Emozioni asettiche

Irama

Assurdo.
Emozioni assurde.
Stanchezza assurda.
Giorni assurdi.
Gli instore sono sempre qualcosa di assurdo.
Per l'amore di cui ti ritrovi investito, per le persone che ti riempiono di vita, per gli orari illegali, per la stanchezza che ti spacca ogni muscolo, per la testa e i suoi pensieri, per le ore passate in piedi, per la quantità di firme, parole e sorrisi che dai e ricevi.
Tutto assurdo.
Ma qualcosa di assurdamente intenso e bello.
Qualcosa di emotivamente assurdo.
Ecco sì.

In poco più di dieci giorni dall'uscita del disco ho già girato decine e decine di città, assaggiando ogni piatto tipico, incontrando milioni di visi diversi, di sorrisi, di occhi, perdendomi in alcune persone, arricchendomi delle loro emozioni, percorrendo migliaia di chilometri, con la testa appoggiata al finestrino di un van nero e sotto gli occhi ogni giorno un paesaggio diverso.
Ho avuto tempo per pensare, pensare tanto, forse troppo come mio solito. Ho passato giorni lontano da casa, dai miei amici più cari, dalla mia famiglia, da Ludovica e ho capito che devo fermarmi. E non parlo di una pausa dalla musica e dai suoi ritmi serrati e intensi, parlo di una pausa dalla mia vita frenetica e costantemente in movimento.
Sono un nomade, uno che trascorre in media dieci ore sul sedile di un van, che passa la propria vita nelle stanze d'hotel, quasi le avesse scambiate per casa, che non ha un senso, un posto in cui sentirsi al sicuro, che non ha quattro mura che lo proteggono dal resto del mondo, che non ha un luogo in cui tornare stanco la sera. Sono un nomade, cosa che rispecchia un po' come sono sempre stato con i sentimenti.
Freddo e apatico, tanto l'amore non fa per me.
Ma ora che la mia metà del cielo l'ho finalmente trovata, sento la necessità di avere un posto dove rifugiarmi.
Un punto fermo.
Un'isola felice.
Sento il bisogno quasi vitale di trovare il mio posto nel mondo.
Non voglio più essere un nomade.

Sono appena atterrato all'aeroporto di Milano, ieri avevo un instore a Catanzaro, domani sarò a Bari, ma oggi è il compleanno di Ludovica e non potrei mai permettermi di essere altrove. Sento il telefono vibrarmi nella tasca posteriore dei jeans, mi sistemo meglio il borsone sulla spalla e rispondo. "Bimba" la saluto, mentre lei sussurra il mio soprannome. "Dove sei?" mi chiede felice, mentre io le rispondo che sto uscendo dal gate, perché il mio volo è appena atterrato. "Mi sto fumando una sigaretta, ti aspetto all'uscita" aggiunge, per poi raccontarmi velocemente della sua orribile esperienza con le turbolenze e i vari vuoti d'aria, durante il volo partito da Londra. Le sto per rispondere quando la noto da lontano, è girata di spalle e non riesce a vedermi, così le arrivo da dietro piano e le cingo i fianchi, posando le mie labbra sul collo e baciandola. "Buon compleanno, amore mio" le sussurro, con un tono di voce appena percettibile, ma che le crea almeno un milione di brividi. Poi le canto a bassa voce la classica canzoncina, mentre lei sorride ed io mi avvicino di più al suo orecchio, stringendola forte a me.
Ci baciamo in mezzo alla confusione.
In mezzo a persone che vanno e vengono, in fretta e di corsa, che a stento ci notano.
Ci baciamo in mezzo alla sala d'attesa di un aeroporto.
In mezzo alla gente che è seduta ad aspettare: un volo, un famigliare, un modo per fuggire.
Ci baciamo come se non ci vedessimo da secoli.
Come se non avessimo bisogno di altro, come se le nostre labbra non desiderassero altro.
Ci baciamo perché in realtà magicamente non mi sento più nomade, il mio posto è ovunque c'è lei.
Continuiamo a baciarci, mentre una coppia di  anziani ci passa accanto e la moglie sussurra al marito "Quanto sono belli, quel tipo d'amore lì non andrebbe mai dimenticato".
E Ludovica sorride contro le mie labbra ed io faccio lo stesso.
E la stringo ancora di più a me, che io tra cinquant'anni voglio ancora ricordare il suo sapore sulle mie labbra e fare invidia al mondo intero.

Ho affittato un hotel a Milano per stare un po' più tranquilli, per avere la nostra intimità e per poterci vivere senza freni, che a casa dei miei genitori non sarebbe stato possibile.
Sono sdraiato nel letto, praticamente senza forze, mentre alzo il viso e noto che Ludovica sta uscendo dal bagno coperta solo da un asciugamano bianco. "Non so cosa mettermi" sbuffa, prendendo i vestiti dalla valigia e lanciandoli sul letto. - praticamente tutti addosso a me - Appena mi libero dalla pila di abiti la guardo fingendomi arrabbiato e lei scoppia a ridere per la mia espressione. Poi si avvicina, si siede a cavalcioni su di me e con le dita mi stringe le labbra, lasciandoci poi un dolce bacio sopra. Inizio a coccolarla, le mie mani che vagano sulla sua pelle nuda, i baci che si intensificano sempre di più. "Fanti, non mi freghi. Devo prepararmi" mi sussurra, per poi mordermi il labbro inferiore e alzarsi velocemente dal letto. Va davanti al grosso specchio che abbiamo in camera, lascia andare l'asciugamano e lo fa cadere a terra, restando completamente nuda. Io cerco quel briciolo di autocontrollo che mi è rimasto e guardo altrove, ma i miei occhi non riescono a far altro che scorrere su e giù per la sua figura e rimanerne abbagliati. Deglutisco, o almeno cerco di farlo, mentre si infila la brasiliana in pizzo con gesti molto sensuali, per poi spalmarsi la crema al profumo di cocco e guardarmi con aria beffarda. - sa esattamente colpirmi nei punti deboli - E non c'è niente di più bello che ammirare la curva del suo seno nella penombra della stanza, con una sottile pioggia che batte sui vetri, Ed Sheeran in sottofondo, mentre mi accendo una sigaretta e la fumo in tranquillità.
Si prova almeno cinque abiti diversi, altre sette combinazioni di top e pantaloni vari, almeno tre tute, prima di infilarsi un abito nero. È semplice, lungo fino alle caviglie, con uno scollo vertiginoso che le mette in risalto il seno e delle balze in pizzo sulla parte finale. "Come mi sta?" mi chiede, ammirando la sua immagine riflessa nel grande specchio. - quel vestito la rende qualcosa di splendido -
"Sei -" non riesco nemmeno a parlare, la salivazione mi si è praticamente azzerata e la sigaretta continua a bruciarmi tra le dita, senza che io me ne accorga. "- Starei qui a fissarti per ore, come si fa con un'opera d'arte" aggiungo, con un sorriso che parla da se, mentre lei fa la stessa cosa. E, dannazione, ogni volta che sorride il cuore mi scoppia nel petto.

