Ad un paio di passi dal cuore
Ludovica
"Dio, ma ti vuoi calmare un attimo?" mi chiede, ormai esasperato, Lorenzo. "Non ce la faccio, faremo tardi sicuramente. La puntata è già iniziata e per giunta abbiamo entrambi i telefoni completamente scarichi." gli rispondo io sbuffando e cercando di recuperare invano, un po' di fiato. Siamo in macchina ormai da un po' di tempo, abbiamo incontrato un incidente abbastanza grave a metà strada e siamo bloccati in autostrada. La batteria dei cellulari ci ha abbandonato praticamente appena partiti, così che l'ansia si fa ancora più spazio nella testa. Continuo a battere il piede appena sotto il sedile, con un gesto nervoso spengo la musica della radio che inizia persino ad infastidirmi e lascio che il silenzio avvolga l'abitacolo e aumenti ancora di più quello stato di ansia che mi corrode le viscere. "Ludo, calma. Cazzo, Filo capirà." mi dice Lorenzo sbuffando e sgranando leggermente gli occhi, mentre i clacson delle altre auto suonano in contemporanea, quasi il nervosismo ormai stesse assalendo tutti. "No. No. No. Non capirà, non può capire perché non abbiamo il cellulare per avvisarlo. Uscirà da quel maledetto studio, non ci troverà ad aspettarlo, allora inizierà a chiamarci, ma non potremo rispondere. Allora, a quel punto, andrà in panico, in totale paranoia, comincerà a chiamare tutta Monza e mezza Milano per cercarci, pronto soccorsi, reparti di ospedale e onoranze funebri compresi. Poi, dopo aver perso tutte le speranze, telefonerà alle nostre famiglie, che si allarmeranno di conseguenza e quel ciclo si ripeterà all'infinito. Noi arriveremo a Roma stanotte, lui forse sarà già su un treno direzione Milano per cercarci, le nostre famiglie ci odieranno per lo spavento e non verremo mai perdonati. Quindi, no. No. No, Lori. Non sto calma." dico tutto d'un fiato. Quasi mi dimentico di prendere respiro tra una parola e l'altra e non riesco ad arrivare alla fine della frase, tanto che in questo momento ho il fiato corto. Avremo fatto circa venti metri da quando è iniziata la mia angoscia, la macchina è di nuovo ferma, Lorenzo si volta un secondo per guardarmi e scoppia in una sonora risata. Io lo osservo con uno sguardo glaciale, come a cercare di incenerire quella sua voglia di scherzarci sopra, come se stesse succedendo la più grande delle apocalissi. "Siete proprio identici, cavolo. Per un istante mi è sembrato di sentir parlare Filippo, quando inizia con quei suoi noiosissimi monologhi e non la smette più." dice, scuotendo leggermente la testa. Io mi limito a fargli notare che la coda di macchine sta avanzando e il traffico diminuendo leggermente, mentre prendo la mia bottiglietta di acqua e inizio a berne nervosamente piccoli sorsi.
Irama
Questa settimana non è stata semplice, proprio per nulla. Sto provando a sistemare la canzone scritta per mia nonna e, per farlo, ho pensato di chiedere aiuto a Michele Bravi. Durante l'incontro di qualche giorno fa, ho buttato fuori cose che mi tenevo dentro da troppo tempo. Gli ho spiegato che tutto è nato dal fatto che io non ho pianto, davanti a nessuno, mai, per tutti questi mesi. Non ho versato nemmeno una lacrima e sono stato buono solo a sfogarmi su un pezzo di carta stracciato, scarabocchiato, consumato dai miei schizzi di inchiostro blu. Quella canzone rappresenta una sorta di graffio, di ferita che non si cicatrizzerà mai e che ho il terrore, finirà lentamente per mangiarmi dentro, per uccidermi fino all'ultimo briciolo di ricordi felici. Ho paura, una fottuta paura di cantarla davanti a tutti, paura di non farcela, di non trovare dentro di me la forza necessaria per finire il pezzo, paura che quel dolore finisca per averla vinta, di nuovo. Paura che quel taglio si riapra, inizi a sanguinare di nuovo e a macchiarmi la pelle, i vestiti e alla fine persino il cuore.
In un istante è sabato, come se i giorni all'interno di questo programma volassero alla stessa velocità della luce e, a stento, riuscissimo a trovare il modo per rendercene conto.
Appena arriviamo in puntata, Maria ci comunica che inizieranno le prime selezioni per il serale e, dopo un'attenta discussione tra i professori, i primi due allievi a scendere davanti alla commissione sono Einar e Carmen. La conduttrice inizia a leggere la lettera scritta da Einar e inevitabilmente i miei occhi diventano umidi, vederlo lì: solo e indifeso, al centro del palco, mentre le sue stesse parole lo commuovono e lo mettono in imbarazzo; mi mette in difficoltà, tanto che vorrei poter correre e abbracciarlo forte, proprio come farebbe un fratello. Stringerlo e prendermi carico di un po' di quella sofferenza, che lo sta torturando da troppo tempo ormai.
