Ci sarà sempre un po' di te in me
Irama
Sto per arrivare a Monza, sono in autostrada, ormai mi dividono solo pochi chilometri dalla mia città, dalla mia famiglia, dai miei amici, da lei.
Sono state due settimane stancanti, faticose e l'unica cosa che avrei voluto poter fare era sfogarmi con Ludovica, averla accanto e poter sentire la sua voce ogni giorno.
Lei che sarebbe stata l'unica in grado di capirmi.
Lei che mi avrebbe ascoltato.
Lei che sarebbe stata in grado di cogliere tutte le sfumature dei miei sospiri, delle mie parole confuse, persino dei miei silenzi.
Avrei avuto voglia di mandarle un messaggio, di potermi lasciare andare e spogliarmi di tutto quello che ho trattenuto dentro per l'intera settimana, avrei avuto persino voglia di piangere stretto tra le sue braccia, con il suo profumo in grado di tranquillizzarmi e i suoi occhi a farmi da specchio.
Durante queste due settimane ho avuto modo di confrontarmi molto con i professori, soprattutto con Paola Turci, Carlo Di Francesco e anche Rudy Zerbi: mi sono aperto, ho cercato di farmi capire il più possibile, anche se non sono riuscito a lasciare andare la zavorra e mostrarmi completamente fragile. Mi hanno dato modo di parlare molto del mio percorso precedente, dei miei obiettivi dentro la scuola, di questa nuova esperienza, addirittura di cose private, come ad esempio il rapporto con la mia famiglia o con le persone più care.
Un giorno, in saletta canto, con Paola, ho provato a parlarle delle cose che mi sono successe, di quei macigni più grandi di me, di quelle macerie sotto le quali sono finito, di quelle esperienze troppo pesanti per la mia età - ma l'unica cosa che sono riuscito a buttare fuori è stata la storia del testo di Rolex, scritto in un'età in cui quelle cose non avrei dovuto viverle, un testo in cui mi sono mostrato fragile, debole, dove mi sono messo a nudo e che, ancora oggi, non riesco ad interpretare liberamente perché ha un peso così grande, parla di una cosa che mi ha schiacciato e fatto male per così tanto tempo che è quasi come sentirsi pugnalare, come rivivere ogni volta quelle emozioni terribili, come riaprire di nuovo quella vecchia ferita e farla sanguinare e bruciare come se fosse ancora fresca -
Sono appena finite le prime due settimane dentro la scuola.
Le prime due puntate del sabato.
E quello che mi resta è solo una confusione di pensieri in testa e una bella maglietta dalla scritta cubitale bianca su fondo rosso: sfida. Una cosa che mi ha demoralizzato, che mi ha fatto rimanere davvero di merda durante la puntata e che mi ha mandato l'umore a puttane con biglietto sola andata.
Ho appena pagato il pedaggio dell'autostrada e mi sono fermato appena dopo il casello in uno spiazzo al lato della strada, ho preso il telefono in mano e aperto la chat di whatsapp con Ludovica. Sono giorni interi che continuo a scriverle, che continuo a raccontarle ogni dettaglio delle mie giornate, un po' per renderla partecipe, un po' perché so che è l'unica in grado di capirmi alla perfezione solo attraverso le parole, un po' perché avrei bisogno di sentirla vicina, un po' perché da quando l'ho vista non riesco a togliermela dalla testa, ma lei puntualmente continua a non rispondere, ormai quelle spunte grigie che diventano blu si sono trasformate nel mio incubo peggiore.
Sono sdraiato nel letto di Lorenzo con la faccia rivolta verso il soffitto, non parlo e non sono per niente di compagnia, tant'è che il mio amico non fa altro che continuare a fissarmi come se gli destassi preoccupazione. - come se gli facessi pena -
"Cazzo Filo, chiamala, cercala, vai da lei...davvero fai qualsiasi cosa, ma non riesco a vederti così..." mi dice avvicinandosi al letto e sedendosi accanto a me, con il mio telefono tra le mani come ad incitarmi a fare quel passo.
"Ok ok la chiamo, ho deciso!" dico cercando il registro chiamate e componendo il numero. - quanto tempo è passato dall'ultima volta? Triste pensare che un gesto che prima risultava naturale come respirare ora sembra così difficile, complicato da fare quasi male -
Non riesco a stare a sedere nel letto, prima mi alzo e inizio a camminare per la stanza, poi vado verso il balcone, sporgendomi leggermente dalla ringhiera, mentre Lorenzo mi segue accendendosi una sigaretta e guardandomi di sottecchi.
Tuuu. Il primo squillo.
Ormai è buio, la strada sotto la casa di Lorenzo è tranquilla, alcune persone passeggiano, il loro vociare riempie la tranquillità della sera, di tanto in tanto scoppiano in una risata, mentre l'unica cosa a scoppiare dentro di me sembra essere il mio cuore che sta aumentando il suo ritmo in maniera esponenziale.
Tuuu. Secondo squillo e ancora nessuna risposta.
Ludovica
Filippo.
Filippo.
Fil, il nome che compare sullo schermo e fa illuminare il mio cellulare, mentre la suoneria irrompe nel silenzio della mia stanza.
Sono due settimane che non fa altro che tempestarmi di messaggi, che mi rende partecipe della sua vita e della sua esperienza a Roma ed io sono due settimane che continuo ad ignorarlo completamente, che visualizzo i suoi messaggi per poi non provare nemmeno a rispondergli, per lasciarli giacere lì: in una chat ormai poco utilizzata e sicuramente satura di ricordi difficili da cancellare.
Non si può nemmeno lontanamente immaginare quante volte avrei voluto rispondergli, quante volte ho sorriso a quei messaggi, quante altre invece mi sono sentita una merda perché non ero accanto a lui, quante volte avrei voluto comporre il suo numero in piena notte solo per sentire la sua voce, quante volte a quei "mi manchi" avrei voluto rispondere un anche tu, quante volte avrei voluto dirgli che ora in pizzeria prendo solo la sua pizza preferita - gusto capricciosa - perché ha il suo sapore, quante volte ho passato la notte a singhiozzare in silenzio per quel coraggio mancato, per quelle occasioni sprecate e scivolate tra le dita come granelli di sabbia, quante volte. - troppe, troppe volte -
Quel nome che continua a illuminare lo schermo e il mio dito che quasi istintivamente scorre sul touch screen per rispondere.
"Ehi" due settimane che non sento quella voce, due lunghissime settimane e quasi piango al solo pensiero.
"Ehi" gli rispondo, cercando di reprimere quelle gocce di pianto che stanno per scendere dai miei occhi e cerco di deglutire, di sciogliere quel grosso nodo in gola che rischia di crescere sempre di più, fino a far risultare la mia voce rotta dalle lacrime. - non voglio che se ne accorga -
"Perché mi ignori? Perché Ludo?" un brivido di freddo mi invade la schiena, la percorre tutta dal collo fino alla fine della colonna vertebrale. Prima caldissimo, quasi un calore soffocante, per alcuni versi asfissiante, poi d'improvviso un freddo glaciale, un gelo crudo, quasi insensibile. - è una sensazione così strana - Anche la sua voce risulta spezzata, lo chiede quasi fosse una supplica, quasi si stesse autocolpevolizzando per le mie assurde reazioni.
"Non ce la facevo, scusami" rispondo semplicemente, sperando che la conversazione possa terminare in fretta. - forse sperando addirittura, di trovare, in pochi secondi, il coraggio necessario per porre fine alla chiamata -
"Ah" un sussurro appena accennato, una constatazione che esce dalle sue labbra come automatica "sei a Milano vero?" mi chiede provando a cambiare argomento, cercando di non dare troppo peso a quel sentimento di delusione che aleggia nell'aria e che probabilmente lo sta lentamente spezzando dentro.
"Si, sono-" non riesco nemmeno a parlare in modo normale, non riesco a terminare le frasi senza che la saliva in bocca termini e la gola mi si asciughi talmente tanto da farmi bloccare. Avrei milioni di cose da dirgli. Milioni. "Qui" aggiungo scuotendo leggermente la testa e maledicendomi in tutte le lingue del mondo per la mia infinita cocciutaggine. Dannazione.
"Sono a Monza, Ludo" mi dice e quasi non mi prende un infarto, il cuore accelera i suoi battiti e prende a correre dentro al petto ad una velocità assurda. È qui, a pochi chilometri da me e non riesco a crederci, per un istante i pensieri si confondono così tanto da far uscire frasi senza senso. "Bene...mi - mi dispiace per la sfida, vedrai che la supererai" dico stringendo forte tra le mani il lembo del piumone sul quale sono seduta, sono proprio un idiota - sei a Monza, raggiungimi - vorrei dirgli, queste sono le parole che vorrei uscissero dalla mia bocca senza che quel dannato orgoglio le trattenesse e le facesse morire in gola.