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Abbiamo appena finito di fare l'amore, quel vestito nero sta decisamente meglio sparso a terra, mischiato alla mia camicia, ai miei pantaloni e alle nostre scarpe. La festa di compleanno è stata bellissima, qualcosa di meraviglioso. L'ho vista ridere talmente tanto da illuminare l'intera stanza, persino da trasmettere la sua gioia a tutti gli altri e non mi sono mia sentito così soddisfatto di qualcosa. Ne ho parlato anche con Lorenzo, ci siamo assentati per fumare una sigaretta e chiacchierare un po'. Lui mi ha parlato di Francesca, di ogni più piccolo dettaglio, di tutte le cose che sta scoprendo di lei, ma più che altro di se stesso. Anche se quando è passato ai dettagli intimi, ho preferito cambiare discorso subito, facendolo scoppiare a ridere di gusto. Io invece gli ho confessato che dopo una vita passata a sentirmi inadeguato, finalmente sento di aver trovato un equilibrio.
Di essere esattamente dove dovrei essere.
Con accanto a me gli amici di una vita, quelli che ci sono sempre stati.
Con un sogno stretto tra le dita, la mia musica a darmi battito e la sensazione di essermi rialzato, dopo aver visto il fondo dell'abisso più nero.
Con l'amore della mia vita accanto a me, pronta a sostenermi e a creare un futuro insieme.
Sono esattamente dove dovrei essere.
"Amore..." le sussurro, sostenendo la mia testa con l'aiuto del braccio e mettendomi su un fianco, lei mugola qualcosa con gli occhi chiusi, per poi avvicinarsi un po'. La osservo per un po', scostandole qualche capello dalla fronte e accarezzandole la pelle nuda al di sotto del lenzuolo. "Mi manchi" aggiungo dopo qualche minuto, mentre lei aggrotta la fronte. "Ma se sono qui" mi dice, passando il suo polpastrello sulle mie labbra. "Parlo in generale. Mi manca averti costantemente nella mia vita" le confesso, sospirando pesantemente e baciandole il collo. "Dio, ti prego Filippo non ricominciare. Non è semplice nemmeno per me e facendo così mi fai solo sentire peggio" mi prega lei, mentre allaccia le sue braccia dietro al mio collo. Resto per un po' in silenzio, con il cuore che mi batte forte in gola per il timore della sua risposta. "Ti devo parlare" le dico, mentre lei apre di scatto gli occhi e si sistema meglio sul cuscino. "Ci ho pensato. Ci ho pensato per notti intere, per giorni interi, guardandoti dormire e realizzando che non potevo farcela a stare lontano da te ancora, che ogni volta sarebbe stato ancora più terribile doverti salutare, rispetto a quella precedente. -" mi alzo e poggio la schiena contro la testiera in legno del letto. "- E lo so che ti sembrerà una follia, che le tue aspirazioni sono altre, che forse ti sto chiedendo troppo, però almeno promettimi di pensarci -" Ludovica ha i suoi occhi piantati nei miei, con una luce mista tra la preoccupazione e la curiosità. "Te lo prometto" mi sussurra, capendo benissimo che senza le sue parole non avrei continuato il discorso. "- Vuoi lavorare con me?" le chiedo, mentre lei mi guarda stranita, aspettando spiegazioni. "- Ne ho parlato con Lorenzo, con Ale, poi con Giulio, Valerio, addirittura con DeBe.
Lori ha deciso di concentrarsi maggiormente sui video e la loro produzione ed io ho bisogno di un fotografo di fiducia che mi segua negli instore, agli eventi, ai concerti che stanno per cominciare. Solo che - che sai come sono e non mi lascio andare con nessuno. -" aggiungo, mentre i suoi occhi si fanno più luminosi. "- Credimi ho cercato di aspettare il più possibile prima di farti questa proposta, mi sento persino un po' in colpa a chiederti così tanto. Però non conosco nessuno più in grado di te per sostituire gli occhi di Lorenzo, siete le uniche due persone in grado di cogliere le mie emozioni da dietro un obbiettivo e trasformarle in fotografie. Poi - poi -" mi interrompo, che il mio cuore e la mia testa non collegano più. Ho bisogno di avere una risposta, di sapere cosa ne pensa. "Si" mi dice, guardandomi sorridente. "- Poi potrebbe essere la soluzione ideale per viverci il più possibile...Cosa?" le chiedo, accorgendomi del fatto che lei mi abbia già risposto positivamente. "Si. Si. Si. E ancora si" mi sussurra, lasciandomi un bacio sulle labbra ad ogni affermazione. "È una cosa meravigliosa, Fil" aggiunge poi, accarezzandomi il viso. Io sono talmente sconvolto dalla sua risposta, dal pensiero che da domani cambierà tutto, dalla consapevolezza che finalmente riusciremo a viverci tutti i giorni, che vorrei solo urlare forte. La mia fidanzata mi osserva e sembra capire tutto, senza bisogno di parole. Si avvicina a me, fa scontrare le nostre labbra e con un bacio ci trasmettiamo tutte le emozioni possibili. "Domani ti metto subito alla prova, bimba" le dico cercando di fare il sexy e a giudicare dalla sua reazione direi che ci sono riuscito alla perfezione.