A giudicare la sfida c'è Sara, una vecchia conoscenza della Warner, ma ora ho altro a cui pensare: Einar inizia a cantare e io mi estranio completamente dal mondo, come se la sua voce fosse in grado di trascinarmi altrove, in un posto diverso ma dannatamente emozionante. Inizia con 'Salutalo da parte mia', la sua voce si spezza quasi subito e le lacrime escono dai miei occhi, bagnandomi il viso e scendendo giù fino al collo. Non riesco a trattenermi, nonostante cerchi sempre di fare il duro, quello forte, quello che non si fa mai toccare dalle emozioni, questa volta non riesco proprio a sfuggire da quelle sensazioni del cuore. La spessa armatura che è solita ricoprirmi crolla, insieme a tanti ricordi, insieme al pensiero di mia nonna, insieme alla commozione trattenuta durante la lettera di Ein, insieme a miliardi di altri minuscoli frammenti di me. E si depositano tutti sul cuore, uno dopo l'altro, incastrandosi nelle sue cavità più nascoste, poi si infilano dentro alla pelle, si insinuano negli occhi ed è lì che diventano lacrime.
Tanto che, anche la stessa Maria, me lo fa notare. Mi asciugo gli occhi con la punta del pollice, schiarisco leggermente la voce e poi racchiudo il concetto in una semplice verità. "Sai cos'è? Che quando una persona è vera, si vede. E si vede quando canta." le rispondo semplicemente, incrociando lo sguardo di Einar per poi bere un sorso d'acqua dalla bottiglia azzurra che tengo sul banco, gesto che faccio sempre quando ho bisogno di smorzare un po' la tensione e l'imbarazzo. Continua con un suo grande cavallo di battaglia: 'Il diario degli errori', poi 'Falco a metà' e per non bastare chiede a Sara di poter cantare ancora 'Portami via'. Cerca appoggio nel mio sguardo, si gira continuamente verso di me per trovare quel briciolo di forza in grado di infondergli il coraggio necessario per portare a termine la sfida.
Forse una delle più importanti.
La maglia verde è sua ed io sono così entusiasta che vorrei poter corrergli incontro e abbracciarlo come non mai, dirgli quanto sono orgoglioso di lui, del suo percorso, della persona stupenda che è, o forse più semplicemente che sono felice.
Felice perché leggo nei suoi occhi la voglia di spaccare, di prendersi il mondo in mano e di vivere intensamente ogni istante.
Felice perché è un po' come se con lui, avessi vinto anche io.
Felice.
Felice e basta.
E che ora non vedo l'ora di vivermi questa esperienza insieme.
Faccio un sacco di foto, la mia popolarità sta crescendo giorno dopo giorno e sempre più persone mi attendono fuori dagli studi alla fine della puntata. Mi fanno un sacco di complimenti, mi riempiono di regali, di piccoli pensieri, di parole buone sussurrate da cuori gentili, addirittura mi scrivono montagne di meravigliose lettere. Di quelle vere, come usava un tempo: carta e penna, cuore aperto e il mondo fuori.
Solo una cosa mi sembra tremendamente strana oggi, non riesco a vedere da nessuna parte Lorenzo e Ludovica. Ho guardato in ogni angolo nascosto, in ogni anfratto lontano da occhi indiscreti, ma nulla. Li ho sentiti questa mattina presto, però stranamente prima della puntata né un messaggio, né una telefonata. Sfilo il telefono dalla tasca dei jeans e provo a chiamarli. - nessuna risposta - Spiego velocemente la situazione ad Einar e Biondo, che finite le ultime foto, decidono di aspettarmi e sedersi con me su un muretto in cemento esattamente davanti agli studi del pomeridiano. Ho una sigaretta stretta tra le labbra, con la testa piegata da un lato reggo il telefono che sta continuando a squillare a vuoto da troppi minuti, mentre con l'accendino cerco di creare la fiamma per fumare.
Una chiamata.
Due chiamate.
Tre chiamate, poi quattro, cinque, sei.
L'ansia che sale sempre di più.
Il numero da Lei chiamato potrebbe essere spento o non raggiungibile, quella dannata voce metallica preregistrata che ripete solo quelle undici parole.
Venti chiamate al telefono di Ludovica, altre venti a quello di Lorenzo.
Einar e Biondo iniziano a scambiarsi qualche occhiata preoccupata, anche se cercano di non darlo a vedere, per non crearmi ancora più angoscia di quanta non ne abbia già.
Non mi muovo da quel muretto, stringo forte il telefono tra le dita mentre compongo nervosamente i loro numeri, ormai sembro un automa ed i miei occhi non riescono a staccarsi da quel dannato schermo neanche per un secondo, come se ne dipendesse la mia intera vita.
