Autogrill
Irama
Quella dannata lettera l'ho letta tutta d'un fiato, con il respiro affannato e il battito del cuore accelerato. - fin troppo - Poi sono crollato nel pavimento fresco della villa di Lorenzo, senza forze, esanime come se il mio corpo non volesse reagire.
Rabbia.
Delusione.
Tristezza.
Dolore.
Tanto di tutto. Una miscela delle sensazioni più brutte che ci esistono, tutte fisse sullo stomaco, pesanti come un tir carico di quintali di marmo.
'Ti amo, per sempre.' quelle parole continuano a risuonarmi in testa come la peggiore delle cantilene ed il respiro si spezza sempre di più. Non riesco nemmeno ad alzarmi, annientato ed esausto contro la parete di un muro di una casa, decisamente troppo densa di ricordi con lei. Ho avuto la forza solo di prendere il telefono e comporre il numero di Lorenzo. "Se ne è andata, Lori. -" così senza dargli nemmeno il tempo di rispondermi. Così perché lui mi conosce meglio di chiunque altro. "- Aiutami ti prego." ho aggiunto, con la voce spezzata dal pianto e dalla voglia di urlare che mi sale forte in gola. Il mio migliore amico che cerca di consolarmi, mentre io con un gesto butto giù la chiamata e abbandono il telefono vicino alle mie gambe. A terra, disteso su quelle piastrelle sempre più gelide. - nonostante il torrido caldo estivo -
Ho sentito lo stomaco bruciare, talmente tanto da farmi piegare in due dal dolore, mentre la bile sale in gola. Sempre più su, mischiandosi a quel grosso nodo che mi attanaglia le tonsille, tentando di togliermi il respiro in modo crudele. Che tossisco, cerco invano di calmarmi, di trovare un senso a questa mia reazione, ma non ce la faccio. - non ce la faccio proprio - Mi sento soffocare.
Vuoto, dannatamente vuoto.
Ma anche pieno di rabbia e voglia di spaccare il mondo.
Vorrei solo scomparire per un po'.
Partire e andare in un posto in cui nessuno mi conosce, in cui poter essere qualcun'altro per un po', in cui perdermi anche se difficilmente riuscirei a ritrovarmi. - senza di lei, ho perso un pezzo di me -
Ed è anche per tutti questi motivi che ho preso un aereo, cercando di dimenticare i pensieri al check-in dell'aeroporto e sono stato in Finlandia. A scrivere, a pensare, ma anche a cercare di dimenticare.
Che poi come potrei dimenticare quella che ha preso il mio cuore e l'ha reso un posto così accogliente? - che stupido nel fare certi pensieri -
Ho fatto le valigie in qualche ora, prenotato il primo volo ed insieme a Giulio siamo tornati a trovare i nostri vecchi amici finlandesi. E fa quasi ridere l'ironia di questo destino infame: l'anno scorso sono scappato qui dopo la rottura con Ludo, dopo la morte di Adri, i problemi con la mia famiglia e la casa discografica. Ho preso la mia vita e ci ho tirato una grossa riga sopra, di quelle spesse da pennarello indelebile. Ho scritto così tanto in quei giorni, che la mia testa sembrava non staccare mai. Mai un attimo di pausa, un respiro di sollievo, mai la sensazione di sentire un po' meno dolore. - un po' più di leggerezza - Così, sono tornato in Italia con un disco praticamente già scritto, senza nessuno che volesse pubblicarlo. Con il cuore ancora completamente spezzato, un'assenza che non sarà mai più presenza e la consapevolezza che l'amore non facesse per me.
Quest'anno invece mi sono ritrovato lì, in quegli stessi luoghi, perso tra gli stessi paesaggi con un sogno saldo tra le dita, un tour pieno di concerti da iniziare, con il ricordo di piazze che hanno cantato con me per tutta l'estate, la felicità di sentirmi finalmente realizzato sia come persona che come artista, ma il cuore ancora dannatamente vuoto.
Senza di lei.
Un'altra volta.
Qualche giorno fa ho deciso anche di aprire quella lettera che tenevo in tasca da settimane, quella che i miei genitori mi hanno consegnato con gli occhi lucidi quando sono stato a Monza con Ludovica, poco dopo la vincita del programma.
Ricordo che appena ho visto la busta avrei voluto urlare dal dolore, quella calligrafia mi riportava alla mente solo e soltanto una persona. - e sicuramente non ero pronto ad affrontare di nuovo quella tortura -
L'ho letta e riletta in una notte in cui la birra mi aveva spezzato in due lo stomaco e la testa avrebbe voluto volare altrove, in un'isola deserta per almeno un anno. Lontano da tutti e tutto, lasciandomi solo con i problemi ad attanagliarmi le membra, solo con la mia sofferenza.
Buio fuori e dentro me, solo una piccola luce sopra la mia testa e il fumo della sigaretta stretta saldamente tra le dita.
'Caro Filippo, quanto vorrei poter essere ancora lì con te per guardarti in quei tuoi occhi trasparenti o per accarezzarti i capelli, con la tua testa sul mio grembo, fino a farti addormentare come quando eri solo un innocente bambino. Ma se stai leggendo queste mie parole non sarà così, non preoccuparti non mi sento male e non ho quel presentimento di andarmene a breve, ma ho solo la grande esigenza di dirti qualcosa e lasciarlo a giacere in un cassetto per un po' di tempo. - con la speranza che potrà aiutarti a superare la mia assenza -
Sei sempre stato un ragazzo particolare, con quel tuo carattere schivo e paranoico, con quel tuo modo di fare all'apparenza freddo e scostante, con quella mania di tenere sotto controllo tutto, persino i sentimenti. Ricordo che fin da quando eri solo un bambino pieno di capelli biondi e con la pelle chiara come il latte, non ti confidavi con nessuno. Ti mettevi lì in un angolo in silenzio e non ti andava di parlare, mai. Hai sempre avuto il pudore dei sentimenti, come se esternali fosse una cosa negativa, come se farti vedere fragile ti facesse perdere qualche punto agli occhi degli altri. Sai come ti passava? Mi avvicinavo a te e iniziavo a farti battute che potessero farti sorridere, ma ancora niente...sempre stato un testardo. Allora con la classica pazienza delle nonne continuavo finché, promettendoti un pezzo di crostata ai frutti di bosco, mi sorridevi contento. E mi abbracciavi, non sai quanto mi stringevi forte con quelle tue piccole braccia e non volevi che mi allontanassi da te per nessuna ragione al mondo.
E così è stato sempre, ricordi Filo?
Passavi le estati qui, invitavi tutti i tuoi amici e da Monza vi trasferivate tutti da noi. La casa era sempre piena di adolescenti, di musica, di pizza e coca cola, di risate e purtroppo anche di mozziconi di sigarette. Quegli adolescenti sono poi cresciuti diventando grandi, ma l'abitudine di tornare dai nonni di Filo non è mai passata a nessuno.
Vi ho visti delusi dall'amore, esaltati dalla prima volta, ubriachi da far schifo, con le ginocchia sbucciate per le cadute in motorino, disperati per le fiancate delle macchine distrutte dalle prima guide, con una chitarra in mano e le voci unite in coro intonando una canzone di Vasco, a mangiare fino a sentivi male, a consolarvi per le botte della vita o a stappare insieme una bottiglia di champagne per ogni gioia, ma più di tutto vi ho visto ridere. Tanto. Quelle risate di cuore, che le sentivo dalla cucina e facevano sorridere anche me.
Vi ho visto bambini e un attimo dopo adulti, con un velo di barba, gli occhi sognanti, la vita tra le mani come fosse una pedina degli scacchi e aveste appena cominciato la partita più importante del millennio.
So che penserai che sono troppo vecchia per ricordarmi tutto questo, ma ti sbagli, ogni singolo dettaglio di ogni più piccolo momento è stampato nella mia mente e so che non se ne andrà mai. - per sempre -
Ricordo la telefonata di Lorenzo in piena notte, quando trafelato mi ha avvisato di quello che ti era appena successo, chiedendomi cosa fare perché non ne aveva idea. Con la voce rotta dalla paura, dalla rabbia, dal dolore come se il suo cuore fosse connesso in modo speciale al tuo ed avvertisse ogni tua più piccola emozione. Che essere fratelli significa proprio questo, sentire le emozioni dell'altro come fossero tue. E voi tre siete la rappresentazione che i legami di sangue non c'entrano niente quando si tratta d'amore, che l'esserci va oltre le distanze, le incomprensioni, i caratteri differenti. Avete sempre messo prima la vostra amicizia rispetto a voi stessi, vi siete fidati ed affidati gli uni agli altri come nel più bello dei legami...perché esserci significa restare, anche quando il mondo ti grida di andare.
Indispensabili l'uno per l'altro, no? È la più bella delle promesse, la vostra.
Lui e Alessandro ti hanno portato qui quella notte e quando vi ho aperto la porta, ho sentito solo l'istinto di abbracciarti forte. Fino a non lasciarti più andare, proprio come facevi tu da bambino con me. E in un attimo sei crollato tra le mie braccia, ti sei accucciato a terra ed hai iniziato a urlare, a piangere e urlare contemporaneamente. Urlavi, urlavi, urlavi così forte che sembrava quasi ti stessero strappando gli organi a mani nude e fossi così piccolo da non poterti difendere. E dentro di me il mio cuore si apriva in metà, che se avessi potuto mi sarei fatta carico io del tuo stesso dolore, mettendomelo tutto sulle spalle e soffrendo al posto tuo, sapendo benissimo che quella volta un pezzo di crostata ai frutti di bosco non avrebbe risolto nulla.
Eri cresciuto e con te anche i tuoi problemi.
