sentito la prima volta che le sue labbra mi hanno sussurrato un ti amo.
Identico.
E a queste sensazioni non posso restare di certo indifferente.
E no, effettivamente non è il tailleur bianco e semplice che mi ero ripromessa di indossare. Non è nemmeno uno di quei classici abiti da matrimonio in comune, tristi e spenti, che sembrano essere fatti tutti in serie. Tantomeno un abito serioso, austero e disadorno da accessori. Ma, appena l'ho visto, mi ha fatto battere il cuore e credo non ci sia niente di più importante di questo.
Francesca sta finendo di ultimare gli ultimi dettagli del mio trucco, mentre Letizia si sta arricciando i capelli con l'aiuto di un ferro caldo, ma il suono del campanello ci fa sobbalzare e blocca per un attimo le nostre attività. La mia amica va ad aprire la porta, mentre il mio stomaco sembra chiudersi sempre di più, fino a contorcersi su se stesso e creare una morsa infima e dolorosa.
Torna verso di noi con un bouquet di rose bianche, unite a delle meravigliose peonie sfumate di rosa e delle foglie dai colori che vanno dal verde bosco, al marrone autunno. "C'è un biglietto" mi avverte Letizia sorridente, mentre le mie mani lo prendono in mano e tremano come foglie abbandonate al vento d'inverno.
'Non potevo starti lontano in un momento così speciale per te...
E anche se vorrei essere lì a condividere insieme ogni più piccolo dettaglio, per poter chiudere gli occhi e riviverlo ogni volta che desidero. Sai che qui c'è qualcun altro che ha bisogno del mio sostegno costante ed io sono sempre stato quello imparziale. Ti ho vista crescere giorno dopo giorno, maturare, diventare una donna splendida, una grande artista, la compagna di vita ideale per quel casino colossale che è Filippo.
E allora, ti aspetto lì proprio accanto a lui, pronto ad asciugarmi una lacrima appena varcherai quella porta, perché sono sicuro che sarai talmente bella da spezzarmi il cuore. A te che oggi sarai il più bello di questi fiori, splendi piccola nanetta.
Ti voglio bene.
Un abbraccio di quelli che sai tu,
il tuo Lorigallituttoattaccato'
Lo leggo e lo rileggo di nuovo, mentre una lacrima sfugge al mio controllo e finisce per bagnare il foglio bianco. Mi sento stringere dentro, quasi fossi costretta in un corsetto che non mi lascia modo di tirare un respiro. Non riesco a parlare, ad aprire bocca, nemmeno a deglutire in modo corretto. È come se una morsa mi stesse bloccando lo stomaco e le mie emozioni non avessero modo di esprimersi e sfogarsi. Passo gli occhi da Letizia a Francesca, senza capire esattamente cosa mi succede, con la preoccupazione nelle pupille è una richiesta di aiuto silenziosa. Poi mi alzo e corro di corsa verso il bagno. Faccio appena a tempo ad arrivare sulla tazza, che vomito tutto ciò che ho dentro, quindi praticamente nulla se non qualche succo acido e particolarmente disgustoso. Le due mi raggiungono subito impaurite e non ci pensano due volte a sedersi nel pavimento proprio accanto a me. Francesca che mi regge i capelli per evitare di sporcarli e Letizia che mi asciuga la fronte, mentre amorevolmente mi accarezza la schiena con movimenti circolari, per farmi calmare. I conati sono talmente forti che non riesco a fermarli, nemmeno quando dalla bocca non esce più niente, nemmeno quando la gola mi chiede pietà. La testa mi pulsa forte, tanto che credo le tempie mi stiano per scoppiare e il cervello stia per esplodere con la stessa potenza di una bomba atomica. Il sudore mi si gela addosso, facendomi partire dei brividi che percorrono ogni vertebra della mia spina dorsale, non risparmiandone nemmeno una. Il respiro è affannato ed il cuore mi batte forte, così tanto che lo sento fisso in gola, stringermi come un nodo che non mi lascia scampo. Non riesco a respirare, l'alito è cattivo e la nausea mi sta logorando dentro, nonostante non ci sia più niente da buttar fuori. Maledetta ansia e maledetto fisico che non sa reggere la pressione e si ritrova costretto ad espellere le emozioni, nel modo più viscerale che ci sia.
Riesco a rialzarmi solo parecchi minuti più tardi, quando tutto sembra placarsi ed il mio corpo infreddolito smette finalmente di tremare. Le mie amiche non osano dire una sola parola, continuano solo ad accudirmi e a sostenermi come fossi una bambina indifesa e avessi bisogno di coccole continue.
Di presenze costanti ed attente accanto a me.
Torniamo in camera perché adesso ho decisamente bisogno di un restauro drastico e in grado di cancellare anche il più piccolo segno di stanchezza, affaticamento o malessere fisico e mentale.
Ma per la seconda volta qualcuno decide di interrompere i nostri piani, questa volta si tratta del suono del mio telefono.
"Ehi..." sussurra Fil dall'altro capo appena accetto la chiamata, con la voce di chi ha troppe cose da dirti ma è sempre il solito imbranato.
"Ciao" rispondo semplicemente io, accostandomi alla finestra e godendomi il mio panorama preferito. "Mi mancavi" sussurra ancora, senza aggiungere nulla di più. Sorrido, che è l'unica cosa che so fare quando sento la sua voce così fragile. "Manca poco e sarà per sempre" gli rispondo teneramente, sentendo i battiti del cuore diventare forti come cannonate in pieno giorno.
"Sono fuori dal comune da almeno dieci minuti" mi confessa imbarazzato, mentre sento il rumore dell'accendino scattare e il suo fiato aspirare un po' di nicotina. "Fil, ma mancano ancora più di due ore" scuoto la testa, che ho così tanta voglia di vederlo che vorrei correre da lui ora. Struccata, con due occhiaie viola che mi toccano il mento e con addosso una semplice vestaglia rosa malva. "Lo so, ma non riuscivo più a stare in quella camera d'albergo. Sto facendo avanti ed indietro davanti alla porta chiusa, mentre Lori mi guarda sconsolato e Giulio sta cercando di annodarsi il papillon in una maniera quantomeno decente" che lui parla ed io lo immagino benissimo: in preda alla paranoia, con una sigaretta ferma tra le labbra e le mani a sfregarsi l'una con l'altra. Mentre si sistema la giacca in continuazione e chiede l'ora ogni secondo ai due amici, per poi sbuffare e ricominciare da capo.
"È stato strano dormire senza di te stanotte" il suo cuore che si apre ed il mio che lo accoglie come un porto sicuro. Abbiamo voluto fare le cose come da tradizione, anche se di questa parola nel nostro matrimonio non c'è nemmeno l'ombra. Lui ha affittato una stanza di hotel insieme a Lorenzo e Giulio ed io con le mie amiche abbiamo preso un piccolo appartamento, per essere più comode e poter fare tutto con estrema calma. Ed è vero, passare la notte separati dopo mesi interi è stato strano, diverso, mi sono sentita vuota. Stare separati in un momento importante come la notte, abituati come noi a vivere insieme, stato davvero un salto nel passato. E come sospettavo, ho trascorso la notte sveglia.
"Sono stata sveglia tutta la notte. Ho provato a sbirciare qualche sito di shopping sul telefono, poi ho messo qualche canzone ma tutte mi ricordavano te, poi mi sono fumata qualche sigaretta, ho acceso la televisione, mi sono addirittura data lo smalto. Alla fine mi sono arresa e ho osservato il panorama dalla finestra, tanto ormai era l'alba." gli elenco tutte le cose che ho fatto durante la notte omettendo che, per l'ansia, ho anche vomitato ben due volte.
"Io mi sono guardato l'alba in spiaggia: una sigaretta tra le dita e Loris accanto a me. Un po' come ai vecchi tempi...è - è stato bello" immagino le sue labbra piegarsi in un sorriso e così faccio lo stesso, un po' per istinto, un po' per riflesso. "Lascia stare la mia sposa preferita e falla preparare, Maria!" sento la voce di Lori urlare, mentre il mio fidanzato lo insulta con qualsiasi epiteto per poi tornare da me. "Ci vediamo tra poco, amore mio" mi sussurra, mentre il mio cuore batte talmente forte che credo di non resistere più di tanto. "Ciao giovane" lo saluto, ma la sua voce mi blocca di nuovo. "Per tutta la vita?" mi chiede emozionato, che sento i brividi sull'epidermide e inizio a tremare. "Io e te, per sempre" gli rispondo, poi resto ad ascoltare un po' il suo respiro: calmo, rilassato, con una punta di felicità diversa da tutte le altre volte. Poi, quasi contemporaneamente, buttiamo giù la chiamata, tornando ognuno a stretto contatto con la propria ansia.
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Il trucco è bellissimo, luminoso e semplice come ho sempre sognato, mi rende la pelle perfetta e mi fa splendere di una luce speciale.
Prima di indossare il vestito, decido di andare in bagno a lavarmi i denti, mentre le mie amiche finiscono di sistemarsi e indossano gli abiti che hanno scelto per il matrimonio. Spazzolo con cura dente per dente, fino a quando l'odore di dentifricio mi fa salire l'ulteriore conato di vomito della giornata. Cerco di fare il più piano possibile, aumentando il flusso dell'acqua del rubinetto, per non far preoccupare inutilmente le mie amiche un'altra volta. Cerco di tamponarmi il sudore con l'aiuto di un pezzetto di carta igienica per non rovinare il trucco, poi l'ultimo tocco di rossetto color rosa antico e sono pronta.
Lo stiamo per fare davvero.
Sta prendendo forma tutto.
Esco dal bagno e mi ritrovo le mie amiche davanti: belle come non le ho mai viste prima d'ora. Letizia indossa un abito color rosa malva, con uno scollo molto profondo nella schiena e degli eleganti dettagli in paillettes. Ha gli occhi contornati da un trucco perfetto e il sorriso di chi è felice, ma felice per davvero. Mentre Francesca uno più lungo, di un color celeste cielo chiaro che le risalta la pelle lattea e la rende ancora più luminosa. Il trucco è semplice, ma dannatamente suo e i capelli corti e mossi sono raccolti da graziose mollette con le perle.
Mi guardano e sorridono emozionate finché Francesca, come al suo solito, si commuove ed i suoi occhi iniziano a farsi sempre più lucidi. Io e Leti iniziamo a prenderla in giro, probabilmente solo per nascondere il nostro evidente stato di ansia mista a felicità che potrebbe farci crollare da un momento all'altro. Finiamo con il ridere tutte e tre come delle pazze, fino a sentire lo stomaco fare male, che pensandoci era davvero tanto tempo che non ci succedeva. Per poi abbracciarci forte con la stessa agilità dei pinguini, per non rischiare di sbaffare il trucco, rovinare la piega dei capelli, oppure sporcarci i vestiti a vicenda. Ci guardiamo un'ultima volta, proprio sulla soglia della porta di quell'appartamento e poi, con le mani di tutte e tre unite sulla maniglia di ferro dorata, ce la chiudiamo alla spalle.
È tempo di iniziare un nuovo capitolo, un po' come quando volti pagina in un libro e te ne ritrovi una completamente bianca davanti, con il finale ancora tutto da scrivere.
Che se ci penso, ormai, siamo cresciute davvero, che quelle ragazzine insicure sono solo un vecchio ricordo, che negli occhi conserviamo ogni singolo istante della nostra vita insieme ed è un po' come se lo stessimo rivivendo proprio ora. Dai saluti in stazione, ai pianti sussurrandoci un 'a presto', dai pranzi al sushi, allo stomaco chiuso prima di qualche concerto, dalle foto scattate in ogni singola posa, ai chilometri attraversati insieme, dalle videochiamate a fantasticare sul futuro, alle chiamate in preda ai sentimenti peggiori, dalle confessioni in piena notte, quelle dove il cuore apre il suo lucchetto, alle risate a crepapelle, quelle che a stento trattieni le lacrime, dai modi di dire solo nostri, alle canzoni urlate a squarciagola una notte estiva in macchina, con i finestrini abbassati e l'aria di mare, da uno dei nostri abbracci semplici al, nostro modo unico di essere presenti in ogni occasione. Che se mi specchio nei loro occhi, proprio come sto facendo in questo istante, rivedo la mia vita. Intera, le parti belle e quelle tremende, i ricordi da conservare e quelli da chiudere per sempre in un cassetto a doppia mandata. Che vedo i loro occhi scuri e mi ci perdo un po', come ho sempre fatto, perché sono il mio riparo sicuro, il posto dove rifugiarmi quando ho voglia di essere felice.
E so che sarà così per sempre.
Oggi inizio un nuovo capitolo della mia vita, ma con la mia mano nella loro, ho un po' meno paura di affrontarla.
Irama
Oggi questo posto sembra diverso.
Non so se è l'aria che è cambiata, il cielo che ha un colore diverso, il profumo di ciò che mi circonda, o forse semplicemente io che oggi mi sento strano. Come se stessi per compiere il passo più importante della mia vita e avessi paura di mandare a puttane tutto. Forse è questa la definizione d'amore più semplice, che si possa trovare nel vocabolario.
Continuo a battere la suola della scarpa contro il pavimento, mentre la gamba del pantalone mi sale sul polpaccio ed io, quasi fosse un gesto meccanico, continuo ad abbassarla aiutandomi con la mano.
La sto aspettando all'interno della sala comunale, con il sindaco già in postazione e Lorenzo e Giulio proprio accanto a me. Alessandro non è potuto essere qui oggi per degli impegni di lavoro, ma è già in videochiamata da almeno mezz'ora, collegato con noi per seguire tutto passo passo. E mi basta guardare loro tre, per essere improvvisamente più disteso.
Mi sto per sposare, ma è un po' come se stessi per andare in guerra. L'atmosfera è talmente silenziosa che sento i brividi addosso, il mio respiro che fa eco nella sale ed io non faccio altro che girarmi nella direzione dei miei amici e guardarli tutti e tre, per poi voltarmi di nuovo e fissare la porta.
Così, da almeno venti minuti.
I miei amici non osano parlare, tanto tutto sarebbe superfluo e sono sicuro che stiano anche loro tremando quasi quanto me. Lo vedo dagli occhi persi in qualsiasi direzione, dal continuo torturarsi le mani e dalla fissa di Lorenzo nel mordersi l'interno della guancia destra, fino a consumarla.
Non faccio altro che pensare, che divagare in un mare di pensieri diversi, opposti, contrari, ma ogni volta che mi soffermo a pensare a lei e mi vengono gli occhi lucidi.
Cosi, come una sorta di filo conduttore.
Mi concentro sulle promesse che ho scritto, le leggo e le rileggo senza trovare un senso, soffermandomi su ogni parola e pensando solo a quanto facciano schifo. Leggo e rileggo ancora e sento il nodo in gola ingrossarsi di più, sempre di più. Leggo e rileggo ancora, poi guardo l'orologio del sindaco, poi i miei amici. Così ormai da minuti interi, come fossi dentro ad una centrifuga e non sapessi come uscirne.
Sento la mano di Lori poggiarsi sulla mia spalla e un solo brivido mi percorre tutta la schiena, facendo tremare vertebra dopo vertebra. Mi giro verso di lui e lo vedo con gli occhi talmente gonfi di lacrime, che sta per scoppiare da un momento all'altro, ma cerca di raccogliere tutta la forza di volontà per non farlo.
"Allora? Sei pronto al grande passo?" mi chiede con gli occhi lucidi e la voce leggermente spezzata dall'emozione. "Secondo te?" gli rispondo in tono ironico con un'altra domanda, mostrandogli le mie mani che non riescono a stare ferme e sembra sappiano solo tremare.
"Non me lo sarei mai immaginato" gli confesso serio, aggiustandomi per l'ennesima volta la giacca. "Già...chi lo avrebbe mai detto: Filippo Maria Fanti si sta per sposare davvero" sospira e poi sorride, mentre io scuoto la testa e automaticamente penso a quante ne ho superate per arrivare fin qui. A quante paure, insicurezze, incertezze sparite nel nulla. A quanti muri, maschere, armature crollate al suolo come castelli di carte. A quante lacrime, ferite, difficoltà mi sono dovuto infliggere. A quanti anni mi ci sono voluti per capire che l'amore vero esiste e che quel lontano e brutto ricordo resterà tale, nascosto in un angolo della mia mente, come un qualcosa che mi ha fatto diventare l'uomo che sono oggi.
"Ti voglio bene, Filo" mi sussurra all'improvviso Lorenzo e mi disarma.
Completamente.
Mi ritrovo senza forze, inerme, scombussolato di fronte ad una confessione così semplice, ma tremendamente difficile da esprimere per lui. Lo fisso per un po', senza riuscire a dire niente di più. Che in quel blu mare mi ci sono perso così tante volte, che ormai ne ho perso il conto. Che insieme a lui ho fatto le cazzate più grosse della mia vita, ho fatto a botte, ho bevuto fino a non ricordarmi più il mio indirizzo, ho viaggiato in ogni parte d'Italia. Che sono stato amico fidato quando ha avuto bisogno, ma l'ho anche trattato da schifo, dimenticandomi i suoi sentimenti e mostrando solo la mia parte egoista. Che l'ho messo da parte, trascurato, oscurato. Che ci sono stati periodi in cui non facevo altro che urlargli contro le peggio cose, che vomitargli addosso parole solo per scaricare il mio dolore, che guardarlo negli occhi e sputare sulla sua anima così buona per un fallito come me. Che adesso se mi specchio nei suoi occhi vedo il vero Filippo, quello che sono riuscito ad essere solo perché lui è stato in grado di salvarmi. Di alzarmi quando mollare era l'unico verbo che conoscevo, di sdraiarsi accanto a me quando le forze decidevano di abbandonare il mio corpo, di urlarmi contro per farmi reagire, di scrollarmi di dosso tutte le mie paranoie, di perdere addirittura pezzi di se stesso pur di mettere al primo posto me e la mia felicità, di abbracciarmi quando rifiutavo tutti, ma lui era in grado di capire che avevo solo bisogno di qualcuno che mi stesse accanto e non mollasse alla prima difficoltà. Che se guardo in quell'azzurro riscopro me stesso e tutto l'amore che può celarsi dietro ad un ragazzo timido e pacato come Lorenzo.