*
*
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Siamo a cena a casa di Francesca, stasera abbiamo deciso di starcene un po' tranquilli e rilassarci tutti e quattro assieme. Ludovica ha cominciato subito a lavorare con noi e i primi instore sono andati benissimo, per non parlare dei riscontri più che positivi con le persone che mi seguono e che adorano vederla al mio fianco. Entro in cucina dopo aver fumato una sigaretta con Lorenzo, la mia ragazza sta parlando a bassa voce con Francesca ma riesco lo stesso a sentire tutto. "Si, ho un biglietto aereo per dopodomani, solo che non so come dirglielo" mormora preoccupata, sospirando pesantemente poco dopo. "Stai scherzando?" le chiedo infuriato, facendo capolino nella stanza e spaventando le due amiche. "Filippo, io -" la interrompo subito. "Cosa cazzo vuol dire che devi tornare a Londra?" chiedo ancora, con le vene del collo che quasi mi esplodono per la rabbia. "Posso capire perché per parlare con te bisogna sempre urlare più forte?" mi chiede delusa, appoggiandosi con la schiena al muro. I nostri amici ci guardano completamente imbarazzati, sono tra due fuochi e non hanno idea di come spegnerli. "Basterebbe parlare, invece mi nascondi sempre le cose -" le dico, accendendomi un'altra sigaretta, non preoccupandomi neanche di chiedere il permesso alla proprietaria della casa. "- Ho la terribile e costante sensazione di essere escluso dalla tua vita, di non venire nemmeno preso in considerazione quando si tratta di prendere una decisione su qualcosa" sussurro spezzato, ostentando però una finta sicurezza nel tono di voce. "Devo semplicemente tornare a prendere le mie cose, in più ho da finire un lavoro di post produzione per la campagna di moda. -" scuoto la testa in rassegnazione. "- Si tratta solo di pochi giorni, devo pur finire ciò che ho cominciato prima di abbandonare definitivamente" dice lei avvicinandosi a me e tendendo una mano verso il mio viso. Io la respingo secco, scostandomi bruscamente con la sedia e voltando la mia faccia dalla parte opposta. "Perché non me l'hai detto? Quando cazzo avevi intenzione di dirmelo, eh? Quando saresti atterrata?" le chiedo, occhi negli occhi. Lei non risponde, non sa cosa dire, non sa cosa fare, nemmeno come risolvere e lo vedo chiaramente dai suoi gesti stanchi e dispiaciuti. "Non discutiamo, ti prego" mi sussurra, accucciandosi davanti a me ed incastrando i suoi occhi nei miei. "Lasciami stare" le dico, spostandole la mano con un gesto nervoso. "Filippo -" prova a dire Francesca, ma si interrompe subito quando Ludovica le sussurra che quando ho queste reazioni non c'è niente da fare. "Filo -" mi richiama Lorenzo, appoggiando la sua mano sulla mia spalla. "- Facciamo così: vado a prenderla sabato mattina in aeroporto e con la macchina veniamo direttamente da te a Roma. Che ne pensi?" mi dice, riferendosi al fatto che sabato sarò ospite nello studio di Amici per esibirmi. "Non me ne frega un cazzo" sputo crudamente, stringendo le mani a pugno. "Sei uno stronzo" mi guarda, avvicinandosi pericolosamente a me e vomitandomi le sue parole in faccia. "Non si riesce mai a parlare con te. Mai. Ti accendi come una miccia e non c'è modo di spegnerti. Rovini sempre tutto." aggiunge duramente, mentre prende il pacchetto di sigarette e fa per uscire in balcone. "Inizio le prove del tour e avrei voluto averti con me..." le sussurro teneramente, con l'armatura da duro che crolla ed i miei occhi che improvvisamente si fanno lucidi. Lei però non si smuove. "Mi sono rotta i coglioni di questa situazione. Non facciamo altro che nasconderci le cose, abbiamo timore di parlarci, sotterriamo persino i sentimenti. Litighiamo, appicchiamo un fuoco talmente grande da essere distruttivo, poi dieci secondi dopo ci sussurriamo cose importanti, demolendo le nostre corazze. Ma - cazzo, questo non è ciò che voglio nella mia vita, non è ciò che voglio con te" mi dice, guardandomi negli occhi senza quel suo classico luccichio. "Ludo -" la interrompo, ma lei non mi da nemmeno ascolto. "Filippo, non capisci mai. Ti ho detto di sì senza nemmeno pensarci. Quando mi hai proposto di lavorare con te ero la persona più felice del mondo, ma devi farti entrare in testa che io quell'aereo lo devo prendere per forza. Torno a Londra, faccio ordine tra le mie cose, sistemo la mia vita, metto tutto in valigia e torno qui. -" si interrompe per spegnere la cicca della sigaretta nel posacenere. "- Non ti ho chiesto nulla di più, ma a te non è importato niente e sai perché? Perché hai la smania di dover decidere sempre per gli altri, hai il costante bisogno di tenere sotto controllo tutto. Ma sai che c'è? Che non è possibile. La vita non è razionale, il cuore, le emozioni non lo sono. L'amore è irrazionalità, non è controllo, è qualcosa che brucia, che esplode e ti fa sentire vulnerabile.