All'alba mi hai raccontato tutto, d'un fiato, tutto quello che non mi avevi detto in quei mesi, tutto quello che ti eri tenuto dentro per paura che qualcuno potesse farvi del male, per timore che quell'amore potesse finire nel peggiore dei modi. - ucciso da mani crudeli -
Solo a me e a nessun altro, con Lorenzo ed Alessandro che ti guardavano con degli occhi così colmi d'amore che avrei voluto farteli notare, con le mie mani unite alle tue e la mia prima sigaretta fumata in tua compagnia. - che me l'hai sempre detto scherzando e quella volta l'ho capito per davvero: distende i nervi, almeno per quei tre miseri minuti -
Da quel preciso momento il nostro rapporto si è intensificato ancora di più, come se quell'avvenimento orribile avesse unito i nostri cuori in una maniera indissolubile. - per sempre, come la durata del nostro abbraccio -
Poi è arrivata la musica: il tuo grande amore, il faro che ha dato un senso a tutte quelle sofferenze, quella luce che ti ha illuminato il cammino, portandoti a scoprire la tua vera strada. Da quel parchetto di Monza tra qualche cantata con gli amici sei arrivato al palco di Sanremo, da lì un disco tutto tuo, persone che cantavano felici le tue canzoni, l'incontro folgorante con Giulio ed il premio per 'Tornerai da me'...come dimenticare quella notte magica...ti ho chiamato ad un orario illegale, qualche ora prima dell'alba, ma sapevo che prima avresti avuto certamente di meglio da fare. Ricordo ancora le tue parole, le ho ben fisse in mente proprio ora, come se fossi qui davanti a me e me le stessi dicendo: prometto che presto ti regalerò un biglietto per il mio concerto. Appena hai chiuso la chiamata sono scoppiata in lacrime, come se mi avessi appena sussurrato la promessa più bella che potessi farmi. E qui te lo voglio scrivere, così che tu riesca a tenerlo ben a mente, che so che a volte sei talmente duro con te stesso che dimentichi tutto, che credi di non essere mai abbastanza per gli altri. Sono orgogliosa di te, proprio che il mio cuore scoppia nel petto solo a pensarti su un palco. Un palco tutto tuo, solo dedicato alla tua bellissima voce e al tuo immenso talento. Non so se il buon Dio mi concederà mai la fortuna di vederti, se ci sarò ancora quando succederà, ma sappi che sono sicura ci arriverai. Ne sono certa, Filo. Sei una persona meravigliosa, dal cuore pieno di cose belle e le tue canzoni parlano di te e della tua storia in un modo così intenso che arriveranno presto al cuore delle altre persone e lo toccheranno come delicate carezze. Non sarà semplice arrivarci amore mio, per nulla, ma ce la farai perché basta guardarti dritto negli occhi per capire che meriti che i tuoi sogni diventino la più bella delle realtà. E sappi che anche se sarò altrove, se non mi troverai accanto a te o dietro alle quinte di un palco, ci sarò comunque. Basterà guardare il cielo, le nuvole cambiare colore, alzare lo sguardo verso l'alto o semplicemente sentire il tuo battito che cambia ritmo...ecco io sarò lì, ad un millimetro dal tuo fragile cuore. Pronta a sostenerti, a fare il tifo per te, ad urlare il tuo nome, a vederti brillare come la più luminosa delle stelle, a fissare il tuo sorriso sincero pensando che non ho mai visto niente di più bello, a vederti finalmente su quel palco che ti ha tolto tanto in questi anni, ma che ti restituirà tutto ciò che meriti.
Accanto a te o persa tra le nuvole non fa differenza, ci sarò.
Oltre ai tuoi due fedeli compagni di avventure Lorenzo ed Alessandro, la tua vita è stata stravolta anche dall'amore. Ludovica, arrivata per caso in una notte di fine estate come uno di quei lampi che squarciano il cielo sereno, come un qualcosa che non ti aspettavi ma che in realtà era proprio quello di cui avevi bisogno. Te la ricordi la telefonata di quella mattina eh? Era appena l'alba, ma tanto sapevi che mi avresti trovata già sveglia. Avevi scritto una canzone, così di getto, dopo mesi che nessuno poteva nemmeno nominare la parola musica in tua presenza ed io mi ero chiesta curiosa cosa ti avesse fatto scattare quella molla nel cervello. Dopo pochi minuti mi hai raccontato tutto ed lo ricordo per filo e per segno, ogni più piccolo dettaglio: da quel plaid che vi ha fatto rompere il ghiaccio, alla ciambella mangiata in fretta durante una passeggiata in riva al mare, dalle risate spontanee come se vi conosceste da sempre alla voglia di baciarla subito, senza aspettare, con la tua solita smania di aver tutto immediatamente.
Sei sempre stato uno schivo, uno che preferiva ascoltare anziché parlare di se, ma quando hai conosciuto lei sei cambiato radicalmente. Anche se a volte tenevi le cose per te, riuscivo a capirlo dal tuo sorriso, dalle tue chiamate più frequenti, da quella voglia di vivere che era tornata a farsi spazio nei tuoi occhi, che lei ti faceva stare bene, che era la tua boccata d'aria fresca dopo una vita passata in apnea.
Ricordo ancora la prima volta che siete venuti qui a pranzo: lei tutta imbarazzata, a disagio e tu con gli occhi colmi d'amore. Eravate bellissimi perché non smettevate un attimo di cercarvi con lo sguardo, lei cercava in te quel dettaglio al sapore di casa e tu cercavi lei quasi non riuscissi a farne a meno. Poco dopo pranzo eravamo in cucina io e lei a fare quei classici discorsi da donne e rimasi sorpresa dalla sua maturità, dal carattere dannatamente simile al tuo e dalla luce che assumevano i suoi occhi quando parlava di te; ad un certo punto sei arrivato tu e appena entrato come prima cosa hai guardato lei...ricordo di aver pensato "Filippo si è innamorato davvero"...e le volte a seguire me l'hanno solo confermato.
E da quel giorno ne avete passate tante, sempre mano nella mano, uno la spalla dell'altra, occhi negli occhi e i cuori collegati. Assieme a lei è tornata anche la voglia di fare musica e quel primo Sanremo tanto sognato, ricordo ancora le emozioni di quei giorni, dei provini aspettandoti nel backstage o la prima volta che mi hai fatto ascoltare 'Cosa resterà'. Poi il tuo primo disco pieno di parole forti, talmente tanto da spezzare il fiato e far commuovere anche una vecchietta come me e quell'estate magica piena di piazze che cantavano con te, per te. Poi man mano purtroppo hai iniziato a spegnerti e l'ho notato, anche se me lo sono tenuta per me e ho preferito aspettare fossi tu a parlarmene. Ma come al solito il tuo orgoglio non te l'ha permesso. Sei finito in un abisso, uno di quelli che ti spremono e risucchiano ogni briciolo di felicità senza ritegno, hai cercato di finirci da solo, hai provato in tutti i modi ad allontanarti da noi, senza portarti dietro nessuno; ma devi sapere che quando sei amato è inevitabile che il tuo dolore sia anche quello degli altri. E così quel buco nero ha trascinato con se anche il vostro amore, spezzandolo come un fragile ramo, spegnendo l'unica luce in grado di condurti in una strada sicura. È vero non siete stati in grado di farcela nonostante tutto e per ora ha vinto lui; fagli vincere questa partita, ma non l'intero gioco, non glielo permettere. Sei sempre stato uno dal carattere tosto, pieno di obiettivi, di sogni, non hai mai avuto paura di sentire male, di cadere...anche questa volta rialzati più forte di prima, sì forse pieno di ferite, botte, graffi ma non mollare. Mai. Non lasciare che tutto ti scivoli tra le dita come sabbia finissima, combatti per ciò che ami, per chi ami perché non sarà mai tempo sprecato amore mio. Perché la vita a tratti è bastarda, ci prova a farti crollare, riserva sempre qualche duro colpo, deve insegnarti che la felicità ed il dolore sono due sentimenti che viaggiano paralleli. E che non possiamo essere felici se non abbiamo conosciuto il dolore. Ma tu hai coraggio da vendere, la puoi sfidare, puoi combattere, anzi devi farlo. Devi ricordarle che anche se proverà con tutte le sue forze a colorare tutto di nero, tu hai l'arcobaleno dentro. Quindi riprenditi la tua musica, le tue canzoni, la voglia di arrivare dritto al cuore delle persone, poi vai da Ludovica e parlate, urlatevi contro, litigate fino a perdere la voce, fate l'amore, baciatevi e innamoratevi di nuovo.
Un po' come se fosse la prima volta.
Il vostro è un amore raro te l'ho sempre detto, è dalla prima volta che vi ho visti insieme che ho capito che lei è la tua metà della mela, quella persona che cerchi tutta la vita per trovare un senso a questa esistenza, la metà bella del cielo quella colorata e senza nuvole, la metà del cuore che senza non sapresti vivere e ti limiteresti solo a sopravvivere in una vita che non ti appartiene.
Uno di quegli amori che ti brillano gli occhi a raccontare, quelli di cui hai sempre sentito parlare ma hai avuto paura di incontrare,
quello che farà tanto bene da non riuscirlo nemmeno a spiegare, che ti chiederanno cosa significa per te e sarà così tante cose che ti limiterai a dire 'la amo',
quello che ti completa, che il suo cuore è il tuo, le sue mani accarezzano la tua anima, sole e luna che si specchiano, occhi che si riflettono e complicità,
che sai che è arrivata la persona giusta, quella a cui puoi raccontare tutto, anche quello che ti fa morire dentro, quei tagli che ti spezzano le viscere, quelle ferite che non cicatrizzeranno mai ma che troveranno un po' di pace, che si sa che le carezze fatte sui graffi si sentono di più,
uno di quelli che hai sempre invidiato per strada, nelle coppie che si guardavano felici e complici, mano nella mano, con la voglia di spogliarsi con gli occhi e baciarsi fino a perdere il respiro,
quello che ti fa sentire giusto, libero, che ti fa aprire il cuore per la prima volta.
E se si parla di amore vero, si parla sicuramente di voi.
L'ho visto nei suoi gesti, nel modo di accarezzarti le guance, nella tenerezza dei suoi baci, nel modo di guardarti negli occhi e farti crollare tutte le certezze. L'ho visto nel modo di cercarvi quando avete paura, quando siete felici, tristi, arrabbiati, delusi, gioiosi o pieni di pensieri come se quelle emozioni andassero condivise per non perderne nemmeno un briciolo. L'ho sentito nel tono della tua voce, quando quella notte a casa mia mi hai confessato di voler creare una famiglia ed io ho pianto assieme a te, con la tua testa sulla mia spalla e un misto di immagini meravigliose nella mia mente. L'ho letto nei suoi messaggi preoccupati in piena notte, quando non sapeva dove sbattere la testa ed i pensieri erano tutti negativi. L'ho visto quando ho incrociato i suoi occhi colmi di lacrime dopo la tua esibizione a Sanremo, con le pupille riempite di orgoglio e soddisfazione nel vederti finalmente realizzare i tuoi sogni. L'ho notato parlando con Lorenzo, quando al solo sentire nominare tu e Ludovica gli veniva spontaneo sorridere come un ebete, che lo sai che la tua felicità sarà sempre la sua e viceversa. L'ho percepito appena siete entrati in questa casa, mano nella mano e tu prima di salutarmi ti sei voltato verso di lei per rassicurarla e farla sentire a suo agio...una ventata d'amore, ecco cosa eravate.
Ma forse più di tutti, l'ho letto nella purezza dei tuoi occhi e sai che quelli non mentono mai.