"Magari ci sentiamo dopo cena, che ne dici? Io ti mando uno dei miei soliti stupidi messaggi e tu lo visualizzi senza rispondere, che quelle spunte blu mi rilassano un sacco, ormai non riesco a prendere sonno senza prima vederle" dice sorridendo, ed io riesco proprio ad immaginare la linea delle sue labbra piegarsi in un sorriso dei suoi, quelli in grado di farti sentire protetta e in pace con il mondo. - non sono stupidi quei messaggi, sono il modo più dolce che esista per rendermi partecipe della tua vita - un'altra volta le parole mi muoiono in gola prima ancora di formarsi. "Dico che è un'idea che mi piace -" - anche se mi manchi, mi manchi così tanto, raggiungimi, troviamoci a metà strada perché ho bisogno di te - "anche se mi mancava sentire la tua voce" gli sussurro tutto d'un fiato dopo aver preso un bel respiro profondo.
"Vuoi proprio che mi schianti in macchina per fare Monza-Milano in dieci minuti eh?" scherza Filippo dall'altro capo del telefono, come a farmi intuire che se solo dicessi mezza parola in più, se solo mi lasciassi andare per un istante, rischierei di ritrovarmelo sotto casa nel giro di qualche minuto e, soprattutto, confermando che quella voglia di vederlo che sto cercando di nascondere inutilmente in queste frasi di circostanza la prova anche lui, sulla sua stessa pelle, come se le sensazioni fossero sempre le medesime. - nonostante tutto -
"Non potrei mai permettermi di avere sulla coscienza la nuova promessa della musica italiana. La folla di tue fans impazzite mi ucciderebbe, scusa ma non me la sento di assumermi un rischio così grande." sussurro sorridendo leggermente, dall'altra parte risate simili alle mie, che si mischiano insieme e in un istante sento tutta la tensione scivolarmi sulle spalle, sento quel macigno sul cuore farsi più leggero, sento quella paura librarsi nell'aria e scomparire come piccole particelle di pulviscolo.
Sento che lui è sempre la metà del mio cielo, la parte colorata, quella sempre serena, dove c'è sempre il sole che ti scalda la pelle, quella incancellabile. - che io lo voglia ammettere o meno -
"Ora è meglio che vada" sussurro con appena un filo di voce e il cuore che mi pulsa nella gola "si magari hai da fare, io vado" le parole mi escono sconclusionate, senza logica alcuna, come se fosse fondamentale mettere fine alla conversazione e riuscire a respirare, riuscire a rimettere in ordine i pensieri.
La considerazione di prima: quella riflessione che la sua importanza nella mia vita è rimasta immutata, è uguale ad un anno fa, ad un mese fa, mi ha leggermente destabilizzata - devo chiudere questa chiamata - ho bisogno calmare questo fiume di pensieri, di tirare un respiro profondo, le lacrime stanno per uscire e non voglio mostrarle a lui, non voglio che se ne accorga, perché non me la sento ancora di rendere visibili le mie fragilità.
"Ci sentiamo Lulù?" quel nomignolo, quel modo di chiamarmi che usa solo lui, - che può usare solo lui - qualche lacrima sfugge al controllo e mi lascio andare per un istante. Mi butto con tutto il mio peso all'indietro e sbatto la testa contro la testiera del letto, continuo a tenere gli occhi chiusi sperando che quel groppo in gola non esploda tutto in un colpo. Tra di noi crolla il silenzio, un silenzio fatto di ferite troppo fresche da rimarginare, troppo profonde da guarire, ancora troppo importanti da curare. - deglutisco e vorrei dirgli che si, si mi manca, che non mi interessa nulla del resto, che prenda quella benedetta macchina e venga qui, che mi abbracci, perché ho voglia di sporfondare tra le sue braccia, di farmi cullare dal movimento del suo petto, che ho bisogno della sua voce, di vedere quegli occhi e perdermi nel loro colore ceruleo in grado di tranquillizzarmi subito, in grado di rendermi una persona migliore, di farmi sentire bella e amata come non mai. Che si, si, mi manchi da impazzire Fil - "Si, ci sentiamo" dico semplicemente, cercando di reprimere i miei istinti, di soffocare quella mancanza assurda che sento nel cuore.
Orgoglio del cazzo. - che poi è una sorta di promessa no? Quel ci sentiamo. È presto, no? Nasconde quella voglia di non staccarci mai, di non riuscire a fare a meno l'uno dell'altra. Quel ci sentiamo perché sennò rischio di impazzire, di essere triste a vita, di non riuscire a fare altro, a pensare ad altro se non a te. Si è una promessa, la più bella -
Filippo
Cazzo quanto mi mancava quella voce, quel suo potere di farmi sentire subito dannatamente giusto, quel modo inusuale di tranquillizzarmi solo con qualche parola detta nel modo appropriato.
Mentre ero ancora al telefono con Ludovica, ho preso le chiavi della macchina, - sotto lo sguardo contrariato e seccato di Lorenzo - e mi sono precipitato in strada, accendendo il motore e uscendo dal parcheggio nel minor tempo possibile. La sto raggiungendo, ho premuto il pedale sull'acceleratore come non mai, fregandomene totalmente dei limiti di velocità, dei divieti e correndo. Solo correndo, con un nodo in gola e le nocche delle mani che stringono il volante. - talmente forte da essere diventate bianche -
Cerco di superare nel più breve tempo possibile il traffico insostenibile e assurdo di Milano e tempo qualche minuto sono sotto casa sua. Una signora sta uscendo dalla porta del condominio di Ludovica, mi precipito dentro prima che si chiuda e mi fiondo sulle scale ad una velocità mai vista. Corro, corro, continuo a correre, ho il fiato cortissimo, il respiro è accelerato e le tempie mi pulsano forte. Sono davanti alla sua porta e suono il campanello. - cerco di respirare profondamente, anche se non ricordo neanche esattamente come fare -
Sento la sua presenza dall'altra parte della porta, probabilmente sta guardando dall'occhiolino chi c'è da questa parte, fa girare gli scatti della serratura e finalmente mi apre. - Dio, quanto è bella -
"Che ci fai qui?" mi chiede con lo sguardo stupito, ha gli occhi arrossati, come se avesse appena pianto - anzi, sicuramente l'ha fatto - "Entra" mi dice scuotendo la testa incredula, sorridendo leggermente e scostandosi da un lato per farmi passare.
"Scusa l'improvvisata" le dico, grattandomi la nuca con la mano in modo imbarazzato.
"Non pensavo dicessi sul serio prima..." mi sussurra, chiudendosi la porta alle spalle e avvicinandosi lentamente a me, ma io non riesco a pensare ad altro. - è così bella, nonostante abbia un pigiama addosso due volte più grande di lei, nonostante quello chignon improvvisato in testa, il viso struccato e gli occhi leggermente gonfi. È così bella -
Il trillo del mio telefono, irrompe nella bolla di silenzio che si è creata tra di noi, interrompendolo. È un messaggio di Alessandro mi avvisa che tra qualche ora mi aspetta nel pub di un nostro caro amico a Monza per berci qualcosa tutti insieme e festeggiare il mio breve rientro - "so che sei da lei, venite insieme!" aggiunge a fine conversazione con l'emoticon di una faccina dallo sguardo ammiccante -
"Scusa...è Ale, stasera vanno a bere qualcosa...hanno invitato anche noi due, che ne dici? Andiamo?" le chiedo, lei è seduta a qualche centimetro da me, sul bracciolo del divano e continua ad osservarmi come se non smettesse di farsi frullare pensieri in testa.
"Filo, non è una buona idea...cioè tutto questo non è una buona idea. Forse dovresti - " la interrompo, mi accuccio davanti a lei, inginocchiandomi per far incrociare i nostri sguardi. "Smettila, ti prego smettila. Ho provato a fare qualsiasi cosa per dimenticarti, ho provato a non pensarti, mi sono buttato a capofitto in quest'avventura ad Amici, - cambiando persino città - sperando che il mio cervello smettesse di pensare a te....invece non c'è stato nulla da fare. Sei l'altra metà del cielo, ricordi? Il mio cuore non smetterà mai, mai, mai - per qualsiasi motivo al mondo - di battere per te. Diamoci una seconda possibilità, smettila di respingermi. Smettila." le sussurro, guardandola fissa in quei suoi occhi marroni dalle tenere striature nocciola-dorate e perdendomi un po' nell'osservare, una ad una, quelle infinite sfumature. I miei occhi minacciano di lacrimare, ma cerco di stringere ancora di più quel nodo in gola per non perdere il controllo - vorrei stringerla forte, cullarla tra le mie braccia, ma so che è un passo troppo grande da affrontare -
"Ok, vado a farmi una doccia allora. Come cavolo fai ad essere ancora così convincente Mr. Paranoia?!" mi chiede, scuotendo il capo e accarezzandomi dolcemente i capelli, ciocca a ciocca, soffermandosi qualche secondo con le sue dita; almeno finché la sua parte razionale non la fa ragionare, si accorge di questo gesto spontaneo e si blocca di colpo. - come se avesse preso la scossa, come se avesse paura di essersi lasciata troppo andare -
Sono sdraiato sul suo letto, il suo telefono appoggiato sul piumone a fiori poco distante da me, inizia a trillare segno dell'arrivo di un messaggio.