Che lo guardo e vedo la persona che ha sempre saputo restare al mio fianco.
Da sempre e per sempre.
Indispensabili l'uno per l'altro.
Come fratelli.
Nonostante io sia solo un continuo e immenso disastro.
Lo guardo e lui accenna un timido sorriso, che non abbiamo davvero bisogno di altro per capirci, per riuscire a sussurrarci ciò che vorremmo essere in grado di dirci. Poi, d'improvviso, mi butto a capofitto nelle sue braccia e mi perdo in uno dei nostri abbracci più belli. Uno di quelli che non ci davamo da anni interi, che senti i pezzetti del cuore tornare al proprio posto e improvvisamente una scarica di amore fraterno ti entra nelle ossa e ti da la sensazione di farti sentire una persona migliore. O forse sarà solo che lui è Lorenzo, io sono Filippo e siamo fratelli. Siamo famiglia. Siamo quei ragazzini che alla prima sigaretta fumata insieme si sono fatti una promessa: restare.
Per sempre uno al fianco dell'altro.
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Sento la sua mano battermi insistentemente su una spalla, ma non ci faccio subito caso. Insiste ancora una volta, ma io ho solo il bisogno di restare ancora un po' cullato nel nostro abbraccio. "Lu - Ludo. C'è Ludo" lo sento sussurrare piano, con un mormorio udibile solo a noi due, che però riecheggia forte nel mio cuore. Mi distacco il poco che basta per guardarlo negli occhi, finché non sposta la mia figura e mi fa voltare di forza verso l'ingresso della sala comunale.
Appena il mio cervello connette tutti i fili, i miei occhi percorrono ogni singola mattonella del pavimento, fino ad arrivare ad incrociare gli occhi liquefatti di Francesca e Letizia, che precedono l'ingresso di quella che tra qualche minuto diventerà mia moglie.
Lorenzo mi fa un cenno con la testa poco prima di correre in fretta verso l'uscita, mentre io rimango totalmente impassibile e scambio qualche occhiata stranita agli altri miei amici, provando a capirci qualcosa. Lo vedo tornare solo qualche minuto dopo, tiene per mano Ludovica e sono talmente belli che i miei occhi iniziano a lacrimare.
Talmente tanto che non si fermano più.
Lei tiene per un po' gli occhi bassi, fissi sul pavimento e sui suoi passi sempre più incerti, poi stringe di più la mano a Lori, fino a farla diventare biancastra, come per darsi la spinta di forza necessaria e finalmente alza lo sguardo verso di me ed i nostri occhi si incontrano.
Boom! Un'esplosione.
Una magia alla quale non mi abituerò mai.
Arrivano entrambi davanti a me, Lorenzo le lascia un tenero bacio sulla guancia con lo stesso amore di un fratello e poi torna ad affiancarmi, ma non prima di far congiungere il palmo di Ludovica con il mio.
"Amore mio, sei bellissima" so solo dirle questo, che oggi è più bella del solito e nemmeno ne capisco il motivo. Che vorrei poterla guardare negli occhi per sempre e sussurrarle tutto ciò che mi tengo dentro da secoli, ma forse le pagine della lettera che tengo ben piegata in tasca, sapranno farlo da sole.
Mentre il sindaco parla, noi non facciamo altro che guardaci, che sfiorarci, che incrociare i nostri sguardi e con loro la matassa aggrovigliata delle nostre emozioni. Ed è strano essere così vicini, ma allo stesso tempo così distanti.
Potersi guardare, ma non baciare.
Respirare all'unisono, ma non poter dire una singola parola.
Con il bisogno viscerale di sussurrarsi qualcosa e il nodo alla gola che rovina tutto.
E noi che così non siamo abituati a stare. Che anche quando abbiamo cercato in tutti i modi di mettere freni, paletti, scudi, siamo sempre finiti con l'attirarci ancora di più, come calamite che non possono restare separate a lungo.
La guardo e mi riempio di lei. Di lei fasciata in un vestito bianco che non mi aspettavo ed illuminata da una luce diversa negli occhi. Di lei che sorride e si sposta i capelli. Di lei che ogni tanto fa un respiro più profondo e cerca di riempirsi i polmoni d'aria. Di lei che cerca il mio sguardo ogni secondo e mi fa sentire l'uomo più fortunato dell'intero universo. Proprio io, quello con addosso una giacca nera piena di particolari paisley come piacciono a me, le piume alle orecchie anche in un giorno così speciale e la persona più importante della mia vita riflessa nelle iridi cerulee.
E forse questo aversi, senza aversi è il modo di amarsi più particolare che potevamo sperimentare.
"Avete preparato delle promesse, vero?" chiede il sindaco, sorridendo dietro ai suoi spessi occhiali da vista. Noi annuiamo contemporaneamente, mentre con una mano tremante e sudata tiro fuori dalla tasca i fogli piegati. "Inizio io" sussurra Ludovica imbarazzata, pregandomi con lo sguardo di darle la precedenza. Ed io che riesco solo a pensare a quanto sarà difficile riuscire ad avere la voce necessaria per leggere, dopo che le sue parole mi avranno spezzato a metà. Completamente.
'È partito tutto in una sera di fine estate, quando da un plaid rosso siamo passati a dividerci una ciambella di fronte al mare, con le labbra sporche di zucchero e le chiacchiere a rincorrersi veloce facendo a gara con le lancette del tempo.
Sembravamo l'uno l'opposto dell'altra.
Tu e la tua passione infinita per la musica, io e la mia per la fotografia. Tu e il tuo cane, io ed il mio gatto. Tu e la tua vita in una grande e rumorosa città, io e il mio piccolo paesino vista mare. Tu e la tua personalità quasi sfacciata e irriverente, io e la mia paura persino di parlare.
Sono stati i tuoi occhi a farmi capire che avrei dovuto provarci, che avrei dovuto buttarmi a capofitto e fregarmene dei miei freni, che avrei dovuto semplicemente lasciarmi trasportare dalle mie sensazioni perché avevo la certezza che ne sarebbe valsa la pena. Li ho guardati intensamente e me li sono sentiti dentro, che anche se non c'eri, bastava chiudere i miei occhi per rivederli ancora. Ho pensato fossero occhi pieni di storie da raccontare, di vita vissuta intensamente e troppo in fretta, di storie difficili e bruciate dall'inesperienza e da un destino troppo infame per la tua giovinezza. Quel tuo colore indefinito, che non è verde ma nemmeno azzurro, che è un misto di verde prato e blu cielo, che sembra un assurdo gioco del destino ma l'acqua del nostro posto felice, proprio quello in cui abbiamo scelto di sposarci oggi, ha esattamente quell'identica sfumatura.
E forse tra di noi è sempre stata una questione di destino. Di momenti giusti, di parole giuste, di carezze giuste. Di vite incrociate senza nemmeno saperlo, di dolori simili e repressi fino a scoppiare, di canzoni a tramare il filo della vita, di un'idea d'amore come quello delle favole, ma con la paura che si rivelasse chimera. Un destino che mi ha portato a scoprire che accanto a te, divento una persona migliore, che i sogni prima o poi si avverano, che la vita è davvero un incrocio di sentimenti improvvisi e che non ci si deve fermare al primo semaforo rosso.
E così abbiamo fatto.
Ci sono stati dei momenti in cui tutto andava male, in cui abbiamo tentato di allontanarci per la paura di rimanere fregati ancora una volta, in cui abbiamo provato a respingerci a vicenda, con l'assurda consapevolezza di non poter essere felici distanti.
Perché distanti non possiamo essere né felici né tristi, perché siamo semplicemente un niente.
Un niente assoluto.
Ci sono stati attimi in cui la mia esistenza mi è scivolata tra le dita come sabbia finissima, quando tu hai incontrato il nero e mi hai lasciato fuori, quando le tue urla erano parte del mio dolore, quando i tuoi occhi non somigliavano più a quel mare cristallino, quando nelle mie foto ho ritrovato il sangue delle tue mani, forse mischiato a quello del tuo cuore.
E lì mi sono sentita fallita.
Mi sono sentita inutile, debole, futile di fronte ad una cosa più grande di me, ad un dolore che ti lacerava dentro e mi lasciava disarmata, ad un abisso che ti stava risucchiando e mi regalava la sensazione di respirare in superficie. Non accorgendosi che, in realtà portando via te, trascinava con se anche il mio cuore, strappandolo a mani nude.
Ma ci siamo rialzati, insieme.
Perché parlare al plurale ci è sempre risultato più facile che farlo al singolare.
E allora grazie, amore mio.
Grazie per avermi insegnato cosa significa essere fragili, per avermi donato la parte più sensibile di te, per non avere avuto timore di mostrare le tue debolezze davanti ai miei occhi: pianti e grida comprese. Grazie per avermi dimostrato che quando una passione ti arde il cuore, fai di tutto per rialzarti, che prendere milioni di muri in faccia ti rende solo più invincibile, che nessuno ha più tenacia di te. Grazie per essere stato il mio confidente, per aver aperto le tue braccia e averle rese il mio posto sicuro, per aver chiuso gli occhi e avermi ascoltato, senza mai tirarti indietro. Grazie per avermi guardato negli occhi con quel modo che mi mancava tanto, che mi ha ricordato mio papà e per avermi accarezzata facendomi tornare bambina. Grazie per esserti innamorato di Celeste, per aver visto nei suoi gesti i miei, per aver condiviso con me ogni suo indimenticabile attimo, per non aver fatto vincere la tua debolezza, evitando di tirare il freno a mano. Grazie per le parole che mi hai detto a Parigi, in quella camera d'hotel che non scorderò mai, per avermi dimostrato che nell'amore ci credi davvero, per non aver lasciato che il dolore soffocasse uno dei tuoi desideri più grandi. Grazie per aver preso la mia vita tra le dita e averla resa bellissima, per avermi insegnato ad amare, per avermi regalato il sogno che ho sempre desiderato.
A volte, mentre ti guardo dormire o scrivere, vorrei tanto avessi i miei occhi e potessi guardarti come faccio io. Dovresti avere i miei occhi e vivere dentro al mio cuore per sentire ogni singola emozione, per capire cosa provo ogni volta che ti ho accanto, che ci sei. Che sei qui. Dovresti sentire le farfalle nello stomaco che si liberano in volo ogni volta che mi dici quanto sono bella, che io così mi ci sento davvero. Dovresti vedermi quando mi arriva un tuo messaggio, quando leggo il tuo nome che illumina lo schermo del telefono e d'istinto sorrido. Dovresti essere il mio occhio dietro all'obiettivo ogni volta che scatto mentre tu canti su un palco, nutrirti dell'orgoglio che provo nel vederti brillare così tanto. Dovresti vedere quando sorridi, che sei bellissimo anche se non lo sai. Che ti ridono gli occhi, con quelle piccole rughe ai lati, che la bocca ti diventa grande e la testa si butta leggermente all'indietro. Dovresti sentire quanto tremo dentro ogni volta che mi sussurri qualcosa, ogni volta che non trovi le parole ed io riesco a leggertele nello sguardo. Dovresti sentire cosa si prova ad ascoltare una tua canzone per la prima volta, ritrovando pezzi di noi sparsi ovunque e sentendo il cuore leggero come una farfalla. Dovresti provare cosa significa sentire le tue labbra appoggiarsi alle mie, che sembrano la mia porzione di mare, il mio cielo in una stanza. Dovresti sentire il vuoto allo stomaco che avevo dentro, che ora si è fatto piccolo piccolo e ha rimarginato tutte le ferite. Perché tu, con quei tuoi occhi brillanti e il tuo carattere meraviglioso, l'hai saputo riempire.
E lo so che sembrerà una follia ma ti scelgo oggi esattamente come ho fatto in quella sera di fine estate, esattamente come farò domani. Nonostante il tuo essere dannatamente testardo e impulsivo, con quel carattere forte che a volte mi fa venire voglia di mollare tutto. Nonostante quel tuo enorme egocentrismo e il tuo dimenticarti, a volte, che tutti abbiamo dei sentimenti e che le parole hanno un peso. Nonostante il casino che lasci per casa, il tuo essere costantemente il disordine delle mie giornate rilassate. Nonostante il tuo modo di guardarmi che mi fa crollare sempre troppe certezze, che gli anni passano ma quella sensazione non se ne va mai. Nonostante la tua abitudine di ordinare sempre e solo del sushi, di avere sempre il frigo pieno di birra e della tua cioccolata preferita. Nonostante le urla, le grida, il nostro modo distruttivo di urlarci contro e litigare. Nonostante il tuo essere cocciuto, con quel bisogno costante di salvarsi a solo, di non chiedere mai aiuto, di escludermi dalle cose brutte. Anche se so che è la forma di protezione più bella che potrei desiderare. Nonostante sia una scelta istintiva, di cuore, azzardata, pazza, io sceglierei sempre e comunque te.
E sai perché?
Perché nei tuoi occhi ho nascosto la parte più bella di me, ho rinchiuso i miei ricordi più belli e mi sono vista una persona migliore.
Quindi, amore mio, sceglierei te.
Anche dovessi andare contro il mondo intero.
Perché il mio cuore tornerebbe sempre da te, ricordi?
E dentro a quella macchina, con un'alba magnifica a farci da sfondo, mi hai insegnato che cinque minuti possono essere il tempo perfetto per due cuori. Il lasso di tempo necessario per dirsi tutto e per amarsi abbastanza.
A te che a suon di 'ancora cinque minuti' mi hai fatta innamorare, posso solo promettere che ogni volta che avrai voglia di parlare, io saprò essere la tua compagna. Ogni volta che sentirai il bisogno di stare in silenzio, sarò la tua voce. Ogni volta che avrai bisogno di me, ti basterà soltanto guardarmi negli occhi, che le nostri iridi avranno sempre quel linguaggio speciale tutto loro. Ogni volta che ti guarderai allo specchio, rifletterai anche una piccola parte di me, di noi. Ogni volta che il letto ti sembrerà troppo stretto, basterà stringermi di più a te. Ogni volta che ne sentirai il bisogno, mi troverai sempre pronta a stupirmi di fronte ad una tua nuova canzone. Ogni volta che avrai voglia di perderti, sarò il tuo angolo misterioso e deserto. Ogni volta che gli incubi torneranno a farti visita, sarò il tuo mare calmo con il ritmo delle onde a cullarti come una ninna nanna. Ogni volta che avrai un segreto inconfessabile, sarò il tuo diario con il lucchetto, che il mio cuore saprà custodire tutto.
E non so se arriverà qualcosa in grado di legarci ancora di più, quel legame indistruttibile che aspiriamo a creare e che potrebbe rendere la nostra vita meravigliosa, perfetta. Forse, solo più completa.
E non so dove saremo tra dieci, venti, trenta o chissà quanti altri anni.
E non so nemmeno se io sarò sempre la stessa, tu sempre lo stesso, se cambieremo o se saremo costretti a farlo per cause di forza maggiore.
Però ti prometto che niente potrà mai intaccare l'amore che provo per te, niente.
Perché sei il mio angolo di casa in qualsiasi angolo del mondo, sei la metà della mela che ti fa sentire un po' cielo stellato, perché sei la mia anima gemella e non posso lasciarti andare o pensare di dimenticarti. Tantomeno di poter vivere senza di te.
Perché esiste un filo rosso che intreccia le nostre dita, le nostre vite, i nostri destini, non fa differenza. E quel filo potrà logorarsi, sfilarsi, sciuparsi, rovinarsi appena ma non smetterà mai di tenerci stretti. È la nostra promessa.
E infondo, pensaci, è solo per tutto il resto della vita.
Tanto abbiamo tutta la vita davanti, no?
Eternamente mio,
Eternamente tua,
Eternamente nostri
Tua Ludo'
Legge tutta la promessa con la voce che le trema, che si mescola alle lacrime che le bagnano il viso e le sciolgono un po' di trucco. Con gli occhi fissi sui fogli che regge tra le dita e che si muovono come foglie di un ramo sotto il vento di autunno, pronti a staccarsi e cadere a terra nel giro di qualche secondo. Ogni tanto stacca gli occhi da quelle righe e li rivolge verso di me: per cercare conforto, amore o la forza necessaria per andare avanti e tirare fuori ogni singolo pezzo di se stessa e del nostro amore. O forse, solo per fermare ogni ricordo nelle pupille e dargli vita di nuovo, insieme.
Seguo ogni più piccolo dettaglio della sua figura, con i miei occhi che si riempiono di lei ed il mio cuore che si nutre dei suoi stessi battiti. È di una bellezza eterea, quasi irreale: avvolta nel suo abito bianco che le disegna le forme alla perfezione, che le scopre la curva della schiena, di quel colore che le fa risaltare l'incarnato, rendendola qualcosa di simile alla meraviglia. Le sue labbra dipinte da quel leggero strato di rossetto che si muovono al pronunciare di ogni parola, le dita sottili che sfiorano la carta e i due anelli più importanti ancorati alla pelle. I boccoli che le ricadono sul viso, mentre il cappello di quel color cipria risalta i dettagli del suo trucco. La curva del collo che si muove e segue ogni emozione: tremando, arrossendo, rabbrividendo appena. La linea nera del tatuaggio che spunta leggermente dal tessuto dell'abito e mi ricorda che lei c'è, è qui anche adesso. Accanto a noi, a guardarci come solo un piccolo angelo può fare. Gli occhi che così intensi li ho visti raramente, che portano dentro di loro una luce diversa, strana, unica. Con quelle sfumature dorate che sfondano le pareti marroni ed esplodono in grandi crepe di luce, illuminando le sue iridi e un po' tutto ciò che ammira. È bella, bella da spezzarmi il fiato, bella da farmi sentire un uomo fortunato, bella come le parole che ha appena finito di pronunciare.