Sto rileggendo quello che ti ho scritto, una di quelle classiche lettere sconclusionate da nonna romantica e tremendamente smielata, ma sai che quando si tratta di te non posso farne a meno.
Ti auguro di essere felice amore mio, felice e basta, senza paranoie, insicurezze, tristezza, dolore...felice, che è tanto semplice no?
Ti auguro di splendere come una stella nel cielo nero, di brillare con quella luce negli occhi solo tua, che addirittura cambiano colore, si tonalizzano passando dal verde al celeste, dal ghiaccio al giada, dal mare al cielo,
di sorridere davanti ad uno stadio pieno di persone lì per te, di emozionarti nel sentirli gridare il tuo nome e le tue canzoni a squarciagola, con le torce dei telefonini a far da sfondo alla tua voce,
di sentire l'ansia corroderti lo stomaco prima di un'esibizione importante, le gambe che tremano e la voglia di scappare altrove, che il mondo attorno gira ma allo stesso tempo non ti è mai sembrato un posto tanto bello,
di dare retta a Lorenzo ed iscriverti ai casting di Amici, che magari quella coppa potresti alzarla tu un giorno di questi e avere finalmente la seconda chance che meriti,
di sentire il cuore correre all'impazzata, la sensazione di toccare il cielo con un dito, di avere i brividi sulla pelle o gocce di gioia negli occhi,
ti auguro di crescere con accanto gli amici di sempre, quelli che non se ne sono mai andati, che non ti hanno mai voltato le spalle perché restare era più importante di qualsiasi altra cosa,
di andare ai concerti, cantare, ballare, saltare e sentire l'anima leggera come una piuma, che ne hai tanto bisogno e voglio saperti sereno,
di poter realizzare ogni tuo sogno, da quelli più piccoli a quelli grandi e maestosi, pure quelli impossibili, senza la paura o il timore che qualcosa possa andare male,
ti auguro di volare alto, sempre con le tue fedeli piume alle orecchie, ma per farlo ricorda che prima devi imparare cosa significa cadere e toccare il fondo, raschiando la felicità,
di non mollare mai di fronte agli ostacoli, di essere sempre più caparbio di chi ti dirà che non ce la farai, di non credere a chi ti darà del montato, del prepotente, del buono a nulla, di reagire alle critiche e rialzarti più forte di prima,
di provare l'emozione di diventare padre, prendere in braccio per la prima volta quel piccolo fagottino e pensare che la tua vita inizia da lì, da lui, da te e Ludovica uniti in un bacio che ha il sapore dell'amore vero,
ti auguro che la vita ti sorrida, sempre.
Non so fin quando potrò accompagnarti nel tuo viaggio, se ci sarò il giorno che raggiungerai questi obiettivi, ma ti basti sapere che non avrei mai desiderato avere un nipote diverso da te.
Tu che sei la mia piccola soddisfazione, il ragazzo che saprà sempre mettermi di buonumore, colui che ho visto crescere e diventare un uomo e che mi ha regalato le emozioni più belle della mia vita.
Sei il mio orgoglio Pippo, non dimenticarlo mai.
La tua nonna sarà sempre con te, ovunque.
Tra il fumo delle nostre sigarette condivise in gran segreto, i colori delle nuvole che ci divertivamo a guardare con il naso all'insù quando eri un bambino, nella mia cucina che profumerà per sempre di te arrampicato su una sedia per rubare con un pezzetto di pane un po' di sugo, nei testi delle tue canzoni che assomigliano tanto alle poesie, ma con un pizzico di magia in più, negli occhi di Ludovica ogni volta che la guarderai, tanto lo so che io e lei abbiamo esattamente lo stesso modo di fare, nello sguardo di Lorenzo o in quello di Alessandro e in quel modo tutto vostro che avete di capirvi, sul fondo di quelle bottiglie di birra che vi berrete insieme in una delle vostre pazze serate....in questi piccoli dettagli ed in milioni di altri, lo sai.
Mi troverai ovunque, ti voglio bene amore mio.
La tua nonna'
Ho una strana sensazione dentro, come se avessi voglia di piangere e gridare forte ma, allo stesso tempo, è come se questa lettera mi avesse tolto tutte le forze. - annientato dal dolore: ecco come mi sento - La desolazione per la sua perdita rimarrà sempre lì, come il rimpianto più grande della mia vita a giacere come un macigno sul cuore, non dandomi modo di poter voltare pagina. Ed io vorrei riuscirci, vorrei avere il coraggio per chiudere il libro dei nostri ricordi, sorridere per ciò che abbiamo vissuto insieme e poterle dire addio una volta per tutte. - lasciando che si porti via con se anche il male cane che sento al cuore -
Ma la sua è una di quelle assenze che sentirai per sempre, che ti doneranno la sensazione di annegare ad ogni movimento, con l'acqua che ti arriva alla bocca ed il respiro che manca sempre di più. Uno di quei dolori che puoi solo restare a guardare, quasi fossi uno spettatore esterno, che tanto non si può cambiare più nulla, che ormai è successo, che sono così e basta. Ma non vuol dire che non facciano male.
Un male atroce.
Ludovica
"Cosa cazzo hai detto?" sento la voce di Lorenzo che urla, interrompendo me e la mia amica. Sono a casa di Francesca da qualche ora, con un vuoto nello stomaco che non mi fa respirare e la voglia solo di piangere.
Appena tornate dalla breve vacanza in Grecia, ho ripreso l'ennesimo aereo e sono partita di nuovo per Londra, la mia macchina fotografica al collo ed una nuova campagna di moda mi attendevano con ansia. Anche se i problemi ultimamente sembrano seguirmi come predatori feroci, in cerca di carne fresca e succulenta. La prima sera a Corfù mi si è avvicinato un tipo in discoteca ed io, ubriaca fradicia e con il cuore completamente a pezzi, l'ho baciato. Fregandomene di tutto, cercando di dimenticare tutto. L'antica tecnica del chiodo schiaccia chiodo, che malauguratamente non ha mai funzionato con nessuno. Qualche ora dopo, mentre io ero in preda ai peggiori sensi di colpa seduta in un marciapiede, una foto di me e di questo ragazzo inglese era già arrivata tra le mani di Filippo. La sua reazione è stato un semplice messaggio, uno di quelli talmente essenziali da essere dolorosi come una coltellata ai polmoni.
'Hai fatto presto a dimenticarmi, mi hai voltato le spalle un'altra volta. Esattamente come un anno fa...'
Un bacio, un bacio durato forse dieci miseri secondi, un maledetto bacio in grado di porre la parola fine a tutto. Più dei litigi, delle urla, delle parole pesanti, delle cose rinfacciate, delle offese. E la cosa peggiore è che io ho immaginato solo Filippo che si sveglia e si ritrova questa foto, così dal nulla, con il cuore già distrutto da sé e la rabbia soffocata sotto chili e chili di delusione. L'ho immaginato e continuo a farlo così chiaramente che vorrei solo poter tornare indietro e cancellare tutto, avere il potere per evitare l'ennesima cazzata e rovinare ancora una volta ciò che c'era tra noi.
Da quel giorno ho la costante sensazione che Filippo non faccia più - o peggio ancora non voglia far più - parte del mio presente, ma sia solo un pezzo del mio passato. Tutti i giorni, fino ad oggi.
"Vuoi abbassare la voce?" chiede per l'ennesima volta Francesca rivolgendosi a Lorenzo, mentre io fisso la parete davanti a me. Inerme. Ferma quasi avessi paura persino di muovermi e dovermi sorbire la sua reazione infuriata.
Ho pensato tanto se tornare in Italia o meno, ma ieri notte quando ho videochiamato Francesca e Letizia praticamente in lacrime, ho deciso fosse la scelta migliore per me, per lui, per. - Dio, non riesco nemmeno ad immaginarlo - Mi sono rifugiata qui da lei qualche ora fa, Leti è via qualche giorno per lavoro e noi due siamo abbandonate a noi stesse. Senza sapere bene cosa fare, come dirlo o come comportarmi se tutto ciò fosse realtà. Abbiamo passato le ultime due ore a piangere insieme come due sceme sul divano di casa, io accoccolata sul suo grembo e lei che accarezzava i miei capelli per tranquillizzarmi. Così, semplicemente in silenzio, che le parole sembravano persino troppo superflue. - cercando un modo per sfuggire da quegli attimi - Ma l'arrivo di Lorenzo ha decisamente reso tutto più complicato.