"Guardi chi è?" mi chiede, mentre l'acqua della vasca continua a scorrere dall'altra parte della parete. "Alice, dice che si ferma a casa di Andrea e torna domani sera" le rispondo alzando un po' la voce per sovrastare il rumore dell'acqua e farmi sentire in modo chiaro. "Dille che sono contenta e che domani le racconto di un giovane ragazzo dalle piume alle orecchie che ora è ad aspettarmi sul mio letto" io sorrido lievemente e scuoto la testa - sembra che il tempo tra di noi, non sia mai passato - "Bhe detta così, potrebbe risultare ambigua la situazione" le dico, bloccando le mie dita sulla tastiera del telefono e facendola scoppiare a ridere. "Che scemo che sei, invia!"
Ho ancora il suo telefono tra le mani, con sorpresa ho scoperto che il codice per sboccarlo è sempre lo stesso: il giorno in cui ci siamo baciati per la prima volta - che in realtà era la seconda, ma il primo non conta perché gliel'ho rubato di nascosto -
Data la sua passione per la scrittura, il mio dito preme automaticamente nell'immagine delle note salvate e una tra loro attira la mia attenzione: per te.
"Ciao Fil, è così strano ritrovarmi a scriverti una lettera, sono cinque mesi che non ci vediamo...
Sai adesso abito a Milano, alla fine ho iniziato a studiare in quella famosa Accademia e sta andando tutto alla grande, tu invece come stai? Con la musica come va? Chissà se hai scritto qualche nuova canzone, chissà se sei riuscito a buttare fuori tutto quel mondo che cercavi di trattenerti dentro, chissà se credi ancora a quel "noi" o hai smesso di farlo...
Sono qui sdraiata su un letto che non mi è mai sembrato tanto grande e scomodo come stasera e, se mi guardo intorno, rivedo solo pezzi di noi. C'è quella piuma tatuata sulla pelle, che a volte brucia così tanto che vorrei poterla strappare con le mie stesse mani, c'è quella rosa bianca ormai secca ricordo del mazzo di fiori del mio compleanno, ci sono i tuoi biglietti ripiegati accuratamente in una scatolina vicino al comodino, ci sono persino tutte le nostre foto conservate in un album chiuso dentro ad un baule che non ho il coraggio di aprire, dentro all'armadio c'è la felpa con il tuo profumo che indossavi sempre per dormire, addirittura c'è ancora lo spazzolino che usavi quando dormivi da me e poi quell'anello al mio indice che non ho mai avuto il coraggio di togliere. - chissà poi, perché tutti questi ricordi non li ho lasciati a casa di mamma: sarebbe stato tutto più semplice; ma forse grazie a questi piccoli pezzetti della nostra storia sono stata in grado di ricominciare, portando qualche frammento di te anche qui per averti sempre vicino.
Ho cercato di archiviare in questi mesi, archiviare chat, archiviare ricordi, archiviare pezzi di vita che mi fanno male; ma in realtà stasera, ho capito di non esserci mai riuscita realmente.
Mi manca la tua risata, talmente tanto che a volte mi sembra di sentirla,
mi mancano i nostri lunghi discorsi di notte con il sottofondo di qualche canzone,
mi mancano i testi di Guccini urlati a squarciagola con i finestrini della macchina giù, io appoggiata al tuo petto e una sigaretta accesa tra le dita,
mi mancano i tuoi occhi e il modo in cui ci affogavo dentro, quel colore indefinito in grado di farmi sentire a casa, quegli sguardi di complicità che bastavano per capirsi,
mi mancano le tue braccia e l'incavo del tuo collo creato apposta per incastrare la mia testa,
mi manca la tua voce impastata del mattino, con quel tono ancora assonnato e i capelli disordinati,
in realtà mi mancano così tante cose che farti l'elenco mi sembra difficile, quasi impossibile.
Sai mi chiedo se ti rendi conto di tutto lo schifo che ho dovuto affrontare, di tutta la merda che mi ha devastata in questo ultimo anno, di tutte le cose brutte che mi sono cadute addosso e mi hanno fatta crollare. Sono arrivata a perdere tutto, tutti, persino me stessa e non riesco a trovarmi più - perché forse, senza di te non sono più io -
Chissà se sai quante sere ho pianto nascosta nel bagno, con la speranza che aprissi quella porta e mi stringessi in un tuo abbraccio, uno di quelli follemente felici in cui era tutto bello e facile. - uno di quelli che profumavano di magia -
Chissà se la melodia di quella canzone ti ha fatto pensare a noi, come è successo a me quella volta che dal batticuore ho dovuto accostare la macchina al lato della strada per non rischiare di fare un incidente. - e chissà se ti ha suscitato quelle emozioni, chissà se hai pianto quanto me -
Perché forse, alla fine, non c'è niente come noi e questo mi fa ancora più male: sapere che senza di te non sarò più la solita persona, perché sei l'amore della mia vita e questo non cambierà mai. Sei tutto ciò che ho dentro, vivo di te e mi manchi come l'aria.
Anche se in questi momenti ho paura, una fottuta paura che mi mancherai sempre, che dietro ad ogni viso, ogni voce, ogni risata, ogni sguardo ci sarai tu.
Dicono che non si possono controllare le emozioni del cuore, ma tu sei riuscito ad entrarci dentro e stravolgermi completamente la vita.
Ti immagino sai? Ti immagino quasi ogni sera prima di addormentarmi, immagino noi due sdraiati sul divano a vedere uno di quei film americani che ti fanno tanto ridere, immagino i nostri abbracci sotto le coperte, immagino di svegliarmi poco prima di te al mattino per poterti guardare dormire, immagino una vita fatta di gesti semplici, ma sempre accanto a te.
Perché, nonostante tutto, io sceglierei te - il mio cuore tornerebbe da te sempre e comunque, ricordi? -
Respiro e ti porterò via con me."
Le lacrime scendono inesorabili, come se le trattenessi da troppo tempo, come se non fossi più in grado di comandarle, di metterle a freno, come se avesse centrato in pieno il cuore con una coltellata secca e precisa, come se quelle parole avessero riaperto una ferita troppo profonda e non ancora rimarginata completamente. Me le asciugo velocemente con il dorso della mano e cerco di respirare tranquillamente, - inspira ed espira - non voglio che se ne accorga, non voglio che pensi che sono andato a rovistare tra i suoi segreti più intimi; preferisco anzi che sia lei a decidere quando aprirsi di nuovo e farmi leggere questa lettera.
Ludovica
Esco da bagno avvolta nel mio caldo accappatoio lilla e mi affaccio per metà nella mia camera, lui è lì: sdraiato sul letto mentre con le dita scorre tra i post di Instagram in modo annoiato, come se con la testa fosse totalmente altrove, come se quello fosse solo un diversivo mentre è concentrato su tutt'altro.
"Ehi" gli dico sedendomi accanto a lui e accarezzandogli la gamba coperta dal tessuto del jeans nero con gli strappi. Incrocia il mio sguardo e si fissa nelle mie pupille per qualche istante, poi in assoluto silenzio prima tira un respiro profondo, poi tira fuori dal portafoglio un pezzo di carta ripiegato con cura e me lo porge.
"Cara Lulù,
oggi per te è una giornata speciale, o almeno dovrebbe essere così...
Sto scrivendo una lettera, di quelle vere, con carta e penna nel buio della stanza di Lorenzo e non mi sono mai sentito nudo e svuotato come adesso.
Sono quasi sette mesi che non ci vediamo e tutto mi sembra così dannatamente vuoto senza di te, tutto mi sembra aver perso alla poesia, tutto mi sembra essere solo un contorno inutile di una vita che vorrei poter cancellare.
Sai le cose sono andate male, sempre peggio...tutti mi hanno voltato le spalle, in casa discografica mi hanno trattato come un burattino, come una pezza da piedi, come qualcuno di talmente futile da poter essere rimpiazzato nel giro di qualche ora.
Non sono ancora tornato a casa, ci ho pensato tante volte, tantissime volte; non posso continuare così, non posso pesare sulle spalle di Lorenzo e soprattutto devo riprendere in mano la mia vita. - anche se, senza di te, non ha più nemmeno lo stesso sapore -
Mi manchi come l'aria amore mio, mi manchi così tanto che vorrei poter avere una gomma magica in grado di cancellare tutto il dolore che ti ho fatto respirare in quei mesi, tutta quella sofferenza per tornare a sorridere insieme, più forti di prima.
