Abbiamo tutta la vita davanti
Irama
Dalla finestra si vede il mare.
Limpido.
Blu.
Con mille sfumature, dal verde all'azzurro più tenue.
Con i raggi del sole che riflettono sulle onde e le fanno luccicare, quasi fosse oro colato.
E all'orizzonte una linea che non è definita, sbiadisce, fino a confondere il confine tra il cielo ed il mare.
Ho sempre sognato di vivere al mare.
Svegliarmi al mattino, scostare la tenda e potermi perdere con gli occhi in tale bellezza. Aprire la finestra e far mischiare il profumo di casa a quello della brezza marina. Prendere in mano una penna e iniziare a scrivere una canzone, mentre la notte nera fa da coperta e la tempesta impazza fuori dai vetri, con il mare agitato e le onde alte, con il rumore dei cavalloni che si infrangono sugli scogli e il colore della luna che rischiara la vista.
Milano è bella.
Bellissima, a volte mi fa perdere persino il fiato.
Le grandi città hanno quell'atmosfera sempre viva, dinamica, attiva. Ma niente batterà mai una casetta in sasso, con un bel giardino e una vista a trecentosessanta gradi sul mare.
Niente.
Ho sempre sognato di vivere al mare e vorrei tanto poterlo fare.
Comprare una casa, anche piccolina, per poterci fuggire ogni volta che ne sento il bisogno. Chiavi della macchina, viaggio in autostrada e una destinazione da sogno. Staccare da tutto e tutti e poter scappare dai problemi, dalle frustrazioni, dalle incomprensioni.
Che tanto il mare è come una medicina, aggiusta tutto, persino ciò che sembra spezzato per sempre.
Ho sempre sognato di vivere al mare e vorrei poterlo fare con lei.
Avere una casetta in quel posto solo nostro e poterci isolare lì, ogni volta che abbiamo bisogno di essere semplicemente noi.
Filippo e Ludovica.
Niente Irama, niente fotografa, fidanzata, gossip, giornali, selfie, autografi, concerti, scadenze, popolarità, impegni, distrazioni, responsabilità.
Rinchiuderci lì e poter ritornare ad essere noi.
Due ragazzi normali che hanno solo voglia di viversi fino a perdere il fiato.
Follemente felici fino all'ultimo tramonto vista mare.
"A che pensi?" sento le sue braccia che avvolgono la mia vita, mentre poggia il suo petto contro la mia schiena. Sorrido e poso il palmo della mano contro il vetro, fuori fa freddo ed un brivido sottile mi percorre tutte le vertebre della spina dorsale. - non so nemmeno se è per il gelo di febbraio o per l'agitazione che sento nello stomaco -
"Niente di particolare" le rispondo semplicemente, chiudendomi a riccio in me stesso. Ma lei non è una alla quale piace mollare la presa.
"Sicuro?" incalza ancora ed io inevitabilmente sorrido.
Nessuno mi conosce come lei.
Nessuno traduce i miei silenzi meglio di lei.
"Il mare. È - Dio, qualcosa di così intenso che se mi soffermo a pensarci, a tratti, mi manca il respiro. È come farsi guardare negli occhi dalla persona giusta: ti disarma, ti spoglia, ti mette i brividi, ti fa paura, ti lascia attonito, a volte ti fa anche male. Ma, allo stesso tempo, senti dentro quella sensazione strana, quel bisogno quasi viscerale di cercare di nuovo il contatto con quegli occhi, così da ritrovare una parte di te. Il mare è quel paio di occhi che sanno accarezzarti, senza alcun tipo di contatto." lei sorride e mi osserva, rapita ed estasiata dalle mie parole. Come se desiderasse sentirmi parlare per sempre. Come se si innamorasse ogni volta, con quella scintilla che le illumina l'iride e la fa ancora più bella.
Ed io mi sento pieno: di lei, di noi, di amore, di vita. Di felicità.
"Mi manca il mare di casa mia..." mi sussurra, mentre con un gesto delle mani mi sistema il collo del dolcevita nero che indosso. "Mi dispiace averti portato via da lì. Vorrei - vorrei potermi permettere di abitare ovunque" le confesso, sospirando e spostando il mio sguardo verso la finestra. "Io ho scelto Milano. Ho scelto te e Milano. E non me ne pento. Casa è ovunque sei tu, lo sai" mi prende il mento tra le dita e rigira il mio viso verso il suo.
Mi sento costantemente in difetto.
Il mio lavoro, la mia popolarità, i mille impegni mi hanno portato a seguire una strada ben precisa ed, inevitabilmente, ho condotto anche Ludovica con me.
E forse non è ciò che vuole.
Ciò che desiderava veramente dalla vita.
Forse per me, per colpa mia, pur di starmi accanto, ha passato gli ultimi anni a rinunciare a tutto. Durante quel pessimo periodo, persino a se stessa, poi al lavoro che desiderava fin da piccola, a girare il mondo, a fare le cose più semplici, a poter avere una storia d'amore normale, a poter vivere una vita comune, come quella di tutte le altre persone che si amano.
Sono e sarò sempre in difetto.
"Vorrei - Dio, vorrei davvero poterti dare una vita diversa a volte. Poterti portare ovunque, senza passare la vita su un van, pensare ai fotografi, alle persone che mi fermeranno per strada. Vorrei - a volte, vorrei essere semplicemente Filippo" le dico ancora, con i suoi occhi che si fanno più comprensivi. "Qui, nelle nostre quattro mura, ogni volta che mi guardi, che guardi Lori, Ale, i nostri amici. Ogni volta che sei su un palco, che tieni tra le mani un microfono, che ti vengono gli occhi lucidi e cerchi di difenderti dai tuoi mostri. Ogni volta che sei in studio, che metti in pratica la tua pignoleria, che prendi quel quaderno ed inizi a riempirlo di parole. Ogni volta che abbracci le persone che ti vogliono bene, che ti fermi a parlare con loro anche se per pochi secondi, che passi ore ed ore in un centro commerciale e cerchi di renderle felici con qualche gesto. Ecco lì, ed in milioni di altri momenti, tu sei Filippo. Ad occhi esterni e superficiali sei soltanto Irama è vero, ma chi sa guardarti dentro, vede tutta la purezza e bellezza di Filippo." ed ogni volta le sue parole mi entrano in una cavità sconosciuta del cuore e restano lì, impresse come un tatuaggio, indelebili come incisioni sulla pietra.
"Fil, io ti -" il rumore di qualcuno che sta bussando alla porta della stanza interrompe i nostri discorsi, lasciandoli in sospeso come la maggior parte delle volte. "Dobbiamo andare a fare le prove" mi ricorda Giulio, entrando sorridendo e lasciando un bacio sulla guancia della mia fidanzata.
"Ci sei? Filo? - Filippo?" scuoto la testa, come a scrollarmi di dosso quello stato di trance in cui ero caduto. "Stai bene? Ti vedo strano..." Giulio lancia un'occhiata veloce a Lorenzo, che sembra volergli dire che non sa nulla in più di lui. "Solo qualche pensiero, tranquilli" cerco di mascherare, di non farmi notare, di mettere una pietra sopra le loro preoccupazioni. "Non è il momento per avere dei pensieri. Non stasera. Almeno non questi cinque giorni, Filippo." mi rimprovera Giulio, che è sempre stato il più grande e sicuramente il più maturo di tutti. O per meglio dire: l'unico in grado di farmi rimettere in riga solo con la potenza di uno sguardo, di una frase, di un gesto. "Non è mai il momento per concedermi un momento di down, un momento per me, per lasciarmi sopraffare dai pensieri. Mai. Devo essere sempre perfetto ed io non ce la faccio più" sussurro tra me e me, o forse alzo di proposito la voce per farmi sentire anche dai miei due amici. Poi accelero il passo e salgo in van, senza dire una parola di più. Mi alzo il cappuccio della felpa, infilo le cuffiette nelle orecchie e scrivo un messaggio a Ludovica.