"Ludo, me ne puoi parlare?" mi chiede calmandosi un po' e mettendosi seduto accanto a me. Io mi limito solo a voltarmi verso di lui e a guardarlo negli occhi, per poi scoppiare a piangere incastrando la mia testa nell'incavo del suo collo. "Non adesso. Non adesso." continuo a ripetere mentre i singhiozzi mi scuotono il corpo e la mia mente non stacca la spina nemmeno per un istante. - sola - Sola, mi sento dannatamente sola. Nonostante ci siano due delle persone più importanti per me, qui, pronte a sostenermi, non riesco a non desiderare di vedere qualcun altro. "Filippo lo deve sapere." mi sussurra il mio amico, mentre io mi distacco da lui di colpo e continuo a scuotere la testa accennando un no deciso. "Ludo, se fosse vero deve saperlo. Ha il diritto di saperlo. Sai cosa -" si interrompe perché il telefono inizia a squillare, ma lui lo silenzia all'istante. " - Non fare la bambina." dice duro, mentre si accende una sigaretta e si avvicina alla finestra per fumare. "Ma che cazzo vuoi, eh? Me lo dici che cazzo vuoi?" gli chiedo nervosa, mentre mi raccolgo i capelli in uno chignon disordinato. "Voglio che chiami Filippo e gliene parli subito" continua, fisso sul suo pensiero. "Non ce la faccio, non ora" gli confesso con un tono di voce spezzato dal pianto. "No beh potresti aspettare...magari fin quando non si -" si interrompe di nuovo per il cellulare che ricomincia a vibrare. "Lorenzo, smettila" lo supplico, socchiudendo gli occhi per un istante e massaggiandomi le tempie con la punta delle dita. "Sai cosa cazzo ha passato anni fa, non puoi tenerlo all'oscuro di tutto. Lo sai meglio di me, anzi la tua stupida coscienza lo sa meglio di me." continua a infilare il dito nella piaga, come se se ne stesse fregando del dolore che mi infligge ad ogni parola. "Lorenzo, ti vuoi dare una calmata?" gli chiede fredda Francesca, mentre poggia la sua mano dietro alla mia schiena e mi accarezza. "No. No, cazzo. Non mi calmo perché ho ancora un briciolo di sale in zucca e so solo che il mio migliore amico si merita di saperlo. Punto." aggiunge lui poco dopo, mentre le mie tempie battono così forte che ho solo voglia di vomitare. "Devi sempre metterti tra noi, mi hai rotto il cazzo. Giudichi, giudichi, insegni come dovremmo comportarci, ci consideri due immaturi...ma che cazzo ne vuoi sapere tu della nostra vita?" gli sputo in faccia tutta la mia rabbia, anche se so che dovrei prendermela solo con me stessa. - ma è più facile addossare tutto sugli altri -
"Cosa ne so io? So che siete due coglioni, due idioti che non fanno altro che rincorrersi, che nascondersi le cose, che amarsi fino a consumarsi, che privarsi dei sentimenti perché vi piace farvi del male. Cazzo - in questi anni vi ho sostenuto, sono stato al vostro fianco quando avrei dovuto solo mandarvi a fanculo, mi sono preso carico del vostro dolore quasi fosse mio e tu mi ripaghi così? Tenendomi fuori da una cosa così grande? -" aspira un po' del fumo di quella che sarà la terza sigaretta, da quando ha messo piede qui dentro. "Ludo stai scherzando?" mi chiede arrabbiato, che neanche riesce a stare fermo, che le mani continuano a scompigliare il ciuffo di capelli corvini come se non sapessero dove altro stare. "Non ti devo - porca puttana, non ti devo niente. Né a te, né a Filippo. È la mia vita, decido io cosa fare." esclamo fingendomi decisa, anche se vorrei solo capisse che ho bisogno di un abbraccio. - voglio concedermi il lusso di sentirmi fragile -
"Potresti essere incinta di Filippo, te ne rendi conto?" mi chiede, questa volta più con calma. - come se sapesse esattamente dove colpirmi per farmi crollare - Io scuoto la testa e scoppio di nuovo a piangere, appoggiandomi esausta al tavolo di cucina. Lui si avvicina a me e mi avvolge in un abbraccio, uno di quelli che un po' ti riaggiustano il cuore. - casa -
"Sai cosa mi fa incazzare di te? Che sei spaventosamente identica a Filippo. Fingete di essere forti, duri, di poter affrontare tutto da soli; poi un attimo dopo crollate in mille pezzi." mi sussurra, lasciandomi un tenero bacio tra i capelli. - basta solo conoscerci a fondo, guardarci negli occhi in quel modo speciale -
"Ho paura, Lori. Ho solo tanta paura." gli confesso stringendomi a lui. "Di cosa? Della reazione di Filippo? -" io annuisco, asciugandomi le lacrime con le dita. "- Filippo sarebbe la persona più felice del mondo, lo sai. -" sussurra, mentre un sorriso mi si stampa spontaneamente in viso al solo pensiero. "- Ti devo raccontare una cosa -" mi dice, poco prima di interrompersi per rispondere all'ennesima fastidiosa chiamata. Lo vedo sbiancare in un istante, mentre continua a ripetere si, per poi finire con un ok distratto. "Filippo è qui sotto, sta salendo." mi dice, spostando lo sguardo da me a Francesca in preda al panico. "Non lo voglio vedere Lori, ti prego." lo supplico, mentre lui mi guarda teneramente. "Vai in bagno, tranquilla. Cerco di fare il più presto possibile." dice di fretta, mentre il campanello suona e sento la sua voce graffiata al di là della porta.
Irama
Lorenzo mi apre la porta dopo un po' di minuti, con un sorriso finto e un imbarazzo talmente evidente da tagliarsi con il coltello. Gli chiedo se va tutto bene, ma lui cambia subito discorso chiedendomi a sua volta del viaggio di ritorno. "Ti devo parlare." gli dico serio, mentre mi accendo una delle mie camel blu. "Io vado a farmi una doccia, vi lascio soli." ci sorride Francesca, lanciando un'occhiata strana al mio migliore amico. - mi stanno nascondendo qualcosa e non sono per niente bravi a farlo -
"Ho aperto quella lettera." gli dico semplicemente, buttando fuori tutta la tensione assieme alla nuvola di fumo grigio. "Filo..." sussurra, sedendosi accanto a me e aspettando la mia reazione. "Non lo so Lori, è stato strano. Ho - cazzo, ho sentito il cuore spezzarsi completamente a metà...esattamente come il giorno in cui ho dovuto dirle addio..." dico con la voce spezzata. - di nuovo - Sono giorni che vado avanti così, giorni che cerco di nascondermi per scoppiare in un pianto liberatorio, giorni che sfogo le mie emozioni su un foglio di carta pieno di parole e scarabocchi d'inchiostro blu, giorni che mi sembra di essere stato catapultato indietro nel tempo a circa un anno fa, giorni che vorrei avere la possibilità di sentirmi debole e sprofondare in un abbraccio, giorni che vorrei solo chiudermi nel posto più angusto che ci sia ed urlare.
Urlare.
Urlare.
Lorenzo mi guarda senza dire niente, che forse guardandomi gli mancano persino le parole giuste per consolarmi, oppure sa benissimo che non servirebbe a niente. Spengo la sigaretta nel posacenere di ceramica, per poi porgergli la lettera in mano e fissarlo dritto negli occhi. - leggila, vorrei dirgli ma resto in silenzio - Lui capisce all'istante, si alza in piedi appoggiandosi alla parete della finestra ed inizia a scorrere con gli occhi tra quelle parole. Gli attimi che seguono sono solo riempiti dal silenzio, quello più vuoto e assoluto, spezzato di tanto in tanto da qualche singhiozzo di Lorenzo o dal rumore dell'acqua che scorre in bagno.
Ci sono momenti in cui le lacrime del mio amico mi fanno così male che quasi mi commuovo anch'io, che sento i miei occhi riempirsi di lacrime salate al sapore di ricordi e cerco di reprimerle con tutto me stesso per non crollare di nuovo. - non ce la faccio più - Arriva all'ultima parte della lettera e lì crolla definitivamente, non riesce nemmeno a stare in piedi e si accascia a terra senza forze, sconfitto da un dolore che trafiggerà entrambi per sempre. Appena finisce di leggere resta per un po' fermo sul pavimento, con lo sguardo fisso e perso nel vuoto della stanza, mentre una mano stringe ancora forte quel foglio di carta ormai ingiallito. Mi alzo dal divano e mi siedo per terra accanto a lui, poi tempo pochi secondi ci abbracciamo quasi in contemporanea, quasi sapessimo che forse è l'unico modo per trovare una cura a quel dolore allucinante. - che lui è Lorenzo e non ho vergogna a mostrarmi fragile -
"Grazie" gli dico con una semplicità tale, che vedo i suoi occhi commuoversi ancora. Lui di riposta mi abbraccia di nuovo, stringendomi un po' di più, ancora di più. - grazie amico mio - Restiamo per un po' così, finché il trillo di un messaggio nel suo telefono non ci interrompe. "Ludovica l'hai sentita?" gli chiedo, mentre lui preoccupato digita qualche parola in fretta sullo schermo. "Ludo - si, Ludo era - era qui poco fa" mi confessa guardandomi dritto negli occhi. "È qui a Milano?" gli chiedo confuso, mentre il cuore mi batte forte nel petto. - mi manca il respiro - Vedo Lorenzo in difficoltà, come se volesse confessarmi qualcosa ma non sapesse come fare. - o non potesse farlo -
"Ha - cazzo, ha un po' di problemi ultimamente...dovreste parlare." mi dice serio, alzandosi e iniziando a camminare su e giù per la stanza. "Non la chiamerò, lo sai. Perché non mi cerca lei?" chiedo con una punta di orgoglio, forse troppo pronunciata. "Porca puttana quanto vi odio quando fate così...cosa ti costa chiamarla? Eh? Lo fai per quel cazzo di bacio paparazzato in Grecia?" Lorenzo è infuriato, che così adirato l'ho visto davvero raramente ed è come se non ce la facesse più a reggere quel peso da solo. "Non - fanculo, non me ne frega un cazzo di quel bacio. So che l'ha fatto solo per cercare di dimenticare, esattamente come ho fatto io con Giulia l'anno scorso. -" gli dico e noto il mio amico tirare finalmente un respiro di sollievo. "- Lori, perché è a Milano? Non era in programma tutto ciò, dovrebbe essere a Londra..." la mia voce sta assumendo un tono particolarmente preoccupato e non riesco nemmeno più a nasconderlo. Mi accendo quella che sarà la quarta o quinta sigaretta da quando sono entrato in casa di Francesca, ma questa volta la nicotina non placa la tensione, anzi al contrario la confusione dentro me sembra aumentare sempre di più. "Ha un -" si interrompe, toccandosi nervosamente la testa con le mani. "- Non posso parlartene io, Filo. Dammi ascolto una buona volta e chiamala, al più presto." mi prega, che quasi sembra una supplica. Io lo guardo confuso, mentre il mio respiro accelera allo stesso ritmo del mio cuore e vorrei solo porre fine a tutto questo, riuscire a staccare quella dannata spina del cervello per qualche minuto. - ho una fottuta paura -
Non parliamo più per un po', mentre l'acqua nel bagno scorre ancora e la cosa inizia a puzzarmi un po' troppo. "Domani notte parto, vado a scrivere il disco con Giulio." gli dico, mentre lui mi guarda annuendo. Inquieto, angosciato, tormentato, nervoso, ecco com'è in questo momento e tutto quel misto di sensazioni orribili glielo posso leggere negli occhi. - parlamene, non tenerti tutto dentro -
"Lo so" aggiunge semplicemente, poco prima che lo saluti e prenda le mie cose. "Ti raggiungo la prossima settimana" mi dice lui, cercando di sorridere ma proprio non ci riesce. - esattamente come me -
C'è un metodo per mettere da parte orgoglio, paranoie, paure e chiamarla?
Ludovica
Francesca dopo appena qualche minuto mi raggiunge in bagno e senza dire nulla si siede accanto a me, mentre appoggio la mia testa sulla sua spalla e mi lascio coccolare un po'. Quell'atmosfera di tranquillità dura il tempo di qualche minuto, finché non sento la voce di Filippo pronunciare il mio nome, con quel tono spento e deluso che mi squarta l'anima in metà. - in frantumi, ecco come mi sento - Mi accorgo che Lorenzo è palesemente in difficoltà e mi sento una nullità, vorrei poter scomparire all'istante, anzi non essere mai capitata nelle loro vite. - forse, sarebbe stato meglio per tutti - Il mio amico non sa come rispondere e prego che non si lasci scappare nulla, prego che si cucia la bocca perché Filippo non deve sapere, ma allo stesso tempo imploro il cielo che gli confessi tutto, che la porta in legno di questo dannato bagno si apra e riveli la figura di Filippo.
Filippo.
Filippo.