Ma tu odi sentirti così" è arrabbiata, forse addirittura delusa dal mio comportamento. "Lo sai quante volte ti ho chiesto di ripensarci, quante cazzo di volte ti ho pregato di tornare a Milano, ma hai sempre pensato solo a te stessa" le dico, lei alza lo sguardo e lo incrocia con il mio. Sembra non credere ai suoi stessi occhi. "Ancora? Stai dicendo sul serio?" chiede sconvolta, mentre si tira su i capelli con l'aiuto di una molletta. Io non rispondo, mi limito ad abbassare lo sguardo. "Non sai quante cazzo di notti ho passato a piangere al telefono con Lorenzo, non ne hai la minima idea..." le sussurro, annientato da un sentimento che non posso controllare e che mi lacera l'anima. "Filippo -" mi richiama Francesca. "- ti sta solo dicendo che deve necessariamente tornare a prendere le sue cose a Londra, ma tempo cinque giorni sarà di nuovo qui" cerca di spiegarmi. "Per sempre" sento sussurrare da Ludovica. "- ma tu parti con l'intenzione di litigare e non ti ferma più nessuno. Sei sempre il solito" aggiunge la nostra amica, scuotendo la testa e bevendo un sorso di acqua naturale. "Sono sempre il solito..." - coglione - sussurro tra me e me, anche se forse un flebile filo di voce esce dalla mia bocca. "Filo, ha ragione Francesca. Dovresti smetterla di fare così, sai come va a finire poi..." cerca di avvisarmi Lorenzo, ma io mi alzo in piedi e do un colpo alla sedia in legno, facendola sbattere forte contro il tavolo. "Possibile che dovete sempre intromettervi? - Porca puttana!" urlo forte, mentre Ludovica accenna ad alzarsi per tranquillizzarmi, ma poi si blocca di colpo. "Dovresti essere tu ad ammettere che hai solo una fottuta paura che lei ritorni là e sai perché? Perché a Londra ha i suoi sogni, ciò che desidera da quando è bambina, ma è pronta a mettere da parte tutto per una vita con te" mi sputa cruda Francesca, difendendo a spada tratta la sua amica, che si limita a guardarmi in silenzio. "- Ragionaci su, coglione" aggiunge Lorenzo, poco dopo. "Anch'io avrei rinunciato ai miei sogni se fosse stato necessario, lo sapete tutti" dico, passando il mio sguardo su ognuno di loro. "Ma ti ascolti? Sei sempre a dire io, io, io, pensi sempre prima a proteggere il tuo ego smisurato." sussurra la mia fidanzata, scuotendo la testa. "Eh no cazzo! Non puoi attaccarmi su questo, ho sempre messo te prima di qualsiasi altra cosa. Ti ricordo che quella che volta le spalle qui, sei tu" appena arrivo alla fine della frase, mi maledico in almeno trenta lingue diverse. "Rinfacciamelo ancora, dai. È sempre bello notare come gli sforzi per sistemare tutto, siano vani. Ogni volta mi - cazzo, mi metto lì e rincollo i frantumi con attenzione, ma un secondo dopo tu distruggi tutto di nuovo ed io non ho più voglia di sentirmi così" alza la voce, gesticolando in maniera nervosa e asciugandosi immediatamente una lacrima, sfuggita al suo controllo. "Non volevo dire q -" ma mi interrompe subito. "Ma l'hai fatto, per l'ennesima volta. Dovresti imparare a pensare" aggiunge, con un tono di voce aspro. "Dimmi una cosa: perché stai ancora con me? Perché non te ne trovi un'altra che non scappa? Che non ti volta le spalle, eh?" mi chiede, avvicinandosi a me ed incastrando i miei occhi nei suoi. Io mi limito a restare in silenzio, con il petto mosso solo dal mio respiro. "Dammi una cazzo di motivazione e dimmi perché sei ancora qui - perché siamo ancora qui" aggiunge poco dopo, con due occhi lucidi che mi fanno rabbrividire. - perché sei bellissima, perché mi sveglio al mattino e credo di non aver mai visto qualcosa di più meraviglioso, perché sai curare le mie ferite, perché sei riuscita ad abbracciare i miei demoni e a renderli meno spaventosi, perché con te è tornata anche la musica nella mia vita, perché ci sei sempre stata, perché nonostante avessi almeno un milione di validi motivi non te ne sei mai andata realmente, perché sai essere amica, sorella, mamma, perché in te ho rivisto gli occhi di mia nonna e mi sono sentito a casa, perché mi rispecchio in te e mi vedo un uomo migliore, per questi e per milioni di altri motivi. Ma resta, anche solo perché ti amo e se te ne andassi mi mancherebbe il respiro - Ma non dico assolutamente niente, resto in silenzio sotto lo sguardo glaciale di Lorenzo e Francesca, ma soprattutto davanti ai suoi occhi che, secondo dopo secondo, si spengono di più. "Vattene!" mi urla infuriata, stringendo forte con la mano il tessuto della mia maglietta. "Ludo -" mi risveglio dallo stato di trance in cui sono caduto e le afferro un polso. "Io ti amo" le sussurro, mentre Lorenzo mi guarda e vorrebbe uccidermi. "Non ti permettere, sei uno stronzo!" grida ancora, con più voce di prima e staccando la mia presa sul suo braccio. La fermo ancora, mi guarda schifata per qualche millesimo di secondo, poi sento la sua mano stamparmi uno schiaffo in faccia, talmente forte da farmi arrossare la pelle. "Filippo, vai via!" urla indicando la porta e accasciandosi poco dopo contro la parete. Francesca mi guarda ed indica la porta con un gesto della testa, Lorenzo sospira deluso e si accuccia vicino a Ludovica, nel vano tentativo di consolarla. "Lori -" lo richiamo, lui si volta e mi guarda arrabbiato. "- vaffanculo" sputo duramente tra me e me.
Prendo la mia giacca, le chiavi della macchina appoggiate al mobile d'entrata, metto in tasca il telefono ed esco da quella casa.
Sono un disastro.
Rovino sempre tutto.