Sono ormai quasi tre ore che siamo tutti e tre seduti qui, si sta facendo più freddo e buio, la zona a quest'ora è davvero poco trafficata. Ho tra le labbra quella che sarà la quattordicesima sigaretta, ma purtroppo nemmeno la nicotina riesce a tranquillizzarmi. Il mio respiro è affannato, per alcuni istanti quasi non riesco nemmeno a respirare, il cuore batte talmente forte nel petto che quasi mi fa male, lo stomaco è svuotato, come se si stesse contorcendo su sé stesso. Un paio d'ore fa, ho provato anche a chiamare a casa di Lorenzo e di Ludo, cercando di non far trasparire il mio evidente stato di agitazione, facendo qualche domanda vaga e hanno solo confermato il fatto che siano partiti in tarda mattinata, confondendomi ancora di più il cervello, talmente tanto che mi sembra di vedere tutto nero.
Sento il gomito di Biondo che si infila in modo improvviso nella mia costola, alzo di poco gli occhi e vedo le figure di Lori e Ludo arrivare di corsa verso di noi. Non faccio a tempo a collegare i pensieri che gli corro incontro, quasi non inciampo in un sasso sul marciapiede; non gli do il tempo nemmeno di parlare che mi fiondo su di loro e li stringo forte in un abbraccio. Ho le lacrime agli occhi e il cuore che mi batte forte, per un istante mi fa persino girare la testa. "Cazzo, mi avete fatto spaventare di brutto!" gli sussurro con la voce leggermente spezzata, staccandomi dall'abbraccio e guardandoli dritti negli occhi. Saluto calorosamente Lorenzo, che cerca di spiegarmi meglio la situazione, poi lo lascio per un veloce abbraccio con Einar e Biondo. Dopodiché, decidiamo di avviarci verso l'hotel tutti insieme, i tre ragazzi sono davanti a noi e ridono di gusto, mentre si raccontano qualche episodio esilarante successo in settimana. Io e Ludovica, invece, siamo qualche metro più indietro, stretti mano nella mano ed io, che come un idiota, continuo solo a girarmi e a guardarla, senza pronunciare una parola. "Filo, che hai? Continui a fissarmi." mi dice abbassando la testa verso l'asfalto e sorridendo leggermente.
E sarà lo spavento che mi fa ancora tremare le gambe,
sarà che le pulsazioni del cuore, anziché diminuire, aumentano a dismisura,
sarà che stasera è più bella del solito: ha gli occhi lucidi dovuti alla stanchezza, le labbra colorate da un leggero tocco di gloss, il sorriso che risplende in questa notte,
sarà che ho visto nero fino ad ora e, accanto a lei, mi sembra di vedere l'arcobaleno,
sarà che è troppo tempo che ci penso,
sarà che ormai è diventata il mio chiodo fisso,
sarà che sento il bisogno di essere felice, leggero e follemente giovane.
La prendo per mano e corriamo velocemente dietro al muro di un palazzo poco distante dall'hotel, gli altri per fortuna non si sono accorti di niente e sembrano proseguire tranquilli. Le faccio appoggiare la schiena delicatamente contro il muro, mentre le mie mani sono sui suoi fianchi. Volta la testa da una parte, cercando di sfuggire ai miei continui baci, mentre continua solo a sorridere. I respiri sono affannati, quasi il fiato sembra rincorrere il ritmo del cuore che aumenta a dismisura, ogni secondo che passa.
Mi avvicino lentamente a lei, le lascio un bacio sull'osso della mascella, sulla curva del collo, sul naso, all'angolo della bocca. Poi poso la mano sulla sua guancia, - che quanto cavolo mi è mancata la sensazione della sua pelle morbida sotto alle mie dita? - Le sue pupille sono leggermente lucide, liquefatte da questa forte emozione e quasi non mi spiego come riescano ad essere sempre così intense, in grado di disarmarmi nel giro di qualche secondo. "Scusa, non so neanche cosa sto facendo è che -" mi devo fermare per un istante, la voce mi trema e il cuore sempre scoppiare come una bomba in pieno petto. " - che - Che - Che ho creduto di averti persa, che ti fosse successo qualcosa di brutto. E ora -" questa volta le parole quasi non si spezzano in gola. "- ora ho solo voglia di non lasciarti più. Mai più." E lei sorride, sorride con un sorriso talmente bello che quasi il mondo si ferma. China leggermente la testa verso il basso, la mia mano che le scosta una ciocca di capelli davanti al viso e con due dita al di sotto del mento, fa incrociare ancora i nostri occhi. E Dio, marrone, dorato, nocciola, verde, azzurro, ghiaccio che si incontrano, che esplodono come una macchia di vernice al centro di una parete candida. E quasi mi ci perdo in quelle pupille, in quelle sfumature meravigliose, quasi ci annego, anche se allo stesso tempo mi sembra di non essermi mai sentito meglio. La sua mano che stringe forte il mio braccio, mentre con le dita delinea il disegno del tatuaggio che ho poco sotto il collo, la accarezzo teneramente mentre i nostri nasi si sfiorano e il suo respiro diventa mio. Poi succede tutto in un istante, forse l'istante più bello della mia vita. Le lingue che danzano insieme, di nuovo, dopo mesi di astinenza, come se non aspettassero altro da una vita intera. Le farfalle nello stomaco che sembrano ballare la samba, che prendono il volo e mi fanno provare un groviglio di sensazioni davvero difficile da spiegare. Le sue labbra hanno il sapore del mare, della vaniglia, sanno di rosa, di nuvole; profumano di cose belle, di qualcosa che mi sembra ossigeno dopo un'apnea lunghissima.