Filippo è nella stanza accanto ed io qui come una cogliona rannicchiata nel pavimento, a piangere talmente tanto che Francesca è costretta ad aprire l'acqua per evitare di farci scoprire. - non riesco a respirare - L'aria attorno a me si fa soffocante, insopportabile, sempre più opprimente, lo spazio mi sembra piccolo, ogni istante dannatamente più piccolo e ristretto. - senza via di fuga -
Sto tremando, come se il mio corpo fosse preda di una crisi e non riuscisse più a controllarsi, quel nodo alla gola si ingrossa sempre di più ed il respiro non passa ma si blocca a metà e la testa gira. Sento le orecchie che fischiano forte, quasi avessi un martello pneumatico piantato nel cervello che rischia di far scoppiare le tempie da un momento all'altro. Il sangue mi pompa forte nelle arterie, dentro alle vene ed il ritmo del cuore non accenna a diminuire - non respiro -
"Ludo. Ludo. Ludo." sento la voce di Francesca urlare, preoccupata da questa mia reazione. Forse mi scuote persino, ma non sono in grado di accorgermene. Lo stomaco si contorce su se stesso, come se qualcuno mi stesse strappando con forza le viscere. - non ce la faccio - Sento la bile salirmi in gola, mischiarsi con il nodo che sento nella trachea e togliermi il respiro di più. Ancora di più. - senza pietà - Che ho l'affanno, tremo, sto sudando e non riesco a pensare ad altro che a lui e a tutto ciò che ci stiamo facendo. - male, solo tanto male -
Il mondo attorno si fa sempre più sbiadito, mentre la stanza inizia a girare ad una velocità tale che quasi i miei occhi si ruotano su se stessi "Aiuto" continuo a ripetere, mentre il respiro aumenta e diminuisce a scatti e le lacrime mi bagnano ormai l'intero viso. Ho la bocca secca, la gola secca, nemmeno più un misero briciolo di saliva e non riesco a parlare. - aiuto - Francesca cerca di rintracciare Lorenzo nell'altra stanza, ma purtroppo il suo messaggio porta solo scarsi risultati e quindi inizia a piangere anche lei che non sa che fare, che creo sempre e solo problemi.
- Ho un ritardo - Ecco cosa vorrei dirgli e ci provo anche a mettermi in piedi per farlo, per riuscire ad aprire quella dannata porta, ma le gambe mi cedono subito e mi ritrovo spalmata sul pavimento, con il viso spiaccicato contro le piastrelle gelide. Nero, per un istante tutto intorno a me diventa nero, mentre il fischio dentro il mio timpano aumenta e la vista si offusca completamente. "Filippo, aiutami." ma niente, nessuno mi sente, la mia voce è talmente flebile che a stento riesco a sentirmi io stessa. "Ludo, vieni qui." mi sussurra la mia amica in preda al panico, mentre delicatamente mi fa poggiare la schiena contro la parete. Gli acidi amari dello stomaco li percepisco fissi in gola assieme a quel nodo che non accenna a diminuire, ma che ormai ha bloccato il respiro a metà. A metà. - esattamente come mi sento in questo momento: spezzata a metà -
"Chiamalo, ti prego" la supplico, ma lei non mi da ascolto si limita a prendere il telefono e richiamare ancora Lorenzo.
Filippo.
Filippo.
Filippo.
Continuo a ripetere solo il suo nome, quasi perso in un sussurro di voce, con la speranza che quella porta si apra davvero, che lui possa sentirmi, che venga qui a curarmi da questo dolore lancinante.
Ma nulla.
"Ho un ritardo, Fil." - semplice, no? - dico sottovoce tra le lacrime, ma non riesco più a trattenermi. Lo urlo con tutta la forza che mi ritrovo in corpo, con la bile che sale su in gola e mi spezza a metà l'anima. Lorenzo spalanca la porta preoccupato e si avventa su di me che sono a quattro zampe sul pavimento scossa dai peggiori conati di vomito della mia vita. - non ce la faccio -
"Cazzo!" urla lui, cercando di farmi respirare ma nemmeno gli do ascolto. Sento la sua voce lontana, mentre vomito tutto quello che trattengo dentro su quel pavimento e non riesco nemmeno a muovermi dal dolore che sento fisso allo stomaco. - Filippo -
"Dovevi chiamarmi, porca puttana! Dovevi irrompere di là e chiamarci!" continua ad urlare lui verso Francesca, che a tratti non respira per la paura che ha. "Non sapevo cosa fare" risponde semplicemente. "Ludo. Ludo, sono qui. Ci sono io, calmati" aggiunge lui avvicinandosi a me. - ci sei tu. È vero, ma Filippo non c'è -
Acidi amari che mi corrodono le vie quasi fossero veleno, le lacrime che si mischiano al sudore e le emozioni che spariscono dal mio corpo. "Inspira ed espira, Ludo." è la voce di Lorenzo, che siede accanto a me preoccupato. - non respiro - Sento il mio cuore diminuire i battiti di colpo, cerco di trovare aria ma sembra che in questa stanza non ce ne sia abbastanza; vado praticamente in apnea anche se per fortuna Lorenzo se ne accorge quasi subito ed inizia a scuotermi. "Ludo, cazzo respira!" ma la sua voce resta distante, quasi fosse in un'altra stanza o io in un altro pianeta.
Resto piegata in due, completamente, con una mano sullo stomaco che mi brucia per gli sforzi e il corpo senza forze. Francesca continua a piangere in preda ad una crisi isterica, mentre io osservo il mio amico con uno sguardo che ha il profumo delle scuse, della gratitudine e del bisogno di aiuto. Lui si avvicina a me, fregandosene della pozza di vomito nella quale sono immersa e mi abbraccia, stringendomi forte a se. "Ho bisogno di lui" gli dico con la voce spezzata, che addirittura sento la gola in fiamme da quanto l'ho sforzata. "Stai tranquilla, ora respira" mi risponde lui, aiutandomi a spostarmi e facendomi appoggiare la testa sul suo grembo. - grazie - Un'altra volta gli devo la vita, perché se non fosse arrivato lui il mondo sarebbe rimasto terribilmente nero.
Qualche ora dopo sono sdraiata sul letto matrimoniale in camera di Francesca, accanto a me c'è Lorenzo che guarda svogliatamente un po' di televisione mentre mi accarezza teneramente. La mia amica invece è in cucina intenta a preparare le crêpes, così da provare a farmi mettere qualcosa nello stomaco. La suoneria del mio cellulare interrompe la tranquillità e appena leggo il nome sul display la tachicardia aumenta di nuovo. "Rispondi. Fai un bel respiro e vai" mi dice tranquillo Lorenzo, mentre io provo ad accennare un sorriso. - che più spento di così non si può -
"Filippo" rispondo semplicemente, dall'altra parte un sospiro pesante. "Ciao -" mi dice lui, che l'imbarazzo tra noi è così pesante da mettere i brividi. "- come stai?" mi chiede con un tono di voce preoccupato. - male, sto davvero di merda -
"Credo che tu lo sappia perfettamente" gli dico senza tanti giri di parole, che i nostri cuori sono così connessi da sentirsi dentro. "Perché sei a Milano?" domanda nervoso. - anche se risulta più un perché non mi hai detto di essere a Milano? - "Dovevo staccare un po' la spina. Poi - sì, insomma ci sono delle cose di cui dovremmo parlare." - non può finire tutto così -
"Hai ragione, ma io domani ho un evento e poi parto per il Salento...vado a finire il disco." mi dice ed il pugno che mi arriva nello stomaco fa malissimo. - lo so, ti ho sentito prima -
"Hai scritto tanto ultimamente..." faccio la vaga, che tanto so già che con questa telefonata non arriveremo da nessuna parte. "Si, di noi" confessa in un soffio, quasi avesse timore della mia reazione e gli mancasse sempre il coraggio. "Ah" rimango stupita, disarmata come al solito. "Lascio l'appartamento a Milano. Mi hanno offerto di lavorare stabilmente a Londra e penso sia il caso di accettare" gli dico, cruda e dritta come non riesco mai ad essere con lui. - non farmi prendere questa decisione. La mia vita è qui, tu sei qui. -
"È per questo che sei qui - insomma a Milano?" mi chiede, battendo ancora una volta sull'argomento. "No" mi limito a dirgli. - 'Ho un ritardo, Fil' ma le parole muoiono in gola, uccise da quella stupida paura -
"Ho bisogno di vederti..." mi sussurra, mentre lo sento respirare come a cercare di calmarsi. - che questa tensione sta uccidendo entrambi -
"Anche io, devo parlarti seriamente"
"Raggiungimi in Salento, ci prendiamo un po' di tempo per noi" mi chiede, ma io non cedo. - orgoglio bastardo - "Raggiungimi tu a Londra, non ti rincorrerò di nuovo Filippo" gli dico fermamente, mentre Lorenzo mi lancia un'occhiata quasi assassina e mi prega di farla finita. "Ludo, ti prego..." mi supplica Filippo dall'altra parte del telefono. - finiamola -
"Non lo so..." gli rispondo, anche se il mio cuore vorrebbe correre da lui e dimenticare tutto in un secondo. "Dove sei?" gli chiedo teneramente. "A Monza, nel vialetto di casa mia, in macchina da ore intere..." mi confessa distrutto, mentre io sospiro pesantemente. "Perché deve sempre essere tutto così difficile?" gli chiedo, ma avrei voluto che questa domanda restasse silenziosa, persa nelle cavità della mia testa, dentro di me. "Siamo noi che lo rendiamo tale..." mormora Filippo dall'altra parte del telefono. - già - Ed io approfitto degli istanti di silenzio assoluto per maledirmi per essere sempre così complicata, contorta, cervellotica. - scusa -
"Mia mamma sarà già uscita dieci volte, per poi rientrare in casa senza dirmi una parola" dice interrompendo i miei pensieri, che mi sembra quasi di poter vedere la sua bocca piegarsi in un dolce sorriso. "Quanto è dolce...l'ho sentita qualche giorno fa. Mi manca casa tua, sai?" sussurro d'un fiato. - mi manchi tu - "A me manchi tu..." risponde lui l'istante dopo senza nemmeno pensarci troppo, così dal cuore. Con quella purezza e schiettezza che lo contraddistinguono da sempre, due delle doti che mi hanno fatto innamorare perdutamente di lui. Gli occhi si riempiono di lacrime in un tempo così breve che proprio non riesco a trattenerle, che vorrei fosse qui per sprofondare in un suo abbraccio. "Perché sei sempre così testarda? Resti ferma in quel punto e non ti smuovi per nessuna ragione al mondo" dice lui con un'aria sconfitta, delusa ed un tono arrabbiato. "Mi dispiace per quel bacio. Solo che - cazzo, ero ubriaca e non capivo più nulla. Mi si è avvicinato - boh - Dio, il bacio peggiore della mia vita. Non avrei dovuto farlo, non - non avresti dovuto saperlo così...mi -" inizio a parlare a vanvera, come quando sono in preda al panico e qualsiasi cosa che dico o penso si trasforma in una stupidata di poco conto. - dispiace -
"Lo so. Non me ne frega niente di quello stupido bacio, assolutamente niente. Non sai nemmeno quanto mi sono incazzato quando ho visto quella foto, quando appena sveglio mi sono ritrovato quella dannatissima paparazzata su Instagram. Ma poi - poi c'erano tutti i tuoi messaggi di scuse, i vocali dove piangevi e mi chiedevi perdono, in cui mi spiegavi come era andata e ancora i whatsapp di Lori, di Francesca...boh - mi è venuto da sorridere. Ho sentito la tua voce biascicante per il troppo alcol in circolo e ho pensato solo a quanto sarebbe stato bello essere lì per baciarti - Dio, le tue labbra al sapore di vodka, rum, birra o qualsiasi altra cosa. Chissene frega di quel bacio, a me importa di come stai tu" mi confessa, mentre boccheggio e cerco di dirgli tutta la verità. - non ce la faccio -
"È così strano parlarti al telefono, sono abituata a farlo guardandoti negli occhi ma - ma adesso mi sembra impossibile riuscirci" anche se le lacrime tradiscono la mia voce sicura. "Lo so, hai bisogno di un po' di tempo" che tanto mi conosce meglio di quanto io conosca me stessa, sa quali sono le mie debolezze, sa starmi vicino anche se lontano chilometri. "Questa volta te lo dico io: non tirarmi fuori dalla tua vita, ti prego" sussurra esausto. - la nostra vita -
"Vai in casa che è tardi, sei stanco e va a finire che Patty si preoccupa..." concludo io cercando di porre fine alla chiamata, che il mio cuore non regge più. "Ci sentiamo, si?" mi chiede, mentre io rispondo affermativamente. "Ciao amore" lo saluto. "Buonanotte Lulù" dice lui prima di chiudere la chiamata.