*
*
*

Stanotte ho scritto a Ludovica, uno di quei messaggi chilometrici, quelli che vengono spontanei quando la sera i pensieri fottono il cervello, quelli di quando il cuore si apre e le protezioni crollano, quelli in cui c'è scritto tutto quello che vorresti saper dire a parole. È stata dura convincerla, ma per fortuna ha deciso di raggiungermi comunque qui a Roma, tra qualche ora dovrebbe atterrare all'aeroporto di Fiumicino e venire in hotel assieme a Lorenzo, che l'accompagnerà in macchina.
Invece io sto fumando una sigaretta, in un camerino molto famigliare: tra qualche minuto inizierà la nuova edizione di Amici ed io mi esibirò come ospite, cantando Non mollo mai come sigla. Quando, solo qualche giorno fa, Maria mi ha chiamato ero emozionato come un bambino, non avrei mai potuto dire di no ad un'occasione del genere. Ripercorrere quei corridoi, passeggiare di nuovo sul quel pavimento di parquet in legno chiaro, assaporare nuovamente l'aria delle salette in cui provavo fino a pochi mesi fa, rivedere la sala relax, abbracciare le persone dello staff, delle pulizie ed i tecnici che mi sono stati vicino e mi hanno sostenuto, è stato assurdo, come se stessi rivivendo ogni più piccola sensazione. - che la pelle non dimentica mai - Ieri, durante le prove, mi sono sentito catapultato di nuovo in un turbinio di emozioni così intense, da farmi venire i brividi. Sono e sarò eternamente grato a Maria e a questo meraviglioso programma per avermi donato la possibilità di farcela, di credere di nuovo in me stesso e nelle mie capacità, di farmi tornare a scrivere, cantare e parlare di musica, ma soprattutto per avermi fatto volare in alto, con il mio sogno stretto tra le dita.
Ed è proprio da quei corridoi che mi hanno visto piangere, ridere, urlare, scrivere o prendere a pugni qualsiasi cosa che riparto, seguito dai ragazzi che aspirano a coltivare i propri sogni, con la mia voce sopra le note di Non mollo mai. - ed è un colpo al cuore - Quando entro di nuovo in quello studio le emozioni sono amplificate a livelli stellari, le gambe tremano e le mani devono concentrarsi per restare ben ancorate al microfono e non farlo cadere. Il pubblico urla il mio nome, mischiato a grida e sorrisi, ad ammirazione e orgoglio ed io mi sento davvero a casa. - questa è casa mia -
Guardo i ragazzi sedersi ad uno ad uno davanti a me, li osservo con attenzione, perdendomici anche un po' e penso a quanto sia assurdo ritrovarmi qui e ripensare all'emozione di quel lontano 27 gennaio, a quella della maglia verde, delle sfide vinte, della terza fase del serale e a quella indimenticabile dell'11 giugno. Resto per qualche secondo imbambolato dalla mia eccessiva emotività e mi godo quella magia, facendola scorrere fin dentro le vene. - che un po' torno a respirare -
Magia e vita, ecco di cosa profuma quello studio.
Poi raggiungo Maria, che mi accoglie in un abbraccio e mi stringe forte, con quei suoi modi gentili e materni così suoi. "Come stai?" mi chiede, guardandomi dritto negli occhi. "Bene, sono emozionantissimo. È tornare a casa per me, è veramente - una sensazione incredibile" le dico sincero, guardandomi intorno e ripercorrendo ancora ogni istante passato lì dentro. Maria si rivolge ai ragazzi, parlando di me, della mia storia, delle ferite nascoste dietro la canzone che ho appena cantato ed io mi sento fortunato ed immensamente orgoglioso del lavoro che sto facendo, di ritrovarmi qui un anno dopo a riempire di emozioni le persone. "Lui ce l'ha fatta" aggiunge la conduttrice, voltandosi verso di me con un sorriso fiero. "È un bellissimo momento" le rispondo. "Innanzitutto, volevo dirti grazie per avermi inviato qui" aggiungo, per poi parlare del significato di Non mollo mai e augurare il meglio ai ragazzi che stanno per intraprendere questo nuovo e difficile percorso.
Ad un certo punto Maria si avvicina alla sua seduta, posta su un lato dello studio e ne tira fuori una grande cornice in vetro, per poi avvicinarsi di nuovo verso di me. Me lo consegna tra le mani e, appena mi rendo conto che si tratta della certificazione per l'oro di Giovani, quasi non mi commuovo. È un grande traguardo, raggiunto in pochissimo tempo grazie alle persone che mi amano ed amano la mia musica, che vestono le mie canzoni rendendole parte di loro e ogni volta che mi succede, mi emoziono sempre un po'. Non faccio altro che scuotere la testa, meravigliato e sorpreso dalle emozioni di oggi. - travolto, ma immensamente felice -
"Wow - grazie Maria" le sussurro, occhi negli occhi e una sorta di legame affettivo unico e speciale. "Ho saputo che settimana prossima inizierai il tuo primo tour, tra l'altro interamente sold out" dice la conduttrice, con uno sguardo davvero orgoglioso, che mi fa sentire bene. "Già, inizierò da Roma e poi andrò un po' in giro per tutta Italia" le rispondo emozionato, mentre un applauso da parte del pubblico, degli aspiranti al banco e dei professori sovrasta le mie parole. Il tour è una cosa di cui vado estremamente orgoglioso, che sogno di fare da una vita intera, più di qualsiasi altra cosa. Avere la possibilità di cantare su un palco tutto mio, vedere i manifesti con la mia faccia appicciati fuori dai club, con le persone che cantano le mie canzoni a squarciagola e ci piangono, ci ridono, ci ballano sopra, tutto questo insieme a me è qualcosa di così meraviglioso da essere indescrivibile.
È la cosa che mi rende più orgoglioso del mio lavoro. "Ti voglio bene" la saluto, augurando buona fortuna ai ragazzi e uscendo da quello studio che profumerà per sempre di ricordi indelebili. - di tanta vita -