Intensa, come le emozioni racchiuse in quella promessa di eternità.
La guardo, le sfioro la mano per poi passare ad accarezzarle dolcemente il viso, facendo scorrere il mio polpastrello sulla superficie morbida delle sue labbra. Che se si potesse, vorrei unirle alle mie proprio ora.
In questo preciso istante.
Ma ora è il mio turno, tocca a me.
È arrivato il momento di aprire il lucchetto del mio cuore e donarlo a lei, che l'ha sempre protetto con cura ed attenzione, ma che da oggi affido alle sue mani per un tempo lungo come il per sempre.
'Ho sentito una sorta di magia.
Un qualcosa che a tratti mi impauriva persino, che mi attirava come una calamita e di cui avevo un timore talmente forte da raggelarmi il sangue nelle vene.
Ti ho raggiunta su quel balcone attratto da un'essenza strana e ho scoperto nei tuoi occhi una magia intensa, profonda, unica. Ci siamo divisi un plaid rosso e da lì abbiamo iniziato a condividere la vita. Sin da subito, senza freni. Io ti ho dato tutto e tu altrettanto, nonostante per la paura di scoprirci troppo cercassimo di trattenerci dentro il più possibile.
Da quel giorno quella magia non si è mai fermata, non è mai diminuita, né tantomeno si è affievolita. Anzi, ho imparato ad apprezzarla di più, a conoscerla sino in fondo, a saperla tradurre e farla esplodere. Ed ogni volta che ne parlo con qualcuno, che inizio a raccontare di te e della magia che ti porti addosso, sento che sei la parte migliore della mia vita.
Che quella magia mi ha salvato, persino da me stesso.
Che sei magia ogni volta che scoppi a piangere all'improvviso, crollano i muri e tu resti lì: fragile ed indifesa, così piccola che vorrei poterti proteggere per sempre.
Che sei magia quando sei struccata, giri per casa ed inizi a ballare come una pazza, con i capelli in disordine e il bastone della scopa a farti da microfono improvvisato.
Che ho sentito la magia pervadermi le vene quando mi hai raccolto da terra, aiutandomi a rialzarmi, curandomi le ferite persino quelle più profonde, quando hai pulito il mio stesso sangue, quando quel terribile nero si era impossessato di me e stava cercando di portarmi via da te.
Che sento la magia ogni volta che le tue labbra si posano sulle mie, che facciamo l'amore e le anime si intersecano così tanto da non capire dove finisce una ed inizia l'altra.
Che il tuo cuore è magia, anche se lo tieni sempre rinchiuso sotto una campana di vetro infrangibile e prima di aprirti ci metti secoli.
Che sei magia ogni volta che di notte hai sete e hai paura ad alzarti, così mandi me, oppure quando torno stanco da un evento e non riesco nemmeno ad aprire gli occhi, a te dispiace svegliarmi e così accendi tutte le luci della casa per sentirti meno sola.
Che il tuo disordine è magia, non quello esteriore, ma quello che porti dentro, che sei un groviglio di emozioni, sensazioni, paure, apprensioni, paranoie e io credo di non aver mai nuotato così bene in un mare in tempesta come il tuo.
Che sei magia ogni volta che scatti una foto, che fermi un istante e riesci a renderlo eterno, etereo, quasi fosse una cosa così perfetta da non poter essere descritta.
Che i tuoi capelli sono magia, soprattutto quando mi diverto ad arricciarli intorno alle mie dita e tu finisci sempre con l'addormentarti con la bocca schiusa e la mano poggiata sul mio petto.
Che sei magia persino quando resti immobile a fissare l'armadio per ore e provi almeno venti abbinamenti diversi, poi mi guardi e ti disperi perché io sono vestito benissimo e tu sei sempre la solita ed eterna indecisa.
Che sei magia quando ti guardo e tu continui ad imbarazzarti, a farti venire le guance rosse ed ad abbassare lo sguardo, nonostante ormai siano passati anni dalla prima volta, che ancora ti accelera il respiro e ti viene da morderti il labbro inferiore.
Che sei magia ogni volta che mi perdo ad ascoltarti parlare, che a volte ci starei ore intere, senza stancarmi mai.
Che sei magia quando indossi i miei vestiti, li rubi dall'armadio e poi capiti davanti a me per chiedermi come ti stanno ed io ogni volta rimango un po' senza fiato.
Che sei magia quando ti fermi in un angolo e resti a fissarmi per un po', che mi fai sorridere ma allo stesso tempo credo di non essermi mai sentito tanto amato.
Che sei magia quando mostri la tua timidezza, quasi fossi troppo piccola per un modo tanto enorme, per un passato tanto ingombrante, per una vita a tratti difficile ed io vorrei solo poter essere il tuo posto felice.
Che sento la magia colorare l'aria ogni volta che restiamo a parlare di notte, per ore intere, dicendoci tutto ed il suo contrario, con le labbra al sapore di birra e un po' di nicotina da dividerci.
Che sei magia ogni volta che sorridi ed i tuoi occhi lo fanno prima delle labbra, che cambiano colore, luce, forma, che brillano di una magia tutta loro.
Che sei magia ogni volta che sei in una stanza, piena o vuota di persone e riesci ad illuminare tutto ciò che hai intorno, come una stella che brilla di luce propria, come un qualcosa che vorrei restare ad ammirare per sempre.
Che sei magia ogni volta che litighiamo e ci urliamo contro le peggio cose, che sputi addosso tanta di quella rabbia che mi fai venire i brividi, ma finisce sempre che ti dimentichi il motivo e dieci minuti dopo siamo già stesi l'uno sopra l'altra a fare l'amore.
Che sei magia ogni volta che prendo il mio bomber cammello dall'armadio e ci sento il tuo profumo, un po' come portarti sempre con me, un po' come se mi donassi magia formato tascabile.
La magia che ritrovo ogni volta che siamo sul divano e tu indossi una di quelle felpe che adori, quelle sformate e talmente enormi da arrivarti quasi alle ginocchia, con quei calzettoni di lana pesante che ti fanno sembrare una bambina.
Che sei magia quando hai voglia di rivivere i ricordi e allora mi fai segno di sedermi accanto e te e rispolveri le nostre vecchie fotografie, me e te da piccoli, i genitori, gli amici, i video stupidi di qualche cartella dimenticata nel pc; che finiamo sempre per asciugarci una lacrima e sorridere di ciò che è stato.
Che sei magia ogni volta che ti osservo mentre fumi, con la sigaretta morbida tra le dita e il tuo modo di portarla alle labbra, che in quei momenti hai gli occhi più profondi di un abisso ed io vorrei affondarci.
Che trovo magia ogni volta che chiudo gli occhi ed immagino nostra figlia, bella proprio come te, con quel carattere da peperino e gli occhi simili ai miei come vorresti tu, anche se io vorrei avesse i tuoi che ti posso assicurare non esiste nulla di più bello.
Che sei magia nel tuo modo di essere pioggia e sole, calma e tempesta, estate e inverno, caldo e freddo, buio e luce e tutto nel giro di secondi, minuti, ore.
Che sei magia ogni volta che nella tua tempesta riesco a galleggiare, ogni volta che mi permetti di ancorarmi al fondo e farti esplorare, ogni volta che diventi trasparente e ti lasci andare.
Che sei magia ogni volta che mi ritrovo a scrivere di te: canzoni, dediche, lettere o promesse come questa e rimango fisso ore ed ore davanti ad una pagina bianca. E poi finisco sempre per farmi la stessa domanda: come posso racchiudere in parole il suo essere lei, semplicemente e meravigliosamente lei? In tutta la sua essenza?
Non posso, ecco.
Perché, come mi ha insegnato una giovane ragazza dai capelli scuri: la magia non può essere spiegata, bisogna solo chiudere gli occhi e viversela fino in fondo.
Il nostro primo bacio,
la prima passeggiata con il rumore delle onde e una ciambella piena di zucchero tra le mani,
la prima volta che mi hai chiamato amore,
i fine settimana a Roma, sotto il cielo di quella città eterna che ha visto rinascere il nostro amore,
le volte che ci siamo persi, per ore, giorni, addirittura mesi,
le litigate, le urla, le grida mischiate al pianto,
la prima volta in cui mentre facevamo l'amore mi hai guardato fisso negli occhi,
il tuo sapore che sembra fragola o più favola,
il tuo sorriso sotto un palco o dietro le quinte di un mio concerto,
le sigaretta appoggiati al cofano della mia macchina,
le tue mani nelle tasche dei miei jeans,
quella magica giostra illuminata,
le sere in discoteca con la musica alta e i nostri baci intensi,
casa nostra e la prima volta che ci siamo entrati insieme,
quel giorno in ospedale ed il mio cuore distrutto,
il 27 gennaio e l'inizio di tutto, ma proprio tutto,
una sera a Parigi con la febbre e il pensiero di voler qualcosa di più, che assomigli un po' a te e un po' a me,
i miei concerti e i tuoi occhi dietro all'obbiettivo di una macchina fotografica,
le canzoni scritte di fretta, guardandoti dormire,
Milano, Londra, Parigi, Forte dei Marmi, Bonassola e Monza,
Celeste e il suo modo di avermi insegnato a non avere paura, a lasciarmi andare, ad amare di nuovo,
l'orsetto di quando ero piccolo nelle sue piccole manine, stretta a me sotto le coperte di un letto che profumava di voi,
la prima volta che ho pensato di volere un figlio da te,
quella in cui mi sono ripromesso di volere il tuo sorriso nella mia vita,
la piuma tatuata sulla pelle senza alcun tipo di incertezza, quasi una promessa silenziosa, quasi il nostro 'voliamo leggeri nell'aria' per una vita intera,
tutte le volte in cui guardandoti mi sono sentito fortunato, amato, nel posto giusto al momento giusto.
Per tutte le volte in cui con te, è come se fosse la prima.
Sei quell'amore di cui avevo una paura folle, che mi faceva venire i brividi, che mi riapriva ferite troppo grandi da rimarginare. Quello che ti fa venire voglia di combattere, di non mollare la presa, di perdere fino all'ultimo briciolo di cuore pur di restare. Quello che ti fa provare emozioni che non riesci nemmeno a spiegare, che ti toglie il fiato fino a stare male, che ti fa sentire leggero. Quello che ogni brivido provato vorresti conservarlo per sempre, metterlo in un cassetto e riviverlo ogni volta che ne senti il bisogno. Quello che ti travolge, che non lo cerchi ma arriva, che pensavi di non volerlo ed invece è l'unica cosa in grado di salvarti. Quello che se lo devo definire mi viene in mente solo il tuo viso addormentato posato sul mio petto, mentre ti sussurro le parole della nostra canzone. Quello che sa un po' di tutto, ma soprattutto ha il profumo di noi e della nostra vita.
Ecco, quell'amore lì per me sei tu.
E quindi che ne dici di amarmi?
Di amarci e basta? Senza compromessi, senza distruzione, senza freni, incondizionatamente e per tutta la vita?
A te che mi hai donato un respiro dopo anni vissuti in apnea,
a te che sei quel pizzico di magia che rende la mia vita speciale,
a te che mi hai insegnato a credere nel per sempre,
a te e ai tuoi occhi scuri, ai tuoi riccioli lunghi, alla tua pelle dal profumo di rosa, alla tua voce che sa un po' del mio pezzetto di mare calmo,
prometto solo di amarti con tutto il cuore possibile.
Eternamente tuo,
Fil'
Credo che il mio cuore abbia smesso ormai di battere da minuti interi. Non lo sento in gola, nelle orecchie, nemmeno un piccolo battito all'interno del petto. Nulla. Il deserto più totale. Come se tutto l'amore che provo in questo istante, fosse stato in grado di annientarlo completamente.
Senza lasciargli scampo.
I miei occhi si perdono nei suoi e credo di non averli mai visti tanto profondi, che sono di un marrone scurissimo si, ma dentro posso vederci il blu del mare aperto. Le nostre mani si sfiorano, i respiri sembrano andare all'unisono, io che le asciugo una lacrima mentre lei accenna un timido sorriso.
"Dopo che avete fatto commuovere anche un duro come me, è arrivato il momento ufficiale -" il sindaco ci interrompe, sistemandosi con un gesto delle dita gli occhiali e passando lo sguardo da me a Ludovica.
"Filippo Maria Fanti intende prendere in moglie la qui presente Ludovica Martini?" mi guarda aspettando la mia risposta, ma io riesco ad incastrare i miei occhi solo in quelli della mia fidanzata. "Si" con la voce rotta, spezzata, troppo flebile per una così grande quantità di emozioni.
"E lei, signorina Ludovica Martini intende prendere in marito il qui presente Filippo Maria Fanti?" la guarda con dolcezza, mentre lei mi stringe una mano e accarezza il dorso con le sue dita affusolate. "Si, con tutto il cuore possibile" risponde sicura, con la voce ancora tremante dalle lacrime e un sorriso che a stento riesce a trattenere.
"A seguito della vostra risposta affermativa io, Ufficiale dello Stato Civile del Comune, dichiaro in nome della Legge, che siete uniti in matrimonio" ed è felice anche lui, ma non quanto noi.
Non quanto noi due che ci baciamo fino a perdere il fiato, fino a rischiare di perdere i sensi o di scivolare a terra e cadere l'uno sopra l'altra. Non quanto Lorenzo che corre verso di me e mi salta in braccio, dandomi delle pacche così forti sulla schiena che rischio di sputare un polmone. Non quanto le amiche di Ludo, che non fanno altro che abbracciarla, stringerla, baciarla e asciugarsi le lacrime. Non quanto Ale in videochiamata, quanto i suoi occhi fieri ed orgogliosi, che così lucidi li ho visti davvero raramente. Non quanto Giulio ed il suo abbraccio contenuto, posato, tranquillo, ma che dentro nasconde migliaia di parole. Non quanto prenderla per la mano e uscire dal comune, per finire imbarazzati e cosparsi di riso da capo a piedi per colpa dei nostri amici. Non quanto il turbinio di emozioni che sento dentro e che non dimenticherò mai. Non quanto la bellezza di questa giornata assurda, felice, stupenda.
Io, Filippo Maria Fanti, l'essere più distante dalla definizione di amore del mondo, si è appena sposato e messo una fede al dito, firmando un per sempre. Che non ci ho mai creduto, ma cazzo quanto è bello poterlo finalmente fare.
Lorenzo ha insistito per fare alcune foto, anche se noi non avremmo voluto. È tardissimo, siamo in un ritardo mostruoso ma non potevamo dirgli di no. La sua espressione da cucciolo, i suoi occhioni azzurri e quelle dannate lentiggini riusciranno sempre ad averla vinta con me e Ludo. Ha una tattica talmente precisa che sa esattamente dove andare a parare per intenerirci e averla vinta su tutto.
Scattiamo in ogni singola posizione, mossa, espressione, luogo, luce o tipo di inquadratura possibile. Che Ludovica può fingersi disinteressata all'argomento, può prendermi in giro dicendo che non le cambia niente, che non ne ha nessuna voglia, che di questa giornata le basterà il ricordo. Ma si che quando il suo amico prende in mano la sua attrezzatura fotografica, non c'è umano in grado di trattenerli. In coppia diventano due animali da guerra, pronti a tutto pur di avere lo scatto perfetto in galleria. Mischiano idee, creano dettagli, giocano con le luci e così le ore passano senza nemmeno il tempo di rendersene conto. E, nonostante diano adito al mio immenso egocentrismo, non li sopporto quando fanno così ed iniziano a scattare e scattare e scattare ancora, senza alcuna sosta. È sicuramente uno dei motivi per cui li odio di più e allo stesso tempo uno per cui non posso farne a meno.
La guardo mentre muove il suo abito e lo lascia portare dal vento, sorride e parla complice con Lorenzo ed io mi rendo conto di averla sposata per davvero. Dopo più di tre anni, una marea di amore e una montagna di problemi, l'ho resa mia moglie.
Siamo marito e moglie ed io so solo sorridere, quasi fossi preda di una strana forma di paresi al viso.
Ho una sensazione particolare nascosta nel cuore, come se tutta la cerimonia fosse durata un'eternità e allo stesso tempo giusto una manciata di miseri secondi. Come se fossimo stati trasportati in un limbo di tempo solo nostro, infinito, lunghissimo e allo stesso tempo ci fossimo promessi amore eterno nel tempo di un respiro. Quasi in un battito d'ali avessimo preso in mano la nostra vita e unito il nostro destino, regalandoci però una promessa di eternità. Eterna come la bolla che ci ha unito fino a pochi minuti fa, all'interno di quella sala comunale, davanti alle lenti spesse del sindaco e agli sguardi fieri dei nostri amici più cari.
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Saliamo in macchina in fretta, con i sorrisi stampati sui volti e una voglia matta di urlare, saltare, cantare a squarciagola. Che avremmo voluto una festa, anche di quelle piccole, intime, un po' come piacciono a noi, ma il concerto a Lugano mi aspetta e non posso permettermi un'assenza del genere.
Dopo l'insistenza nello scattare almeno mille foto di Lorenzo e il voler controllare ogni minimo dettaglio di Ludovica, siamo in un ritardo davvero madornale.