'Vorrei darti tutto ciò che meriti.
Vorrei regalarti sempre la mia versione migliore.
Vorrei vederti sempre con il sorriso sulle labbra e sugli occhi.
Vorrei poter stare a casa, godercela di più, guardando un film sdraiati sul divano come piace a noi.
Vorrei che tu non fossi mai stata costretta a rinunciare a nulla.
Vorrei saper parlare, saper aprire il mio cuore e donarti tutto ciò che contiene.
Vorrei essere in grado di ricambiare tutto l'amore con cui mi travolgi in ogni istante della mia vita.
Vorrei essere quel motivo in più per farti brillare.
Scusa se a volte non lo sono e le paranoie mi investono in pieno.'
Lo scrivo di fretta, senza nemmeno pensare, riversando su una tastiera qualche pensiero totalmente sconclusionato.
Ma non premo invio. Lo tengo lì, custodito in una nota del cellulare, a sottolineare che il coraggio non è il mio forte. Che aprire le mille mandate del mio cuore, fa paura prima di tutto a me stesso.
Le prove non vanno per niente bene.
Ho la testa altrove, il gomitolo di pensieri totalmente staccato dalla spina nel cervello e una sorta di blocco allo stomaco, qualcosa che si propaga in su, fino alla gola. Un nodo stretto stretto, che non mi fa respirare, che non mi fa ragionare come dovrei.
Giulio mi rimprovera e, appena usciamo dal teatro, attacca uno di quei suoi monologhi pesanti e che, in questo momento, mi fanno solo venire voglia di vomitare. Lorenzo continua a guardarmi in modo strano, con le pupille azzurre colme di preoccupazione, con le labbra che boccheggiano ma non trovano mai le parole adatte per dirmi qualcosa.
Vorrei solo sparire per qualche ora.
Sono abituato a salire su un palco, a farlo mio, a tenere tra le dita le emozioni delle persone davanti a me.
Ma qui è diverso.
È tutto tremendamente diverso.
La paura mi attanaglia le viscere e non riesco a respirare. Mi sembra di essere stato catapultato indietro nel tempo, quando prima di avere un attacco di panico, queste sensazioni si impadronivano di me.
E mi toglievano il fiato.
Rientro in stanza senza salutare nessuno, mi chiudo la porta alle spalle e lascio i pensieri al di fuori.
O almeno ci provo.
Ludovica si volta verso di me appena si accorge della mia presenza. Sta finendo di abbottonarsi i jeans e di stringere la cintura di pelle, così non si accorge subito dei miei occhi, dei segni violacei al di sotto di essi, di quelle venuzze rosse intorno alle pupille. Mi accendo una sigaretta di fretta, aspirandola con nervosismo, come se la nicotina potesse placare la tempesta che sento dentro di me.
Come fosse il mio calmante naturale.
Anche se alla fine non mi fa un cazzo.
"Le prove come sono andate?" mi chiede entusiasta, mentre cerco nella valigia un pantalone della tuta da indossare appena uscirò dalla doccia. Non le rispondo.
"Fil, amore..." riprova, questa volta con un tono decisamente più preoccupato di prima. "Una merda" le rispondo secco, forse con un pelo di cattiveria nella voce, spegnendo la sigaretta nel posacenere e recuperando un paio di boxer da mettere. Ludovica non osa dire una parola, o almeno ci prova, ma sa già che ogni minimo accento fuori posto potrebbe creare un putiferio.
Sono la miccia di una bomba esplosiva. Una sola, piccola e minuscola scintilla e tutto potrebbe andare a rotoli.
Me. Lei. Noi. Stasera. Quel palco.
La mia canzone.
Questa occasione.
Tutto.
Solo per colpa di qualcosa fuori posto.
"Io ho appuntamento con Lori per fare qualche foto in esterna, vista la giornata pazzesca. Poi dobbiamo andare in teatro dai tecnici a visionare le luci, le prospettive e le angolazioni più adatte per stasera. Francesca e Letizia arriveranno in macchina tra qualche ora e abbiamo deciso di prendere un caffè tutti insieme, va bene?" mi chiede tranquilla, mentre infila una pelliccia nera e cerca il mio sguardo.
Che io le nego, abbassandolo.
"Vediamo, ti chiamo dopo" le rispondo, prima di incrociare il suo sguardo e chiudermi in bagno.
Ludo mi ha cercato, insieme a lei Lorenzo e persino Giulio, ma io non ho risposto a nessuno. Mi sono rinchiuso nella palestra dell'hotel ed ho iniziato a correre sul tapis roulant. Correre, correre, correre.
Senza fermarmi mai.
Aumentando la velocità e con lei anche il mio affanno, il battito del mio cuore, il sudore sulla superficie della mia pelle.
Con le cuffiette nelle orecchie e un'immensa vetrata trasparente davanti agli occhi.
Con il mare azzurro fuori e l'ansia nello stomaco.
Con il sole freddo fuori e il solo freddo dentro.
Fermo la corsa e mi sfilo la maglietta ormai fin troppo aderente. La palestra oggi è deserta e posso concedermi il lusso di lasciarmi andare, di mollare la presa, di liberarmi dalla pressione di essere costantemente giusto.
Perfetto. Qualcuno che non sono.
Vado verso il sacco da boxe ed inizio a prenderlo a pugni con tutta la forza che mi ritrovo in corpo. Con un bisogno quasi viscerale di sentire male alle braccia, alle spalle, alle mani. Di vedere le nocche farsi violacee, spaccare la pelle e sanguinare. Tanto. Lasciando che il liquido rosso scorra libero, fino a macchiarmi i vestiti, la pelle, che tanto dentro sono già sporco.
Mi sfogo contro quel sacco di colore nero senza risparmiare nemmeno un colpo, né a lui né a me stesso. Sento male ed intanto butto fuori tutto il fiato possibile, quasi così riuscissi a fare uscire le cose non dette, trattenute dentro: la paura, l'ansia da prestazione, il tremolio alle gambe nascosto da giorni interi, al solo pensiero di dover cantare questa sera davanti a milioni di persone, il peso sullo sterno di una canzone dal significato così importante e profondo, portavoce di migliaia di storie diverse, intrecciate, difficili.
Mi accorgo della presenza di qualcuno alle mie spalle, mi volto e vedo Ludo appoggiata allo stipite della porta, intenta ad osservarmi.
Forse da minuti interi.
Ma io mi giro di nuovo e continuo a prendere a pugni il sacco, non curandomi di altro. E si, forse sono sempre il solito egoista del cazzo. Quello che non si cura mai dei sentimenti altrui, quello che si isola e pensa solo a se stesso, anche quando sa di fare del male a chi gli sta intorno. Quello che i problemi li vuole affrontare da solo, senza l'aiuto di nessuno, che scappa quando la situazione gli sfugge di mano. Che vuole salvarsi da solo, ma poi inevitabilmente si rende conto che non ne è in grado.
Mi accascio a terra, sfinito e stremato da queste ore di allenamento intensivo.
Ma forse leggermente più disteso. Ludovica tiene la sua ecopelliccia in mano, mentre non muove un muscolo, né tantomeno apre la bocca per emettere qualche cosa simile ad un suono.
"Ti sto cercando da ore" dice in tono secco, quasi rimproverandomi. Sotto sotto, immaginavo avrebbe reagito così e forse me lo merito anche. Mi sono allontanato un'altra volta da tutto e tutti, senza una spiegazione valida e sono consapevole del fatto che abbia ragione ad essere arrabbiata con me.
"Non mi andava di venire" le rispondo in tono altrettanto serio, non mollando mai la presa. Mi alzo e recupero il mio asciugamano dalla borsa, usandolo poco dopo per pulirmi la fronte dal sudore e metterlo successivamente intorno al collo. Ludovica mi da un'occhiata da capo a piedi, soffermandosi qualche secondo di più sui miei occhi. Qualcosa di veloce, ma in grado di raggelarmi il sangue nelle vene.