Torno in camerino, per prendere in fretta le mie cose e avviarmi all'hotel poco distante dagli studi. Stacco il telefono dal cavo del caricatore e trovo almeno cinquanta chiamate di Francesca, il doppio dei messaggi e un'ulteriore chiamata da un numero sconosciuto. Non faccio a tempo a sbloccare il telefono, che mi arriva una chiamata da Ludovica. "Lulù" le sussurro, ma la voce dall'altra parte mi interrompe subito. "Parlo con Filippo Fanti?" mi chiede la voce femminile, in un modo talmente serio da farmi venire i brividi, tanto che pronuncio solo un flebile si affermativo. "La sua fidanzata, la signorina Ludovica Martini ha avuto un incidente in macchina, era con Lorenzo Galli. Sono entrambi ricoverati qui in ospedale, non sono in gravi condizioni ma è meglio che venga subito e che avvisi i famigliari nel più breve tempo possibile." non rispondo nemmeno, resto fermo immobile mentre la chiamata si chiude ed il mio corpo non reagisce. Quelle frasi orribili continuano solo a risuonarmi in mente, come la più macabra delle cantilene e a spaccarmi l'anima completamente a metà.
Ludovica.
Lorenzo.
Incidente.
Venga subito.
Ospedale.
Macchina.
Incidente.
Fidanzata.
Ospedale.
Migliore amico.
Incidente.
Vorrei reagire, ma resto fermo.
Vorrei urlare, ma resto in silenzio.
Vorrei piangere, ma sto zitto.
Vorrei scappare, ma sono inerme.
Vorrei pregare, ma non sono buono.
Vorrei avere qualcuno qui con me, ma sono solo.
Vorrei tremare, ma forse lo sto già facendo.