Tengo le mani ben strette sul volante e lo sguardo attento sulla strada, anche se ogni secondo non faccio altro che distarmi. Mi risulta quasi impossibile non guardarla mentre sorride e risponde distrattamente ad alcuni messaggi sul cellulare. Digita velocemente qualche parola sul display, mentre una canzone di Gazzelle ci fa da sottofondo ed i battiti dei nostri cuori si confondono. Ha il respiro ancora affannato, il mascara leggermente sbavato e lo scollo del vestito caduto su una spalla, ma posso giurare di non aver mai visto niente di più bello di lei.
"La smetti?" mi chiede sorridendo infastidita, mentre scorre nella galleria e gli occhi le si riempiono delle nostre foto. "Di fare cosa?" le domando di conseguenza, non capendo il suo fastidio. "Di guardarmi così" mi rimprovera, mordendosi il labbro inferiore e scuotendo la testa.
"Così come?" la stuzzico io, facendo finta di non capire dove in realtà volesse andare a parare.
"Come se fossi la cosa più bella che tu abbia mai visto" mi risponde semplicemente, guardandomi e delineando con lo sguardo il mio profilo imperfetto.
"È così. Oggi poi hai qualcosa di diverso. Sei - sei - non so, più radiosa, con una luce diversa negli occhi, con un sorriso strano ed emani un'essenza ancora più meravigliosa. Non so - forse - forse, ti amo solo un po' di più" le rispondo altrettanto semplicemente, con il mio solito modo di balbettare quando le cose da dire mi imbarazzano.
"Non mi abituerò mai al modo in cui mi fai sentire" sussurra, scorrendo la sua mano tra i miei capelli e accarezzandomi un orecchio. "Cioè?" le chiedo, passando il mio sguardo da lei alla strada dritta davanti a me.
"Amata. Amata e bellissima" mi risponde, mentre prendo la sua mano e me la porto alle labbra, baciandole la fede d'oro bianco.
Pochi secondi dopo il trillo del suo telefono interrompe il nostro momento e riesco a leggere di sfuggita il nome di Lorenzo comparire sullo schermo. O meglio Lorigallituttoattaccato come preferisce chiamarlo lei, dal primo giorno in cui si sono incontrati.
"Oddio..." sussurra tra se e se, scorrendo con le dita il lunghissimo messaggio appena inviato dal mio migliore amico. Che quasi mi sconvolge vedere un tale slancio di affetto nei suoi confronti, anche se immaginavo le avrebbe fatto una sorpresa. "Beh, cosa aspetti? Leggi no?" la incoraggio sorridendole. Lei fa un bel respiro ed inizia a scorrere con i suoi occhi grandi tra quelle parole.
Ludovica
Appena quelle righe compaiono davanti ai miei occhi è un salto nel passato: improvviso, bello, ma difficile. Così strano, da farmi mancare la terra sotto i piedi. Ed è vero è Lorenzo, sono sue parole, cose che forse non mi ha mai detto, qualcosa che so già mi riempirà il cuore di amore. Ma comunque ogni tanto la paura torna a farmi visita. Paura di mostrarmi vulnerabile, di lasciami sopraffare dalle emozioni, di vedere quanto le persone accanto a me sappiano accarezzare le mie fragilità. Ma qui, in questa macchina, so di poter essere me stessa. Senza maschere, senza filtri, senza bisogno di indossare armature. Filippo conosce la parte più vera e nascosta di me ed è stato l'unico in grado di prendersene cura. Il primo a cui l'ho mostrata e che ha saputo farla vedere a tutti, insegnandomi che riuscire a lasciare andare le proprie debolezze è un sinonimo di coraggio estremo.
Un bel respiro profondo e iniziamo il viaggio attraverso le emozioni.
Le mie, le sue, le nostre non fa molta differenza.
'Tutto è partito qualche giorno fa quando, all'improvviso, mi hai mandato questa foto allo specchio con addosso un abito da sposa ed un cappello dai toni caldi. E non ti nascondo la mia emozione nel vederti così, nell'immaginarti il giorno del matrimonio, nel prendere consapevolezza che stavi andando incontro ad uno dei giorni più importanti della tua vita. Ti ho vista ed ho pensato fossi perfetta. La compagna di vita perfetta per quello che ormai è mio fratello. E noi sappiamo cosa significa condividere la vita con quel tipo strambo con le piume. Quanto sia difficile, stancante, asfissiante, opprimente, a volte persino avvilente stargli accanto, sopportarlo, supportarlo in ogni istante. Ma se ci pensi, siamo le uniche persone in grado di avvolgerlo in un abbraccio con la sola potenza di uno sguardo e questo, sono certo, significherà pur qualcosa.
È notte e fuori sta diluviando da ore.
Non ci ho mai creduto quando me lo diceva Filo, ma scrivere di notte ha senz'altro un sapore diverso, è persino più facile lasciarsi andare e aprire il cuore senza paure. Lasciare che le emozioni scorrano come l'acqua che batte sui vetri.
E sto pure sorridendo come un ebete. La mia mente mi ha riportato a galla il nostro primo incontro: tu capitata casualmente alla mia festa di compleanno e una versione di me decisamente poco sobria che si presenta, anche se non ricordo nemmeno cosa ti ho detto in realtà.
Ecco, da quel momento è iniziato tutto.
Ammetto che è stato difficile accettarti, hai rivoluzionato il mio mondo, il rapporto tra me e Filippo, hai cambiato le carte in tavola. E sai quanto per me sia complicato abituarmi ai cambiamenti improvvisi. Ma poi l'ho capito.
L'ho letto dal vostro modo di cercarvi anche in due punti della stanza opposti, con i gesti, con gli sguardi, con quell'aura che vi gravita attorno. L'ho trovato nel tuo modo di accudirlo, di tirare fuori la sua parte bambina, il suo essere un eterno Peter Pan, con la paura di crescere e un rifiuto verso le cose brutte della vita. L'ho sentito sulla pelle ogni volta che vi ho visto litigare, scappare, sbattere porte e abbattere insicurezze. Ogni volta che ho visto i tuoi occhi riempirsi di lacrime, la tua bocca cercare respiro o il tuo corpo tremare dal dolore. In ogni momento in cui ho dovuto sollevare il corpo di Filippo quasi esanime da terra, mentre non faceva altro che ripetere il tuo nome e rifiutare qualsiasi altra presenza che non fossi tu. L'ho visto quel giorno nel bagno di casa di Francesca, con la paura di aspettare un bambino e di dirgli la verità, credendo così di perderlo. Mentre lui, dall'altra parte della casa, mi faceva leggere una lettera che dentro di se conteneva già la risposta. L'ho sentito nelle nostre risate ogni volta che vi ho colto in flagrante, in momenti decisamente troppo imbarazzanti e tra immagini che non cancellerò mai più dal cervello. Ma più di tutto l'ho letto negli occhi del mio migliore amico. E credimi, quella è stata la cosa che mi ha destabilizzato di più. Mi sono improvvisamente reso conto che non gli bastavo più io, che non avrebbe più pensato di chiamare me in un attimo di difficoltà, che avrebbe avuto bisogno di qualcun altro, che avrebbe pensato anche a qualcun altro. Che l'era del Rasta, delle cazzate, delle bravate da ragazzini era finita. Che era tempo di crescere e diventare uomini, o almeno di provarci sul serio.
Ed è vero, è stato tremendamente difficile risorgere da quelle ceneri, da quell'abisso infame, da quel nero indelebile, e tu lo sai bene. Ma ce l'abbiamo fatta, insieme, ancora un'altra volta.
E ad oggi devo dirti solo un grande ed immenso grazie, che se sono diventato ciò che sono lo devo anche un po' a te. Forse, soprattutto a te.
Non so che emozione proverò a stare spalla contro spalla con Filippo, pronti a vederti entrare da quella porta, bella come non mai. So solo che vorrei abbracciarti, proprio in questo istante, stringerti forte e dirti quanto ti voglio bene nanetta mia.
Non ti arrendere mai, anche quando vedrai tutto impossibile,
accetta le tue ombre, il tuo passato, le tue ferite, tutto è parte di te e ti rende così meravigliosa,
seppellisci le paure, dagli il volo, sputale fuori dai polmoni e vivi, che il fiato non serve,
segui i tuoi sogni, ovunque ti porteranno, noi saremo pronti ad inseguirli con te, accanto a te, dentro di te,
dai vita alla vita, prova a credere in quel qualcosa che desideri da sempre e che già ami, sono sicuro che lui sarà in grado di amarvi con tutto se stesso,
imprimi momenti, ferma istanti, aiuta i miei occhi ad arrivare in punti che non vedono e pensa a quanto sarà bello riviverli insieme tra cinquant'anni,
accetta la sfide, anche quelle che ti levano la terra da sotto i piedi, anche quelle che ti fanno tremare e se avrai paura cerca la mia mano, sarò pronto a stringerti,
ridi sempre, balla fino a sentire i piedi fare male, canta a squarciagola in macchina come ti piace fare,
apri le ali e vola, lasciati trasportare dal vento come una piuma fin sopra le nuvole, sentiti leggera che è ciò che meriti.
E se la vita ti farà paura, voltati, troverai sempre i miei occhi pronti a prendersi cura di te.
Grazie per aver reso la mia vita un po' più bella,
grazie per averci ridato il sorriso che un po' ci mancava,
grazie per avergli insegnato ad amare di nuovo, ne aveva tanto bisogno,
grazie per aver creduto in me, anche quando io stesso stentavo a farlo,
grazie per avermi aiutato, ma anche per avermi abbandonato ad un certo punto perché l'unica cosa che potevi fare era ritrovare te stessa,
e non fartene più una colpa, ti prego
grazie per essere entrata nella mia vita e per averla stravolta così tanto, che anche quando ti odiavo non potevo fare a meno di te,
grazie per esserti lasciata andare, per essersi fidata di me e avermi confessato tutto. Sempre.
grazie per non avere mai avuto paura di me, per aver trovato nei miei occhi quelli di un amico fidato,
grazie per avermi aiutato a sopportare quel tipo un po' fiori di testa con le piume alle orecchie, non saremmo qui se non ci fossi stata tu.
Ma soprattutto grazie per essere diventata mia sorella, non di sangue ma di vita.
Esattamente come lo sono Filippo e Alessandro.
Vi auguro una vita felice, ma di quelle da perdere il fiato proprio. Dopotutto, ve la meritate!
Vi voglio un bene che neanche riesco a spiegare!
Vostro, ma un po' più tuo Lorigallituttoattaccato
PS: adesso aspetto solo di essere chiamato zio, sbrigatevi!'
'e comunque sembravi una principessa 🌟'
Le mani mi tremano così tanto che il telefono cade e finisce nel tappetino di gomma dell'auto, proprio accanto ai miei piedi. Filippo mi sorride e accarezza la mia mano, mentre di sfuggita si asciuga qualche lacrima, aiutandosi con il pollice. Non so se fosse a conoscenza del contenuto di questo messaggio, se il mio pianto sia un po' parte di lui, se le parole appena lette siano state in grado di toccargli le stesse corde che hanno sfiorato a me.
So solo che lo vedo emozionato come è successo davvero pochissime volte.
"Non so nemmeno -" provo a parlare, ma Filippo mi interrompe. "Rispondigli come sai fare tu" mi invita, con quel sorriso così suo che ogni volta muoio dalla voglia di baciarlo. Di incastrare le mie labbra alle sue e baciarlo. E così ancora e ancora e ancora, fino a perdere persino l'ultimo briciolo di fiato.
'Non so nemmeno trovare le parole giuste, per esprimere l'amore immenso che provo nei tuoi confronti. Quindi mi limiterò a dirti solo grazie. Grazie per avermi preso la mano e avermi indicato la strada giusta, accompagnandomi anche nei momenti più difficili e disperati. Grazie per avermi capita sempre, senza nemmeno il bisogno di parlare, che il nostro rapporto è un qualcosa che va oltre. Grazie per essere semplicemente il fratello maggiore che non ho mai avuto e che sognavo da bambina, quello a cui scrivevo nel mio diario segreto prima di addormentarmi e che sapeva proteggermi dai mostri come un forte cavaliere.
Ti voglio bene mio piccolo Lorigallituttoattaccato, magari dopo ti stringo forte in un abbraccio, che tanto lo sai che è il nostro modo di dirci le cose.
PS: prometto che ci metteremo al lavoro il prima possibile, ma il tuo amico dice di non mettergli troppa fretta che poi gli metti l'ansia da prestazione!'
Non me ne rendo nemmeno conto, ma finisco per appoggiare la testa al finestrino ed appisolarmi per un po'. O per meglio dire, mi accorgo del mio essere caduta in letargo, solo quando sento la portiera sbattere e con gli occhi ancora chiusi noto Filippo rientrare in macchina di fretta.
"Ma buongiorno bella addormentata!" esclama aprendo le labbra in un sorriso. "Ma dove siamo?" gli chiedo ancora imbambolata dalla dormita, che di solito necessito di almeno dieci minuti prima di svegliarmi completamente. "Ci siamo fermati in autogrill. Io e Lori abbiamo preso un caffè e ci siamo smezzati una sigaretta. Guarda cosa ti ho preso..." dice tutto contento, mostrandomi un cappuccino in uno di quei classici bicchieri di carta da portar via e una borsa piena di roba. La apro e dentro trovo solo cose da mangiare che amo alla follia, ci sono i biscotti al cocco, almeno tre cornetti di gusti diversi, i taralli, le patatine nel sacchetto, altri biscotti alla mela, quelli tutti ricoperti da cornflakes, tavolette di cioccolato di tutti i tipi, quelle chips al cocco che mi fanno impazzire e persino varietà di snack introvabili.
"Pippo hai un problema: non ti sai contenere!" gli dico sgranando gli occhi e guardando la quantità immensa di cose che ha comprato nel giro di qualche minuto. "Sei stata al sushi con me almeno un centinaio di volte, dovresti conoscermi ormai..." risponde allacciandosi la cintura ed ingranando la marcia. "E per inciso, fortuna che ci siamo già sposati, sennò con tutte queste schifezze non sarei mai entrata nel vestito e mi sarei dovuta presentare in intimo" scuoto la testa e inizio a scartare qualche snack tuffato nel cioccolato. "Non sarebbe stata una brutta idea...sai che quasi quasi sarei tentato a fare inversione e tornare a rinnovare le promesse..." sussurra furbescamente, mentre io gli regalo qualche pugno delicato sul braccio e lui finisce per ridere fino alle lacrime.
Poi con un gesto della mano accende la radio e lascia che sia la voce dei conduttori a riempire l'abitacolo. Il paesaggio che scorre da fuori il finestrino e quell'aria tipicamente primaverile, quella che ha il sapore di cose belle che stanno per arrivare, che ci culla nel nostro viaggio. Passano pochi secondi prima che la voce di una ragazza, alunna della nuova edizione di Amici, ci entri nelle orecchie. Ascolto le prime frasi con attenzione, quello che succede ogni volta che mi perdo per la prima volta tra le note di una canzone, lasciando che le emozioni si uniscano come pezzetti di puzzle alle parole. Sento un grosso nodo che mi si forma in gola, secondo dopo secondo e dentro di me nasce di nuovo quella sensazione di non riuscire a prendere un respiro.
Come se tutto stesse per sbiadire da un momento all'altro.
La sua voce cambia intensità: a tratti risulta sussurrata, quasi spezzata da un dolore simile a quello che sto provando io; in altre parti invece la sputa fuori come un vulcano in eruzione, come fosse l'unica cosa a cui appellarsi per gridare quanto sta soffrendo. Ed io non riesco a trattenermi, vorrei uscire da questa dannata auto e urlare proprio in mezzo alla strada, cacciare la mia voce e gridare quanto sto male. Che non riesco più a tenere tutto dentro, che ormai rischio che mi esploda il fegato, lo stomaco, le vene.
Tanto il cuore ormai l'ha già fatto.
Stringo con forza la maniglia della portiera, cercando un appiglio, un modo di stare meglio.
Un modo per scaricare la tensione.
Ma nonostante i miei nervi stiano tremando, le nocche delle mani siano diventate bianche, i miei occhi non riescano nemmeno a stare aperti, quella sensazione non passa.
Non passa. Non si placa.
Sono anni che se ne sta lì.
In silenzio, assopita in un angolo del cuore, dimenticata sotto macerie che ho paura a muovere perché so che potrebbero trasformarsi in un terremoto al minimo movimento. Perché so che ogni volta che il mio pensiero finisce da quelle parti, crollo come intonaco in un muro. Come quella piccola bambina dai capelli lunghi che non supererà mai tutto il dolore che ha dovuto provare, l'immagine del suo papà voltato di schiena, tutto quello che ha dovuto portare sulle spalle. Come quella bambina che è rimasta lì, esattamente nello stesso punto e ha perso un pezzo di cuore e un po' di vita.
Per sempre.
Filippo sembra accorgersene e anche se so che mi conosce alla perfezione, quando noto che si rende conto di quando sto male, rimango sempre un po' attonita. Come se fosse in grado di salvarmi in qualsiasi situazione, persino da me stessa.
'Quanto tempo che è passato
Te ne rendi conto?
Che tua figlia adesso è grande e gira per il mondo
Quante volte ad aspettarti in quella casa vuota
Ma sapevo immaginare solo la tua schiena che si allontanava
Senza dire niente
Niente
Avrei dovuto stringerti più forte senza mai lasciarti andare
Avrei voluto un bacio a mezzanotte il giorno prima di Natale
Farti capire che ho bisogno di mio padre
Avrei bisogno di essere più forte invece resto qui a guardare
Avrei bisogno di tirare fuori quello che non riesco a dire
Per smettere di stare male
Di stare male'
Questa parte mi uccide.
Mi squarta letteralmente, come se qualcuno avesse osato infilare le sue mani dentro di me, con il solo intento di strapparmi le viscere senza pietà. Non riesco a respirare, ma questa volta per davvero. Inizio ad iper ventilare senza freni, con il petto che mi fa male e le lacrime che scendono senza sosta. L'aria mi manca, il respiro mi manca, persino la terra sotto i piedi sembra sparire. Filippo è in preda al panico, mentre preme con il piede sull'acceleratore e cerca uno spazio di sosta dove potersi fermare.