Trasformandolo in ghiaccio.
"Potevi avvisarmi o che ne so, magari rispondere almeno al telefono. Invece -" si interrompe, come se stesse per dire qualcosa di troppo impulsivo e fosse riuscita a fermarsi giusto in tempo.
In tempo per non rovinare tutto.
"Non ne avevo voglia" rispondo duro, mentre bevo un sorso di acqua dalla bottiglietta in plastica. "Filippo, scusaci se ci preoccupiamo per te e a te invece non frega un cazzo. Scusa se non sappiamo dove sbattere la testa, se non capiamo il tuo assurdo comportamento, se a volte risulti un codice troppo difficile da decifrare anche per noi.
Anche per me.
Ci escludi, ci tiri fuori da tutto e quelli che sbagliano siamo sempre e costantemente noi" lo dice in maniera delusa, affranta, svuotata.
Esasperata dal mio essere costantemente indecifrabile.
Esasperata perché ogni volta è sempre la stessa storia.
Esasperata perché le sembra di essere arrivata ad un punto, di avere in mente la combinazione giusta per conoscermi a fondo, ma quando arriva il momento di inserirla, la cambio improvvisamente. Sempre per la paura di essere ferito, per quella smania di proteggermi, anche da chi mi ama più di ogni altra cosa al mondo.
Mi guarda e sento freddo.
I riscaldamenti sono al massimo, ma io sento freddo.
Il sudore mi si raggela addosso, facendomi venire i brividi.
Mi guarda ed io mi sento nudo, non perché non indosso la maglietta, ma perché quei suoi occhi nocciola sanno andare ben oltre.
Sanno spogliarmi da tutto, persino dalle certezze costruite in una vita intera.
"Ludovica" sussurro quando mi accorgo di aver esagerato, ma ormai è tardi. Sono rimasto fisso a guardare il punto dove era lei fino a poco fa, senza nemmeno rendermi conto che se ne è andata da minuti interi.
Lasciandomi qui.
Appoggiato al muro di una palestra vista mare, con un obiettivo importante da portare a termine e l'ansia infame come tenaglie attorno allo stomaco.
Torno in stanza e la trovo poggiata alla finestra, con una sigaretta a metà tra le dita e avvolta nel suo amato sciarpone di lana a scacchi rosa.
Sto ad osservarla per un po', senza dirle niente di più. Mi limito a lasciare che i miei occhi si riempiano di lei. Poso la borsa per la palestra a terra, cercando di fare parecchio rumore, ma niente smuove la sua attenzione. "Ehi" le sussurro con la voce roca, avvicinandomi a lei a passi lenti. Sospira pesantemente.
Ed io mi allontano.
Meglio sdraiarmi sul letto.
Resto sopra le coperte per qualche istante, fingendo di rispondere a qualche messaggio e buttando un occhio sulla sua figura.
"Mi fai compagnia?" cerco un dialogo, un appiglio a cui aggrapparmi per fare pace. Ma lei non molla mai. Mi rivolge la schiena, ancora intenta a scontrare la pelle del suo viso con l'aria gelida di febbraio. Forse sorride. Forse no.
"Lulù" la richiamo ancora. So che quel nomignolo è sempre in grado di accenderle qualcosa dentro. Vedo il suo respiro cambiare, la sua posa farsi più rilassata e sono sicuro che stia sorridendo. Anche se non sono davanti a lei, so riconoscere ogni minimo dettaglio e adesso, proprio in questo istante, uno di quei suoi sorrisi meravigliosi le è nato sulle labbra.
Si avvicina a me mentre continua a sorridere, poi si stende al mio fianco e lascia che le mie mani si perdano a sfiorarla, a toccarla, ad accarezzarla.
E così mi innamoro di più.
"Ho solo paura" le confesso a mezza voce, cercando di lasciarmi andare il più possibile e darle una spiegazione valida per il mio assurdo comportamento. Lei alza il suo volto verso di me e mi accarezza una guancia, in un modo così semplice che le parole quasi mi muoiono in gola. "E oggi i pensieri mi hanno sovrastato, come al solito..." dico esausto, mentre chiudo gli occhi e cerco di placare quella specie di martello che mi sta pompando nel cervello. "Non serve che tu mi dia spiegazioni, ti conosco" conclude con un sorriso.
E me ne accorgo ogni volta di più.
Ogni volta che faccio una cazzata e non so come rimediare, ogni volta che parlo troppo e la mia impulsività agisce al posto mio, ogni volta che non so esprimermi e trattengo tutto dentro, fino ad implodere, ogni volta che con uno sguardo o un gesto vorrei poter parlare, ogni volta che sento il bisogno di scappare ed isolarmi dal mondo, forse persino da me stesso, ogni volta che scrivere è l'unica mia valvola di sfogo, l'unico modo per comunicare agli altri.
Lei mi conosce, meglio di chiunque.
Per lei sono un libro aperto, letto e riletto almeno un migliaio di volte, con i segni sulle pagine e gli attimi migliori sottolineati. Per Ludovica non ho segreti, nel bene e nel male, pregi e difetti compresi e forse è proprio questo uno dei motivi per cui mi sono innamorato follemente di lei. Che sa tradurre ogni espressione, ogni gesto, persino il silenzio, meglio di quanto non sappia fare io stesso.
L'ansia mi sta divorando vivo, come se si stesse nutrendo dei miei organi dall'interno ed io non sapessi come placarla.
È la prima sera qui a Sanremo e canterò tra gli ultimi. Credo che per un paranoico d'adozione come me non esista cosa peggiore di questa.
Sono all'interno del mio camerino da ore, anche se gli altri hanno provato almeno un migliaio di volte a dirmi di uscire, di raggiungere gli altri artisti nel piccolo salottino dietro le quinte.
Ma non sono il tipo.
Preferisco restare in disparte.
Francesca e Letizia hanno già preso il loro posto nel pubblico. Lorenzo non ha voluto sentire ragioni ed è rimasto qui accanto a me, stessa cosa Ludovica. Come sempre cercano di smorzare il clima teso che sto creando attorno a me, ma è davvero difficile riuscirci quando mi impunto e resto immobile.
Lorenzo passa con un gesto veloce della mano il pacchetto di camel a Ludovica, che per poco non lo fa cadere a terra. La presa non è mai stata il suo forte. La guardo mentre si accende la sigaretta ed inizia ad aspirarla con calma, con la bocca che si apre poco dopo per buttare fuori il fumo. La guardo e penso che è bellissima, che è l'unica cosa in grado di calmare il battito del mio cuore accelerato.
Indossa un abito corto, in velluto di colore nero, con un paio di décolleté nude che le allungano le gambe, facendola sembrare ancora più alta.
E forse questo non gioca a mio favore.
Io invece, continuo a torturare i bottoni della giacca che indosso, mentre Lorenzo e Ludovica continuano a parlare e scherzare. Forse lo fanno anche con me, ma non ho la lucidità per rendermene conto.
"Ogni volta che ci ritroviamo in un camerino insieme, mi sembra di tornare indietro nel tempo" dice nostalgico Lorenzo, mentre scatta qualche foto a me, a noi, a qualche dettaglio che ci circonda. Ludo lo guarda e scuote la testa sorridendo. Sembra quasi che un ricordo le si sia insinuato negli occhi, uno o forse migliaia, chissà. "E se chiudo gli occhi, voi ci siete sempre" aggiungo io, allacciandomi al discorso del mio migliore amico. "A chi ci sarà sempre, no?" mi fa un cenno Lori, facendo scontrare le nostre spalle l'una contro l'altra. "Eh no, zio. Ci sarò comunque vada, no?" sorride Ludovica, sedendosi sopra le mie gambe e lasciandomi un bacio a stampo.