Ci stacchiamo dopo un sacco di tempo, le mie mani che stanno ancora al di sotto del suo maglione e le sue allacciate dietro al mio collo, vicino all'attaccatura dei capelli. Abbiamo il respiro affannato, ma un sorriso a trentadue denti stampato in viso, di quelli difficili da cancellare o da nascondere. Ha le labbra ancora leggermente arrostate e gonfie per i troppi baci, mi guarda intensamente negli occhi, mentre continua a sorridere. Poi fa un gesto che mi fa letteralmente impazzire: si lecca delicatamente il labbro inferiore, poco prima di morderlo. "Allora vuoi proprio passare la serata qui." le sussurro avvicinandomi maliziosamente al suo orecchio e lasciandole un bacio sensuale sul collo. "Placa gli ormoni, Fanti. Meglio tornare in hotel prima che ci diano per dispersi." mi dice, prima di lasciarmi un bacio a stampo e prendermi per mano. E corriamo, ridiamo, con il fiato corto, il cuore che batte ad un ritmo strano e mi sento così bene che vorrei poter rivivere questo momento all'infinito, mi sento giovane.
Giovane e follemente felice.
Ludovica
Abbiamo passato la serata ad un pub vicino all'hotel: atmosfera intima, luci soffuse, qualche birretta condita da alcune chiacchiere tra amici. Nonostante conosca questi ragazzi davvero da poco tempo, mi sto trovando benissimo con loro. Riescono a farmi sorridere, a farmi essere me stessa al cento per cento e, soprattutto, non smetterò mai di ringraziarli perché riescono a stare vicini a Filippo durante questi difficili mesi lontano da casa.
È notte fonda, siamo in balcone, solo io e lui. Mi sono fatta spazio tra le sue gambe, la mia schiena appoggiata al suo petto, mentre ci smezziamo una sigaretta come al nostro solito. Lorenzo ha deciso di lasciarci un po' di intimità, così è andato per qualche ora nella stanza di Einar e Biondo a farsi una partita alla PlayStation.
"Ti ricordi la settimana scorsa? Il mio incubo di notte?" gli chiedo improvvisamente, prendendo un respiro profondo, a pieni polmoni. Lui annuisce, facendomi cenno di continuare. "Urlavi il mio nome. Quasi non respiravi più. È stato orribile vederti così." mi sussurra lasciandomi un bacio tra i capelli e appoggiando le sue mani sul mio ventre. "Ho sognato te. Facevamo un incidente in macchina, insieme. Eri proprio accanto a me, ma non respiravi più, il sangue che ti macchiava il viso e io che ti scrollavo forte e cercavo invano di svegliarti. Avevo -" non riesco a continuare, che le parole mi muoiono tre le labbra secche. "- Avevo le mani, i vestiti, persino le labbra sporche del tuo stesso sangue. Ma tu eri fermo, immobile, non ti muovevi ed era terribile, perché avrei avuto ancora troppe cose da dirti, perché la cosa più bella della mia vita non poteva svanire in un istante. Così. Poi il buio. Mi - mi sono ritrovata sola, con quelle macchie rosse secche sulla mia pelle, che nonostante quasi stessi cercando di strapparmela a mani nude, non andavano via. Non c'eri più. Non -" le lacrime mi bagnano il viso, allora sbuffo debolmente cercando di reprimerle. "È stato orribile, Filo. Sbattere a piena faccia contro la paura di non averti più nella mia vita, per un tempo lungo come il per sempre...È - è stato devastante." gli confesso, spogliandomi di quel peso che mi schiacciava da troppi giorni, di cui non avevo parlato con nessuno, perché nessun altro avrebbe potuto comprendermi come lui. "La mia piccola Lulù. Sono qui, hai capito? Sono qui e non me ne andrò per nessuna ragione al mondo. Ora che ti ho ritrovata, non ti lascio più. Io e te. Solo io e te, ricordi?" mi dice facendomi voltare verso di lui, per poi finire per scontare le nostre labbra in un bacio appassionato.
Le sue mani fredde vagano al di sotto della mia maglia, a contatto con la mia calda pelle nuda. In un istante mi ritrovo sdraiata sul pavimento, mentre il corpo di Filippo è adagiato delicatamente sopra di me. Non stacchiamo le labbra nemmeno per un singolo istante, a stento prendiamo fiato, quasi ci consumiamo a vicenda. Le mie mani tra i suoi capelli, mentre i suoi baci si spingono sempre più giù, prima il collo, poi l'osso della clavicola, una spalla.