"F - Fil -" riesco solo a sussurrare, mentre lui mi prega di calmarmi, di stare tranquilla, di provare a respirare assieme a lui. Ma io non ci riesco.
Rivivo davanti agli occhi solo quelle scene del passato, come un incubo ricorrente che mi insegue e mi leva frammenti di vita. Non posso continuare così, non posso lasciare vincere i miei demoni più infami.
Ci fermiamo e appena Filippo spegne il motore, scende velocemente dall'auto per raggiungermi e aprirmi la portiera. Si accuccia davanti a me e prova a parlarmi, ma non sento nulla. Vedo solo le sue labbra muoversi, sento le sue braccia scuotermi, vedo i suoi occhi preoccupati vacillare, ma io in questo momento non esisto.
Non comando nemmeno i miei pensieri.
Apro e chiudo gli occhi di continuo, ho la vista appannata e questo non mi aiuta a tornare in me.
A recuperare un briciolo di forza.
Filippo mi aiuta a scendere, ma io non riesco nemmeno a reggermi in piedi, tanto che deve sostenermi lui per non farmi cadere al suolo nel giro di qualche misero secondo. Adesso non sento davvero niente, persino le orecchie iniziano a fischiarmi talmente forte che vorrei strapparmi il cervello a mani nude.
Tutto attorno a me gira.
I capelli riccioli di Filippo si mischiano a pezzi della sua macchina, che si mischiano alle foglie degli alberi, che a loro volta si mischiano al grigio dell'asfalto e a milioni di altri minuscoli dettagli che mi fanno solo girare la testa. Talmente di fretta che mi sento come fossi sulle montagne russe: sballottata, frastornata, distante.
"Filippo -" riesco a sussurrare di nuovo, con la poca forza che mi ritrovo in corpo. Non faccio tempo nemmeno a riprendere fiato che un conato di vomito mi sale in gola, mi riempie la trachea ed esplode. Così, in un ciclo infinito di spasmi che mi fanno tremare e piegare in due dal dolore. Che ad un certo punto non butto fuori più niente, solo quei succhi gastrici amari ed acri che mi fanno bruciare tutto ancora di più. Vorrei solo trovare il modo per vomitare il dolore che mi sta lacerando dentro, ma la consapevolezza che non esista una soluzione, mi ferisce ancora di più.
Mi tranquillizzo dopo qualche minuto, anche se a me sembrano passare ore intere ed interminabili. E dalla preoccupazione che leggo nello sguardo di Filippo, penso anche per lui.
"Amore mio" mi sussurra quello che da qualche ora è diventato ufficialmente mio marito, posando le sue labbra sulla mia tempia e accarezzandomi i capelli. Risaliamo entrambi in macchina, cercando di riprendere fiato e tirare un respiro di sollievo. Io per tutto il marcio che mi è appena crollato addosso, lui per lo spavento assurdo che gli ho fatto prendere. "Scusa" gli sussurro, pulendomi da una lacrima sfuggita al mio controllo. "Vorrei proteggerti da tutto quel dolore, ma ogni volta mi sento - cazzo, mi sento inutile" mi sussurra sconfitto abbandonandosi con le mani sul volante, come se vedermi stare così male lo avesse distrutto. "Abbracciami, ti prego" lo imploro, anche se non faccio a tempo a finire la frase che le sue braccia si spalancano e mi attirano verso di lui.
Ed ora sono nell'unico luogo dove vorrei essere.
Anche se ho il cambio che mi preme sull'osso del bacino, anche se il freno a mano mi sta bucando il ginocchio, anche se il volante non ci permette di stringerci bene. Sono esattamente dove vorrei: tra le braccia di chi per me è casa.
"E comunque, non sei inutile. Sei l'unica persona che vorrei al mio fianco e soprattutto l'unico che abbia avuto il coraggio di vedere le mie ferite e curarle" gli confesso, mentre i suoi occhi cerulei si fanno subito più lucidi e il suo autocontrollo è in seria difficoltà.
"Avrei voluto costruire un rapporto diverso con lui. Avrei voluto dirgli tante cose e non trattenere sempre tutto dentro, che scoppio e non lo faccio mai davanti ai suoi occhi. Avrei voluto essere sua complice, capirlo con uno sguardo, riconoscere la sua voce tra un milione di altre. Avrei voluto che conoscesse te, Lorenzo, le mie amiche. Avrei voluto averlo in quella stanza oggi, a vedere noi due emozionato, a sentire le nostre promesse per l'eternità, a vivere un po' del nostro amore. Avrei - cazzo, avrei voluto solo avere un papà. Come quando ero bambina" butto fuori tutto, con la poca voce che mi rimane e le mani sudate e fredde che accarezzano il suo braccio. Non dice niente, si limita a baciarmi e a buttare giù un po' di saliva. Lo noto dal pomo d'Adamo che si evidenzia e dal suo boccheggiare continuo, che so che vorrebbe dire qualcosa ma non ha le parole adatte per farlo.
"Grazie per essere il mio mare calmo" gli dico ancora, scomparendo per un po' nel suo abbraccio sicuro. Posso giurare, che non esiste niente di più bello del mio viso schiacciato contro il suo petto.
Dopo qualche minuto di coccole mi stacco e torno sul mio sedile, allacciandomi la cintura e sorridendo verso Filippo, come a dirgli che possiamo ripartire.
Che adesso sto bene.
Che sono pronta.
Che ce l'abbiamo fatta anche questa volta.
"Posso solo prometterti una cosa -" interrompe il silenzio, togliendo la mano dalla chiave e posandola sulla mia coscia. "Se mai avremo un bambino insieme, ti prometto di cercare in tutti i modi di essere un padre migliore di quello che abbiamo avuto noi. Te lo giuro qui, ora, amore mio" mi sussurra, con la voce spazzata in gola e gli occhi pieni di una verità quasi disarmante. "Su questa cosa non ho dubbi, sarai straordinario. Ne sono sicura" lo accarezzo, che quando si spoglia così tanto e mi mostra la sua parte più intima, inconsapevolmente mi innamoro come se fosse la prima volta.
5 aprile 2019
Oggi è un giorno particolare, importante, diciamo uno di quei giorni che segnano una tappa fondamentale della vita. Questa volta è la sua, ma quasi per riflesso anche la mia. Forse la nostra, ecco si.
Apro gli occhi che l'alba non si è ancora stagliata nel cielo, mi giro verso la parte del letto di Filippo e lo trovo già sveglio, intento a guardarmi ed accarezzarmi i capelli. Lo fisso per un po' accennandogli un sorriso, mentre lui fa un sospiro e lascia che i pensieri riempiano la nostra camera da letto.
Purtroppo, appena dopo il matrimonio i suoi occhi hanno iniziato a peggiorare. Sempre più gonfi, arrossati così tanto da avere intorno alla pupilla un mare di venuzze rosse, talmente doloranti che a stento riesce a tenerli aperti o a vedere qualcosa di chiaro. Passo i miei polpastrelli sulle sue palpebre chiuse, sussurrandogli la parola buongiorno. Oggi, questo giorno così speciale, lo cominciamo insieme.
Mi alzo e ne approfitto per darmi una lavata alla faccia, che tanto ormai nessuno ha più voglia di dormire o prendere sonno di nuovo. Prendo la crema per la congiuntivite e raggiungo Filippo in stanza, che intanto non ha ancora spiccicato mezza parola. Mi avvicino lentamente a lui, non staccando mai i miei occhi dai suoi e cercando un contatto continuo. Quando gli arrivo vicino mi fa segno di mettermi a cavalcioni su di lui, mentre con dei gesti leggeri e dolci gli spalmo la crema sugli occhi cercando di migliorare un po' la situazione.
Almeno per stasera.
È così teso che persino i suoi gesti sono diversi, le sue carezze più fredde, i suoi baci più distanti, addirittura il suo modo di sorridere ha un qualcosa che non va. "Ho in mente un metodo infallibile per farti rilassare" gli dico piegando la bocca in un sorriso, mentre lui sembra capire subito e si posiziona a pancia sotto. E ride, per la prima volta da quando ha aperto gli occhi ride. Che quando ho la consapevolezza che il sorriso appena nato sulle sue labbra è merito mio, i miei occhi si fanno subito più lucidi.
Inizio a passare le mie mani sulla sua schiena nuda, un po' applicando una leggera forza, un po' come se fossero carezze. Ricordo ancora la prima volta che, quasi per caso, gli ho fatto un massaggio. Eravamo stesi sul divano di casa di Lorenzo, lui era uscito per una commissione e noi avevamo pensato bene di guardare l'ennesimo episodio di How I Met Your Mother. Prima ce ne stavamo sdraiati l'uno accanto all'altra, incastrati peggio di due pezzi di puzzle. Poi complice la voglia di dolci, Filippo si è dovuto alzare per raggiungere la cucina e sgraffignare qualcosa dalla dispensa del nostro caro amico Loris. Dopo essersi seduto di nuovo vicino a me, le mie mani sono finite sulla sua schiena, esattamente al di sotto del tessuto di cotone della maglietta. Prima erano semplici grattini, poi si sono trasformati in una seduta di massaggio vera e propria. Ricordo ancora gli occhi sorpresi di Filippo e il suo addormentarsi qualche istante più tardi, rilassato come non mai.
Da quel giorno non fa altro che chiedermi dei massaggi, anche se io mi impunto quasi sempre e lo accontento davvero raramente. Beh, oggi è decisamente la giornata giusta.
Bastano pochi minuti che Fil ha già gli occhi chiusi, il suo respiro è più rilassato e i muscoli più distesi. Porto a termine il delicato compito di farlo rilassare, ma ovviamente finisco in grande stile: inizio a solleticargli la pelle, passando le mie dita sulle sue costole e facendolo contorcere su se stesso, distrutto dalla potenza delle risate. A stento riesce a respirare, le vene del collo sono ingrossate e il suo colorito assomiglia a quello di un pomodoro decisamente troppo maturo. Ad un certo punto, dal suo sguardo beffardo, noto che me la vuole fare pagare e che l'unica cosa che posso fare è scappare il più in fretta possibile. Mi alzo velocemente e mi dirigo di corsa al piano inferiore, cercando di sfuggire dalle sue grinfie anche se so che è praticamente impossibile. Ho già perso in partenza. E infatti mi raggiunge qualche istante più tardi, anche se provo a chiudermi in tutte le stanze della casa, anche se per difendermi gli spruzzo addosso la panna spray, anche se mi rifugio persino in balcone. Nulla da fare. Cerca di prendermi e cadiamo entrambi a terra nel tappeto della nostra sala da pranzo, ridendo come due ragazzini che stanno imparando cosa significa innamorarsi. "È il momento della mia vendetta" mi sussurra all'orecchio, con uno sguardo che lascia ben poco all'immaginazione. "Risparmiami, ti prego!" lo imploro, cercando di fare la mia espressione più disperata.
Ma niente è valido in questi casi.
Mi prende in braccio e mi porta al piano di sopra, esattamente nel nostro bagno. Io mi dimeno, urlo, gli tiro i capelli, batto pugni contro la sua schiena ma lui non fa altro che ridere.
E ridere.
E ridere ancora.
Senza sosta ed io mi sento fortunata.
Dannatamente fortunata, perché posso vedere quello spettacolo ogni volta che ne ha voglia ed è tutto per me.
Inizia a spogliarmi con quei suoi gesti delicati e sensuali allo stesso tempo, sfiorando con le sue dita ogni centimetro della mia pelle e in un attimo ci ritroviamo entrambi nudi sotto il getto bollente dell'acqua. Mentre ci baciamo la vasca si riempie e la schiuma aumenta così tanto che quasi ci sfiora le ginocchia. Filippo si siede e fa scivolare il mio corpo contro il suo. Schiena contro petto. Gambe che si incastrano.
Mani bagnate che si cercano e si sfiorano.
Respiri sul collo al sapore di bagnoschiuma.
Bolle che si incastrano tra i fili dei capelli.
E una voglia matta di assaporarsi, di sentirsi, di aversi.
"Sei agitato?" gli chiedo, spezzando quell'aura di silenzio che si era creata attorno a noi. "Sento un misto di emozioni tutte radicalmente diverse tra loro. Sono agitato, impaurito, felice, elettrizzato, paranoico, ansioso, perfezionista. Ma la voglia matta che ho di salire su quel palco e farlo mio batte tutto il resto" mi risponde, mentre accarezzo dolcemente il suo ginocchio e, anche se non può vedermi, sorrido. Sorrido perché anche se non so dirglielo, sono fiera di lui.
"Sei bella quando sorridi" mi sussurra, prendendo un po' di acqua calda tra le mani e facendola scorrere sulla pelle della mia schiena nuda. "In questi giorni che hai?" mi chiede dopo qualche secondo, mentre la mia testa è appoggiata al suo petto e lui si diverte a giocare con le punte dei miei capelli bagnati. Mi volto leggermente per guardarlo, non capendo a cosa alluda con la sua domanda. "Non so...sei - sei diversa. Più - più luminosa, più bella, più solare del solito ecco. -" si interrompe per un istante e continua a fissarmi, spostando gli occhi su ogni dettaglio del mio viso e mordendosi il labbro inferiore. Io mi avvicino a lui e poso le mie labbra sulle sue, trattenendole con un morso delicato per qualche secondo. "- Hai un qualcosa di speciale che ti rende più brillante del solito, tutto qui" conclude scuotendo la testa e rilassandosi di nuovo, occhi chiusi e la pelle del viso leggermente bagnata dal vapore. "Ti amo" gli sussurro semplicemente, con gli occhi luminosi e dentro una storia tutta da raccontare.
L'atmosfera tra di noi si fa subito più calda, ma il vapore della vasca c'entra ben poco. Abbiamo voglia di sentirci vicino, ancora più di così. Così iniziamo a scoprirci, ad esplorarci, a ridere insieme labbra contro labbra. Lasciando i problemi al di fuori, mollando per strada le paranoie, dimenticando per un attimo le cose non dette.
Filippo e Ludovica.
Ci siamo solo noi e nient'altro.
A casa nostra, immersi nella acqua bollente della nostra vasca, ad amarci nel modo più profondo che conosciamo.
Peccato, però, che i nostri piani vengano mandati a monte da un dito insistente che suona al nostro campanello, senza tregua. E quel dito molesto, associato a quel modo di suonare, può essere solo di una persona.
"Che cazzo vuole Lorenzo a quest'ora?" Filippo alza gli occhi al cielo infastidito, mentre usciamo di fretta dalla vasca ed indossiamo un accappatoio per renderci quantomeno presentabili. "Filippo -" lo fermo per un polso, attirandolo a me. "- sono orgogliosa di te" gli sussurro, che i suoi occhi si fanno subito più lucidi ed io non posso far altro che sorridere.
Raggiungiamo il piano inferiore, mentre il campanello non ha ancora smesso di suonare un attimo e Lorenzo non fa altro che continuare ad infastidirci. Gioca proprio sul fatto che sa quanto a Filippo dia fastidio quel rumore squillante e costante.
"Si può sapere cosa vuoi alle otto del mattino?" gli chiedo esasperata, mentre apro la porta e non faccio nemmeno tempo a salutarlo che è già seduto al tavolo. "Ho pensato di portarvi la colazione, fare due chiacchiere, passare un po' di tempo insieme...insomma sono stato carino, vero?" chiede appena finisce di straparlare e dire le cose ad una velocità disumana. Filippo lo guarda e scuote la testa, andando al piano di sopra a vestirsi, mentre io rido e penso a quanto è speciale Lorenzo.
Un essere meravigliosamente speciale.
"È preoccupato?" mi chiede, appena sente Filippo salire le scale e rifugiarsi in camera da letto. "Lo conosci, è ovvio che sia paranoico. Però ha voglia di spaccare tutto e so che ce la farà. Tu piuttosto?" lo indico con un cenno della testa e l'espressione di chi ha già in tasca la risposta. "Non ho dormito. Non ho cenato ieri sera. Non ho rivolto parola a nessuno. Non ho nemmeno risposto al telefono" mi confessa, abbandonandosi con la testa sul tavolo e nascondendosi tra le sue stesse braccia. "Mi sa che questa volta quello messo male sei tu, caro Galli" scoppio a ridere, ma improvvisamente ho bisogno di reggermi alla sedia dove è seduto Lorenzo, per non stramazzare al suolo. Il mio amico mi guarda preoccupato, per poi prendermi per un polso e farmi sedere accanto a lui. "Che hai?" mi chiede con il fiato corto e gli occhi sbarrati. "Nulla, forse un calo di pressione. Non ho ancora fatto colazione stamattina" cerco di sdrammatizzare, non voglio creare preoccupazioni inutili che si che rovinerebbero tutto. Soprattutto oggi.
Filippo scende con un sorriso a trentadue denti, come se il buongiorno di stamattina l'avesse davvero aiutato a recuperare tutte le forze necessarie ad affrontare questa giornata particolare.
Lorenzo passa lo sguardo su di me, che gli lancio un'occhiata come a fargli capire che sto bene e non ho bisogno di niente, per poi passare un saccottino al cioccolato a lui e un cornetto alla crema a Filippo. Prima di addentare il mio, tolgo le due punte dalle estremità, per poi passarle a Filippo che scoppia a ridere di conseguenza. "Se mi dovessero chiedere di descrivere il vostro amore, lo farei esattamente così: tu che gli lasci le punte del cornetto che tu odi, ma sai che lui adora. Ed è proprio lì che sta la vostra vera essenza: nei piccoli gesti quotidiani" sorride Lorenzo, mentre incastra i suoi occhi azzurro cielo nei nostri e poi si concentra di nuovo sul suo saccottino, dandogli un morso e sporcandosi tutto attorno alla bocca con il cioccolato. Ed effettivamente ha due anni scarsi, ma è il fratello che non ho mai avuto. Quello di vita, quello indispensabile, quello che sa essere famiglia anche se le vostre strade si sono incrociate per puro caso.