Resto per un po' con il telefono tra le mani, guardando dritto davanti a me e vedendoci solo il vuoto. Poi scoppio a piangere e rifugio la testa sotto al cuscino, sperando che i problemi si dissolvano come una nuvola di fumo e smettano di opprimermi l'anima ormai in frantumi.
"Cosa significa che vai stabilmente a vivere a Londra?" mi chiede arrabbiato Lorenzo, mentre si alza e nervosamente accende una sigaretta. "Non so ancora cosa fare, ma per ora è così. Mi hanno assunto definitivamente e il tutto si amplierebbe anche a New York, non potrei rimanere qui" gli dico seria, mentre cerco di bere un po' di succo di frutta a piccoli sorsi. "Solo perché hai litigato con Filippo, davvero?" mi chiede ironico, mentre scuote la testa. "Si Lorenzo, si. Ho litigato con Filippo, ho la dannata paura che niente potrà tornare più come prima e voglio scappare. Posso?" chiedo nervosa, mentre mi accendo una sigaretta e nascondo dietro a quel fumo tutte le mie insicurezze. "No, non puoi. E se aspettassi un bambino?" mi guarda e sa benissimo come mettermi in difficoltà. - un figlio tutto mio e suo -
"Cambierebbero le cose" sputo secca, voltandomi dall'altra parte per non guardarlo. "Hai paura della reazione di Filippo?" mi chiede ancora, questa volta più dolcemente. Io annuisco, per poi spegnere la mia sigaretta e cercare un punto da fissare per evitare di scoppiare in lacrime. - un'altra volta - Lorenzo si avvicina a me e mi porge il suo telefono, la chat di Instagram con Filippo è aperta e mi prega di leggerla. Vedo la storia che ho pubblicato qualche giorno fa di lui e Celeste e appena sotto la loro conversazione.
Prove generali bro?
Credo proprio di sì
Sempre il solito coglione, ancora sveglio? O meglio già sveglio?
Non sto scherzando Lori, ci sto pensando sul serio.
Hai bevuto, Filo?
Cazzo
Puoi essere serio una volta?
Abbiamo dormito tutta la notte con una bambina in mezzo a noi, le nostre mani intrecciate sopra i cuscini
Celeste prima di addormentarsi mi ha fatto pure piangere...cioè commuovere...vabbè insomma mi ha detto che vorrebbe avere un papà come me ed io sono crollato.
Non lo so bro, mi sembra di essere davvero felice e so che avere un figlio con lei mi cambierebbe la vita...
La renderebbe boh più
Completa, speciale
Esatto
Filo, mi sembra così strano sentirti fare questi discorsi
So che la ami, talmente tanto che non riesci nemmeno a dimostrarlo
Ma ti giuro che non avrei mai pensato che saresti arrivato al pensiero di diventare padre
Io ti conosco meglio di quanto tu conosca te stesso e so che tutto questo ti riporta con la mente a quei momenti, a quella notte...
Sei sicuro?
Quelle ferite non se ne andranno mai, Lori. Lo sai.
Però devo riuscire a superare quel dolore, ad andare avanti, oltre.
Ecco, con lei, penso di poterci riuscire
Insomma non te la immagini anche tu una piccoletta con tantissimi capelli in testa, le sue labbra, il suo sorriso
Che ne so...magari i miei occhi
Basta che non abbia il tuo naso
Stronzo 🖕🏼
Me la immagino fin troppo bene
Anzi mi immagino te fin troppo bene, è quello che mi spaventa
Grazie coglione, di tutto
Non aver paura di rischiare
Ti vedo davvero felice per la prima volta in vita tua
Torna a dormire zio Lori
Zio Lori
Mi piace zio Lori 💕💘💖
Non parlo per un po', anche se i miei occhi sono in grado di farlo da sé, talmente lucidi da sembrare cascate in alta montagna. "Lori..." dico semplicemente, con la voce che esce in un sussurro spezzato completamente a metà. Lui mi attira verso di se e lascia che allacci le mie braccia dietro al suo collo e lo abbracci forte. Che lui mi stringe ed io lo stringo, in uno di quegli abbracci che sa darmi solo lui, uno di quelli in cui mi perdo e un po' mi ritrovo. - famiglia, casa, amore -
Francesca mi ha obbligata a dormire da lei, mentre Lorenzo è tornato a casa sua a Monza perché domani ha l'ultimo evento con Filippo, prima che parta per il Salento. È notte fonda ma la voglia di dormire non c'è, continuo a girarmi e rigirarmi nel letto con quell'ansia che non mi lascia in pace e mi fa battere forte il cuore nel petto, così forte da arrivare persino in gola. Quando vedo lo schermo del telefono illuminarsi e un messaggio chilometrico riempirlo per intero, leggo il nome e quasi non mi prende un infarto. - paura -
'Odio queste serate malinconiche in cui non ci sei ed io non riesco a fare a meno di pensarti, scrivo per il disco e penso a te, provo a chiudere gli occhi ma ci sei solo tu. Arriva la sera ed io sento l'esigenza di aprirti il cuore, di girarmi e vederti sdraiata accanto a me, con la testa sul cuscino.
Ma stasera non ci sei e mi manchi...
Mi manca sentirti tra le pieghe delle labbra, nella mia bocca, sulla lingua. Te e la tua pelle, il profumo dei tuoi capelli, le tue mani, le tue gambe, i tuoi respiri, i tuoi sorrisi, la tua voce, gli orgasmi soffocati con un bacio. Che mi piaceva così tanto tenere il tuo sapore in bocca tutto il giorno, mi ricordava che dovevo tornare da te ed io ne voglio ancora...ti voglio ancora.
E credimi, io non lo so cos'è l'amore.
Ho sentito che fa male, distrugge, fa a pezzi tutto,
che alle persone fa paura, che crea i brividi, che chiude lo stomaco,
che ti fa crollare le cose che hai costruito in anni ed anni, che butta giù le certezze quasi fossero castelli di carte e addirittura spezza il respiro,
che ti rende instabile, fragile, insicuro, che si fa spazio nel tuo cuore e non puoi controllarlo.
Ho sentito che ti cambia, ti rende una persona migliore, da un senso a quelle cose che proprio non capisci, che apre il cuore a nuove emozioni,
che ti fa sentire uno stupido perché sorridi e basta, che ti fa venire voglia di averne ancora e ancora e ancora, ti fa sentire leggero e libero.
L'ho scritto in una canzone anni fa...'non siamo fatti per restare soli' ed io solo non so più stare, sarà che forse l'amore della mia vita l'ho trovato e così mi sento spezzato a metà, come se mi avessero tagliato un braccio o una gamba e dovessi imparare di nuovo a fare le cose più banali.
Ecco senza di te mi sento proprio così: svuotato.
Non so cosa devi dirmi, di cosa devi parlarmi e perché ti fa così tanta paura allentare la presa e aprirmi il tuo cuore, però ti prego di non tenermi fuori da ciò che ti succede, non escludermi.
Fa troppo male.
Chiamami sarò sempre il tuo rifugio, anche se sei nei guai, se non sai come uscirne, se non sai come dirmelo, se hai voglia di scappare lontano o solo bisogno di un po' di pace nella tua isola deserta. Chiamami amore mio, ti lascio l'indirizzo della casa in Salento...raggiungimi.
'Mi prenderò io cura di te'...Sono il tuo posto sicuro...lo sai'
Filippo
Siamo in van da ore intere, sarà che la testa è altrove, che non ho praticamente chiuso occhio, che oggi fa un caldo asfissiante, ma non riesco proprio a stare fermo. - tutto mi sembra piccolo, troppo piccolo - Le macchine davanti a noi iniziano a rallentare per un probabile incidente in autostrada e lì i miei nervi si tendono ancora di più. - è tardissimo - Dovrei essere a fare il soundcheck tra circa quaranta minuti, ma la consapevolezza di non fare a tempo ad arrivare in orario mi fa perdere completamente il controllo. "Cazzo Filippo, vuoi stare fermo?" mi chiede nervoso Rombo, mentre si sposta nel sedile davanti e lascia che Lorenzo si sieda accanto a me. Il mio migliore amico da ieri è strano, distante, sempre attaccato a quel maledetto cellulare. Non fa battute, non parla, insomma non è il solito Lori, con il cappuccio della felpa tirato su e gli occhi bassi. Apro per qualche minuto il portellone del van, che tanto siamo fermi in colonna e almeno faccio circolare un po' d'aria. - costretto, ecco come mi sento - Volto lo sguardo sulla mia destra e abbasso gli occhi sulla chat del telefono di Lorenzo - non dovevo farlo -
'Hai fatto il test?' scrive lui, mentre lei risponde con un 'Non ancora' seguito da tanti puntini di sospensione. "Cosa cazzo vuol dire?" urlo all'improvviso, mentre gli rubo il telefono dalle mani e lo faccio volare con un colpo nei sedili davanti. "Filo, io...-" ma non lo lascio nemmeno finire di parlare, scendo dal van e lo trascino con me prendendolo per la felpa. Il suo sguardo parla da solo, se possibile mi chiederebbe scusa in tutte le lingue del mondo. - ma tanto non basterebbe -
Cerco furiosamente il suo nome in rubrica, lo digito e resto in attesa. - cazzo - Tuuuu. Niente. Tuuuu. Niente di niente. Terzo, quarto, quinto squillo. Nulla. Inizio a chiamarla senza sosta mentre cammino avanti ed indietro, sfiorando il guardrail di un'autostrada rovente in un giorno di agosto.