Le sue mani che sfiorano il mio viso ed improvvisamente mi sento meglio.
L'ultima sigaretta prima di andare in scena, in uno delle decine di camerini di questi ultimi anni, con accanto le due persone della mia vita. Quelle che scegli, quelle che arrivano e ti stravolgono tutto, che ti fanno crollare le certezze, che sanno andare talmente oltre da scoprire il tuo doppio fondo, quelle che con uno sguardo ti fanno capire tutto.
E molto, molto di più.
Quelle che se voli, voleranno insieme a te. E se invece cadrai al suolo e non saprai come fare a rialzarti, si sdraieranno accanto a te.
Senza incertezze.
Senza mai pensare di scappare, perché il verbo restare è più importante di quello andare.
irama.plume ha appena pubblicato un post
Sanremo
irama.plume Parte l'avventura dove tutto ebbe inizio...l'emozione è tanta, finalmente tra poco vi potrò far sentire "La ragazza con il cuore di latta" 🌹
"Filippo, tocca a noi!" esclama Giulio, serio e prendendo un respiro profondo. Una scia di brividi mi percorre la spina dorsale, talmente in fretta da farmi sussultare leggermente. Ludovica sembra accorgersene, la sua mano si posa dietro la mia schiena e me la accarezza con premura. Giulio va a posizionarsi nell'orchestra, mentre io, Lori e Ludo percorriamo il lungo corridoio uno di fianco agli altri.
Sto cercando di respirare con calma, ma una sorta di nodo mi trattiene il fiato fermo in mezzo alla gola, non dandomi modo di uscirne. Sento il panico salirmi nel sangue, pomparmi nelle vene, nelle arterie, fino a scoppiare nelle tempie e fottermi il cervello. I tecnici audio iniziano a sistemarmi gli in-ear e tutto il necessario, ma io non respiro e tutta questa gente attorno non fa altro che peggiorare la mia condizione. Ludovica mi guarda preoccupata, come percepisse le mie stesse sensazioni e notasse dai miei gesti che qualcosa non va. Che quel filo che ci lega, è in grado di trasmetterle persino le mie stesse emozioni.
Ricambio il suo sguardo e lei sembra capire tutto. E molto di più.
Si avvicina e scocciata chiede ai tecnici di farmi respirare e non opprimermi così, con mille mani attorno e altri trilioni di domande tutte insieme.
Lorenzo mi si ferma accanto, non è un tipo di molte parole, ma con i gesti ha sempre saputo dirmi tutto ciò che avrei dovuto sapere. Mi affianca e mi osserva per un istante, boccheggiando, mentre io gli sorrido e scuoto la testa. - tra noi ha sempre funzionato così -
Un vortice di cose mai dette, di frasi nascoste sotto la sabbia, di parole inespresse per evitare di essere troppo o troppo poco.
Un dialogo lungo anni fatto di gesti, sguardi, abbracci.
Una conversazione di due che in realtà non sanno conversare affatto.
Che le parole non sanno come metterle, in che ordine, come usarle al momento giusto.
Che hanno sempre paura di non essere abbastanza, ma che allo stesso tempo con un incrocio di sguardi, sanno dirsi tutto.
Sta in silenzio, finché un sorriso non gli piega le labbra e gli occhi azzurro cielo diventano sottili come due fessure appena schiuse. Con una mano mi accarezza una guancia, per poi poggiarla sulla spalla e darmi una pacca forte - che leggermente mi destabilizza e sicuramente è in grado di smuovermi qualcosa dentro -
Con quello sa dirmi proprio tutto, mi fa capire che lui c'è sempre stato e così continuerà. Per sempre.
Ludo si sta mangiando le unghie, noto la sua ansia da qui e la posso percepire persino sulla mia stessa pelle. So quanto è orgogliosa di me, quanto vorrebbe dirmelo, quanto probabilmente vorrebbe urlarlo al mondo, a tutta la gente seduta su quelle eleganti poltrone; allo stesso tempo però so anche che non riuscirà a spiccicare una parola, che se ne starà in silenzio, che mi guarderà e si maledirà per essere sempre la solita.
Si avvicina a me, stretta in quell'abito di velluto nero e si limita ad abbracciarmi, a baciarmi, a lasciarmi una carezza.
"Sei forte amore mio. Credo in te più di ogni altra cosa" poche, semplici parole e mi entra nel cuore. Sento la loro forza scorrermi nelle vene, il loro orgoglio spaccarmi le ossa, il loro amore avvolgermi come una calda coperta. Li guardo un'ultima volta, voltandomi di spalle mentre sto salendo le cinque scalette che mi porteranno sul palco. I loro occhi nei miei ed improvvisamente sento di poter tenere l'intero mondo tra le dita.
E così faccio.
Dopo i primi attimi di esitazione.
Quelli in cui tutto intorno è buio, le persone stanno in silenzio, si sente solo qualcuno che tossisce e tu vorresti solo scappare.
Lontano. Il più lontano possibile.
Che senti il cuore far pressione dentro la gabbia toracica, lo senti battere persino nelle orecchie e pensi di morire di infarto nel giro di qualche secondo. Forse un po' ci speri pure.
Ma poi una luce.
La melodia di un pianoforte.
Le prime note della tua canzone.
Lo sguardo fiero di Giulio ed il suo attacco di bacchetta.
Il suono degli strumenti dell'orchestra.
Il palco che si illumina.
Ecco, lì c'è un istante preciso in cui il mondo sembra allinearsi, in cui i pianeti si affiancano alla perfezione e tutto prende forma. L'esatta forma che ti aspettavi, che volevi, quella che desideravi quando chiudevi gli occhi ed immaginavi.
La forma di una canzone trasformata in poesia.
irama.plume ha appena pubblicato un post
irama.plume Eccomi poco prima di salire sul palco...felice di vivere questa avventura insieme a voi!
Grazie a tutti 🌹
ludovicaa ha aggiunto contenuti alla sua storia
Ludovica
Ultima mattina qui a Sanremo.
Ultima colazione in hotel appena fatta.
Ultimo sbadiglio vista mare blu.
Dopo una settimana fatta esclusivamente di van neri e dai vetri scuri, interviste a qualsiasi ora del giorno, radio, televisioni, presentatori diversi con il carnet di stesse identiche domande, pochissime ore di sonno a notte e delle occhiaie che neanche i migliori correttori riuscirebbero a coprire.
Filippo sta finendo l'ultima intervista in camerino, prima di andare a fare le prove sul palco.
Per l'ultima volta.
Ieri sera c'è stata la serata duetti e Fil ha deciso di farlo con Noemi. È stato qualcosa di assurdo, di talmente intenso da spaccarti l'anima, da entrarti dentro un antro del cuore, da scorrerti nelle vene alla stessa velocità di un fiume in piena. Non ricordo molto, se non che ad un certo punto, mi sono accasciata a terra ed ho iniziato a piangere.
Senza freni, senza maschere, senza vergogna.
Tutta la gente intorno che mi guardava, con quella dannata puzza sotto al naso e quell'aria da persone impostate che mi da sui nervi. Ma io non riuscivo a trattenermi, non più almeno. Ho pianto tante volte ascoltando La ragazza con il cuore di latta, ma mai in una maniera tanto intensa e viscerale quanto ieri. L'unione delle loro voci, il coro gospel, la gestualità di Filippo, i suoi occhi colmi di verità, sono riusciti a spezzarmi qualcosa dentro. Lorenzo che si è seduto accanto a me, posando le sue braccia attorno alle mie spalle e commuovendosi leggermente per la mia reazione, credo non esistano le parole per spiegare un'emozione tanto grande. Ieri sera, per la prima volta, ho sentito una strana reazione dentro di me: quasi l'orgoglio che provo per Fil fosse esploso come una bomba e avesse riempito i miei polmoni, il cuore, lo stomaco, il cervello, ma soprattutto gli occhi.