Le parole non basteranno mai, non sarò mai in grado di scusarmi per quello che ti ho fatto. Mi ricordo tutto sai? Tutto per filo e per segno, tutte le urla, le grida, le bottiglie scagliate contro il muro, quel rumore di cocci rotti, le litigate, i tuoi sguardi delusi e tristi. Persino il profumo delle tue colazioni al mattino presto per "iniziare la giornata con la giusta energia" come dicevi tu, persino le volte che amorevolmente, con la lametta tra le mani, mi facevi la barba "che sennò sembri uno scappato di casa", persino le sere in cui mi rimboccavi le coperte fin sotto al mento e mi accarezzavi i capelli fino a farmi addormentare.
Tutto amore mio, tutto e non potrei mai dimenticare niente: né la parte bella, né quella terribile.
Ci ho provato con tutte le forze in quella stazione, ho cercato di farmi perdonare con tutto me stesso, ma so che quel biglietto di poche parole dopo quella notte d'amore non potrà mai essere dimenticato. Sono scappato, pensando per l'ennesima volta solo a me stesso, facendo l'egoista e fregandomene di tutto, di te. Avrai pensato di essere qualcosa di così superficiale da non meritare nemmeno spiegazioni, pensato di essere così poco, qualcosa di talmente inutile da poter essere accantonato e dimenticato in fretta. E invece no, è così difficile spiegartelo in una lettera che non leggerai mai, è che tu eri talmente tanto da non meritarti una persona come me, uno che non sa spiegarsi a parole, uno che quando ama, ama in un modo totalmente sbagliato, uno con un carattere complicato, uno che vorrebbe dimostrarti il mondo, ma finisce per tenersi tutto dentro, uno che finisce per esplodere nella maniera più sbagliata, uno che si rifugia lontano da tutti quando non riesce a mettersi a nudo, quando le ferite sulla pelle si riaprono e bruciano come non mai.
Uno pieno di debolezze e con le piume alle orecchie; insomma uno davvero strano, ma follemente innamorato di te.
Tu che mi hai rapito il cuore piccola Lulù, e mi sento così idiota a scrivertelo in queste righe senza avertelo mai dimostrato. Quell'addio in stazione mi ha distrutto completamente, mi ha squarciato in due il cuore e forse anche l'anima. Appena arrivato da Lorenzo ti ho scritto quel messaggio in fretta, con le dita che digitavano velocemente sulla tastiera, poi dopo quelle spunte blu non ho capito più nulla: la vista si è annebbiata, le lacrime scendevano inesorabili, quel nodo in gola si ingrossava sempre di più non lasciandomi modo di respirare, il corpo tremava terribilmente e la nausea saliva sempre più in su, sempre più in gola, fino a vomitare per terra come un mendicante, senza le forze nemmeno per muovere un muscolo.
Te lo giuro amore mio, avrei voluto darti di più, essere il tuo faro, la tua spalla, il rifugio preferito; avrei voluto essere il tuo posto felice, la metà bella del tuo cielo; e invece sono stato in grado solo di ferirti, di farti sentire una merda, di non amarti abbastanza, di non essere abbastanza per una persona meravigliosa come te. E questo non potrò mai perdonarmelo, anche se cerco di fare finta di nulla, anche se cerco di indossare un sorriso e lasciare che la tristezza si metta da parte, anche se provo a togliere dalla mente ogni pensiero che ti riguarda, non potrò mai perdonarmelo.
È solo che ormai non ci sei da un po' ed io non riesco a dimenticarti, non riesco a soffocare anche per qualche misero istante quella mancanza che mi sta distruggendo dentro. Non riesco a dirti addio, a scrivere la parola fine e allora sai che faccio? Ti parlo, ti parlo come se fossi qui, poco prima di addormentarmi la sera ti racconto quello che è successo, mi siedo in balcone e tra una tirata di sigaretta e l'altra mi sfogo con te. So che sembra una follia, ma mi immagino anche il tuo viso, le tue espressioni, il tocco della tua pelle sulla mia e, anche se so che non mi risponderai mai, bhe quel silenzio mi aiuta, è come se fossi vicina lo stesso, è come averti ancora qui.
Mi capita di pensarti così spesso che ormai odio anche svegliarmi al mattino, perché so già in partenza che sarà un'altra giornata dove il tuo viso sarà costantemente davanti ai miei occhi e odio quelle giornate, perché sembrano non appartenermi neanche più, perché mi scende una lacrima sul viso e immagino se ci fossi tu ad asciugarmela con le tue dita morbide e invece, invece non ci sei.
So solo che in questo momento vorrei essere lì, tenerti stretta tra le braccia, baciarti fino a perdere il respiro, fare l'amore fino a crollare esausti, annusare il profumo della tua pelle, perdermi tra le ciocche dei tuoi capelli, fissarti in quegli occhi in grado di farmi sentire così dannatamente giusto.
Oggi, e per tutti gli altri giorni della mia vita, vorrei solo amarti, amarti e basta, perché tutto sarebbe più semplice, più bello, più facile.
Perché sarebbe più felice.
Perché mi manchi da impazzire, certi giorni mi sembra che quella mancanza non affievolisca mai.
Mi manca il tuo essere dannatamente complicata,
il modo di attorcigliarti le punte dei capelli tra le dita,
quel modo strano di mandarmi a fanculo e ridere contemporaneamente,
il tuo modo di abbracciarmi da dietro,
quel colore di occhi che hai solo quando incroci i miei,
il modo in cui muovi le mani per raggiungere le mie ed intrecciarle insieme,
perché trovi sempre il modo di farmi sorridere,
mi manchi per quel mondo sconfinato e meraviglioso che porti nascosto dentro di te,
per la tua empatia, in grado di tradurre anche i miei silenzi, i miei sguardi e farmi respirare di nuovo,
mi manca quel tuo essere imbronciata, quel muso indossato nelle giornate no, quando non ti va di fare nulla se non restare a letto a vedere qualche programma televisivo,
quel tuo modo di parlare, di chiamarmi, quel nomignolo solo nostro,
quel tuo modo di essere buona, dolce, protettiva, sincera, insomma mi manca quel tuo modo di essere tutto.
È da un po' di tempo che mi ritrovo a fare anche strani pensieri sai? Qualche giorno fa mi è arrivato un vocale da Celeste, la tua sorellina, - che nonostante tutto non ha mai smesso di chiamarmi - e da quel momento lì non ho fatto altro che pensare. Crederai che sia un cavolata, il tuo primo pensiero sarà: Filippo Maria Fanti non ha queste fantasie, a neanche ventidue anni poi...e invece credici. Sono giorni che penso che avrei voluto fare una famiglia con te, giorni che sento e risento quel vocale e che immagino una bimba proprio con la sua voce e quel modo di ridere così simile al tuo, con la testa piena di riccioli e la tua bocca a cuore. Giorni interi che penso che un figlio con te l'avrei voluto davvero, che saresti stata una mamma perfetta, che saremmo potuti essere perfetti insieme; giorni che ti sogno alla notte e ci vedo: io e te sdraiati nel letto con una piccoletta in mezzo tutta vestita di rosa, io e te al parco giochi mentre lei se la ride sull'altalena, io che le scrivo canzoni, che mi perdo ad osservarla proprio come facevo con te; giorni che penso che questo pensiero non l'ho mai fatto, che i bambini sono sempre stati un argomento così delicato per me e con te è venuto tutto naturale e spontaneo che quasi mi fa sorridere.
E comunque ti aspetto sai? Continuo ad aspettarti ogni giorno, sperando con tutto me stesso che la maniglia di quella porta si apra e possa rivelare la tua figura.
Ti aspetto sempre, perché ormai sei tatuata indelebilmente nella mia mente e nel mio cuore.
Ti aspetto mentre in macchina scorro tra le radio cercando una canzone che parli di noi, e per poco non mi schianto o rischio un incidente.
Ti aspetto quando d'improvviso mi blocco e non rido più, perché un ricordo si è insinuato sotto la pelle e non se ne va.
Ti aspetto quando ho gli occhi persi e sembra che la giornata vada malissimo, che tutto vada malissimo.
Ti aspetto quando non va bene nessuno, non voglio accanto nessuno, perché nessuno è come te.
Ti aspetto in quel letto improvvisamente troppo grande per me, tra quelle lenzuola che sanno di bucato e non hanno più il tuo profumo.
Ti aspetto in quei giorni dove l'umore è un'altalena e nel mio stomaco si forma un vuoto incolmabile.
Ti aspetto negli occhi che incrocio per strada, che puntualmente non assomigliano mai ai tuoi.
Ti aspetto in quella cucina: tu che prepari la colazione ed io che mi fermo a fissarti sullo stipite della porta.
Ti aspetto perché ogni volta che mi perdevo, eri l'unica a sapere dove venirmi a cercare.
Ti aspetto perché mi manchi.