Poi la porta della stanza si spalanca e rivela la figura di Lorenzo, con un'espressione mista tra l'imbarazzo e il divertimento puro. Ci alziamo in fretta, con una mossa veloce e rientriamo in camera, mentre tra noi cala una nube di silenzio. Finché Filippo non fa ridere tutti, passa vicino al suo amico e gli sussurra "Cazzo, sempre nei momenti meno opportuni, Galli." i denti stretti mentre pronuncia quelle parole, con un tono della voce infastidito, leggermente irritato. Lui si limita a ridere di gusto, per poi lanciarmi il pacchetto di sigarette e sussurrarmi un "Compagnia?" Così, io e Lori usciamo in balcone a fare qualche chiacchiera, mentre Filippo entra in bagno e si butta sotto la doccia. - forse una della più gelate che abbia mai fatto -
È mattina, mi sono svegliata particolarmente presto e, dato che Lorenzo è ancora completamente immerso nel mondo dei sogni e Filippo avrà passato le ultime ore a scrivere, addormentandosi con il suo quadernino tra le mani, decido di scendere per andare a fare colazione da sola. È domenica mattina e, a quest'ora, c'è davvero pochissima gente nella sala; mi volto leggermente e vedo Einar solo in un tavolo, mentre addenta un pezzo del suo pane con la Nutella.
Mi avvicino e, arrivandogli d'improvviso alle spalle, lo spavento leggermente, tanto che sobbalza e fa tremare il tavolino in vetro su cui cade la tazzina piena di caffè.
Chiacchieriamo come due vecchi amici, come due che sembrano conoscersi da un'eternità di tempo e, stranamente, mi sento tremendamente a mio agio. Libera di parlare, di mettere a nudo le mie debolezze, libera di essere me stessa.
Libera dalla costante paura di non essere abbastanza per piacere agli altri.
Finita la colazione, ci accomodiamo in veranda per prendere un po' di aria fresca. Einar mi racconta tanto di Filippo, della loro amicizia nata un po' per caso, ma allo stesso tempo qualcosa di talmente profondo da aver salvato entrambi. Mi parla delle loro serate in stanza con quel folle di Biondo, di quanto Filippo sia riuscito ad infondergli sicurezza, di quanto gli invidi il suo meraviglioso modo di scrivere. Mi parla della lettera che Maria ha letto oggi in puntata, di quanto sia stato difficile scriverla, di quanto quelle mancanze siano come crude pugnalate nello stomaco, giorno dopo giorno, senza mai una piccola tregua. Dell'infinita soddisfazione nel ricevere quella maglia verde, delle lacrime che non sono uscite in puntata, ma dietro alle quinte sulla spalla di un fedele amico.
"Lo vedo felice. Si, cioè -" si interrompe un istante, per accendere di nuovo la sigaretta che tiene tra le labbra. "- Filippo, sai? Sta bene, lo vedo sorridente da quando sei tornata. All'inizio non era così." mi confessa, per poi donarmi un sorriso appena accennato. "Filippo è l'amore della mia vita, Ein. Con lui ho vissuto delle cose che prima non sapevo neanche esistessero. Ho sentito le farfalle nello stomaco, i brividi sulla pelle, la felicità che ti fa correre forte il cuore, la rabbia che ti corrode lo stomaco, la gelosia che sembra invaderti le vene. Mi sono sentita per la prima volta viva, felice, insomma non so -" mi fermo per un secondo, aspiro un po' di fumo e mentre parlo lo butto fuori in una specie di nuvola grigia. "- leggera. Ecco, sì, mi ha fatto sentire leggera. Conosco veramente ogni parte di lui, ogni singolo frammento della sua anima, ogni più piccolo dettaglio e lo amo follemente. Non ho mai conosciuto una persona tanto forte e determinata, quanto fragile ed indifesa. Mai. E, credimi, giorno dopo giorno, per quanto sia possibile, riesco ad innamorarmi sempre di più. Di più. E lo so che penserai che siamo due stupidi, che non ce lo siamo ancora urlati contro, che stiamo sprecando del tempo, ma tra noi è sempre andata così. Si insomma siamo tremendamente complicati, ma sai che c'è? Che a me basta guardarlo negli occhi, per leggere ogni sua più piccola emozione e, ti giuro, è sufficiente quello." gli dico, prima di spegnere la sigaretta nel posacenere ed incrociare i nostri sguardi. "Sei un raggio di sole. Insomma -" si interrompe per fare l'ultimo tiro alla sua sigaretta. "- quando parli di lui, sai? Ti brillano gli occhi." conclude sorridendomi, poco prima di spegnere la cicca nel posacenere accanto a lui.
Irama
Scendo in sala colazione per cercare Einar e lo vedo seduto in veranda mentre scherza in modo divertito con Ludovica, che ride ad ogni sua battuta e lo stomaco quasi mi brucia. Sono infastidito? Invidioso? Forse solo geloso? Non so neanche spiegarmi il motivo, mi sento un idiota anche solo per i pensieri che mi sto creando nella testa, alla fine sono solo amici. Però vederla così rilassata e serena con un altro ragazzo quasi mi terrorizza, quasi ho paura che possa trovare in un altro quello che le ho fatto mancare io per troppo tempo.