Ormai non faccio altro che passare il mio tempo in un camerino qualsiasi, circondata sempre dalle solite persone, a guardare e riguardare scatti in sequenza così da scegliere il migliore. Filippo sta facendo le ultime prove ed io sono sola da qualche minuto, ormai sono così tante ore che fisso lo schermo luminoso di questo pc che mi sembra persino di iniziare a vedere doppio. Mi stropiccio gli occhi, togliendomi per un attimo gli occhiali da riposo e cercando di dare sollievo al mio dolore al collo. Mi alzo dalla sedia girevole, ma lo faccio probabilmente troppo di fretta, visto il capogiro allucinante che mi coglie alla sprovvista. Per fortuna, in quell'esatto istante, entra Rombo che corre verso di me e mi sostiene prima che possa cadere sul pavimento.
Oggi è un pochino più difficile fare finta di nulla. Sarà che in questi ultimi giorni mi sono strapazzata maggiormente. Tra il matrimonio, le promesse, le relative notti in bianco, il lavoro, gli spostamenti continui, gli scatti di qua e di là, la produzione al computer, le stanze di hotel, non sono stata ferma un attimo. E dovrei stare a riposo, darmi una calmata, ma non posso farlo oggi.
Non posso, per nessuna ragione al mondo.
"Ludo, stai meglio?" mi scuote Andrea, passandomi un bicchier d'acqua e facendomi stendere sul divano in pelle rossa. "Si, tranquillo, anzi grazie" gli dico cercando di accennare un sorriso, anche se questa continua nausea e i giramenti di testa mi stanno debilitando parecchio.
"Vado subito a chiamarti Filippo" mi dice, avviandosi verso la porta di fretta.
"No! No, va tutto bene. Non preoccuparti, sono solo un po' stanca" lo tranquillizzo. Lui mi sorride in risposta, per poi aprire la porta. Quando è praticamente per metà fuori, lo richiamo dentro. "Andre, non dire niente a Filippo, non è il caso di farlo preoccupare" gli chiedo, mentre lui annuisce, sorride e torna ad assistere alle prove dell'amico.
Sto cercando di racimolare un po' di forze per alzarmi, quando la porta si spalanca e rivela la figura di Lorenzo. "Ciao amica, ti ho portato un bel bicchiere di spremuta per rimetterti in piedi!" mi grida con la sua solita carica, mentre io cerco di farmi vedere sorridente per non destare altri sospetti da unire a quelli di questa mattina. So che se sapesse del piccolo malore di poco fa inizierebbe a fare domande, a chiedere spiegazioni e non è di certo la serata giusta per confessare determinate cose. Non me la sento di creare allarmismo proprio stasera. È la serata di Filippo e deve godersela al massimo, tutto il resto passa in secondo piano. "Grazie piccolo Loris" gli do un dolce bacio sulla guancia, mentre lui mi avvicina la cannuccia e mi regge il bicchiere come si fa con i bambini piccoli. Poi mi fa appoggiare la testa alla sua spalla, mentre prende il computer e inizia ad editare qualche foto e alcuni video, sotto il mio occhio attento, vigile e decisamente troppo pignolo a giudicare da quante volte sbuffa nel giro di qualche istante.
Passano pochi minuti che Filippo ci raggiunge e appena entra fa una faccia strana, una sorta di espressione mai vista prima d'ora, come se ci fosse qualcosa che gli da un fastidio tremendo.
Non so nemmeno decifrarla bene.
Non si avvicina nemmeno per darmi un bacio, né per farmi qualche coccola o vedere ciò che stiamo facendo io e il suo migliore amico. Lorenzo ed io ci comportiamo come al solito: ridiamo, cerchiamo di renderlo parte delle nostre idee, dei nostri progetti, persino dei discorsi più idioti che riusciamo a partorire, ma lui nulla. Non muove un muscolo, non accenna un sorriso, non dice una parola se non qualche mugolio di approvazione o grugnito di disapprovazione. L'unica cosa che fa è accendersi una sigaretta e avvicinarsi alla finestra per buttare fuori il fumo e non rischiare di intasare la stanza di cattivo odore. Io sospiro, Lorenzo pure e non sappiamo cosa altro fare. Filippo si volta di schiena per un po' perso nei suoi pensieri, poi spegne la sigaretta e si infila di nuovo la giacca. "Bro, ti va di vedere come sta venendo il video?" gli chiede Lorenzo, mentre lo imploro con lo sguardo di risolvere la situazione prima di creare un dramma. "Non mi rompere i coglioni, Lorenzo" sputa freddo, accendendosi un'altra sigaretta e recuperando il telefono lasciato sul tavolo poco prima. Esce dalla stanza ed io lo seguo a ruota, cercando di stargli dietro anche se lui cammina velocemente ed io non riesco a mantenere il suo ritmo.
"Fil!" cerco di chiamarlo, ma non si volta. "Filippo, fermati! Ti prego!" urlo di nuovo, con il fiato corto che mi preme sul torace e lo rende pesante come un macigno. Vedo Giulio seguito da Leti, andare incontro a Filippo, mentre sposta il suo sguardo su di me e cerca di capire ciò che sta succedendo. "Cazzo!" grido ancora e allora Giulio lo ferma per un polso, anche se anche Filippo stesso aveva rallentato per un attimo il suo andamento, così da poterlo raggiungere. "Ma che succe -" prova a chiedere Giulio, ma Filippo gli strattona il braccio e si libera rabbiosamente dalla sua presa.
"Mi dici che cazzo ti è preso?" gli chiedo, con la rabbia che mi fa bruciare le pareti dello stomaco. Nel frattempo Lorenzo ci raggiunge di corsa, mentre Francesca lo segue stranita dalla situazione assurda che si sta creando. Mi volto verso il mio amico e cerco di chiedergli aiuto in tutti i modi, ma non sa nemmeno lui come risolvere. La situazione risulta quasi surreale: ci siamo io, Filippo, Lorenzo, Giulio, Letizia e Francesca quasi in cerchio che ci guardiamo l'uno con l'altro per trovare un senso logico a tutto ciò. Ma ovviamente, l'unico in grado di spiegare è la persona più schiva, introversa e permalosa dell'intero universo.
Mi porto una mano allo stomaco, cercando di non rigettare quei pochi sorsi di spremuta bevuti solo qualche istante fa. "Stai bene?" mi chiede premuroso Lorenzo, accarezzandomi la schiena a guardandomi negli occhi. Io socchiudo per un istante gli occhi, beandomi di quel tocco che mi da la sensazione di essere protetta dalle mura di casa, che mi dona la tranquillità necessaria per restare in piedi.
"Che cosa mi è preso? Ma vi siete visti, porca puttana?" alza la voce in modo spropositato, tanto che anche i tecnici audio e luci si voltano nella nostra direzione. "Ma che cazzo dici?" gli chiede Lorenzo scioccato, mentre io vorrei solo prenderlo a pugni quando fa così dal nulla. "Adesso sei geloso di Lori?" gli chiedo scoppiando a ridere istericamente, mentre gli altri cercano di placare gli animi ma falliscono miseramente. "Sei sempre il solito coglione immaturo che non sa affrontare i sentimenti" gli sputo in faccia cose che non penso, che quando devo difendermi uso sempre questa tattica infima, pentendomene due secondi più tardi.
"Vaffanculo Ludo" dice a denti stretti, mentre sento il nodo in gola stringersi talmente tanto da spezzarmi il fiato. Si volta e fa per andarsene, mentre a me sfugge una lacrima che mi bagna la guancia. "Filippo!" Lorenzo glielo grida con tutta la voce che si ritrova in corpo, per poi correre ed inseguirlo.
"E tu ora dove pensi di andare?" lo blocca infastidita Francesca, non capendo le intenzioni del suo fidanzato.
"Vado via con lui" gli dice semplicemente il moro, provando a lasciarle un bacio sulla guancia. Ma lei si tira indietro, mettendo un muro. "Era quasi mezz'ora che ti cercavo e per trovarti ho dovuto seguire le vostre urla" gli dice con un pizzico di cattiveria e gelosia, esattamente gli stessi sentimenti sparsi tra le parole di Filippo poco fa. "Avevo da fare, lo sai" gli risponde tranquillo, scuotendo la testa leggermente infastidito dal comportamento della mia amica.
"E adesso devo andare" si volta di nuovo, ma per la seconda volta lei lo blocca. "Stiamo discutendo" sussurra cruda, mentre stringe ancora di più le dita attorno al tessuto della felpa di Lorenzo. "Il mio migliore amico ha bisogno di me, non c'è niente che in questo momento possa trattenermi qui. Devo andare da lui, chiarire e rendere questa serata indimenticabile come si merita di essere. È mio fratello, Francesca. Esattamente come Ludo è mia sorella, parte di me. E verranno sempre prima di qualsiasi altra cosa, perché per me sono famiglia. E adesso scusami" sussurra tutto con un filo di voce, che dentro mi sento una merda ma le sue parole sono state come carezze su una ferita. L'unica cosa in grado di curare. Le lascia un dolce bacio sulla guancia e mentre lo fa posso vedere i suoi occhi azzurri pieni di lacrime inesplose, pronte all'esondazione ma troppo discrete per lasciarsi andare.
Passa solo un'ora o poco più, prima che Lorenzo faccia capolino nel camerino di Filippo e mi avvisi che sono finalmente tornati. Spiegandomi brevemente la loro assurda discussione e non tralasciando nessun dettaglio per strada.
"Ora è andato a fare il meet che era già in ritardo, però forse è meglio se lo raggiungi. Sai meglio di me che non verrà lui qui, il suo solito orgoglio lo fotte sempre" Lorenzo mi spinge a fare pace, anche perché sa che sennò io e Filippo non prenderemmo mai una decisione giusta. Lasceremmo scivolare tutto sotto chili e chili di orgoglio, non sapendo più come seguire quella debole scia di luce fino ad uscirne. Sospiro pesantemente, così che Lorenzo se ne accorga e scoppi a ridere per la mia cocciutaggine. Per una volta, però, do retta al mio amico e decido di raggiungere il mio fidanzato impegnato nell'incontro con i suoi fans.
Appena arrivo da lui, mi nota subito.
Alza lo sguardo e lo incrocia con il mio, distaccandosi per qualche istante da una ragazza che gli sta regalando un vinile. Io gli sorrido e cerco di riportarlo alla realtà in fretta, indicando con un gesto della testa la giovane ragazza ed il fotografo che stanno richiamando la sua attenzione. Lo vedo deglutire e voltarsi in fretta, apposta per cercare di non farmi notare il sorriso che si è appena dipinto sulle sue labbra rosate. Continua a distrarsi, a guardarmi, a perdere anche quel minimo di concentrazione necessaria per andare avanti. Cerca sempre i miei occhi: firma un cd e poi guarda me, fa una foto e spesso il fotografo deve richiamarlo per fargli notare che l'obiettivo è esattamente dalla parte opposta, rispetto a dove sta guardando. Che non riesco a stare arrabbiata con lui nemmeno un po', non so tenergli il muso e fingermi distaccata quando lo vedo così tenero che sembra un bambino.
"Datemi solo un secondo, torno subito" lo sento pronunciare, prima di sorridere alle ragazze in fila mentre restituisce un foglio ad una di loro. Mi raggiunge accennando una breve corsa e fiondandosi per darmi un bacio. Sento tutti gli occhi addosso a noi due e sa che è una cosa che non sopporto e alla quale purtroppo non mi abituerò mai.
"Scusa, sono un coglione" mi dice, nascondendo il suo viso nel mio collo e continuando a baciarmi. "Per essere geloso di Lori? Beh si...e pure tanto" gli rispondo e poi scoppiamo a ridere insieme, che ogni tanto gli esplodono delle reazioni incontrollate, irrazionali e totalmente fuori luogo ma non c'è modo di chiedergli spiegazioni.
Lui scappa.
Se ne va.
Fugge il più lontano possibile per tutto il tempo necessario a calmarsi. Ed è una cosa che odio con tutta me stessa, forse il difetto che mi mi da maggiormente fastidio. Ma ormai ho imparato a conoscerlo, addirittura meglio di quanto sappia fare lui stesso. So che ha bisogno di prendere un respiro di sollievo lontano, anche se è un comportamento egoista e che mi fa stare ancora peggio. So che bloccarlo, fermarlo, farlo restare significherebbe soffocarlo e non c'è cosa peggiore. Ormai è un libro aperto per me, di cui conosco tutte le pagine, persino quelle parole che a stento riescono ancora a leggersi e si sono sbiadite con il tempo. Ed è anche grazie a tutto questo che lo amo così tanto.
La serata sta per cominciare e Filippo è un groviglio di nervi tesi, impossibile trovarne l'inizio e tantomeno scioglierli. Non fa altro che passare lo sguardo da me a Lorenzo, guardare la sua immagine riflessa allo specchio e poi accendersi una sigaretta, oppure avvicinarsi alle labbra quella che tiene già tra le dita. Io a stento respiro e dagli occhi di Lorenzo, capisco che anche per lui è lo stesso. In questo camerino ci sono così tante persone, che rischio seriamente di soffocare da un momento all'altro, oppure di svenire e cadere al suolo.
Il nostro amico, solo pochi minuti dopo, chiede alla gente di uscire e lasciare tranquillo Filippo, così da farlo concentrare al meglio. Visto che, in questo momento, non riesce nemmeno a stringersi la cintura dei pantaloni senza tremare come una foglia.
Non facciamo a tempo a chiudere la porta e tirare un respiro di sollievo, che sentiamo bussare di nuovo. Sbuffiamo tutti e tre all'unisono e questa cosa ci fa ridere di gusto, anche se fino a poco fa ridere era proprio il nostro ultimo pensiero.
Lorenzo fa per aprire la porta, ma un faccino tondo e gentile sbuca poco prima che lui riesca nel suo intento. Filippo la vede e gli occhi gli si illuminano di una luce speciale, come se le paranoie avessero improvvisamente preso il volo e non esistesse nient'altro al di fuori di lei. Celeste non saluta nessuno, si fionda tra le braccia del suo Pippo e si fa coccolare per minuti interi, mentre Lorenzo non fa altro che cercare di attirare la sua attenzione scattandole foto di continuo.
Ma per lei niente conta più che stare con Pippo.
Ogni tanto Filippo si volta e mi guarda sorridente, per poi girarsi di nuovo verso mia sorella e riempirsi le pupille di lei e del suo essere semplicemente una meraviglia. Indossa in testa la fascia del concerto d una felpa del nuovo merchandising, quella nera con la frase di Poi, poi, poi anche se a stento riesce a camminare da quanto le sta grossa. Le arriva praticamente alle caviglie, le maniche sono rigirate almeno tre volte e potrebbe entrarci anche lo stesso Filippo insieme a lei. È così tenera che passerei il mio tempo a strapazzarla di baci, ma al mio posto ci stanno già pensando Filippo e Lorenzo.
"Ho una sorpresa per te" le dice Fil, facendo una delle sue smorfie buffe che la fanno tanto ridere. Si allontana per prendere qualcosa, poi torna con una busta grande quasi quanto la stessa Celeste, che lo guarda ancora più innamorata di prima. Lo apre con quell'innocenza tipica dei bambini, con quella fame di vita, con quella voglia di avere il mondo tra le mani e poterci ballare sopra. "Potresti anche a aiutarmi eh, Lollo....anzi che stare lì a fissarmi" sussurra provocando Lorenzo, che non esita nemmeno un istante ad aiutarla a scartare quell'enorme pacco regalo rosa. Appena riescono a togliere il primo pezzo di carta, gli occhi della mia sorellina si illuminano di una luce speciale, quella che hanno solo quando si tratta di qualcosa che ha a che fare con Filippo.
"Finalmente ne ho trovato uno alla tua altezza" le dice Filippo, accucciandosi accanto a lei e facendola sedere sulle sue gambe. Lo guardo e non posso non scattare una fotografia, che questo momento così semplice e allo stesso tempo intenso vorrei riviverlo per sempre.
Un click e fermo l'eternità.
"Lo chiamerò Pippo. Si, si, Pippo è proprio il nome ideale. Cioè guardalo, ha proprio la faccia da Pippo, siete identici" si impunta convinta mentre prende tra le braccia il suo enorme unicorno, anche se a fatica riesce a circondarlo tutto. Noi tre non facciamo altro che scuotere la testa e guardarla felici, anche se Filippo lo fa in un modo un po' diverso. Quasi fosse completamente rapito, innamorato, incantato da Celeste. Così dalla prima volta in cui l'ha vista a casa mia e si sono divisi quell'ultima fetta di pizza. Così, come se fossero destinati ad incontrarsi e curarsi senza nemmeno dirselo. Così, come se il destino gli avesse mandato un piccolo angioletto di nome Celeste, pronto a curarlo da un dolore inguaribile. Così, come due vite che si sono incrociate e non possono più esistere l'una senza l'altra.
"Dieci minuti e ci siamo" Giulio e Andrea entrano e ci avvisano che mancano solo pochi minuti prima di andare in scena. Sta davvero per succedere.