Con gli occhi pieni di lui, sempre.
"Ditemi che non sto sognando: ho davvero finito tutte le interviste!" urla il mio fidanzato, alzando le braccia al cielo e liberandosi di un po' di fiato. Ha i capelli arruffati, gli occhiali da sole a coprire le occhiaie e quel maglione a righe rosse e nere che adoro con tutta me stessa. "Ma Lori dov'è andato?" mi chiede con la voce assonnata e accennando uno sbadiglio. "Ne ha approfittato per andare a fare qualche foto sul mare con Fra, solo loro due e l'infinito blu" gli rispondo, sedendomi sopra le sue gambe e accarezzandolo. "Che romanticoni...mi sale il diabete con quei due" sussurra schifato, aggiungendo la sua tipica espressione buffa. "Sei proprio la persona meno adatta a dire queste cose, visto come ti comporti quando siete insieme" entra Giulio, ridendo ed indicandoci con un cenno della testa. "Tra due ore abbiamo le prove, non addormentarti nel frattempo" lo avvisa, mentre prende un vassoio e esce dalla stanza. "Ma tu dove stai andando esattamente?" gli chiede curioso Filippo, corrugando la fronte. "Porto la colazione a Leti, è ancora a letto. Ci vediamo dopo!" rientra per un attimo, per poi uscire di nuovo di fretta. Con un paio di cornetti al pistacchio e le pupille piene d'amore. E l'espressione di chi ha in mente ben altro oltre alla colazione.
"Tu hai qualche programma?" mi chiede Filippo, sistemandosi la giacca. Io scuoto la testa e sorrido, porgendogli la mano curiosa. Usciamo nel retro del teatro a fumarci una sigaretta, così da stare il più tranquilli possibile, vista la calca di folla che c'è all'entrata. Il freddo entra nelle ossa, riesce a scalfire persino il tessuto degli indumenti pesanti che indossiamo e a tagliare la pelle, con il suo fare infimo e crudele.
Febbraio misto ad aria di mare, c'è un sapore tremendamente diverso. Mi sembra di essere a casa.
Restiamo per un po' lì, fermi e abbracciati l'uno all'altra, a coccolarci come non succedeva da secoli interi. In questi giorni abbiamo avuto da pensare a talmente tante cose, da sistemare così tanti dettagli, da dar retta a centinaia di cose, che noi due siamo decisamente finiti in secondo piano.
Il suo fiato che diventa mio, il mio respiro che rivive dentro di lui ed i nostri baci talmente intensi e passionali da farmi girare la testa.
"Sono un po' in ansia per stasera..." sussurra, nascondendo il viso nell'incavo del mio collo. È un gesto che fa sempre quando si apre e mostra qualche insicurezza, qualche paura, qualche ferita. Cerca di coprirsi il volto, gli occhi, di voltarsi, di non incrociare lo sguardo di chi si ritrova davanti, di nascondersi da quello che potrebbe essere il giudizio altrui. O nel caso in cui si tratti di me e Lorenzo, semplicemente dai nostri occhi che sanno spogliarlo ancora di più.
"Lo immaginavo, non saresti tu senza paranoie" infilo le mie dita tra i suoi capelli e le lascio lì: a contatto con la sua cute, ad accarezzarlo come se potessi trasmettergli tutto l'amore di cui ha bisogno. "Sai sempre come farmi sorridere, anche quando la paranoia -" lo interrompo. "Ti sotterra dolcemente e stringe piano, piano le tue tempie?" lui sorride, gettando la testa all'indietro ed io che mi innamoro. Che quel gesto è così dannatamente suo, che se dovessi rivedere e rivivere una scena all'eterno, sceglierei senz'altro un momento in cui ride.
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Butta a terra il mozzicone di sigaretta e lo spegne con la suola degli anfibi che indossa, poi mi prende per mano e mi invita a rientrare dentro.
Di freddo ne abbiamo già preso abbastanza.
Percorriamo di nuovo una parte di corridoio, mano nella mano, mentre ogni dieci secondi dobbiamo aprire la bocca per salutare una persona diversa. I pass della Rai che battono contro il petto ed il freddo gelido ancora ben impresso nelle ossa, nonostante il riscaldamento in modalità Bali. Sorpassiamo varie porte, tra cui anche il camerino assegnato a Filippo per questi cinque giorni. Lui non accenna una parola, si limita solo a voltarsi verso di me e a sorridere furbescamente.
Che quando lo fa non si prospetta mai nulla di buono. E ne sono consapevole.
Si guarda intorno per qualche secondo, per poi entrare di fretta in una specie di piccolo ripostiglio, adiacente al suo camerino.
"Hai accantonato l'idea di fare il cantante e hai improvvisamente deciso di dedicare la tua vita alle pulizie, Maria?" lo prendo in giro, mentre lui mi spinge leggermente contro il muro ed il manico di una scopa urta una pila di detersivi, creando un effetto domino rumorosissimo. "Ho solo voglia di fare l'amore con te, bimba" sussurra, mentre sposta un'altra scopa accanto alla porta, cercando di chiuderla nella maniera più sicura possibile.
Un piccolo spiraglio di luce proviene da una finestrella in alto, così da illuminare perfettamente la sua pelle color luna ed i suoi occhi cerulei. Scoppiamo a ridere quasi ogni secondo, notando che a stento riusciamo ad incastrarci da quanto stiamo stretti. Mi porta a posare la schiena contro il muro, mentre con la solita fretta mi spoglia dei vestiti e anche di tutti i miei freni inibitori rimasti.
"Filippo, ma -" cerco di fermarlo, posando le mie mani sul suo petto già nudo. Ma lui mi interrompe. "Si, hai capito bene. Voglio scopare. Qui. Adesso." mi dice serio, con un modo di fare talmente sensuale, che forse questo è il motivo principale per cui mi manca il respiro. Sorrido contro le sue labbra, mentre lui mi bacia con trasporto, lasciando che il suo respiro si intrecci con il mio. "Fanti -" ma anche questa volta non trovo il modo di finire la frase, le sue dita scostano il tessuto delle mie mutandine ed entrano dentro di me. Con quella passione mista a delicatezza, che mi farà sempre sentire la persona più amata e desiderata di questo mondo.
Le mie mani vagano tra i suoi riccioli, scendendo sempre più giù. Seguono ogni linea del suo corpo, ogni lembo di pelle, ogni cicatrice, ogni neo, ogni muscolo che si muove, ogni singolo dettaglio. Fino ad arrivare all'elastico dei suoi boxer blu, fino a sfiorare l'erezione, fino a toccare il suo punto più debole, separato dalla mia pelle solo da uno strato di tessuto sottile. "Cazzo, mi fai impazzire così però" sussurra, mordendosi il labbro inferiore e muovendo più velocemente le sue dita dentro di me. Io inarco la schiena all'indietro, sentendo un qualcosa di appuntito appoggiarsi alla pelle delle mie costole, graffiandola leggermente.
Ed ogni volta è sempre la stessa storia: perdiamo completamente la testa. Non ci interessa di chi potrebbe scoprirci, del fatto che chiunque potrebbe entrare, che i nostri gemiti di sentiranno persino dal nostro hotel. In questi momenti esistiamo solo io e lui, il resto attorno sparisce nel vuoto.
"Fil -" mormoro in un respiro, quando mi solleva ed entra dentro di me con una spinta, per poi posare le sue labbra sul mio collo e morderlo delicatamente.
Ogni spinta è un urlo soffocato, un respiro mancato, un bacio a fior di labbra, una carezza, un sorriso accennato, un tremolio alle gambe. È un intrecciarsi di dita, fiato sul collo, il battito del cuore accelerato, è voglia di sentirsi vivi, occhi che si cercano, pelle calda, vetri appannati, brividi lungo la spina dorsale.
Fare l'amore con lui è la melodia di una canzone, la nostra.