Mi avvicino a loro, Einar mi nota ma fa finta di nulla, io abbraccio Ludovica da dietro coprendole gli occhi con le mani e lei si spaventa, tanto che quasi trema per la paura.
Restiamo lì per qualche minuto, tutti e tre insieme a fare qualche chiacchiera, finché Einar non riceve una chiamata dalla sua fidanzata e ci saluta dicendoci che ci saremmo visti più tardi. "Buongiorno dormiglione!" esclama Ludovica abbracciandomi forte. Io ricambio il saluto lasciandole un tenero bacio sulla tempia e stringendola per un fianco. "Hai mangiato qualcosa?" mi chiede con il suo solito tono preoccupato. Scuoto leggermente la testa e sbatto velocemente le ciglia, con la mia classica espressione da bambino dell'asilo. "Eh no, Filo. Te l'ho detto mille volte che devi mangiare qualcosa, dai andiamo dentro così prendi quello che ti piace." mi dice alzandosi e prendendomi per mano, trascinandomi fino alla sala colazioni dell'hotel. "Però ti porto in un posto, vieni con me!" le sussurro all'orecchio, mentre lei tiene in mano il sacchetto di carta contenente il mio cornetto al cioccolato. Saliamo fino alla terrazza sopra il tetto dell'albergo, ci sediamo contro il muro, accoccolandoci uno accanto all'altra sotto la nostra calda coperta.
"Mi mancheranno questi momenti solo nostri." sussurra quasi con un tono impercettibile, quasi fosse un pensiero tra sé e sé. Nota che la sto osservando, quindi continua il discorso. "Si, dico queste ore passate insieme, sai? Mi mancheranno quando entrerai al serale." mi dice, lasciandomi un tenero bacio sulla guancia e finendo l'ultimo goccio della mia spremuta d'arancia. "Non sorgerà il problema...figurati se faranno entrare me. Non credo proprio." concludo il discorso. "Sai cosa non mi mancava invece? Questo tuo essere sempre pessimista, dannatamente paranoico e pure un poco insicuro." si interrompe per cercare i miei occhi. "Dio, Filo se non entri tu, chi dovrebbe entrare? Tutti i professori sono dalla tua parte, il pubblico ti adora, scrivi canzoni che toccano l'anima delle persone, che caratteristiche ti mancano? Smettila, davvero. Comincia pensare piuttosto come farai senza me e Lorenzo." mi dice sorridendomi apertamente e facendomi capire che il vero dramma sarà quello. "Già." le rispondo semplicemente.
Vorrei tanto raccontarle quanto mi stia risultando difficile scrivere quella maledetta lettera, quanto solo leggere il suo nome scritto nero su bianco ancora mi distrugga, quanto il solo pensarci mi devasti dentro come centinaia di pallottole infilate nelle cavità del cuore, quanto avrei bisogno di dirglielo, di sfogarmi con lei che sarebbe l'unica in grado di capire. Invece, tengo tutto dentro e lo soffoco, non voglio pesare sulla sua vita, non voglio che si accolli il mio tormento, non voglio gravare su di lei con una cosa che la fa soffrire quanto me.
"Ci pensi mai, Ludo? Dove saremmo ora?" le chiedo dopo qualche minuto di silenzio, mentre le passo tra le labbra la sigaretta che ci stiamo smezzando. "Si, cioè - se - se le cose fossero andate diversamente?" - se io non avessi rovinato tutto, se mia nonna fosse ancora qui, se le cose con la casa discografica fossero andate bene, se avessimo rischiato di più. - "Insomma se tutto fosse stato più facile, te lo immagini?" le chiedo, mentre arriccio la punta dei suoi capelli tra le mie dita. Lei socchiude leggermente gli occhi, come se stesse provando ad immedesimarsi in una vita diversa e sorride un po'. "È strano pensarci. Tu saresti in tour quasi tutto l'anno, mentre io mi dividerei tra il backstage insieme a te e la casa." mi dice voltandosi di poco verso la mia figura. "Si. Si, forse sarebbe proprio così. Una casa -" ripete convinta. - la nostra magari, insieme. "Una casa a Milano magari? Casa nostra, probabilmente." la guardo, mentre lei sorride sempre di più, con quelle pupille marroni che le brillano alla luce del sole. "Già, casa nostra. A Milano, si. Insieme, io e te. Io sicuramente sarei a mettere sempre a posto il tuo disordine, a cercare di sistemare 'l'angolo scrittura' pieno di fogli sparsi, di frasi a metà di qualche canzone." e continua a sorridere, mentre io intreccio le sue dita alle mie. "Avremmo la casa piena zeppa di coca cola e vaschette intere di sushi, sì." le dico e quasi mi fa strano pensare a quanto sarebbe potuta essere bella una vita così, quante cose belle ci siamo persi in questi mesi passati lontani, distanti, ma con i cuori dannatamente collegati. "Con Lorenzo. -Lorenzo sempre in mezzo ai piedi, ti