"Quasi dimenticavo..." Celeste si sbatte delicatamente una mano sulla fronte e torna prendere la busta con la quale è entrata pochi minuti fa. "A fine concerto sono costretta ad andare subito in albergo per fare la nanna e non posso passare a salutarti. Almeno così ho promesso a Ludo, Lollo, Andre, Giulio, Cesca, Leti e pure zio Ale e zio Giuse. Solo perché mi hanno obbligato, sia chiaro -" si interrompe per un attimo guadando curiosa i nostri sguardi, aspettandosi una reazione che si tramuta solo in risate da parte mia e di Lorenzo anche detto Lollo. "- Vabbè, tanto domani stiamo insieme e vengo con voi a Verona. Comunque, dicevamo...qui dentro c'è una cosa per te, anzi in realtà sono due" gli porge in mano la busta, attendendo che Filippo la apra. Prima trova un piccolo pacchettino e decide di aprire proprio quello. Dentro ci trova un paio di piume dorate, identiche a quelle che cerca ormai da mesi e per cui ha ribaltato mezzo mondo. "Un giorno, mentre eravamo a casa vostra, le abbiamo viste io e te in una fotografia e ricordo che ti piacevano molto. Poi non facevi altro che parlare di quelle piume, del fatto che non le trovavi, che le avresti tanto volute...insomma hai iniziato a rompere, così io, Ludo e Lollo ci siamo trasformati in una grande squadra e le abbiamo trovate. Puoi metterle stasera, magari ti porteranno fortuna" lui le da un bacio sulla fronte, per poi voltarsi verso di noi e mimarci un grazie a fior di labbra. Le indossa subito, togliendo quelle scelte poco fa e riponendole nella scatola. Che posso solo immaginare quanto lo renderà felice avere qualcosa scelto da Celeste, proprio in una serata così speciale.
Tira fuori l'altra cosa dalla busta e restiamo tutti sorpresi quando notiamo che è l'orsetto che Filippo aveva regalato a Celeste tantissimi mesi fa, quello con cui dormiva lui quando era piccolo e da cui lei non si separava per nessuna ragione al mondo. "È un segno per dirmi che sei diventata grande e non hai più bisogno di sentirmi vicino?" le chiede Filo, tirando fuori leggermente il labbro inferiore e facendo la tipica espressione da cane bastonato. "Ma no, scemo! -" esclama lei, dandogli una piccola pacca in testa e cercando di tirare in su i lati della bocca del ragazzo, così da formare un sorriso sulle labbra. "- Quando ridi sei più bello, comunque" aggiunge, accarezzando lievemente la sua guancia e toccandogli piano le palpebre gonfie. "- Dicevo, ho pensato che stasera avessi bisogno di un portafortuna, così ti ho riportato lui. Io adesso ho Pippo, che tanto profuma già di te. In più l'orsetto ha smesso di avere il tuo odore, quindi è meglio che torni per un po' a stare da te, così torna come prima. Poi, che ne so, potresti averne bisogno...magari se diventi papà potrai darlo a lui o a lei, vero Ludo?" la bimba si volta verso di me, ma io non riesco a spiccicare nemmeno una singola parola. Stringo la mano attorno al bordo del tavolo e cerco di respirare normalmente, ma soprattutto di non far notare a nessuno la mia reazione. Filippo mi guarda e gli occhi gli si inondano di lacrime, che quasi le sue iridi sembrano mare aperto in un giorno d'estate. Luccicanti, come le onde che riflettono i raggi di un sole cocente.
"Hai detto una cosa bellissima" dico appena riesco a deglutire e a rimettere insieme i fili del cervello, dando un senso alla matassa di pensieri che mi premono sulle tempie. Poi mi avvicino a lei e la stringo in un abbraccio fortissimo, che ha il sapore dell'amore incondizionato che provo nei suoi confronti. Di una bambina che mi ha rapito il cuore dalla prima volta che i miei occhi hanno incrociato i suoi ed il mio cuore ha fatto una capriola su se stesso.
Filippo tra qualche minuto deve andare in scena, così Rombo e le mie amiche vengono a chiamare Celeste per accompagnarla alla postazione dalla quale guarderanno il concerto. Lei saluta tutti, poi lascia un bacio sulla guancia di Lorenzo, uno sulle labbra a me e accarezza la mano del suo Pippo. Poco prima di uscire dalla porta, si blocca e torna indietro, raggiungendo di nuovo Filippo. "Ti voglio tanto bene Pippo" gli sussurra con una purezza che è impossibile restare indifferenti. E lo vedo dalla reazione di quello che ormai è mio marito, che il suo cuore si è appena frantumato in mille pezzi e che vorrebbe essere in grado di sussurrarle almeno un milione di frasi diverse e tutte indimenticabili. Ma non ce la farà mai, perché quel groppo in gola è troppo infame per lasciarglielo fare. Allora la solleva e se la porta in braccio, facendole fare un giro su se stessa, prima di risponderle con un semplice "Anche io. Sei il mio piccolo amore, non dimenticarlo mai" che i loro occhi si incrociano ed è come se scoppiasse una bomba di affetto in grado di colpire tutti i presenti. Perché amore genera amore e loro ne sono la forma più eloquente che conosco.
Io e Filippo ci affacciamo in corridoio e la guardiamo allontanarsi, esattamente come due genitori guardano la loro piccola bambina e questa cosa mi mette i brividi. Forse è stata lei ad unirci, ad insegnarci ad amare, a farci capire la bellezza di due persone che imparano a vivere una accanto all'altra. Con la stessa spontaneità di quando si è solo dei bambini.
Lei ogni passo si volta e ci saluta con la mano e noi ricambiamo con il sorriso sulle labbra, ma più di tutto con il cuore colmo d'amore.
Filippo posa la sua testa sulla mia spalla, abbracciandomi da dietro e lasciando che la mia schiena aderisca perfettamente al suo petto muscoloso. Poi allaccia le sue mani sui miei fianchi, fino a portarle a sfiorare la pancia e lasciandole lì a sfiorare il sogno di un qualcosa di solo mio e suo. Così simile a me, a lui, magari persino a Celeste. Qualcosa che stasera mi fa venire i brividi e gli occhi lucidi, al solo pensiero.
"Dobbiamo andare, sei pronto?" gli chiedo, cercando di prendere un respiro profondo per trasmettergli tutta la serenità di cui ha bisogno. Lui annuisce, per poi darmi un bacio così intenso che a stento riusciamo a staccarci e a recuperare quel briciolo di fermezza che ci serve.
"Abbi cura di splendere, amore mio" gli sussurro mentre ancora ci stiamo baciando, proprio sulle sue labbra lasciando che il mio respiro si mischi con il suo e che le mie parole diventino il suo fiato.
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Il suo primo Forum.
Il primo, grande e vero concerto della sua vita.
Ed io sono qui, noi siamo tutti qui a guardarlo, a lasciare che i nostri occhi si riempiano di lui e della bellezza delle sue canzoni.
Ed è come il primo respiro di vita dopo aver vissuto in apnea per troppo tempo, la stessa sensazione dei polmoni che si riempiono di nuovo di aria pulita dando un sapore diverso alle emozioni.
E vorrei che fosse qui con me adesso, accanto a tutti i suoi amici, sommerso dai nostri pianti, dalle risate, dalle canzoni cantate a squarciagola, dai balli scatenati e dalle urla a perdifiato. Vorrei fosse qui e potesse notare ogni singola lucina accesa, che sono quasi tredicimila e hanno la sembianza del cielo stellato più bello che io abbia mai visto. Sono tante, tantissime, piccole e brillano di una luce speciale, quella che assomiglia così tanto agli occhi di Filippo che quasi mi commuovo. Come se quelle persone vivessero di lui e, quasi per riflesso, brillassero della sua stessa luce.
E vorrei che le sentisse tutte, quelle migliaia di voci che si stanno unendo alla sua in un grido che ha il sapore della disperazione, della rabbia, dell'amicizia, dei sentimenti di un cuore indifeso, spezzato, dilaniato, ricucito, curato e accarezzato nel modo giusto. In un grido che ha lo stesso sapore dell'amore, vissuto nella maniera più intensa e pura che esista: attraverso la musica.
Perché stasera è la dimostrazione che il suo sogno è realtà, che può tenerlo saldamente tra le dita e viverselo a pieno. Senza condizioni, senza freni, senza compromessi, dimenticando persino di aprire il paracadute. Lui che si è fatto calpestare, che ha preso botte all'anima pur di crederci, che è stato dilaniato da un dolore inspiegabile, che ha visto le sue ali bruciare ed il suo sogno sgretolarsi tra le mani come sabbia finissima. Lui che ha buttato giù muri, porte, scudi, che ha combattuto contro i suoi demoni più grandi, che ha abbandonato persino le certezze più forti che aveva pur di non lasciare andare il suo sogno. Lui, il ragazzino partito da qualche rima in un parchetto con gli amici, quello senza un piano B, quello che avrebbe continuato a respirare solo attraverso le sue parole e un microfono. Solo grazie alla gente che lo avrebbe ascoltato.
Oggi ce l'ha fatta. Per davvero.
Perché il suo turno di felicità è arrivato e lui è stato in grado di aspettarlo senza spingere, senza urlare, senza sorpassare, senza il bisogno di spegnere nessuno. È rimasto in silenzio, leccandosi le ferite e ricucendo i lembi delle sue ali. Ed ha imparato a splendere, a brillare più forte di una stella.
L'aria stasera profuma di poesia, i coriandoli dorati ci volano sopra le teste, mischiandosi ai capelli e ai nostri abbracci. I brividi sulla pelle non si fermano nemmeno un istante, continuano ad aumentare sempre di più, insieme all'orgoglio immenso che provo per quel ragazzo dalle piume alle orecchie che sta facendo suo persino quel palco enorme.
Così grande e allo stesso tempo così giusto, per il suo cuore fragile e immenso.
E mi sembra tutto assurdo.
Questa magia è assurda.
Tutte queste persone sono assurde.
Il suo modo di emozionare è assurdo.
Il battito accelerato del mio cuore è assurdo.
Persino l'aria stasera, ha qualcosa di assurdo.
Il mio pensiero non può non ricadere su quel periodo orribile, fatto di un abisso nero e urla, grida, tagli profondi nel cuore. Non posso non ricordarmi della sua voce che si infrangeva nel vuoto di una stanza, che non riusciva mai a uscire fuori da lì, che continuava a logorarlo dentro peggio di filo spinato. Chiuso in quella gabbia che lo rinchiudeva, che lo costringeva a vivere una vita diversa da quella che sognava, ad essere una persona diversa rispetto a quella che avevo conosciuto. Non posso non pensare alle notti passate in bianco, pregando che il giorno dopo potesse essere leggermente migliore. Quelle passate a reggergli la testa per farlo vomitare, a pulire i cocci delle bottiglie rotte, a lavargli il viso ogni mattina, a passare il rasoio sulla sua pelle spenta, i giorni in cui il suo umore me lo permetteva. Lui che si è aggrappato al suo sogno come un bambino si aggrappa alla vita, cercando di non perdere la battaglia più importante di tutte. Che ci ha sputato sangue, che ha lottato contro tutti, perso persino una parte di se stesso, ma che finalmente può gridare al mondo di avercela fatta. Da quel giorno in cui è entrato dentro a quella scuola e ha scelto di rimettersi in gioco, partendo di nuovo da zero, buttando nel cesso tutti i suoi punti fermi, le sue certezze. Facendo la scelta più azzardata possibile, rischiando di perdere la cosa più preziosa della sua intera vita. Tentando di fare musica nel modo più puro che conosce: il suo.
E ce l'ha fatta davvero.
Queste quasi tredicimila lucine che stanno illuminando il soffitto di questo posto immenso lo dimostrano, è riuscito ad arrivare alle persone. Toccando i loro cuori, le corde più profonde della loro anima, arrivando fino in fondo, fino a sfiorare i diamanti nello stomaco.
Oggi Filippo può tenere tra le dita ciò per cui ha lottato una vita, per cui ha messo in discussione ogni singolo dettaglio della sua esistenza. Oggi, i suoi tagli sono diventati cicatrici e non bruciano più come un tempo. Oggi, il suo sorriso è diverso, non ha più quel velo di passato triste e infelice. Oggi, può ritenersi davvero fiero di ciò che è diventato e lo posso notare dai suoi occhi orgogliosi e cristallini come mai prima d'ora. Oggi, le sue emozioni sono i nostri brividi, le sue parole sono le nostre lacrime, le sue notti passate in bianco sono la magia che ci da un motivo per andare avanti. Oggi, le piume che porta alle orecchie da sempre lo stanno facendo volare, così in alto che sfiora il cielo con un dito, così in alto che si sono trasformate in ali.
Oggi, possiamo gridare al mondo che siamo e abbiamo voglia di restare giovani per sempre.
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Appena scende dal palco si fionda tra le mie braccia e mi solleva in aria, permettendomi di allacciare le gambe attorno alla sua vita. Restiamo così per qualche secondo, anche se in realtà sembrano ore infinite. Inebriati da una felicità che dagli effetti collaterali che da, sembra quasi alcol puro e di quelli particolarmente forti. Sento la testa confondersi, lo stomaco stringersi su se stesso, il cuore che sta per scoppiare nel petto ed esplodere come una bomba. Le parole che io dico a lui e quelle che lui dice a me si confondono, si mischiano ai baci, alle risate, ai respiri sempre più affannati. Ma tanto il concetto è uno ed universale per entrambi: grazie per amarmi, per essere parte di tutto questo, semplicemente per esserci ogni volta che ne sento il bisogno. Grazie perché senza di te la mia vita, non sarebbe così piena di magia.
Mi riporta con i piedi per terra, anche se in questo momento la mia mente ha messo le ali e sto volando sopra il cielo più bello che io abbia mai visto. Uno nero come quello di Berlino, ma ricoperto da quasi tredicimila stelle, una più luminosa dell'altra.
Filippo adesso è circondato dai suoi amici, primi tra tutti Lorenzo e Alessandro, che lo stanno letteralmente assalendo da quando mi ha lasciato un bacio sulla tempie e si è girato verso di loro. Stasera ci sono proprio tutti e posso solo immaginare quanto questo lo renda felice. Quanto gli riempia il cuore sapere che ognuno di loro è lì per lui, per urlare al mondo intero quanto è orgoglioso di quel ragazzo partito da un parchetto di Monza, con una penna in mano e una valigia piena di sogni.
Ci sono Simone, Giuse, Giacomo e tutta la compagnia di sempre, Giulio, la band rigorosamente al completo, Letizia e Francesca, Jolanda con il fidanzato, Epicoco, Vale anche lei con il suo fidanzato, Bea, Matias e tutta la combriccola dei Galli, Lorenzo e Davide, persino alcuni dei parenti dalla Toscana. Stasera è circondato da amore, tantissimo amore. Lo stesso amore che gli fa brillare gli occhi ancora prima del sorriso, quello che gli fa risplendere le iridi ogni volta che lo abbracciano, quello che incontro ogni volta che si gira nella mia direzione e mi guarda.
C'è talmente tanto di quell'amore, sparso nei modi più disparati che esistono, che a stento credo di avere il cuore abbastanza grande da contenerlo tutto.
Ha appena finito l'ennesimo brindisi con Simone, quando cerco di attirare la sua attenzione. Ma nulla mi è d'aiuto stasera. Nemmeno i nostri amici quasi tutti ubriachi, o meglio per la maggior parte brilli ed euforici, che non fanno altro che trascinarmi in qualche abbraccio, trenino improvvisato o nell'ennesimo scontro di calici della serata. Nemmeno Filippo che è circondato da Lori, Ale, Simo e Giulio e tra una tirata di sigaretta, una risata sguaiata e un sorso di birra, non mi degna nemmeno di uno sguardo. O quasi.
Cioè, in realtà non fa altro che cercare il mio sguardo, che invitarmi a sedermi sulle sue gambe con un gesto della mano, che indicarmi con un cenno della testa una sigaretta con l'intento di dividercela. Ma io ho solo bisogno di stare da sola con lui, almeno per un po'.
Mi avvicino al tavolo, mentre il sorriso di tutti mi accoglie e mi riempie di affetto sincero. Mi siedo per un istante sulle gambe di Filippo, lasciandogli un tenero bacio tra i capelli per poi attirarlo verso di me. "Possiamo stare un po' soli io e te?" gli sussurro in un orecchio, che con le chiacchiere degli altri presenti a stento riesce a sentirmi in modo chiaro. Mi guarda ed accenna un sorriso, decisamente più ammiccante che tenero. Già posso immaginare le intenzioni che ha e inizio a sentire l'aria farsi decisamente più calda. "Ve lo rubo per un po'" avviso gli altri, prendendo poi la mano di Filippo e allontanandoci dal tavolo. "Mettete un cartello fuori, sennò finisce che vi colgo sempre sul più bello!" urla Lorenzo, alzando la sua birra verso di noi e facendoci l'occhiolino.
Appena ci chiudiamo la porta alle spalle una sorta di macigno mi si posa sullo stomaco, a stento riesco a respirare e sicuramente i miei pensieri si stanno aggrovigliando in una massa senza via di fuga. Filippo non fa altro che sorridere e dare sorsi alla sua bottiglia di birra quasi finita, continuando a parlare a raffica. "Sono così felice, cazzo. C'erano tutti stasera, poi quelle luci, la mia voce unita a quella di tutte quelle persone, gli sguardi complici con Giulio. È stato tutto assurdo! -" più parla e più si tocca i capelli, un gesto che fa sempre ogni volta che è nervoso o talmente esaltato da non riuscire a prendere respiro.
"Poi hai visto gli effetti delle luci? E le scintille? Per non parlare dei coriandoli. Era tutto esattamente come l'avevo progettato nella mia testa mesi fa. È stato assurdo! L'ho già detto vero che è stato assurdo?" continua a straparlare e poi ride ed io lo faccio con lui, un po' di riflesso alla sua felicità che è anche la mia.
Posa la bottiglia di birra finita sul tavolo e prende lo spazzolino per lavarsi i denti. Si leva la maglia e ne prende una pulita dal borsone che abbiamo portato questa mattina, poi mette sullo spazzolino un po' di dentifricio alla menta ed inizia a strofinarsi i denti con cura. Sto per un po' seduta su una delle sedie, poi mi avvicino a lui e mi siedo sul ripiano del lavandino di marmo, mettendomi esattamente tra Filippo e il rubinetto dal quale sta scorrendo acqua.