È il modo di amarsi più intenso e puro che esista.
È l'unico modo per perdere il lume della ragione e recuperare battiti di vita.
"Ti amo Lulù" mi sussurra, mentre mi aggrappo a lui per restare in piedi ed i nostri petti si muovono ancora troppo velocemente per avere abbastanza fiato e poter parlare. Non faccio a tempo a rispondergli, che delle voci interrompono quel momento solo nostro.
Sono quelle dei nostri amici e stanno per...
"Filo? Ludo? Siamo arrivati e abbiamo portato qualcosa da -" la voce profonda di Giulio ci fa scattare, ma non abbiamo abbastanza tempo per recuperare i vestiti, indossarli e renderci almeno presentabili. Lorenzo spalanca la porta del ripostiglio, probabilmente per cercarci, ma ci coglie sul fatto ancora completamente nudi e tremendamente imbarazzati. Mentre dietro di lui Francesca, Letizia e Giulio spalancano la bocca stupefatti. Tutto questo dura giusto qualche secondo, il tempo necessario affinché Filippo urli qualcosa a Lorenzo, ancora fermo con la mano sulla maniglia e gli occhi su di noi. "Filippo, ma porca puttana!" esclama Giulio, in un misto tra risata e rimprovero. "Cazzo Ludovica, ma mettete un cartello sulla porta la prossima volta" urlano Leti e Fra, quasi insieme, mischiando talmente tanto le parole che non riesco a distinguere l'una dall'altra. Filippo mi guarda imbarazzato, ha le guance rosse come un pomodoro e continua a sistemarsi il ciuffo costantemente. È infastidito, divertito, arrabbiato, ma allo stesso tempo dentro di se se la sta spassando. "Ci rivestiamo, calmatevi" dico semplicemente, approfittandone per baciare Filippo ancora una volta. Le sue mani subito appoggiate ai miei fianchi nudi, le mie dita a percorrere il disegno del serpente sulla pancia e le lingue intrecciate. "Li abbiamo già scioccati abbastanza, infilati i pantaloni ed esci di qui. Subito!" gli dico mordendomi il labbro, con i suoi occhi che mi guardano e ridono. Mi rivesto con calma, fermandomi per osservarlo mentre si infila i pantaloni e sistema la maglia. "Sai che non mi sono ancora abituata all'idea di quel mega serpente?" gli dico indicandogli con un cenno i muscoli tesi della pancia. "Amore, ricorda che il mio serpente migliore l'hai appena sentito muoversi da vicino. Da molto vicino." sussurra avvicinandosi a me furbescamente e scontrando ancora una volta i nostri corpi. "Idiota" gli rispondo sconsolata, scuotendo la testa. Mi avvicino alle sue labbra e lo bacio, mordendogli delicatamente la parte inferiore e uscendo da quel piccolo ripostiglio.
"Non commento" scuote la testa Lorenzo, passando gli occhi da me a Filippo, con la stessa aria di un padre deluso. "Non mi toglierò mai dalla testa quelle immagini" lo segue Francesca schifata, sollevando una parte di labbra. "Ma vi rendete conto? Avete una camera di hotel a disposizione da cinque giorni, perché farlo qui? Perché farlo ora?" Letizia ci tempesta di domande, mentre io e il mio fidanzato non facciamo altro che ridere. "Anziché prepararti per stasera..." mormora Giulio, mentre beve un po' di acqua da una bottiglietta.
"Scusateci, non sapevamo ci fosse un'entrata anche dal camerino" cerco di appigliarmi a qualcosa, che i loro sguardi mi stanno facendo sentire una pessima persona.
"Una domanda: ma siete tutti e quattro così acidi perché non scopate mai? O semplicemente perché avete visto le misure e avete capito di aver sbagliato tutto dalla vita?" chiede beffardamente Filippo, accendendosi una sigaretta e lasciandosi andare sul divano in pelle rossa. Tutti gli altri scoppiano a ridere, mentre io scuoto semplicemente la testa. "Lo sentite anche voi nell'aria?" chiede Lorenzo. "Si, eccome. È l'ego di Fanti che rischia di farci soffocare" lo supporta Francesca, mentre gli altri iniziano a tossire di conseguenza. Ma l'unica cosa che attira la mia attenzione è Filippo, l'aria sempre più assente, gli occhi spenti e la testa altrove.
Io, Lorenzo e le ragazze ne abbiamo approfittato per prenderci qualche ora. Siamo stati a fare una passeggiata, a prenderci un bicchiere di vino e a scattare qualche foto come al solito. Mentre Fil e Giulio sono rimasti a teatro, per ultimare i dettagli per stasera.
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Quando rientriamo in camerino, però, vedo Giulio preoccupato e noto l'assenza del mio fidanzato. "Filippo dov'è?" chiede Lorenzo guardandosi intorno, mentre Giulio lascia un bacio sulle labbra della sua ragazza. "Ha detto che aveva bisogno di staccare per un po', ma non so dove sia andato" la sua voce ha un tono impensierito ed io non so dove sbattere la testa. Lorenzo gira subito il suo sguardo verso di me, che a mia volta mi perdo nei suoi occhi blu mare e vorrei avere una spiegazione a tutto.
"Non preoccupatevi, voi andate a riposarvi. Ci vediamo dopo in hotel" dico prendendo la mia pelliccia nera e salutando tutti. Esco dal teatro e mi fermo per qualche istante, aspiro la nicotina della mia sigaretta e penso a lui.
Filippo.
In paranoia totale.
Con la testa oppressa dai mille pensieri.
Dove può essere andato se non al mare?
Inizio a correre il più veloce possibile, fino a raggiungere una piccola caletta vicino all'albergo dove alloggiamo. So quanto il mare sia il suo elemento naturale, quanto quell'acqua cristallina dia risposte alle sue domande, quanto i granelli di sabbia fine lo facciano sentire a casa.
Protetto.
Lontano da tutto.
Lo vedo. Se ne sta seduto sulla spiaggia, avvolto nella sua giacca di pelle, con il sole caldo a illuminargli la pelle e i raggi che si infiltrano nei capelli, rivelando i loro meravigliosi riflessi.
"Questa scena mi ricorda qualcosa" dico alludendo ad un momento vissuto anni prima, al mare di fronte all villa di Lorenzo ed il nostro ingenuo amore consumato sotto un acquazzone.
"Amore" pronuncia solo, battendo una mano sulla sabbia accanto a lui e facendomi segno di sedermi. Mi avvicino, giusto il tempo di posare la borsa, che la sua testa è già posata sul mio grembo. Se ne sta rannicchiato per un po', chiuso in se stesso come un riccio di castagna: con un mondo dentro, ma nessuna istruzione per esprimerlo. "Che succede?" gli chiedo tranquilla, mandando velocemente un messaggio a Lori per tranquillizzarlo. "Nulla..." mormora, sospirando leggermente. "Non me ne andrò da qui finché non mi dirai che cos'hai, lo sai vero?" lo avviso con tono serio, mentre lui accenna un sorriso.
"Sempre la solita ostinata" scuote la testa e posa le sue labbra sulla mia mano.
"Sempre il solito introverso" rispondo a tono, attorcigliando i suoi ricciolini attorno alle mie dita. "Ho solo paura...come al solito" mi confessa, tirandosi su e mettendosi a sedere davanti a me. "La musica potrebbe distruggermi di nuovo. Potrebbe andare tutto male. Potrei sbagliare qualcosa. Potrei fallire ancora. Potrebbe andare tutto a rotoli, un'altra volta ed io non sarei in grado di affrontarlo. Questa volta non mi rialzerei più" sussurra con un filo di voce, talmente flebile, che sembra quasi quel nodo in gola si stia ingrossando proprio mentre parla.
Tira su il viso ed incastra i suoi occhi nei miei.
Un'esplosione a cui non mi abituerò mai.