"Filo, forse è meglio che ne par -" prova a sussurrare Lorenzo ed io alzo semplicemente gli occhi, rivolgendogli uno sguardo colmo di disgusto e ribrezzo. "Zitto, devi solo stare zitto" gli vomito addosso, con un disprezzo tale da far venire i brividi persino a me. Dieci chiamate ed il nulla più totale. - sento freddo - cerco invano di recuperare un po' di fiato e continuare a chiamarla, mentre all'interno del van nero tutti mi guardano allibiti, con le facce sconvolte e un alone di silenzio assoluto attorno. Sento qualcuno che accetta la chiamata dall'altra parte, ma non parla. "Ti prego Ludo, ascoltami" le dico soltanto, ma lei butta immediatamente giù la chiamata in mezzo ai singhiozzi.
Ludo
Ludo
Ludo
Continuo a ripetere nervosamente, prima di lanciare il telefono su uno dei sedili e sferrare un forte pugno contro la fiancata del van, talmente forte da modificare persino la carrozzeria e farmi urlare dal dolore. Poi mi accascio a terra sconfitto, con la testa appoggiata alla parte metallica del guardrail e una mano che quasi mi scoppia, che perde sangue dalle nocche e che si sta facendo sempre più viola. Me la porto al petto, stringendola forte con gli occhi chiusi per il dolore e Rombo che passa a Lorenzo il ghiaccio istantaneo per darmi un po' di sollievo. "Fanculo!" urlo sbattendoglielo in faccia con rabbia. Dopo pochi secondi l'autista ci richiama per farci salire e proseguire il viaggio, visto che la coda sta avanzando. In van però l'atmosfera è gelida, talmente fredda da far rabbrividire, i nervi sono tesi e a fior di pelle e l'unico rumore che si sente è il sottofondo di qualche radio mischiata ai nostri respiri. Io e Lorenzo non ci guardiamo neanche, gli ho voltato la schiena appena siamo saliti e lui ha fatto la stessa cosa, guardando fuori dal finestrino annoiato. Andrea chiede di potersi fermare al primo autogrill per una sosta, "Magari vi prendete una boccata d'aria veloce ed io scendo a comprare i Baiocchi" dice poco prima che il van si fermi nello stallo per il parcheggio, così da farci scendere per una breve pausa. - non riesco a pensare ad altro -
Prendo il telefono un'altra volta e provo a richiamare Ludovica ma ancora niente, le mando un messaggio ma noto che ha deciso di bloccarmi temporaneamente. "Vaffanculo!" urlo in preda alla rabbia, tirando il telefono a terra e vedendo lo schermo frantumarsi in mille pezzi. - un po' come il mio cuore - Il mio amico si china per raccogliermelo e passarmelo, ma io do un colpo secco al suo braccio e mi allontano. "Filo - Filo - Filippo!" grida rincorrendomi, per poi prendermi per un braccio e farmi fermare a pochi centimetri da lui. "Io - davvero -" lo interrompo subito, che non voglio ascoltare nemmeno una delle cazzate che si sta per inventare, tentando di proteggerla. - di proteggersi -
"Da quanto lo sai?" gli chiedo duro, fumando la mia sigaretta. - o per meglio dire consumandola con smania fino al filtro -
"Non -" lo interrompo ancora. "Ti ho fatto una cazzo di domanda: da quanto lo sai?" gli chiedo ancora, freddo e diretto. - che mi accorgo di non aver mai provato così tanta rabbia nei suoi confronti - "Ieri. Lo so da ieri." risponde lui, abbassando la testa in segno di scuse. "Te l'ha detto prima che arrivassi io?" un'altra domanda, questa volta più morbida o forse semplicemente con un tono più deluso. "Si. Ma l'ho scoperto per caso, - sì insomma, ne stava parlando con Francesca ed io sono piombato in casa all'improvviso..." sussurra dispiaciuto. E sono deluso, arrabbiato, sconfitto, ho paura, vorrei prenderlo a pugni o forse vorrei fare un incontro di boxe con me stesso; ma allo stesso tempo mi fa ancora più male trattarlo così, sapere che mio fratello mi ha tradito e mi ha nascosto una verità così importante. "Cosa sai?" domande su domande, domande che aumentano i miei interrogativi ed il mio cervello che corre e non si ferma mai, nemmeno per un insignificante istante. "Niente. Non so niente, te lo giuro Filo." mi dice, quasi la voce gli si spezza e crolla davanti ai miei occhi. "Non mi hai detto un cazzo. Come hai anche solo potuto pensare di nascondermi una cosa del genere? Come?" urlo in preda alla disperazione, con una mano tra i capelli e nell'altra l'ennesima sigaretta. "Filippo è la sua vita, porca puttana. Ho discusso anche con lei, ma non mi ha voluto dare ascolto. Cosa cazzo posso fare io? Sono tre fottutissimi anni che mi trovo in mezzo ai vostri casini..." dice stanco, mentre Andrea esce dall'autogrill e sale in van senza dire una parola. - potrei diventare padre -
"No, cazzo. No. Non è la sua vita, potrebbe essere anche parte della mia!" urlo sempre più forte, tanto che la gola è in fiamme. - un figlio, cazzo -
"Ma è una sua decisione se dirtelo o no" ripete Lorenzo con un tono di voce più pacato. "Pensavo che fossi mio amico, anzi mio fratello..." sussurro deluso, mentre butto a terra il mozzicone di sigaretta e lo spengo con la suola dei miei anfibi. "Sei serio Filo?" chiede Lorenzo, con la faccia sconvolta di chi non riesce a credere alle parole appena udite. "Tu - cazzo, tu sai cosa è successo anni fa...Tu sai quanto ho sofferto, quanto quella ferita non riesca a cicatrizzarsi ed ora che la vita potrebbe donarmi un'altra occasione mi tieni all'oscuro di tutto" anche la mia voce si sta spezzando, ma io cerco di schiarirmi la gola perché non voglio rendermi ridicolo di fronte a lui. - orgoglio bastardo -
"Lo so, non potrei mai dimenticarmelo..."
"Invece sembra che tu l'abbia fatto..." mormoro, appoggiandomi stanco alla fiancata del van di colore nero. "Ha fatto il test?" gli chiedo, ma lui scuote la testa in segno di negazione. "Filo....-" prova a parlare, ma si interrompe subito. "Potrebbe essere davvero incinta" dico, quasi fosse un pensiero tra me e me. Ripenso a me e lei, dopo aver fatto l'amore, a me e lei che potremmo aver creato una cosa così meravigliosa,
con un sorriso da deficiente stampato sulla faccia ed il cuore che mi batte all'impazzata al solo pensiero. - quasi tocco il cielo con un dito - "Ieri quando sei arrivato a casa di Francesca, Ludo - Ludo era nascosta nel bagno" le parole escono a fatica dalla sua bocca, ma allo stesso tempo il più veloce possibile come se si volesse alleggerire di un peso. "Cosa cazzo significa che era in quel bagno?" chiedo infuriato, con le vene che mi pulsano forte contro le pareti della pelle. "Quando mi hai chiamato dicendo che eri sotto casa, lei è andata nel panico e l'abbiamo nascosta lì perché non voleva vederti..." mi sussurra il mio amico, mentre sento il mio cuore frantumarsi in un milione di fragili pezzettini. "Lei era lì e non me l'hai detto? Sapevi già del ritardo?" gli chiedo ancora. - ti prego dimmi di no -
"Si" risponde lui abbattuto. "E mi hai fatto tutti quei tuoi cazzo di discorsi filosofici sul perché avrei dovuto mettere da parte il mio orgoglio, mentre lei era a un metro da me? Mentre io ero in preda alle paranoie chiedendomi perché fosse a Milano? Sapendo benissimo che potrebbe essere incinta di mio figlio?" urlo, urlo talmente forte che anche Andrea ci guarda in preda al panico senza sapere se intervenire o meno. "Sei un pezzo di merda, mi fai schifo" gli vomito addosso parole come se volessi ferirlo, fargli sentire lo stesso dolore che sento io in questo momento. "Si è sentita male..." sussurra ancora, mentre io mi volto di scatto verso di lui e lo guardo confuso. "Cosa cazzo dici? Ti devo tirare fuori le cose con le pinze o pensi di spiegarmi?" addosso ho un mix strano di emozioni, sensazioni, paure ed inquietudini. "Ha avuto un attacco di panico. Francesca non sapeva cosa fare, ma non ha avuto il coraggio di interromperci così è rimasta da sola con lei. Quando te ne sei andato sono piombato nel bagno ed era quasi senza respiro, non so tipo - tipo in apnea. Ho avuto paura..." mi confessa, con il respiro accelerato e gli occhi lucidi come se rivivesse quegli istanti. "Porca puttana!" urlo fortissimo, tirando con tutte le mie forze un calcio ad un sasso e facendogli fare un volo lunghissimo. "Ha solo paura. -" sussurra. "- paura che tu non voglia avere un figlio, se mai tutto questo fosse realtà." aggiunge poco dopo. "Come può pensare una cosa del genere?" chiedo a me stesso, che quasi la mia testa rischia di esplodere, impazzire, perdere il controllo. "Le ho fatto leggere la nostra vecchia conversazione, quella dove parlavi di Celeste e della voglia di fare una famiglia" mi dice. - grazie - Lo guardo fisso negli occhi, con un'intensità in grado di gelare il mondo attorno, ma quel dannato grazie non arriva mai.
Cosa fare? Cosa fare? Cosa fare?
La mia testa ripete solo quelle due parole, quel punto interrogativo che resta fermo lì e non si schioda ed il mio cuore che vorrebbe uscire dal petto per poter urlare forte 'non ce la faccio più'.