E allora sai che faccio? Mi siedo in macchina, accendo lo stereo, la musica ad un volume assurdo e fanculo tutto.
Fanculo le nostre colpe.
Fanculo il mio carattere complicato.
Fanculo la distanza e quel maledetto orgoglio.
Fanculo il passato e tutte le scelte sbagliate.
Sto fermo e ti aspetto.
Buon compleanno amore mio, vorrei essere lì, vorrei che tu fossi qui..."
Lo guardo intensamente, ho gli occhi arrossati e gonfi per le lacrime, - che forse, se possibile, si stanno intensificando sempre più - non mi ha mai scritto delle cose tanto emozionanti e profonde da quando lo conosco. So che dietro quella corazza spesso trattiene anche emozioni, sensazioni e cose belle perchè esternarle lo metterebbe troppo in discussione, lo renderebbe troppo fragile e debole, però non avrei mai immaginato fosse in grado di nascondere così tanto. - vorrei avere la forza di dargli in mano il cellulare e fargli leggere quella nota che tengo segretamente custodita da tutti ormai da mesi, ma non sono ancora pronta a spogliarmi così tanto, non sono pronta a fargli vedere di nuovo il lato più indifeso -
"Ci ho provato Ludo, ci ho provato con tutte le mie forze ad odiarti, perché almeno così avrei sentito un po' meno quella mancanza fissa dentro il cuore.
Ci ho provato, ma non ci sono riuscito. E sono stato male, davvero da schifo, perché odiavo con tutto me stesso quella cazzo di sensazione che provavo tutti i santi giorni, che non affievoliva mai, odiavo il fatto che ti amassi ancora così tanto da stare in quel modo. Odio perché, - nonostante tutto, dopo tutto - anche oggi continui ad essere uno dei punti fissi della mia vita, quell'ancora in grado di salvarmi durante ogni tempesta; non riesco e non riuscirò mai a cancellarti dalla mia testa e dal mio cuore.
E non riesco a non pensare di affidarti di nuovo il mio cuore, di metterlo nelle tue mani un'altra volta, anche se ancora pieno di ferite e di cerotti, anche se un po' mal messo, però appartiene a te e questa è una cosa che non potrà mai cambiare.
Te lo consegno, tu aiutami a conviverci, aiutarmi a capirmi come solo tu sai fare, aiutami a decifrare tutti quei codici che continuano a chiudere con il lucchetto i sentimenti, aiutami ad essere di nuovo felice con te.
Solo tu puoi riuscirci" I suoi occhi sono fissi nei miei, si stanno facendo leggermente lucidi e quell'azzurro/verde si fa sempre più trasparente, quasi a diventare umido. - e quanta voglia avrei di baciarlo, di far scontare le nostre labbra e cominciare da subito ad aggiustargli il cuore, a curargli quelle ferite nel modo più giusto che ci sia -
"Ti chiedo scusa per tutto il dolore riversato su di te, per tutti gli errori che ho fatto, per quelle grida, per quelle notti che ti ho fatto passare in bianco, per la preoccupazione e la rabbia che hai dovuto reprimere, perché non sono stato in grado di essere la metà bella del tuo cielo.
Il mio rimpianto più grande è quello di averti trattato da schifo, di non esserci stato per te, di essere stato un fottuto egoista buono solo a pensare a se stesso. Te lo giuro, me li ricordo tutti quei singhiozzi soffocati nel cuscino per far sì che io non li sentissi, per non farmi preoccupare, per non spezzare il silenzio di quelle notti - tutti - e mi maledico ogni giorno." Il mio viso è ormai completamente bagnato dalle lacrime, il suo pure, avvicino le mie dita alla pelle della sua faccia per asciugargliele, mentre l'altra mano si intreccia alla sua con un gesto del tutto spontaneo, come se avessero un bisogno vitale di quel contatto.
"Fallo ora, stammi vicino adesso, sorreggimi e sostienimi come solo tu sai fare. Ad un passo da me, accanto a me, perché ho bisogno di te come nessuno nella mia vita, perché nessuno sarà mai abbastanza da prendere il tuo posto." Le sue dita si intrecciano con ancora più forza tra le mie, le lacrime si mischiano a timidi sorrisi e per un attimo sembra di tornare a respirare regolarmente.
"Te lo prometto" mi sussurra accarezzandomi dolcemente il viso e lasciandomi un tenero bacio tra i capelli, mentre io affondo il mio viso nell'incavo del suo collo.
Irama
"Te lo prometto" - amore mio - avrei voluto aggiungere, ma come sempre mi è mancato il coraggio per farlo, come sempre la parte razionale ha vinto e ha lasciato scivolare via l'ennesima occasione.
La base di All of me di John Legend riempie la stanza, la dolce melodia che esce dalle casse dello stereo irrompe tra noi due. - che eravamo tanto assenti, da non esserci nemmeno accorti della musica -
"Vieni, balla con me" le sussurro all'orecchio, prendendo la sua mano e invitandola ad alzarsi dal letto. Lei l'afferra, allaccia le braccia dietro al mio collo, mentre le mie mani si appoggiano sui suoi fianchi, la stringo forte a me e lei si lascia stringere, appoggiando la sua testa sulla mia spalla e ondeggiando sensualmente con i fianchi.
Sto bene, bene davvero, come non mi capitava di stare da mesi; Ludovica è il mio posto felice e mentre annuso il profumo dei suoi capelli mi sento dannatamente nel posto giusto.
"Cause all of me,
loves all of you.
Love your curves and all your edges,
all your perfect imperfections.
Give your all to me,
I'll give my all to you.
You're my end and my beginning,
even when I lose I'm winning.
'Cause I give you all, all of me
and you give me all, all of you..."
La sua voce che dolcemente nell'orecchio mi sussurra queste parole, le mie mani intrecciate dietro la sua schiena, la sua pelle di nuovo a contatto con la mia, il suo respiro regolare sul mio collo e mi sembra di tornare a toccare la felicità, mi sembra di stringerla tra le dita.
"Ok Fanti ora esci che devo vestirmi, sennò alla festa ci daranno per dispersi" mi dice spingendomi fuori dalla porta e chiudendosela alle spalle, non prima di regalarmi un sorriso di quelli in grado di illuminare i suoi occhi. - e un po' anche i miei -
Siamo in macchina, stiamo tornando verso Monza per raggiungere Ale, Lori e gli altri che ci stanno aspettando e mi sembra tutto così dannatamente strano: lei nel sedile accanto a me, con un vestito nero che le cade a pennello, i suoi occhi che ogni tanto si voltano per guardarmi e i miei che la cercano di continuo, come se non potessero farne a meno, come se fosse la visione più bella del mondo. - mi sembra di essere tornato indietro nel tempo -
La sua mano che si avvicina al pulsante della radio e la accende, casualmente parte una canzone di Guccini e sembriamo quasi leggerci nella mente perché ci giriamo contemporaneamente e sorridiamo.
"Dio, te la ricordi questa Lulù?" le chiedo togliendo per un istante lo sguardo dalla strada per cercare il contatto con la sua mano appoggiata sulla gamba.
"Come potrei dimenticarla? Una di quelle da
"macchina, notte e leggerezza" - dice mimando le virgolette con un gesto della mano - il Summer Festival con Tornerai da me e il premio ancora fumante legato nei sedili dietro con la cintura come fosse un vero passeggero...si respirava felicità" conclude con un tono nostalgico "Già..." le rispondo semplicemente mentre lei si volta dalla parte, guardando fuori dal finestrino per evitare di continuare su questo discorso. - e anche se faccio finta di nulla, lo noto: il dorso della sua mano che passa frettolosamente sul viso, appena sotto gli occhi per ripulirsi da qualche lacrima sfuggita inevitabilmente al suo controllo -
"...e sentire i tuoi passi che arrivano, il ticchettare del tuo buonumore,
quando aprivi la porta il sorriso ogni volta mi entrava nel cuore..."
Quei versi cantati insieme come qualche tempo fa, -sembra passata un'eternità - come se non fosse mai successo nulla, come se qualcuno avesse cancellato gli ultimi mesi con una passata di vernice bianca e ci avesse permesso di ricominciare da capo, insieme, di pitturare del nostro colore preferito una parete totalmente candida.