Il telefono squilla di nuovo ed il mio dito scorre quasi automaticamente sullo schermo. "Filippo" mi sussurra Francesca, con la voce tremante e impaurita. "Fra" le rispondo io, che tanto non sono in grado di fare altro. - Lorenzo, Ludovica -
"Ho già avvisato i genitori di Lorenzo, anche la mamma di Ludo ed io sto cercando un modo per arrivare nel più breve tempo possibile. Tu stai andando in ospedale?" mi chiede, ma io scuoto la testa, abbandonandomi contro la parete fredda. "Non ce la faccio, Franci. Ho - ho paura - ho troppa paura per affrontare tutto questo da solo" le confesso, annientato dal dolore. "Filo, devi andare in ospedale. Ora!" mi esorta ancora, finché una lacrima non mi bagna il viso ed io realizzo che devo reagire nel più breve tempo possibile. -Ludovica, Lorenzo -  Tempo due minuti sono in taxi, in direzione dell'ospedale dove sono ricoverati.
'Non avere paura, tra due ore sono lì. Filo, sei forte e non sei da solo. Ti voglio bene' un messaggio di Francesca, dolce e attenta come solo lei sa essere, che forse è la prima cosa che mi fa sorridere dopo minuti lunghi come ore.
L'ospedale dove li hanno portati è esattamente dall'altra parte della città ed i lavori in corso che incontriamo per la strada, non mi facilitano le cose. Restiamo bloccati in coda per quasi un'ora, senza possibilità di fare nulla, finché la mia testa non si incendia e inizio ad urlare all'autista qualsiasi tipo di insulto, tanto che mi invita persino a scendere dal suo taxi. Per fortuna, qualche minuto dopo, il traffico si sblocca, io mi calmo - o almeno cerco di farlo - e riusciamo a ripartire. Un'altra infinita mezz'ora e sono davanti all'entrata di quell'immenso ospedale.
Mi fa paura solo a vederlo.
Mi precipito all'accettazione, inondando di domande ogni persona con un camice da medico o da infermiere che trovo lungo la mia strada. Ma nessuno sa darmi una risposta certa, i miei nervi stanno bruciando nel cervello ed io avrei solo bisogno di spegnere la luce. - Lorenzo, Ludovica - Dopo almeno dieci minuti di domande, mi accompagnano finalmente al piano dove è ricoverato Lorenzo. Lo intravedo sdraiato a letto, in quelle classiche lenzuola bianche ed asettiche e vorrei solo voltare le spalle e scappare lontano. Ma mi faccio forza ed entro nella stanza: il mio migliore amico è coperto da fili che entrano ed escono dalle sue braccia, però si sta muovendo. "Lori" gli sussurro, sto cercando di farmi forza, ma il mio tono di voce mi tradisce prima di subito. "Filo" risponde lui a bassa voce, schiudendo gli occhi in un'espressione di dolore. "Scusami, ma io - è - è stato un attimo. Quella macchina andava ad una velocità assurda e - e non me ne sono accorto, non ho - non ho potuto fare niente. Ludo - oddio -" sta piangendo, si sta agitando ed io resto inerme di fronte alle mie emozioni, mischiate alle sue. - non sono in grado di controllarle -
"Non è colpa tua -" mi avvicino e gli accarezzo un braccio. "- L'importante è che stai bene" gli dico, mentre una lacrima mi bagna il viso e lui sorride.
Sempre insieme.
Nonostante le botte.
Nonostante le liti.
Nonostante i nostri caratteri terribili.
Nonostante i limiti.
Indispensabili l'uno per l'altro.
Come fratelli. O molto di più.
Provo a cercare un dottore nel piano, ma sembrano scomparsi tutti ed io non so che fare. Mi sento inutile, fermo, impedito e con una strana sensazione che mi blocca le pareti dello stomaco, rendendolo pesante come un macigno.
"Non l'ho vista. Intendo Ludo, non me - non l'ho vista. Ho bisogno di sapere come sta, Filo" mi implora Lorenzo, con quei due occhi azzurri che mi entrano dentro e sembrano parlare da soli. - anche io, amico mio. Anche io - Vedo un'infermiera che passa davanti alla stanza del mio migliore amico, la blocco, ma lei non sa dirmi nulla di significativo; se ne va con la promessa di chiamare un dottore il prima possibile. Passano minuti infiniti, minuti che sembrano ore, minuti che non passano mai. Fisso le gocce scendere dalla flebo di Lori, fino a finirgli nelle vene e mi sembra l'unico passatempo concreto. - Ludovica- Un medico si ferma davanti alla camera, intento a firmare delle cartelle, così decido di alzarmi in fretta e domandare informazioni. "Mi dispiace, posso parlare solo con i famigliari. Lei chi è?" mi chiede serio, mentre neanche alza gli occhi da quei dannati fogli di carta. "Il fidanzato. Sono - sono il fidanzato" sussurro, mentre infilo una mano nei capelli e nervosamente sposto il ciuffo. "Non posso dirle niente allora, mi spiace" aggiunge, per poi incamminarsi in corridoio. "La prego, voglio solo sapere se sta bene" lo supplico, ma lui resta fermo sulla sua decisione. "La prego" continuo, con il nodo in gola che sembra ingrossarsi ancora di più e farmi perdere persino la facoltà di parola. "Lei non è un famigliare, ora devo continuare il mio giro visite quindi, la invito a tornare dal suo amico" sputa crudamente, mentre io stringo i denti in bocca e provo a calmare la sensazione che mi sta facendo prudere le mani. "Fanculo" sbotto. "Sono ore che sto chiedendo a chiunque, nessuno - cazzo, nessuno mi ascolta. Io ho solo bisogno di sapere dove cazzo è la mia fidanzata, come sta, che le è successo, perché rischio di impazzire, porca puttana" urlo così forte che tutti i presenti si girano nella mia direzione, persino alcuni pazienti escono dalle loro stanze per dare un'occhiata. Il medico resta tranquillo, ma io non mi trattengo più. "Chi cazzo sa darmi una valida spiegazione qua dentro? Chi?" grido ancora, quando sento due braccia stringermi e la voce di Francesca che mi prega di darmi una calmata. "Per ora è stabile, ha perso molto sangue e non si è ancora svegliata. Dobbiamo aspettare" il medico mi guarda negli occhi e mi spiazza completamente.
Ludovica.
Non riesco a reagire.
Non riesco a muovermi, nemmeno a fare un passo.
Non sono in grado di respirare.
Sento la voce di Francesca farsi più lontana, mentre guardo il dottore allontanarsi insieme alla mia speranza, alla mia felicità, svanire come le cose belle.
La testa mi gira così forte che mi sembra di essere dentro ad una centrifuga. - come si ferma? -
Le orecchie fischiano forte e gli occhi non riescono a restare aperti, mi devo reggere alla parete per non crollare a terra e non ringrazierò mai abbastanza il cielo per avermi donato il sostegno di Francesca, proprio in questo momento. Mi siedo in una di quelle classiche sedie scomode di una sala d'aspetto bianca e lucida, fin troppo inospitale e fredda. "Filo, cerca di bere un po'" mi sussurra Francesca, avvicinandomi alla bocca un po' di succo di frutta e buttandomelo giù a piccoli sorsi.
Ed io ho sempre odiato gli ospedali, ma dalla morte di Adri non sono più riuscito nemmeno a varcare la soglia, senza crollare in una crisi disperata. Hanno quel colore bianco, assurdamente bianco che mi fa venire i brividi, con quell'odore di chimico che entra nelle vene, nella trama dei vestiti, nelle narici e non se ne va più.
Bianco, asettico, inospitale.
Come solo le cose peggiori sanno essere.
Freddo, come un cuore senza emozioni.
E nella mia testa cominciano a comparire immagini terribili, scenari da brividi, paure che vengono a galla e non so come soffocare.
Non sono abbastanza forte.
Non riesco nemmeno ad immaginare come potrei lasciarla andare, fare a meno di lei, chiudere gli occhi e non pensarci più. Lasciare andare ciò che è stato, l'amore che ho provato, le emozioni vissute ed archiviare tutto in un cassetto dimenticato della mia testa. Non potrei mai. Rivivrei tutto costantemente e sarebbe terribile, mi porterebbe a compiere uno di quei gesti folli e sconsiderati. Non posso pensare di poter vivere una vita senza di lei, sono stato costretto a farlo con mia nonna e non mi perdonerei mai di aver perso anche Ludovica. Andare avanti senza di lei, senza i suoi sorrisi, senza la sua voce stonata che canta in macchina, senza il profumo della sua pelle sui vestiti, senza pensare costantemente ad ogni suo dettaglio, senza chiudere gli occhi e rivedermela lì ogni dannata volta.
Come potrei superare una cosa così?
Come potrei lasciarla andare senza nessun rimorso? Senza rimpianti? Chiudendo un capitolo e facendo finta di non averlo neanche cominciato? Voltando le spalle e continuando a vivere?
Come?
Lei è il sole che illumina i miei giorni oscuri,
l'ancora in grado di tenermi saldo durante la tempesta, 
il posto dove rifugiarmi quando il mondo da paura,
l'abbraccio in cui sentirmi al sicuro quando intorno tutto crolla,
la parte mancante del puzzle incasinato è strano della mia vita,
la mia felicità.
Posso perdere tutto, ma non lei.