immagini? Praticamente prenderebbe la residenza da noi." mi dice lei facendomi ridere di gusto. "Si, a casa nostra. Poi con il frigo invaso da sushi potrebbe letteralmente impazzire e non andarsene mai più." le rispondo scoppiando ancora più a ridere, immaginando una vita talmente bella che quasi mi viene voglia di mollare tutto. Scappare da Roma, da qui, dal programma, mandare a quel paese il mio sogno e trasferirmi con lei. Ovunque. "A casa nostra. Fa proprio strano dirlo." mi confessa, sistemandosi accanto a me e accoccolandosi con la sua testa al mio petto, mentre con un dito segue la linea del mio tatuaggio con il serpente. "Poi, durante la pausa dal tour, la domenica andremmo a pranzare da mia nonna. In quella casa, come tanto tempo fa." le dico, aprendo quelle ferite e lasciando che l'aria ci passi in mezzo. Lei mi osserva per qualche secondo, mentre cerca di ricacciare indietro le lacrime che già le fanno luccicare gli occhi. "Si, da nonna Adri, con il profumo del ragù, le sigarette fumate di nascosto, le nostre chiacchiere mentre si sistema la cucina e quei giorni dove sembra sempre Natale." mi dice, mentre qualche goccia di pianto le sfugge al controllo e le bagna la guancia. Si avvicina ancora di più e nasconde il viso nel cotone della mia felpa, così da tranquillizzarsi un po'. "Ora, però, pensa solo a questo sogno. Voglio vederti con quella felpa verde!" mi sussurra vicino all'orecchio, mentre mi stringe forte.
Scendiamo nelle camere per prepararci per il pranzo, ma soprattutto per svegliare Lorenzo visto che ormai sono le undici passate e lui potrebbe dormire ad oltranza per altre sei ore.
Il nostro amico è in doccia, Ludovica si sta truccando e io sono appoggiato alla finestra che da sul balcone a fumarmi una sigaretta. La spengo nel posacenere, per poi rientrare in stanza. Mi siedo sul bordo del letto, esattamente dietro a Ludovica e con un gesto improvviso, la prendo per i fianchi e la attiro a me. Ora è seduta sulle mie gambe, mentre la mia bocca passa sulla pelle morbida della sue spalle, che sa di quella crema corpo al cocco che mi fa letteralmente impazzire. Poi la faccio voltare e la appoggio dolcemente alla superficie del letto morbido, la sua schiena che si adagia perfettamente al piumone, mentre i nostri occhi non si staccano neanche per un istante. Mette la sua mano dietro alla mia nuca e mi porta verso di sè, prima di lasciarmi un morbido bacio sulle labbra ed io non resisto. Abbiamo passato giorni interi a cercare di rincorrerci, per poi evitarci, per poi cercarci ancora e quando, quasi fosse impossibile evitarlo, le nostre labbra si accarezzano diventa davvero difficile cercare di non sfiorarsi. Le nostre lingue si intrecciano, si cercano, si desiderano, danzano insieme il più bello dei balli, mentre tutto intorno si zittisce e lascia che siano i nostri respiri a fare da sottofondo. Le labbra che sembrano quasi non desiderare nient'altro, quasi non riescono a fare a meno di quel contatto e tutto diventa più eccitante, più veloce, più impaziente. Le dita che si fanno spazio tra i capelli, le sue mani a contatto con la pelle della mia schiena, le mie che scivolano sotto il tessuto della sua maglietta, le carezze, i sorrisi contro la bocca dell'altro, i respiri affannati, sempre di più, sempre di più. Sono steso sopra di lei e quasi non riesco a mantenere il mio corpo in equilibrio, tremo sotto il tocco gentile dei suoi polpastrelli, ogni bacio mi fa barcollare di più, il cervello completamente annebbiato dai fumi dell'amore.
"E che cazzo, finitela!" esclama un Lorenzo particolarmente contrariato, mentre si copre gli occhi con l'asciugamano con cui, fino a pochi secondi fa, si stava asciugando i capelli. Tempo dieci secondi, la porta della stanza si spalanca ed entrano anche Einar e Biondo a completare il quadretto. Io mi alzo di scatto, mentre Ludovica si sistema prontamente la maglia che ormai le scopriva quasi tutta la pancia, abbiamo entrambi il viso di un colore simile ad un pomodoro maturo sotto il sole. "Galli, me sa che è mejo che 'a prossima volta dormi da noi." esclama Simone, dando una pacca sulla spalla di Lorenzo che ride divertito. "Ho una paura di diventare zio a breve che neanche ti immagini..." risponde il mio amico, prima di andare a vestirsi. "Smettetela, coglioni. Che poi capisco Lorenzo, ma mi dovete spiegare come mai questa cazzo di porta non è mai chiusa." concludo io in tono infastidito, per poi uscire in terrazza e accendermi una sigaretta.