"Mi dispiace tanto" la guardo corrucciando la fronte e invitandola a continuare, la luce dei lampioni che, di tanto in tanto, illumina il suo viso mentre lei inizia a buttare fuori tutto quello che rischia di esploderle dentro peggio di una bomba. "Mi dispiace tanto per- per tutto, per averti ridotto in quelle condizioni, per- per averti lasciato quando avevi più bisogno di me. Non riesco più a tenermi dentro questo macigno di responsabilità che mi sta schiacciando da troppo- da mesi interi ormai. Scusa- scusa è che- che ci ho provato davvero con tutta me stessa, con tutte le forze. È che- che mi faceva così male vederti sempre in quelle condizioni, ci- ci speravo che il giorno dopo sarebbe stato migliore ma, alla fine, era sempre peggio del precedente. Avrei voluto aiutarti, se solo avessi avuto la forza di- di- toglierti quelle bottiglie dalle mani forse-" - forse sarebbe stato tutto diverso, forse oggi saremmo diversi -
"Ehi. Ehi. Piccola smettila di piangere, ti prego. La cosa dell'alcol è solo colpa mia, solo ed esclusivamente colpa mia. Sono io- io che ho riversato tutti i problemi sul fondo di una bottiglia pensando di poterli soffocare, di farli annegare, di poterli addirittura cancellare. È solo colpa mia e Dio,-" mi blocco un istante per asciugarle le lacrime con le mie dita e sorriderle dolcemente "è colpa mia anche se sei stata così infelice, se ti ho reso una persona diversa, se ti ho fatto stare male. Tu sei- sei" - così perfetta, incredibile, bella, eccezionale, straordinaria - "sono io che ho-" - rovinato tutto, distrutto tutto - "mi dispiace, davvero. Vorrei poter rimediare." sussurro con un filo di voce, forse spero addirittura che la musica in sottofondo riesca a coprire queste confidenze evitando di farle arrivare alle orecchie questa frase. Avrei voluto dirle miliardi di cose, chiederle scusa in tutte le lingue possibili, avrei voluto accostare la macchina e baciarla fino a farci mancare il respiro.
Avrei voluto, ma per l'ennesima volta non l'ho fatto.
Io non ho toccato un goccio d'alcol per tutta la sera, anche perché sono ore intere che ho gli occhi di Lorenzo e Alessandro puntati addosso. Ci sono tutti i miei più cari amici, le loro fidanzate, insomma le persone a cui voglio più bene; addirittura c'è anche Jolanda che non ha voluto rinunciare a passare questa folle serata insieme a me, nonostante non ami molto questo genere di posti.
Mia sorella stasera è molto più sciolta del solito, sicuramente sarà merito di quella bellissima ragazza dai folti capelli ricci che ride accanto a lei da quando siamo arrivati. - sono talmente legate, che Jolanda non mi ha nemmeno considerato, praticamente è saltata addosso a Ludovica, stringendola in un abbraccio talmente bello da non poter essere descritto -
Mi avvicino a loro in pista per monitorare la situazione, - o perché forse la gelosia mi sta divorando - hanno in mano quello che sarà il quarto drink e continuano solo a ridere, ridere e ridere. Ogni parola è una risata, non riescono nemmeno a fare un discorso sensato che scoppiano a ridere, si muovono sensualmente una accanto all'altra, improvvisano addirittura un lento su una musica rock, passando pure per qualche passo di latino e continuando a ridere come se non si fossero mai divertite tanto. - anzi, come se avessero bevuto un po' troppo -
"Che vuoi Fanti? Sei venuto a rovinare la festa?" mi chiede Ludovica, alzando il suo bicchiere al cielo e avvicinandosi pericolosamente alle mie labbra, quasi mi respira addosso - e Dio, controllati Filippo - mentre mia sorella continua solo a ridere e a tenersi una mano sullo stomaco che ormai le duole per l'eccesso di sghignazzate. Le prendo per mano e le accompagno a sedersi sui divanetti occupati dal resto dei nostri amici così da poterle tenere più sotto controllo. "Vado a prendere una boccata d'aria" dico a Lorenzo, aggiungendo un piccolo cenno della testa come per dirgli dai un'occhiata a queste due.
"Ti accompagno" risponde Ludovica alzandosi e intrecciando le sue dita alle mie. - e no, no cazzo. L'intenzione era quella di uscire proprio perché l'avvicinamento di qualche minuto fa mi ha scosso un po'; insomma lei continua a farmi lo stesso effetto di qualche mese fa: le resisto appena e stasera è particolarmente difficile riuscirci visto la scollatura del vestito che le risalta perfettamente la curva del seno, visto quel modo di ballare così sensuale da non riuscire a levarle gli occhi di dosso, visto che sono giorni, settimane ormai, che non penso ad altro se non alla voglia che ho delle sue labbra, di lei -
"Mamma mia stavo morendo di caldo là dentro..."
dice poco prima di levarsi il cappotto e restare praticamente nuda, salvo per quel tessuto nero leggero del vestito che la copre nei punti giusti.
"Ok ora ti copri e ce ne andiamo a casa. Hai bevuto un sacco signorina" le dico tirandole su il cappotto sulle spalle e avvolgendocela dentro, è pur sempre una serata monzese di febbraio e all'esterno non fa per niente caldo. "Che c'è non riesci a tenere a bada i tuoi ormoni Maria?" mi chiede con aria di sfida, prendendomi con le mani per il bavero della giacca e attirandomi pericolosamente a sé, si passa la lingua sulle labbra inumidendole e poi prende a mordersi delicatamente il labbro inferiore. "Dio, Ludo smettila davvero" le dico, quasi la supplico, cercando di voltare il viso dall'altra parte e distogliere lo sguardo dalla sua bocca, cercando di respirare e far smettere al mio cuore di accelerare bruscamente - anche se l'unica cosa che farei istintivamente sarebbe quella di scontare le nostre labbra e smetterla di far vincere questa maledetta parte razionale -
Mi accendo una sigaretta per distogliere un attimo l'attenzione da lei e da quel pericoloso rigonfiamento dentro ai pantaloni, per fortuna mi accorgo che scendendo dal muretto sul quale stava seduta, per poco non cade stesa a terra per un giramento di testa improvviso e riesco ad afferrarla in tempo. "Qui qualcuno ha un po' esagerato stasera, vieni che ti porto a casa" le dico prendendola in braccio, con il suo petto aderente alla mia schiena, le sue braccia intorno al collo e le mie che le tengono saldamente le gambe.
La porto su in casa a mo di sposa, con la sua testa appoggiata sul mio petto e le sue braccia allacciate dietro il collo, gli occhi leggermente lucidi e socchiusi e le labbra morbide piegate in un leggero sorriso con il rossetto ormai scomparso.
Scende dalle mie braccia solo per aprire la porta, mentre io la sostengo da dietro con le mie mani appoggiate ai suoi fianchi, entriamo in casa e i suoi tacchi fanno capitombolo al centro della stanza scagliati dalle sue stesse mani.
"Fai come se fossi-" dice poco prima di mettersi una mano davanti alla bocca e correre velocemente in bagno, mi tolgo il cappotto e la seguo nella piccola stanza di colore lilla adiacente alla camera da letto. "Non entrare, non voglio che tu mi ve-" sento dire poco prima di udire solo altri conati violenti di vomito uscire dalla sua gola.
Entro nella stanza, mentre lei è piegata in due sull'asse del water, con una mano si tiene lo stomaco mentre i conati sembrano aumentare sempre di più, non le lasciano nemmeno il tempo per un respiro tra uno e l'altro, mi avvicino, affiancandomi a lei e raccogliendole i boccoli riccioli in una mano, mentre con l'altra le reggo la testa.
"Perché stai qui Fili?" mi chiede, la fronte imperlata di sudore, il viso di un colorito cadaverico, - grigiastro tendente al verde - due segni violacei che le contornano gli occhi; ha la testa appoggiata al mio petto, mentre io tengo la schiena contro la parete per sorreggerla, finalmente la situazione sembra essersi un po' calmata. "Perché non vorrei essere da nessun'altra parte" le dico accarezzandole dolcemente un braccio e finendo per incastrare le sue dita alle mie.