"Sei forte. Sei la persona più forte che io conosca. Non hai mai avuto paura di cadere, di sbagliare, di credere nel tuo sogno, anche quando tutto il resto del mondo era contro di te. Sanremo è un'avventura, una prova di coraggio, un tassello in più da aggiungere alla tua storia, non è un numero. Non sarà mai quel posto in classifica a determinare l'artista che sei.
La persona che sei.
Mai. Stasera sali su quel palco e spacca come sei abituato a fare. Prendi in mano quel microfono e vivi, respira, godi della tua arte.
Il resto sono solo paranoie, non dargli ascolto" dico tutto con estrema calma, guardandolo negli occhi come ho fatto rare volte e sottolineando tra le righe quanto sono fiera di lui.
Come artista.
Come cantante.
Come fidanzato.
Ma prima di tutto come persona.
"Mi concedi il lusso di tornare in albergo con me?" gli chiedo, facendolo ridere di gusto. Si alza in piedi e mi porge la sua mano, aiutandomi a fare lo stesso. Poi si sposta leggermente per farmi andare avanti, per poi bloccarmi poco dopo, posando il suo braccio attorno alla mia vita. "È che ho solo paura di alzarmi domani, ma senza di te" mi sussurra nell'orecchio, posando il suo mento sulla mia spalla. Il suo respiro sul collo, il suo petto adagiato alla mia schiena, il rumore delle onde in sottofondo: credo che la felicità non è poi tanto diversa da così.
Sono davanti allo specchio da ore intere, che alla fine di trovare un vestito che mi stia divinamente, non mi interessa poi tanto. Sono ansiosa, preoccupata, un groviglio di nervi tesi e l'abito non c'entra proprio niente. È l'ultima sera e vorrei che fosse perfetta.
Che ogni dettaglio fosse al proprio posto.
Che quella classifica lo facesse uscire vincitore.
Che lui fosse fiero di se stesso.
Che da domani si aprisse un nuovo capitolo.
Che la sua canzone restasse indelebile negli anni, esattamente come la purezza dei suoi occhi.
E tutte queste paranoie le riverso sulla scelta di uno stupido vestito.
Fisso gli abiti sparsi sul letto e poi guardo Filippo, steso sotto una pila di questi ultimi, con lo sguardo divertito ed un sorriso stampato in faccia. "Che guardi?" gli chiedo scocciata, buttandomi di peso all'indietro e lasciandomi andare sul letto. Sentiamo bussare alla porta, mentre io allarmata spalanco gli occhi e mi copro con qualche vestito preso a caso. Visto che solo qualche secondo fa, avevo addosso solo un paio di slip. Filippo va ad aprire e torna indietro qualche minuto più tardi, con un abito imbustato e gli occhi che gli brillano.
Lo posa delicatamente sul letto, rimettendosi sotto le coperte e aspettando che io faccia il primo passo. Muovo i miei occhi dall'abito al suo viso, senza capire assolutamente nulla. Poi mi alzo e decido di aprirlo, spinta dai suoi continui cenni della testa.
È un vestito nero monospalla, con un ampio spacco lungo la gamba e un tessuto leggero come una piuma. Lo guardo innamorata, mentre lo faccio uscire dalla busta e me lo poso addosso, volteggiando per la stanza come una principessa. "Provalo, no?" mi invita, con gli occhi brillanti e una specie di paresi sul viso. "Come mi sta?" gli domando, avvicinandomi allo specchio e fissando la mia immagine riflessa. Filippo deve deglutire almeno tre volte, prima di provare a parlare, per poi fallire miseramente e limitarsi a boccheggiare. Sorrido innamorata, mentre i suoi occhi cerulei sono in grado di farmi sentire la cosa più bella del mondo intero. "Sei..." ma non riesce a continuare, abbassando di colpo lo sguardo, imbarazzato come l'ho visto rare volte. Non dico niente, mi limito a baciarlo in fretta e a finire di prepararmi.
Dopo quasi un'oretta siamo pronti entrambi, con le ginocchia tramanti ed un groppo in gola che non accenna a diminuire. Filippo si ferma dietro di me, mentre infilo un orecchino e metto a punto gli ultimi dettagli. "Sei incantevole" mi sussurra, provocandomi una scia di brividi lungo la spina dorsale. Io mi volto, faccio per parlare, ma lui mi blocca. "Shh...non dire niente. Vorrei solo poter stare qui a fissarti per ore" sussurra semplicemente, mentre sento il cuore accelerare e le guance farsi sempre più calde. Posa la sua mano sul mio viso, per poi lasciarmi un tenero bacio a fiori di labbra e sorridermi.
Tranquillo, felice, rilassato.
Mi precede uscendo dalla stanza e aspettandomi in corridoio.
È il momento di andare.
Di andare e lasciare che le emozioni parlino da sole.
'E se ogni tanto le chiedevo come mai non esci
Diceva siediti qui affianco ed indicava su
Io in quella nuvola ci vedo solo un cuore vero
Adesso dimmi in quella accanto cosa vedi tu
Ma chi ha sofferto non dimentica
Può solo condividerlo se incrocia un'altra strada
Per ragazza più bella del mondo con il cuore di latta
Sappi che io ci sarò
Comunque vada
E non lo senti che
Questo cuore già batte per tutti e due
Che il dolore che hai addosso non passa più
Ma non sei più da sola, ora siamo in due
Io ci sarò comunque vada, oh
Ci sarò comunque vada
Fare l'amore è così facile, credo
Amare una persona fragile, meno
Linda è cresciuta con un cuore che non batte a tempo
Ma adesso dentro la sua pancia batte un cuore in più
E non lo senti che
Questo cuore già batte per tutti e due
Che il dolore che hai addosso non passa più
Ma non sei più da sola ora siamo in due
Io ci sarò comunque vada, oh
Ci sarò comunque vada'
Questa canzone è poesia sciolta tra le parole, unita alle note, mischiata ad un pizzico di magia.
Ricordo la sera del compleanno di Filippo, quando seduti ad un tavolo, ci siamo lasciati trasportare dalle sue parole.
È stato un colpo al cuore per tutti i presenti. Il solito dolore di una lama che si infila nella carne piano, ma con la stessa spietatezza di chi non ha un briciolo di umanità.
La verità cruda senza compromessi o vie di scampo.
Secca e diretta come solo lei sa essere.
E stasera, soffermarmi su di lui, sulle parole, sui visi delle persone sedute su quelle eleganti poltrone bordeaux, fa un effetto strano. Diverso da solito, da quello di tutte le sere precedenti.
Mi ritrovo a pensare a quanta sensibilità racchiusa nel cuore di un giovane ragazzo di soli ventitré anni, alla purezza d'animo che traspare da quel testo così profondo, alla delicatezza che si porta dentro e che lo aiuta a cogliere certi dettagli, a quel modo unico di raccontare le storie altrui, senza mai essere invadente o scontato, alla bravura nel raccontare la sua storia e farla diventare quella di altre centinaia persone, alla meravigliosa dote che ha: quella di saper arrivare dritto al cuore ed incastrarsi fino infondo all'anima.
E penso che è davvero speciale, non perché sono di parte e lo amo alla follia.
È speciale perché ha la capacità di descrivere una storia così difficile, di racchiudere dentro i suoi occhi cristallini l'essenza del vero amore, di circondare le persone in un caldo abbraccio con la potenza della sua musica, di mischiare alle note un battito di nuova vita.
Una speranza di qualcosa di bello.
Un pizzico di magia.
Perché quel ragazzo dalle piume alle orecchie, pieno di tatuaggi particolari e di anelli alle dita, con gli occhi colmi di passione, è proprio un essere speciale. Una persona dal cuore raro, piena di empatia, coperta da una maschera pesante, che quando cade però mostra un ragazzo semplicemente meraviglioso.
Ed io ho il privilegio di amarlo.