"Avresti potuto chiamarmi, sarei venuto lì in cinque minuti." gli dico con la voce spezzata. "Avrei potuto..." ribatte lui senza aggiungere altro, che le sue scuse riecheggiano già nell'aria calda di agosto. "Ma non l'hai fatto" un botta risposta secco, come solo le delusioni sanno essere. "Scusa" sussurra, annientato dalla tristezza. "Non me ne frega un cazzo delle tue scuse Lorenzo, mi hai voltato le spalle" sussurro deluso, con un velo di malinconia negli occhi. "Filo, io -" si interrompe, cercando di deglutire ma non riesce a continuare. "Dobbiamo andare" la voce di Andrea che ci richiama e che da un taglio definitivo alla nostra discussione. "Non avresti dovuto. Non su una cosa così importante per me, lo sai" concludo, aprendo lo sportello del van. "Filippo, aspetta..." mormora ancora, fermandomi per un polso ma io slaccio la presa arrabbiato. "Un messaggio. Sarebbe bastato un cazzo di messaggio per evitare tutto" gli dico, occhi negli occhi. - amico mio -
"Ho sbagliato, ma ti prego -" ci prova ancora, ma in questo momento mi è difficile persino non urlare e cercare di mantenere la calma. "Lorenzo lo capisci che io non so come fare? Capisci che non so dove cercarla? Che non mi risponde al telefono e mi ha bloccato ovunque? -" mantenere la calma non è mai stato il mio forte, soprattutto in queste situazioni in cui mi infiammo e divento pericoloso come una bomba capace di creare il vuoto attorno a se. "- Porca puttana, lo capisci che potrebbe essere incinta? Un figlio, Lori.." e in questo momento il mio ultimo pensiero è quello che ci sia Rombo ad ascoltare la conversazione, che potrei aver detto decisamente troppo, che potevo parlare senza riferimenti precisi evitando quel trilione di domande che avrei dovuto subire di lì a poco.
Non me ne frega niente.
"Cerchiamo di risolvere le cose, ti aiuto io..." mi dice lui, accennando un timido sorriso. - orgoglio del cazzo -
"In questo momento non riesco nemmeno a guardarti in faccia...credimi che non c'è cosa più terribile e che mi faccia più male di questa" sussurro annientato dalla delusione, mentre i suoi occhi si abbassano e molla la presa. "Filippo aspetta..." sussurra, ma io riesco solo a scuotere la testa. "Mi hai pugnalato alle spalle, nel punto in cui fa più male" gli dico, mentre si allontana dalla portiera e lascia che io prenda posto. "Meglio se resti qui, ti mando qualcuno che ti riporti a Milano" aggiungo, mentre lui alza gli occhi e mi guarda. Quelle due pozze azzurro mare mi entrano dentro, arrivando dritte all'anima e colpendola un'altra volta perché so che non potrò mai dimenticare il suo sguardo triste, amareggiato, sconfitto, spezzato, ucciso da una delle persone più importanti della sua vita. "Non serve" sputa a denti stretti, mentre prende il suo zaino e chiude lo sportello. "Lori..." lo fermo, ma non basta più. "Vaffanculo Filippo" due parole in grado di darmi l'ennesima coltellata della giornata. "Vai a fanculo te, Lorenzo" che il mio orgoglio brama per avere l'ultima parola in una discussione, per vincere e tornare a casa fiero e vittorioso. Ma questa volta no, non mi sento meglio, non mi sento svuotato dalla rabbia o dal rancore misto a delusione che provo nei suoi confronti, no. Avere l'ultima parola non mi fa sentire un uomo migliore, perché ho appena abbandonato il mio migliore amico nel parcheggio di un autogrill disperso in autostrada: solo e con un bagaglio infinito di rimorsi. E non posso sentirmi bene, felice, più disteso perché i sensi di colpa finiranno per lacerarmi lo stomaco, per corroderlo fino alla fine dei miei giorni e non dimenticherò mai questa terribile discussione o la mia orribile scelta di abbandonarlo. Come se fosse più semplice, come se con lui tentassi di sbarazzarmi anche dei miei problemi.
Lo lascio lì, senza voltarmi indietro, con il cuore distrutto dalla mole di cose negative che stanno succedendo e gli occhi lucidi. Come per riflesso però, poco prima di immetterci di nuovo in autostrada, volto la testa così da poterlo guardare dal finestrino posteriore mentre si siede su uno degli scalini e abbandona il viso tra le mani. E questa volta fa così male che non basterà una sigaretta per stare meglio, per chiarire, nemmeno per alleggerire un po' l'anima.
Fa un male atroce.
'La ragazza dietro al banco mescolava
birra chiara e Seven-up
e il sorriso da fossette e denti
era da pubblicita'
come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill
mentre i sogni miei segreti
li rombavano via i tir...'
Sono in van con Giulio, ho appena finito l'ultima esibizione di questa lunga estate e dallo stereo parte questa canzone. Un segno del destino, ecco cos'è. Guccini profuma di infanzia, delle cantate sotto le stelle con papà alla chitarra, ha l'odore della stanza angusta in cui mi rinchiudevo da ragazzino per scrivere canzoni, sa di vita, della mia vita. Guccini, Autogrill e tutte le altre canzoni odorano di amici, del Rasta e del fumo nocivo di qualche sigaretta fumata sdraiati sulle panchine di legno. Odora di Lorenzo, di nuovo lui, come se la mia mente non riuscisse a pensare ad altro, fosse ancora ferma in quel parcheggio, tra gli sguardi spenti e delusi e la sua mano a trattenermi il polso. - non andare via - E invece l'ho fatto.
'Basso il sole all'orizzonte
colorava la vetrina
e stampava lampi e impronte
sulla pompa da benzina,
Lei specchio' alla soda-fountain
quel suo viso da bambina
ed io, sentivo un'infelicita' vicina..."
La canzone continua, mentre i fari delle macchine battono sui vetri offuscando per qualche secondo la vista. Giulio è accanto a me che lavora un po' al computer, mentre io chiudo gli occhi cercando di dormire, di alleggerirmi un po', di non pensare. - di dimenticare -
'Ma nel gioco avrei dovuto dirle
"Senti, senti io ti vorrei parlare...",
poi prendendo la sua mano sopra al banco
"Non so come cominciare...
Non la vedi, non la tocchi,
oggi la malinconia?
Non lasciamo che trabocchi
vieni, andiamo, andiamo via..."'
Ma questa canzone, la voce di Guccini mi ricordano decisamente troppe cose. Lei, mi parlano di lei. Di quelle notti passate senza pensieri, nelle strade buie persi in una macchina, tra i nostri discorsi, le risate oppure quei silenzi che sapevano parlare da soli. Profumano dei nostri respiri mischiati, di quei baci sulle labbra in grado di arrivare al cuore, delle sue mani intrecciate alle mie. Ludovica e le canzoni da 'macchina, notte e leggerezza'.
E non posso proprio evitare di pensarci mentre guardo fuori dal finestrino il paesaggio che scorre, buio e spento come riflettesse esattamente le mie emozioni. Non posso non pensare a lei, lontana centinaia di chilometri di distanza, con la paura che le corrode la bocca dello stomaco e l'insicurezza di non essere abbastanza per tutto questo, per me.
"Devo tornare a Milano" sussurro a Giulio, che interrompe il digitare frenetico al computer per guardarmi negli occhi. "Prima di andare a scrivere devo risolvere una cosa, ti prego" lo supplico con due occhi in grado di parlare da sé. Lui si alza dal sedile avvicinandosi a quello dell'autista, per pregarlo di uscire dall'autostrada e cambiare direzione il più in fretta possibile.
È l'alba quando arriviamo a Milano, distrutti e con l'umore a pezzi. Mando un messaggio a Francesca, ma lei evita in tutti i modi di rispondermi così mi precipito con urgenza a casa sua. Salgo le scale del palazzo in fretta, tanto che arrivo al quinto piano con il fiato corto e la testa che gira dallo sforzo. Suono il campanello. Dopo qualche minuto sento dei rumori dietro il portone e poi la serratura che scatta, finché non mi ritrovo il viso assonnato di Francesca davanti agli occhi. "Scusa l'improvvisata, c'è Ludo?" chiedo curioso, con il cuore che accelera i suoi battiti e sale in gola. "No, mi dispiace" risponde lei sospirando pesantemente. "Se sai dove la posso trovare dimmelo, ti prego" la imploro, appoggiandomi allo stipite della porta. "È tornata a Londra, Filo...ha preso un aereo ieri sera tardi" mi confessa, mentre le mie speranze crollano come spazzate via da una potente raffica di vento. "Hai scoperto tutto vero?" mi chiede, con la faccia di chi vorrebbe solo abbracciarmi. Io annuisco sconfitto, socchiudendo leggermente gli occhi. "Se so qualcosa, qualsiasi cosa, ti chiamo. Promesso" accenna un sorriso, cercando invano di incrociare il mio sguardo spento. "Filippo -" mi richiama affacciandosi sul pianerottolo, mentre io sto scendendo le scale e sono già a metà rampa. "- Il test non l'ha ancora fatto, ma vedrai che si risolverà tutto. Risolverete tutto" mi promette, con lo sguardo di chi conosce perfettamente la situazione e se potesse si accollerebbe un po' di quel maledetto dolore.
Salgo in van senza dire una parola, zitto e chiuso in me stesso come quando il mondo mi crolla addosso e non so come proteggermi. Mi mancano l'armatura, le mie certezze, i punti saldi della mia vita, un' ancora a cui aggrapparmi ora che sta arrivando la tempesta, il fratello che mi ha sempre difeso e l'amore che mi ha reso invincibile...la vita fa decisamente troppo schifo così.
"Partiamo" dico a Giulio, fisso negli occhi con la scritta aiutami stampata nel liquido delle pupille. E lui mi conosce talmente bene che sembra capire subito, all'istante, come se percepisse che c'è qualcosa che non va, che mi schiaccia dentro, che ho solo bisogno di scappare lontano. Così senza fare altre domande chiede all'autista di portarci a casa mia per poter prendere la macchina, le valigie già pronte e partire in direzione Salento.
Scrivere forse mi aiuterà, anche se continua a fare un male atroce.
Un male davvero atroce.
Angolo autrice
Salve a tutti! Come state bellezze?
Risolvere tutto...forse è davvero troppo difficile, addirittura impossibile oppure arriverà un miracolo talmente bello da unirli di nuovo...chissà...
Scoprirete tutto nei prossimi capitoli, intanto ditemi nei commenti cosa vi aspettate?
Io vi mando un grossissimo abbraccio, uno di quelli che vi stringono tutti belli ed importanti come siete 💜
~R. 🦋
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