"Vacci piano la prossima volta con l'alcol, che hai superato persino la volta in cui Lori ha sbocciato in villa al mare e, a parte aver vomitato in piscina, si è pure addormentato sulle sdraie e svegliato più di diciotto ore dopo." dico sorridendole per poi aggiungere "Bimba non lo reggi, c'è poco da fare...dovresti prendere lezioni dal Fanti" - anche se, quando alzi un po' il gomito, sei ancora più sexy del solito -
"Mamma mia se riesci a spostare un attimo il tuo immenso ego perché non riesco a respirare bene, mi manca un po' l'aria" risponde con il tono della voce lievemente stanco, voltandosi leggermente per incrociare i miei occhi e scuotere la testa, piegando la bocca in un sorriso. Io come se fosse un gesto naturale, butto la testa all'indietro per ridere, non ci penso e do un colpo abbastanza violento contro le piastrelle di ceramica del bagno, tanto che per un secondo rimango imbambolato e la parete trema. Pochi istanti dopo siamo entrambi in un vortice di risate, di quelle che ti levano persino il respiro, di quelle che ti fanno lacrimare gli occhi, quelle che ti fanno venire il mal di pancia. - quelle da cuore felice - "Sei così bello quando ridi" mi sussurra avvicinandosi lentamente a me e sfiorandomi le labbra con le sue dita, i suoi occhi fissi nei miei, - come se fossero nati per stare in contatto - ma il suono del campanello rovina tutto. La prendo in braccio, facendole allacciare le sue braccia dietro al mio collo e portandola fino a letto, la infilo sotto le coperte e gliele rimbocco "Torno subito" le sussurro lasciandole un bacio sulla fronte. "Fili, resti qui stanotte?" mi chiede mentre io sto uscendo dalla camera per andare a vedere chi sta continuando a suonare ripetutamente il campanello, - nonostante siano le cinque di domenica mattina - le sorrido mimandole un si con la testa e fermandomi a guardarla per un istante. - se potessi, rimarrei per sempre - Vado ad aprire la porta e mi ritrovo la figura di un Lorenzo stranamente sobrio e particolarmente inaspettato. "Che ci fai qui?" gli chiedo praticamente mentre siamo ancora sull'uscio di casa. "Non avevo voglia di tornare a casa e sono venuto a trovare i miei amichetti, che tra parentesi è già tanto non averli colti in flagrante" conclude ammiccando con lo sguardo - e io vorrei aggiungere che si, poteva evitare di far suonare quel cazzo di campanello, che a quest'ora le mie labbra potrebbero essere a danzare con quelle di Ludovica, che ha rovinato tutto -
Facciamo qualche chiacchiera tutti e tre insieme, mentre Ludovica beve la camomilla che le ho amorevolmente preparato qualche minuto fa, poi Lorenzo decide di andare a fumarsi una sigaretta in balcone e a farsi una doccia, - anche se potrebbe andare a farla comodamente a casa sua - mentre io torno a fare compagnia alla dolce ragazza mora che sto coccolando fino a farla addormentare.
"Ti ho rovinato la serata, anzi facciamo direttamente il fine settimana" mi dice facendo una smorfia da bambina tirando fuori leggermente il labbro inferiore e sbattendo gli occhi velocemente. "Te l'ho detto, non avrei voluto essere altrove se non qui accanto a te" le sussurro accarezzandole i capelli, con il mio mento appoggiato alla sua testa.
"Sono stanca Fili" mi dice lamentandosi ancora un po' per il dolore allo stomaco e sbadigliando appena.
Si è finalmente addormentata, il respiro ora è regolare e ha un lieve accenno di sorriso sulle labbra che la rende ancora più bella. "Tu sei bella sempre, non solo quando ridi" - e avrei voluto avere il coraggio di sussurrarglielo qualche minuto fa, sul pavimento di quel bagno, avrei voluto dirglielo che è bella sempre, è giusta sempre e che mi sembra così dannatamente complicato starle lontano -
La sensazione di tenerla stretta a me, con la sua testa incastrata nello spazio tra il mio collo e la mia spalla, così vicina, mi fa venire i brividi, mi fa sentire così felice che vorrei poter urlare fino a perdere la voce. Mi mancava terribilmente dormire insieme a lei, forse era una delle cose che mi erano mancate di più, poterla avere tutta per me, mischiare il suo profumo con il mio, il suo respiro al mio e per un attimo fregarmene della paranoie, di quella vocina fastidiosa che continua a sussurrarmi che non è la cosa giusta, smetterla di ragionare sempre e far vincere la parte irrazionale.
Lorenzo
Mi sono appisolato sul divano per qualche oretta, mi tiro su pieno di dolori in qualsiasi parte del corpo per le posizioni assunte durante questo simil coma vegetativo post festa alcolica insieme agli amici.
Mi dirigo verso la camera di Ludovica per vedere le sue condizioni dopo la sbornia di ieri sera, spingo giù la maniglia della porta, cerco di aprirla facendo il meno rumore possibile e, davanti ai miei occhi, si palesa una scena in grado di far intenerire anche un cuore di ghiaccio come il mio.
Ci sono Filippo e Ludovica abbracciati stretti stretti, la testa di lei sul petto di lui, il mento del mio amico appoggiato sopra i capelli della ragazza, le loro gambe incastrate sotto le lenzuola a fiorellini, la bocca di lei leggermente schiusa, quella di Filippo con un accenno di sorriso.
Sono belli, tanto belli e, per la seconda volta dopo mesi, mi sento sicuro, leggero, sereno; perché so che lei sarà sempre una costante nella vita del mio amico, perché il loro rimarrà per sempre un grande amore, nonostante tutto quello che potrà succedere non smetteranno mai di essere il posto felice dell'altro.
Decido di scattargli una foto, poco prima che gli occhi di Filippo inizino a stropicciarsi e le sue gambe a stiracchiarsi leggermente, cercando di fare il più piano possibile per non disturbare il sonno della ragazza al suo fianco. Appena mi vede accenna un sorriso, sussurrando in un bisbiglio "buongiorno" e mimando con le mani il bisogno impellente di una tazza di caffè in quantità illimitata.
"Allora Filo, con lei come va?" gli chiedo accendendomi una sigaretta e chiudendo gli occhi per godermi i raggi di sole caldi del balcone di Ludovica, in questa mattinata di un febbraio milanese.
"Non lo so Lori, mi sembra tutto un grandissimo casino. È come se ci attirassimo sempre come due calamite, ho una voglia matta di lei, te lo giuro.
Poi- boh - è come se con lei mi sentissi al sicuro, come se fossi invincibile, in grado di tenere il mondo in una mano. Insomma, forse sono arrivato ad avere una certezza: lei è l'amore della mia vita e niente potrà mai riuscire a separarci davvero, perché alla fine guarda siamo di nuovo qua, di nuovo noi, come se non fosse successo nulla" mi dice appoggiando la testa contro il muro e lasciandosi finalmente andare a quelle confidenze che aspettavo da giorni interi.
"Un po' come se foste legati da quel famoso filo rosso no? Che potrà sciuparsi, logorarsi, rovinarsi, addirittura sfilarsi un po', ma che non smetterà mai di tenervi insieme. Te l'ho detto dall'inizio, da sempre: il vostro è un grande amore e credimi che niente potrà mai mettere la parola fine." lo guardo e mentre pronuncio queste parole gli scappa un timido accenno di sorriso. "Non te l'ho mai detto, ma io e lei abbiamo continuato a vederci, a tenerci in contatto anche dopo la fine della vostra storia. È stata male, tanto quanto te. Vi ho visti soffrire a distanza, piangere tutte le lacrime che avevate in corpo, fino addirittura ad urlare dal dolore, ho visto i vostri sguardi pieni di tristezza e i vostri occhi spenti. Insomma, vi ho sopportato e supportato per tutto questo tempo e ti posso assicurare che non è stato semplice, che sentivo il vostro dolore sulla mia stessa pelle, che ci sono stati giorni che avrei voluto scomparire, sparire per un po' e riuscire a non pensarci, a non pensarvi, ma non sono mai riuscito a farlo, perché l'importante era avere la forza di restare.
Il vostro è un grande amore Filo, non siete fatti per stare separati, è vero hai fatto una cazzata, - forse anche più di una - però gli occhi di Ludo non mentono: quando incrocia i tuoi, brillano di una luce speciale. Non lasciate che quel filo si usuri fino a sfilarsi completamente, sistematelo insieme, perché solo così sarete felici." gli dico abbracciandolo e scompigliandogli leggermente il ciuffo di capelli. "Insomma Maria, smettila di fare il coglione e riconquistala!" concludo, cercando di smorzare quell'atmosfera tenera, tendente al romantico che si stava creando tra noi.
Ludovica
Mi sveglio e sento la testa scoppiare, le tempie mi pulsano forti contro le pareti, addirittura non riesco neanche a tenerla sul cuscino dal dolore fisso e persistente che mi batte come fosse un martello pneumatico.
La luce che filtra dalla finestra, mi infastidisce tanto che non riesco neanche a tenere gli occhi ben aperti; l'odore di caffè appena fatto che arriva dalla cucina, mi fa venire la nausea. - direi che questa domenica mattina, non sta partendo nel migliore dei modi - Mi alzo dal letto e un lieve giramento di testa mi fa cadere all'indietro buttando tutto il peso sul materasso, vedo il suo telefono appoggiato sul comodino, il giubbotto di pelle sulla sedia accanto alla scrivania, le scarpe al di sotto del termosifone e in un istante mi arrivano addosso tutti i ricordi della sera precedente, tutte le immagini si trasformano da ricordi sfocati a istantanee nitide e tutto questo mi fa accelerare in maniera smisurata il battito del cuore. - "quanto sei bello quando ridi", quelle occhiate durante la festa, il suo sorriso imbarazzato davanti ai miei comportamenti, quel mio "resti qui stanotte?" pronunciato con la paura che la sua risposta fosse un no, la camomilla delle sei del mattino per calmare il mio stomaco -
La mia mente continua a ripetermi che è tutto un grande sbaglio.
Un errore.