Vederla salire in macchina con Lorenzo, consapevole che, se tutto dovesse andare per il meglio, le prossime sarebbero le ultime due settimane da passare insieme prima di dividerci per quasi tre mesi, praticamente mi distrugge. Vorrei tanto che i pensieri di questa mattina fossero realtà, che le cose fossero già tutte sistemate, che tutto fosse così tanto felice e tranquillo. La nostra casa a Milano, piena di sushi e con un Lorenzo stravaccato nel divano, il tour in giro per l'Italia, i dischi pieni di mie canzoni, le persone sotto al palco, un cane che scodinzola per casa, le domeniche a casa di nonna, un divano, un bicchiere di buon vino e qualche film alla televisione.
Vorrei che fosse tutto così bello, vorrei che fosse tutto così semplice.
Infilo una mano nella tasca della mia giacca per cercare il pacchetto di sigarette, ma trovo un foglio bianco ben ripiegato. Lo apro, noto la sua calligrafia e un sorriso mi si stampa spontaneamente in volto.
"Ciao Fil,
è la prima volta che scrivo di nuovo questo nome, la prima volta che mi esce naturale chiamarti così.
Mi mancava così tanto lasciarti qualche pezzetto di me dentro le tasche, un po' come ai vecchi tempi, che non ho resistito.
Ti ho visto stamattina, sai? Ormai so riconoscere persino le espressioni dei tuoi occhi, del tuo viso, addirittura i tuoi gesti e l'ho capito subito. Ho capito che eri geloso di Einar, che fossi lì a ridere con lui anziché magari essere in camera con te e la cosa mi ha fatto troppa tenerezza. Mi sembra ancora così surreale essere qui, a Roma, con te che stai tentando di rialzarti e realizzare il tuo sogno che quasi mi viene voglia di urlare, che ogni volta è più difficile tornare a Milano perché qui lascio sempre un pezzetto di cuore, la parte bella della vita. Questa mattina, su quella terrazza magica, con quel sole a scaldare la pelle, mi sono persa tra i nostri discorsi e forse, la mia testa ed il mio cuore, sono ancora fermi lì. L'ho immaginato così tante volte in questi anni che ormai ho perso il conto. Quella casa, insieme, tutta nostra. A Milano, Roma, Londra, Atene, Madrid o nel più sperduto dei paesi, che l'importante è che ci sia tu. Un gatto, un cane, un canarino...basta che non mi porti un serpente, che sai che li odio. Il nostro letto, i cassetti del bagno con i tuoi prodotti ed i miei, il frigo pieno delle cose che piacciono a noi, il tuo profumo sul cuscino ogni mattina, il tuo spazzolino blu e il mio rosa nello stesso bicchiere, una beck's e una corona sempre in frigo, i tuoi anelli mischiati ai miei, i termosifoni caldi d'inverno per scaldarti il pigiama, i miei piedi sempre gelati attaccati ai tuoi polpacci, le tue mani forti a proteggermi dai mostri della notte, le domeniche mattina passate a coccolarci tra le lenzuola, rose finte e vere ovunque, farsi la doccia insieme, io che mi asciugo i capelli e tu che ti fai la barba, tu che russi ed io che mi addormento lo stesso, la colazione con la voce ancora impastata dal sonno, le tue occhiaie e i miei capelli disordinati, le tue paranoie e la mia pazienza, il tuo quaderno nel comodino a sinistra, quei film americani che ti fanno tanto ridere, una cabina armadio immensa, (perché pensare di dividere un misero armadio con te e la tua folle e sconsiderata passione per la moda, già mi mette ansia) le mani che si cercano, le labbra che si sfiorano...insomma un sogno talmente bello, che quasi non vorrei svegliarmi.
'Il nostro amore immenso che non puoi raccontare e che agli altri sembrerà normale' un po' come cantava Jovanotti.
Adesso pensa a prendere quella felpa verde, a vincere le tue paure, le insicurezze, a mangiarti quel palco, a sollevare quella coppa, a credere di nuovo in te stesso e nel tuo prezioso sogno...io non ho mai smesso di farlo e ti prometto che ti aspetterò qui, ad un paio di passi dal tuo cuore, in quella calda casa che un giorno sarà nostra.
Perché, alla fine, io sarò sempre la tua Lulù e tu il mio Fil...un bacio di quelli che sai tu, ci vediamo prestissimo!"
Sfilo il telefono dalla tasca dei jeans e digito velocemente qualche parola sulla tastiera, così con la punta dei polpastrelli collegata al cuore.
Angolo autrice
Capitolo notturno, questo è un po' di passaggio, ma preparatevi perché il prossimo sarà letteralmente una bomba 💣...cosa accadrà?
Avete qualche curiosità, consiglio o critica da fare su questa storia? Li accetto più che volentieri, potete trovarmi nei commenti o in privato. Mi fa sempre un sacco di piacere parlare con voi ❤️
Domani ho la sveglia alle 5, un treno che mi aspetta e un concerto al Forum di Assago a Milano di una persona speciale ✨ boh ho un'ansia mista ad agitazione, mista ad adrenalina, mista a felicità che non so nemmeno spiegare...
Sarà magia, pura magia 🌹
Vi abbraccio forte,
~R. 🦋
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