Non riesco nemmeno a tenere il conto di quante ore passano, delle persone che vedo camminare nel corridoio avanti e indietro, degli sguardi che continuano a scambiarsi Lorenzo e Francesca, delle carezze tra i capelli, delle pacche sulle spalle, delle lacrime versate, delle porte che sento aprirsi e chiudersi, dei milioni di odori diversi che mi entrano nelle narici. Riesco solo a concentrarmi sul mio respiro: affannato, corto, veloce e accelerato come il battito del cuore o a tratti lento, appena flebile, che quasi temo possa fermarsi da un momento all'altro. Nessuna notizia, nessun cambiamento, nessuna informazione in più.
E forse è proprio quel niente, quel vuoto assoluto che mi terrorizza.
Sento il telefono vibrare, mentre lo stringo forte nella mano destra, ma sono così terrorizzato che ho persino paura a guardare lo schermo. "Filippo, sono arrivata da pochi minuti. Mi raggiungi?" mi chiede la mamma di Ludovica, mentre io le sussurro un si e mi alzo dalla sedia in fretta. - forse un po' troppo, visto il capogiro che mi prende -
"Ti accompagno io" mi dice dolcemente Francesca, avvolgendomi con un braccio e sostenendomi in piedi. "No, resta qui con Lori" le dico sicuro, mentre prendo un respiro profondo e provo a camminare. "Non ci pensare neanche, andate!" ci esorta Lorenzo, poggiando la sua mano sulla schiena come a farmi forza. - come farei senza di te? -
Appena usciamo dall'ascensore e vedo il numero della stanza di Ludovica da lontano cado in un crollo emotivo, mi accascio a terra e inizio a piangere, nascondendo la testa tra le mani. - annientato dalla paura, dal timore, dal dolore - Francesca si accuccia davanti a me e cerca di consolarmi, ma i suoi sforzi risultano totalmente invani. Pochi secondi dopo la mamma di Ludo esce dalla stanza e ci raggiunge, probabilmente attirata dai miei singhiozzi incontrollati. Mi stringe in un abbraccio che ha il sapore di casa e che un po' profuma anche dell'amore della mia vita, poi mi scompiglia i capelli e mi chiede di seguirla. "C'è qualcuno che vuole vederti..." mi sussurra, poco prima di farmi segno di entrare nella stanza della figlia. La vedo sdraiata a letto, con gli occhi lucidi e fissi sulla mia figura e il suo classico, timido sorriso. "Amore mio" esclamo, poi mi avvicino e la bacio. Che non mi interessa di sua mamma, dell'infermiera, della ragazza sdraiata nel letto affianco, di quel bip fastidioso nel monitor, dei fili che si intrecciano ai nostri corpi. La bacio perché è la cosa più naturale del mondo, perché se c'è lei mi sento meglio, perché il suo respiro è il mio è voglio sentirmi di nuovo vivo. - ne sento l'assoluto bisogno -
Ricomincio a respirare.
"Fil" mi sussurra, appoggiando la sua testa sulla mia spalla e lasciandosi abbracciare forte. Piange, piango, lacrime che si mischiano, rugiada mista a paura, timore, ansia, preoccupazione e tutte le sensazioni più brutte che esistano. "Lori?" mi chiede subito dopo, mentre io le spiego con calma che sta bene, che se l'è cavata solo con qualche costola rotta e qualche abrasione qui e là, ma soprattutto che probabilmente domani lo dimetteranno. "Ho avuto paura" le sussurro, sistemandomi meglio nel letto affianco alle sue gambe e coprendole la pancia con il lenzuolo bianco. "Sai a cosa ho pensato prima di perdere i sensi? A te e al fatto che avrei potuto morire prima di incrociare di nuovo i tuoi occhi e fare pace" mi sussurra, mentre si morde il labbro inferiore e tira su con il naso. "Sono sempre il solito coglione, menefreghista, egoista. Sono dannatamente sbagliato" le dico, riferendomi alla litigata di qualche giorno prima a casa della nostra amica. "È tutto passato, ora siamo qui" risponde lei accarezzandomi il volto, mentre io mi beo del suo tocco dolce sulla mia pelle. - solo Dio sa quanto ti amo -
"Ho fatto un casino prima" le dico sorridendo, mentre lei fa la stessa cosa e scuote la testa. Le racconto ogni singolo dettaglio, tutte le emozioni che mi hanno attraversato le membra, le parlo di Amici e del disco d'oro, di Maria che mi ha chiesto di lei, delle sensazioni assurde provate dentro a quello studio. Le parlo delle prove del tour, della band con cui sto creando un legame fantastico, delle canzoni che mi hanno fatto crollare durante le prime prove e del fatto che ancora non ci credo che sabato prossimo sarò a cantare proprio a Roma e realizzerò il mio primo grande sogno.
Piango.
Rido.
Parlo a bassa voce o con un tono più deciso.
Scuoto la testa.
Tremo.
Mi commuovo.
Mi vergogno persino.
Ma, alla fine, lei sorride ed io pure.
Ho il cuore tranquillo.
C'è lei e la mia vita torna ad avere un senso.
Il dottore parla per alcuni minuti con la mamma di Ludovica fuori dalla stanza, mentre io e lei stiamo in silenzio e ci accarezziamo dolcemente. "Il medico dice che tra qualche giorno potrai tornare a casa, hai perso molto sangue dalla ferita alla gamba e hai preso una forte botta in testa, però adesso va tutto bene. Hanno - hanno bisogno di tenerti ancora un po' in osservazione, però il peggio sembra essere passato" ci spiega sua mamma, tirando un respiro di sollievo e lasciando un tenero bacio in testa a sua figlia. Io la guardo per un po', accarezzandole la mano con i miei polpastrelli e godendo della sensazione che mi da la sua pelle. "Che c'è?" mi chiede, socchiudendo gli occhi. - sei bella. Bellissima anche così -
"Domani avrei voluto portarti in un posto, ma appena ti fanno uscire ti prometto che - insomma, sarà una sorpresa" le dico sorridendo, mentre i suoi occhi brillano colpiti da un raggio di sole che entra dalla finestra e le mette in risalto le sfumature dorate.
Brilla, anche così.
Anche coperta di lividi, con un colorito grigio, i capelli disordinati, qualche ferita sparsa ovunque, i fili trasparenti che le entrano nelle vene, macchie di sangue ormai secco, l'espressione dolorante in viso.
Splende, di quella luce solo sua che mi fa sentire esattamente al posto giusto.
E quella sorpresa sarà l'inizio di un nuovo capitolo.
Di una vita tutta da vivere.
Giovani e follemente felici, no?
Ce lo siamo promessi, no?


Angolo autrice

Buonasera bella gente, come state?
Vi ho lasciato con un po' d'ansia fino all'ultimo e so già che mi odierete profondamente, ma le cose rose e fiori mi hanno sempre annoiato.
E adesso cosa avrà in mente Filippo?
Quale sarà questa sorpresa?
Avete qualche idea?
Vi aspetto nei commenti e sappiate che vi amo tutti!!! 💞💝💓💗💖💕💘
Un grosso abbraccio
~R 🦋

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