Un casino. - si ma stupendo giusto? -
Che soffrirò di nuovo, che non voglio più stare male, che ora lui è distante, abita praticamente in un altra città, che deve pensare alla musica, che deve rifarsi una vita, che se non è andata una volta significa che non è il nostro momento, che ci abbiamo provato, ma evidentemente non siamo destinati a stare insieme.
È tutto un casino, un errore, uno sbaglio.
Errore.
Sbaglio.
Casino.
Mi alzo e raggiungo i due ragazzi che stanno facendo colazione in balcone, le loro risate che riempiono il silenzio e per un attimo penso a quanto sia bello, a che rumore magnifico, a quanto desidero sentirlo per sempre come sottofondo nella mia vita.
"Buongiorno!" urla Lorenzo allungando di un tempo infinito la O finale e alzando sempre di più la voce, fino a farla diventare stridula quasi sgradevole, io socchiudo leggermente gli occhi tappandomi le orecchie con i palmi delle mani, prima di saltargli addosso e stringerlo in un forte abbraccio.
"Buongiorno am-" sussurra Filippo avvicinandosi alla mia figura. - gli stava sfuggendo una parola e questa cosa non può far altro che farmi sorridere - "ammazza finalmente ti sei svegliata" cerca di riprendersi schiarendosi la voce, mentre il nostro amico a stento trattiene una risata e lasciandomi poi un tenero bacio tra i capelli. - è tutto uno sbaglio, un errore. La mia coscienza continua a ripetere solo quelle parole, confondendomi persino i pensieri. -
"Io devo tornare a casa, Jolanda mi ha obbligato ad essere lì per il pranzo della domenica con i miei, appena finisco ti raggiungo così stiamo un po' insieme prima di tornare a Roma." mi dice infilandosi la giacca nera in pelle, con il telefono in una mano e l'immancabile pacchetto di camel blu nell'altra. "Forse è meglio di no Filippo, magari ci sentiamo in settimana." gli rispondo in tono freddo, sfuggendo anche al suo abbraccio e a quel bacio sulla guancia. Lui rimane impietrito, interdetto, quasi come se non se l'aspettasse, quasi dalla mia bocca fosse uscita una cosa assurda. - quasi non ci potesse credere -
Le chiacchiere infinite con Lorenzo, mi hanno sempre fatto bene. È l'unico che riesce a farmi ragionare e a farmi aprire la mente, mettendo da parte i miei dubbi e cancellando le mie insicurezze nel giro di qualche parola messa nel giusto modo. L'unico che riesce a placare il fiume di paranoie che mi colpisce in alcuni momenti, sistemando quel caos di pensieri e dandogli un senso.
"Mi ha appena mandato un messaggio, leggi cosa scrive" mi dice passandomi il suo telefono e facendomi vedere gli ultimi scambi di parole nella chat di whatsapp con Filippo.
E quel messaggio mi destabilizza subito: "mi manca e non ho il coraggio di dirglielo". Resto per qualche istante con le mani ferme a tenere il telefono, continuo a sospirare, mentre Lorenzo affianco a me sorride lievemente quasi questa situazione lo intenerisse. "Scusa, devo raggiungere una persona in stazione, ti lascio le chiavi, fai come se fossi a casa tua!" gli dico in una maniera talmente veloce da perdermi persino qualche lettera nel tragitto, prendo il telefono dal tavolo e in un nano secondo sono fuori dall'appartamento e sto mettendo in moto la mia macchina.
Parcheggio l'auto praticamente in mezzo alla strada, gli altri automobilisti mi suonano nervosamente il clacson urlandomi qualche insulto dal finestrino, la gente mi guarda quasi fossi una matta, ma io penso solo a correre.
Correre.
Correre da lui.
Il telefono mi vibra per l'arrivo di un messaggio, lo leggo velocemente mentre continuo a correre nel nastro delle scale mobili della stazione di Milano Centrale per trovare il binario 23 con il treno in partenza per Roma Termini. "Puoi trovare un motivo valido per il quale mi sta evitando?", undici parole in grado di cogliere perfettamente nel segno, come se mi conoscesse talmente bene da essere in grado di capire ogni mio gesto, ogni minima mossa, come se fosse in grado di tradurre persino le espressioni del viso o il silenzio.
Lo vedo lì: fermo su una delle panchine della stazione, in attesa dell'arrivo del treno che è appena stato annunciato dalla voce metallica pre-registrata, ha le cuffie nelle orecchie e tiene il telefono in mano. - come se aspettasse la mia risposta - Alza di poco lo sguardo, con la mano si libera dalla musica che gli invade le orecchie, apre leggermente le labbra, sta per parlare ma lo interrompo. "Si, si, ti sto evitando. Ti sto evitando perché questa mattina quando mi sono alzata, ho ricordato tutte le cose successe ieri sera. Ho ricordato di averti detto delle frasi, di me e te accoccolati sulle piastrelle del bagno, tra qualche risata e le classiche conseguenze del post sbornia, ho ricordato di questa notte passata a dormire abbracciata a te, della camomilla di ieri sera, mi sono svegliata con il colore dei tuoi occhi fisso in testa e un sorriso naturale tra le labbra. E si-" cerco di prendere fiato, perché sto parlando talmente veloce da non tirare nemmeno un respiro tra una parola e l'altra. "Si mi sono spaventata e ho deciso di evitarti. Potrà sembrarti una cazzata, anzi la è sicuramente, però il mio istinto continuava a ripetermi che tutto questo è un casino, che è tutto così dannatamente strano-" mi interrompe, sorridendo e scuotendo la testa, io lo fisso accennando un sorriso e guardandolo come a volergli dire "Che c'è?".
"Ludovica davvero? Cioè ma ti ascolti quando parli?" esclama sbarrando gli occhi con un'espressione stupita, quasi divertita, io di risposta abbasso lo sguardo perché non riesco a reggere il suo. "Sono stato benissimo ieri, ero felice come non mi sentivo da tempo. È una situazione strana, hai ragione, totalmente assurda, però io mi sento bene. Stanotte mi ha fatto piacere dormire con te, regalarti quelle attenzioni che avrei dovuto darti mesi fa, incontrare di nuovo i tuoi occhi e perdermici un po'. Mi fai ridere, ho passato l'intero pomeriggio a trovare un minimo dettaglio fuori posto, una frase, uno sguardo, un gesto che fosse stato sbagliato. Mi sono scervellato per trovare una cavolo di teoria valida e tu vieni qui a dirmi che è tutto strano, che ti sei lasciata sopraffare dalle troppe paranoie, che mi stavi evitando perché abbiamo dormito insieme...dovresti conoscermi abbastanza da sapere che non sarei mai voluto essere altrove se non lì con te, esattamente come ieri notte." Mentre ascolto queste parole, il sorriso sulle labbra aumenta sempre di più, il cuore accelera a tal punto il suo battito che, ad un certo momento, posso avere la certezza di averlo sentito chiaramente rivoltarsi su se stesso in una specie di capriola. Quanto potevo essere stupida? Quanto per arrivare ad allontanarmi da lui solo per qualche accenno di affetto? Quanto potevo fingere che quelle attenzioni non le bramassi da mesi? Addirittura fino ad arrivare a nascondere l'evidenza persino a me stessa. In un secondo, d'istinto, mi avvicino e lo abbraccio forte, fortissimo. Lui ricambia stringendomi maggiormente, schiacciando il mio corpo contro il suo, tanto da farmi mancare per un istante il respiro. Restiamo così, io con le mie braccia allacciate dietro il suo collo, lui che di tanto in tanto si attorciglia le punte dei miei riccioli tra le dita, per minuti che sembrano infiniti, con le persone che ci guardano e si ritrovano a pensare a quanto siamo innamorati, giovani e follemente innamorati.
"Te lo giuro, che quella con Giulia, è stata solo una scopata. Non è contata niente. Ho bisogno che tu lo capisca." mi dice sollevandomi con due dita il mento e facendo scontare i nostri sguardi, poi prende la valigia e sale sul treno intercity diretto verso la sua vita romana. Prende posto e io continuo a guardarlo da fuori, i suoi occhi al di là del finestrino mi sembrano ancora più belli e, per quanto sia possibile, sento già la sua mancanza.
Torno in macchina, per l'esattezza ho beccato pure una multa per aver parcheggiato praticamente in mezzo alla strada, ma il sorriso fa presto a tornarmi quando sento il trillo dell'arrivo di un messaggio.
Angolo autrice
Buon martedì a tutti, come state?
Eccomi tornata con un capitolo bello lungo e denso di eventi 😜 mamma mia oltre undici mila parole e sto quasi perdendo la vista...😂😂😂
Comunque il tour di Filippo è iniziato e sta andando alla grande, io tra 17 giorni sarò sotto quel palco e già mi batte il cuore ❤️
Voi cosa mi raccontate? Vi sta piacendo la storia? Fatemi sapere tutto, vi aspetto 🌹
Grazie per le visualizzazioni e per esserci sempre, un abbraccio!
~R. 🦋
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