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Gli rubo un bacio veloce al sapore di dentifricio, che mi ritrovo gli angoli della bocca sporchi di bianco e sento il suo sapore addosso, per poi allacciare le mie braccia attorno alla sua vita. Così, all'improvviso. Ho bisogno della forza che mi da un suo abbraccio, per poter iniziare a parlare.
E lo sento dai suoi nervi, che sotto il mio tocco così bisognoso restano stupiti, che sospetta qualcosa. Che ha una sensazione strana alla bocca dello stomaco, magari simile a quella che ho io in questo momento.
Mi alzo e rovisto nella mia borsa, cercando ciò che ho preparato stamattina in grande segreto, mentre Filippo era impegnato a fare le prove. Tiro fuori piano una scatola, le mani mi tremano e si ancorano a quella carta come se lì dentro ci fosse la cosa più preziosa della mia intera vita.
E forse un po' è così.
Ritorno verso di lui, che nemmeno per un misero istante ha smesso di seguirmi con lo sguardo ed ora lo sta facendo ancora più intensamente di prima. Mi appoggio di nuovo al ripiano e cerco di prendere un respiro profondo, ma in questo momento mi risulta davvero impossibile riuscirci. Lo guardo e so che ci basta quello, tanto che lui prende la scatola e poggia le sue mani sopra le mie, sfiorandole con una delicatezza che mi mette i brividi.
Respira piano, a stento vedo il suo petto alzarsi e abbassarsi e non so perché ma le sue mani tremano, esattamente come il mio piede che sta sbattendo a terra in preda ad un attacco di panico estremo. Solleva piano il coperchio della scatola e i suoi occhi si chiudono in due piccole fessure quando nota ciò che contiene la scatola.
Un plaid di pile rosso.
Lo stesso plaid che mi ha posato sulle spalle quella lontana sera di fine estate, in una villa al mare, il giorno del compleanno del suo migliore amico.
Il plaid che ha segnato l'inizio di tutto.
Sopra di esso c'è un bigliettino ripiegato accuratamente. Lo apre con attenzione, cercando di mascherare con qualche sorriso l'evidente peso che non gli permette di respirare.
'Te la ricordi questa coperta?
È stata un po' il nostro inizio e stasera potrebbe simboleggiare qualcosa di ancora più importante, nascondere qualcosa di solo mio e tuo. Perché tra quelle quasi tredicimila lucine, ce n'era una in grado di brillare più forte di tutte le altre. Anche se nascosta e talmente piccola da far paura'
Legge le mie parole ad alta voce e sentendole risuonare nella stanza vuota e fare da eco, sento i brividi percorrermi l'intera lunghezza della spina dorsale. Sta diventando reale. Mi guarda e socchiude gli occhi come a cercare un istante per calmarsi, un piccolo angolino di mare calmo dove rifugiarsi. Come se avesse già capito tutto e stesse sbattendo contro la consapevolezza più bella e grande della sua vita. Quella di un sogno in cui riponeva speranza da anni interi.
Gli prendo la mano e la accarezzo delicatamente, per poi posarla sul tessuto della coperta e aiutarlo ad alzarla leggermente. I suoi occhi cerulei si ritrovano davanti due scatole: una dalla forma quadrata e una più rettangolare. Gli sposto la mano e gliela poso su quella rettangolare, invitandolo con lo sguardo ad aprire quella. Si prende qualche secondo prima di farlo e mentre accarezza la superficie della piccola scatolina mi guarda. In un modo così intenso, da spezzarmi il poco fiato che mi resta nei polmoni. Mi guarda come se volesse imprimere questo momento nella sua memoria, in una sorta di fotografia eterna.
"Voglio ricordare tutto questo per sempre" mi sussurra, incastrando la sua testa sul mio seno e lasciando che le mie mani si perdano tra i suoi capelli riccioli. Poi smette di torturarsi il labbro inferiore, si decide finalmente ad aprire e a scoprire il contenuto della scatola.
Quando il test di gravidanza positivo gli compare davanti al viso, contenuto nella scatola quasi fosse una specie di oracolo, i suoi occhi si riempiono di lacrime. Talmente tante, che credo a stento sia in grado di vedere qualcosa. Poi mi prende in braccio e mi fa girare su me stessa. E ancora, ancora, ancora e ancora finché le nostre risate non si mischiano e la felicità non si tuffa nei nostri occhi, facendoli diluviare. Come pioggia battente il giorno di Natale, che se fa freddo si trasforma in neve e diventa meraviglia.
"Sei - Dio, sei -" è talmente emozionato che non riesce nemmeno a parlare, la voce gli esce rotta, quasi si spezzasse in gola prima ancora di diventare parola. "Aspettiamo un bambino" gli dico e per la prima volta profuma di certezza, di qualcosa che si può persino sfiorare, di quel sogno che sta diventando realtà.
"Un bambino..." ripete Filippo emozionato, mentre mi guarda e credo non l'abbia mai fatto così. I suoi occhi hanno qualcosa di diverso, non sono i soliti occhi lucidi, emozionati, felici, con quella luce particolare all'interno. No, oggi hanno qualcosa di speciale: brillano di amore.
Appoggio la mia testa al suo petto e sento il suo cuore battere ad una velocità inaudita, talmente forte che urla felicità.
"Dio, ma quanto ti batte veloce?" gli sussurro, con un sorriso in viso che non riesco a togliermi. "Colpa tua, anzi colpa vostra." mi risponde, incastrando i suoi occhi nei miei e facendomi sentire bella come non mai. Restiamo per un po' così, finché io non mi distacco leggermente, gli alzo il mento e gli lascio un bacio a fior di labbra. "E l'altra scatola la vuoi aprire o no?" gli chiedo curiosa, mentre lui la prende in mano non staccando mai i suoi occhi da me. La apre e dentro ci trova un paio di calzini bianchi stampati con tantissime piume colorate, che saranno si e no grandi quanto il dito indice della sua mano. "Oddio, sarà - sarà così piccolo" sussurra, rigirandosi i calzini tra le mani e commuovendosi per quella che sarà la cinquantesima volta. Poi mi guarda e mi aiuta a sedermi sul ripiano del lavandino, alzandomi piano la maglia che indosso e restando per un po' a guardare la pancia nuda. Innamorato, come se già lo potesse vedere. Come se già lo sentisse dentro di se, delicato come una carezza. Io non esito nemmeno un singolo istante, prendo la sua mano con la mia e gliela appoggio sopra, facendogli passare i polpastrelli sulla mia pelle nuda. E ad ogni tocco rabbrividisco di più, ad ogni tocco è sempre più reale, ad ogni tocco ci innamoriamo di quel piccolo fagiolino creato dal nostro amore. Posa le sue labbra screpolate sulla mia pelle e con quel filo di barba leggero, mi solletica un po'. "Ciao papà" gli sussurro, perdendo le mie dita tra i suoi capelli e beandomi della bellezza di ogni suo singolo sorriso. Fatto da quei denti perfetti, da quelle labbra che si assottigliano e si allargano, da quelle piccole rughette che gli contornano gli occhi e lo rendono unico. "Abbiamo davvero creato qualcosa di così bello?" mi chiede sopreso, come se non riuscisse ancora a rendersene conto, come se non credesse che una cosa così meravigliosa e così pura potesse davvero capitare nella sua vita.
"Ecco perché eri più radiosa e più bella del solito...adesso si spiega tutto" sorride, facendo scontrare le nostre labbra per poi accarezzare di nuovo la mia pancia, ancora scoperta dal tessuto della maglia.
"A cosa pensi?" gli chiedo quando lo vedo allontanarsi per un attimo e distaccarsi da ciò che lo circonda. "A Celeste e all'orsetto. Mi sembra tutto assurdo, come se se lo sentisse e sapesse che ne avremmo avuto bisogno presto. I bambini hanno un'empatia, che è qualcosa di straordinario" sussurra tra se e se, alzando il suo sguardo verso di me e scostandomi una ciocca di capelli dalla fronte. "Già...quando l'ha detto prima, stavo per scoppiare in lacrime" gli confesso, accennando un sorriso e accarezzandogli una spalla.
"Sei bellissima" mi sussurra all'improvviso, lasciandomi completamente disarmata di fronte alla sua dichiarazione così spontanea.
"E ti amo, anzi vi amo da impazzire" aggiunge, abbassandosi verso il mio ventre e posando di nuovo le sue labbra sulla mia pancia. In quell'esatto istante la porta si spalanca e rivela la figura di Lorenzo. Noi restiamo talmente sconvolti, che non abbiamo la forza nemmeno per muovere un muscolo e lui lo stesso. Si ferma sullo stipite della porta, con la maniglia ancora avvolta tra le dita e la bocca leggermente schiusa. "Lori..." sussurriamo io e Filippo all'unisono, mentre lui fa cadere le braccia lungo le gambe e inizia a sorridere. "Sei incinta?" chiede con un filo di voce, che sembra quasi si stia per spezzare da un momento all'altro. Io annuisco debolmente, mentre Filippo si poggia accanto a me e resta con una mano ferma sulla pancia. Non facciamo a tempo a dire altro, ad aggiungere qualcosa, nemmeno a respirare, che Lorenzo si fionda da me e mi solleva in braccio, baciandomi l'incavo del collo e sussurrando quanto è felice. Non so nemmeno più distinguere se mi gira la testa per le nausee continue o per la felicità che provo in questo momento.
Appena mi riposa a terra delicatamente, si sofferma su Filippo e lo guarda per un po', come a rendersi conto che sta per iniziare un'altra avventura da vivere insieme e che li troverà l'uno accanto all'altro.
Anche questa volta.
"Ciao zio Lori" gli dice Filippo guardandolo negli occhi, mentre le mani sudate e fredde di Lorenzo si posano sulla mia pancia e la sfiorano delicatamente. Che alza il suo sguardo azzurro verso di noi e sorride. Sorride, mentre i suoi occhi diluviano ed io credo di non essermi mai sentita così amata come in questo momento
"Adesso vi prego di tenervi la bocca chiusa e non dirlo più a nessuno, grazie" scompiglio i capelli ad entrambi, mentre non fanno altro che guardarmi, imbambolati come i bambini di fronte alle luci del luna park.
"Secondo me si nota già" dice convinto Lori, quando mi giro di profilo per bere un sorso di acqua e distendere un attimo i nervi. "Sai che anche secondo me, cioè guardala ora" lo sostiene Filippo avvicinandosi a me e mettendo in evidenza la pancia con l'aiuto delle sue mani.
"Cosa si vede già?" la voce di Alessandro ci interrompe, entrando nella stanza e trovando Lorenzo seduto che ci osserva e Filippo inginocchiato di fronte a me, intento ad accarezzarmi il ventre.
"Ciao zio Ale" urla esaltato Lorenzo, con gli occhi di nuovo lucidi e la voglia di gridarlo al mondo. Alessandro ci osserva per un istante, probabilmente cercando di rimettere insieme tutti i pezzi di questo puzzle strano, ma dannatamente felice. Poi, senza aggiungere nulla, si lancia verso di noi, stringendoci in uno di quegli abbracci che non hanno bisogno di troppe parole per essere perfetti. Bastano i cuori appoggiati uno accanto all'altro, niente di più.
"Adesso avete finito? Possiamo andare?" chiedo esausta, visto che nessuno è più in grado di parlare qui dentro. Lorenzo ed Alessandro continuano a guardarsi felici, per poi posare di nuovo gli occhi sulla mia figura. Mentre Filippo mi tiene seduta sulle sue gambe e delicatamente accarezza la mia pancia con movimenti circolari. La felicità è un sentimento davvero strano, soprattutto quando si tratta di una cosa così bella.
"Secondo te si nota già?" chiede di nuovo Lori, questa volta rivolgendosi ad Ale però. "Ma come può notarsi già che sono -" ma le mie parole si sbiadiscono appena Alessandro risponde, affermando che anche secondo lui si può già notare benissimo.
"Avete i cervelli completamente fusi voi tre, saranno gli strascichi dei fumi del Rasta..." sussurro tra me e me, scuotendo la testa. Anche se non posso fare a meno di guardarli e sorridere.
Qualcuno sta bussando alla porta e dopo poco entrano tutti insieme Giulio, Simone, Letizia e Francesca.
"Ma si può sapere dove eravate finiti?" chiede Giulio curioso, mentre tiene la mano della mia amica. "Non ce possiamo fidà nemmeno der Galli e de Pons, ormai" aggiunge Simo, scuotendo la testa.
Filippo, Lorenzo e Alessandro mi guardano all'unisono, mentre io scuoto la testa da una parte all'altra pregandoli di rimanere in silenzio.
"Non posso non dirglielo, sono Simo e Giulio" mi sussurra all'orecchio Filippo, mentre io sospiro e mi ritrovo costretta ad acconsentire alla sua follia.
Lui si alza, fa chiudere gli occhi a tutti e quattro e gli chiede di porgere le mani avanti. Prende il test di gravidanza e lo posa sui loro palmi aperti, poi torna a sedersi accanto a noi tre, aspettando le loro reazioni. I nostri amici aprono gli occhi e le bocche tutti contemporaneamente, mentre le mie due amiche di sempre scoppiano a piangere e mi corrono incontro. Ci abbracciamo forte, in un modo così intenso che credo di non aver mai provato prima un'emozione così forte, con loro. A noi si aggiungono anche Giulio e Simone, ovviamente poi anche Lori e Ale sennò si sentivano esclusi.
E così, uniti in un abbraccio che sa di una nuova vita che deve nascere, concludiamo una serata indimenticabile sotto tutti i punti di vista.
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Irama
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Una notifica mi fa illuminare lo schermo del telefono. Sorrido per la mia immagine riflessa nello schermo, mentre una sigaretta mi si sta consumando tra le dita e l'aria che mi entra nelle narici ha un profumo diverso. Sono uscito a prendere una boccata d'aria fresca in compagnia di Lori e Ale, ma non posso fare a meno di stare incollato con gli occhi sulla figura di Ludovica. È dall'altra parte del vetro, intenta a parlare e ridere con Simone, mentre sorseggia un po' di succo di mirtillo. Stasera non ha mangiato granché ed io sono già preoccupato, anche se mi ha rassicurato dicendomi che con le nausee è più che normale. Ma sono sicuro che appena le arriverà il piatto di salmone che le ho appena fatto preparare dalla cucina apposta per lei, non vedrà l'ora di gustarselo.
"Allora? Com'è?" mi chiede Alessandro, spegnendo la sua sigaretta nel posacenere e appoggiandosi alla ringhiera in ferro battuto. "È - è strano. È un'emozione che ti squarta dentro come un terremoto, talmente bella da toglierti il fiato per qualche secondo" gli rispondo con tutta la semplicità che ho, nel modo più genuino che conosco. "Quella lettera non ci aveva sbagliato, mi si è raggelato il sangue appena l'ho scoperto e ci ho pensato" dice Alessandro, cercando di prendere un respiro e non finire a piangere come sempre. Ci guardiamo per qualche istante, annuendo contemporaneamente e pensando che a volte la vita ti manda dei segnali davvero incredibili.
"Stai per diventare padre, assurdo" sussurra Lorenzo, buttando fuori la sua voce insieme ad una nuvola di fumo grigia. "Prima, quando accarezzavo la pancia di Ludovica e lei mi ha sussurrato per la prima volta 'ciao papà', ho pensato che è la parola più bella e completa di questo mondo" dico tutto nel tempo di un respiro, che con loro so di potermi lasciare andare e spogliare delle mie debolezze. Mi asciugo una lacrima sfuggita al mio controllo, mentre Ale e Lori mi danno una leggera pacca sulla spalla e sorridono. Sono qui, con quelli di sempre, pronto a prendere tra le mani una nuova vita. Qui, con quelli che mi hanno visto essere ragazzino sfacciato ed irriverente, poi distrutto e dilaniato da un sogno troppo grande, che mi hanno rialzato da terra, insegnandomi che nella vita niente può essere controllato, ma tutto è imprevisto, l'importante è non mollare mai. Quelli che mi hanno sostenuto sempre, senza avere mai nemmeno un minimo dubbio, che mi hanno visto volare di nuovo, tornare a sorridere, ad innamorarmi. Sono qui sotto il cielo di Milano, con accanto due delle persone più importanti della mia vita, a brindare a mio figlio e al fatto che tra qualche mese diventerò papà.
"È bellissima, vero?" chiedo conferma ai miei amici, mentre mi volto e riprendo a guardarla. "Si, sarete proprio una famiglia stupenda" mi risponde Alessandro, prendendo la mia testa tra le mani e portandosela al petto per stringerla in un abbraccio.
"Brindiamo a voi!" alza la sua birra Lorenzo. "A noi e a tutta questa magia!" aggiungo io, dicendogli tutto ciò che mi tengo dentro, quel grazie che mi alberga nello stomaco da sempre. "E a quella piccola lenticchia!" conclude Alessandro, facendo scontare le nostre birre insieme e dando inizio ad un nuovo capitolo.
ale.ponsone ha aggiunto contenuti alla sua storia
Angolo autrice
Buon pomeriggio a tutti voi!
Non ho molte parole da dirvi rispetto a questo capitolo, era nella mia testa praticamente dal primo giorno e mi auguro solo che le mie emozioni adesso siano anche un po' vostre. Spero che riusciate a trovare in queste parole, l'amore nella sua forma più pura.
Vi auguro buon feste, godetevi la vita, la vostra famiglia, gli amici e divertitevi tanto! ❤️
Vi abbraccio e grazie, dal più profondo del mio cuore!!!
~R. 🦋
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