Di farmi riempire l'anima dai suoi occhi brillanti.
Di lasciarmi trascinare nella bellezza della sua vita.
Di baciarlo e sentire il mio cuore esplodere, ogni singola volta.
Ma stasera è diverso.
Persino il sentimento che provo per lui.
Stasera sento il bisogno viscerale di vivermelo a pieno.
Senza pensare ad altro.
Voglio godermi Filippo e la sua arte.
Come una spettatrice qualunque.
E allora basta solo chiudere gli occhi, aprire il cuore e lasciarsi trasportare dalla magia. Come diceva il grande Lucio: tu chiamale, se vuoi, emozioni.
ludovicaa ha aggiunto contenuti alla sua storia
E non è il settimo posto a determinare la musica o la sua bellezza. Non è una classifica a decidere la profondità di una canzone o quanto questa possa toccare i cuori altrui. Non è un numero a scegliere, a dare un voto, a giudicare.
Niente di tutto questo.
Sono gli applausi delle persone, i loro occhi colmi di orgoglio e stupiti dall'empatia di un giovane ragazzo, sono i commenti di chi racconta la propria storia, assurdamente mischiata a quella di Linda, le migliaia di direct pieni di belle parole, sono le persone che lo fermano per strada per complimentarsi, per stringerlo in un abbraccio, per scambiare qualche parola, i nostri cuori uniti in un battito solo. È l'abbraccio scambiato con Giulio, con gli occhi fieri di un fratello maggiore che c'è sempre stato e ora ti sta vedendo volare. È Lorenzo in braccio a Filippo, le loro pacche sulla spalla e i sorrisi stampati in viso. Le loro poche parole, le tante cazzate, l'amore nascosto in qualche battuta o in uno sguardo complice, di chi ti ha visto crollare e toccare il fondo, ma che ora tiene stretta la tua mano e vola con il tuo paio di ali. Sono Francesca e Letizia unite in un abbraccio, spalla contro spalla, che cantano a squarciagola e piangono, ma non smettono di farlo, non se ne vergognano. Vivono ogni singola parola, ogni emozione, ogni sensazione. Siamo io e Filippo che ci stringiamo forte, che le costole fanno male, che con i tacchi sono più alta di lui, che ormai il mio mascara è talmente sciolto da farmi assomigliare al front man dei Kiss. Siamo io e lui uniti in un bacio che stasera ha il profumo di vittoria, nonostante tutto. Perché un misero numero non potrà mai classificare un'artista.
irama.plume ha appena pubblicato un post
irama.plume Sono contento che vi sia arrivato il mio messaggio, la mia canzone. Ha vinto la musica! Grazie a chi ci sarà sempre. Ci vediamo in tour 🔥🌹
irama.plume ha aggiunto contenuti alla sua storia
Mi sono struccata e adesso posso concedermi di sdraiarmi accanto a Filippo, che ha già gli occhi socchiusi e tra poco credo crollerà nel mondo dei sogni. "Hai vinto tu, amore mio" gli sussurro semplicemente. Abbiamo festeggiato fino all'alba e fare un discorso in queste pessime condizioni mi risulta piuttosto complicato, così mi limito a dirgli cinque semplici parole. Tanto so che lui capisce molto di più, anche ciò che mi tengo dentro. Mi sorride e mi stringe stretta sotto le coperte, viso contro viso e ci addormentiamo.
Credo non ci sia niente di più bello.
ludovicaa ha aggiunto contenuti alla sua storia
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Marzo 2019
Non mi stancherò mai di vedere Filippo esibirsi su un palco. I miei occhi si riempiranno sempre di lui, della sua energia, delle emozioni che trasmette. Avrò sempre la voglia di perdermi nelle sue canzoni, di lasciarmi trasportare e godermi la magia. E, anche se stasera non sto troppo bene, mi succede la stessa cosa: con testa, anima e cuore sono rapita da quel ragazzo con le piume.
"È il momento di una storia. Una storia importante, pesante, difficile persino da raccontare. Ma ormai l'ho resa anche vostra, ormai parla anche di voi e se siete qui è perché vi ha toccato qualcosa nel profondo." dice Filippo, muovendosi da una parte all'altra del palco e cercando con gli occhi quelli di ogni singola persona davanti a lui. "Stasera però è diverso. Stasera ho bisogno di avere una persona al mio fianco per rendere questo momento perfetto." mi giro verso le mie amiche e corrugo la fronte. Non ho la minima idea di cosa voglia fare ed il mio cuore già accelera il suo battito all'impazzata.
"Leti, mi raggiungi?" le chiede, porgendole la mano e invitandola sul palco accanto a lui. Io e Francesca, quasi istintivamente, iniziamo ad urlare forte, con l'orgoglio che ci spacca il cuore e la voglia di sentire il loro duetto. La mia amica sale sul palco a passi piccoli, intimorita da qualsiasi cosa, anche la più piccola. La conosco talmente bene da tradurre persino i suoi gesti o le sue espressioni ed ora, probabilmente, preferirebbe scappare a gambe levate. Ovunque, ma non qui.
"Letizia è una delle migliori amiche di Ludovica, la mia fidanzata. Dalla prima volta che l'ho incontrata, ho capito che c'era qualcosa sotto, una sorta di magia repressa. Poi l'ho sentita cantare, un po' per caso, stava cucinando e intonava Un giorno in più: ecco, lì ho capito che avrei voluto averla al mio fianco in qualche modo. Ci ho pensato e ripensato, ma nessuna occasione mi sembrava quella giusta, quella perfetta per esprimere tanta arte. Stasera, qui, su questo palco, ho deciso di cantare con lei una delle mie canzoni più importanti." sono fiera di lui. Fiera che abbia notato nella mia amica una dote così speciale e che abbia deciso di dedicarle un momento, un attimo solo suo, una sorta di ringraziamento per esserci da sempre. "Quindi lei è Letizia e questa è La ragazza con il cuore di latta" un respiro profondo e si va in scena.
Partono le prime note di piano, le mani di Giulio che si muovono dolcemente sopra i tasti bianchi e neri e Leti che stringe forte le mani attorno al microfono. Le nocche si fanno bianche, il respiro accelera, forse anche la testa inizia a girarle leggermente. So quanta poca autostima abbia, quanto una canzone del genere la spezzi dentro, quanto questa sorpresa l'abbia lasciata disarmata. Lei che odia tutto ciò che è imprevedibile, inaspettato, improvviso; ma che allo stesso tempo non programma niente, non ama organizzare, non vuole avere niente di già deciso.
Vive alla giornata, come dice lei stessa.
E forse stasera, questo regalo da parte di Filippo, l'ha colta completamente alla sprovvista, lasciandola senza armi, di fronte ad una delle occasioni più importanti della sua vita. Gli occhi mogano fissi su me e Francesca, mentre la voce di Filippo riempie la stanza, mischiata a quella di altre centinaia di persone. Mi sto preoccupando, la vedo ferma, inerme, inesperta, nonostante il coinvolgimento di Filippo, nonostante la sua voce magnifica, nonostante la bellezza della canzone. Ma basta un istante, uno sguardo, che tutto sembra più semplice. Volta leggermente la testa all'indietro e guarda Giulio, lui ricambia lo sguardo e le sorride orgoglioso. Le fa un cenno con la testa, come a dirle io ci sono, sono qui. Le sussurra un ti amo con le labbra, di cui vediamo solo il labiale. Ecco, in quel preciso momento, c'è una scintilla di magia.
Tutto prende forma.
La voce di Letizia esplode nel ritornello, graffiando le parole, toccando le note più alte con una delicatezza da brividi, correndo dietro al tempo e spargendo poesia ovunque. Lei e Filippo iniziano persino a muoversi insieme, con la complicità di due amici che condividono il sogno più grande della loro vita. Ma la cosa che mi tocca di più, è che lei non smette nemmeno per un momento di guardare Giulio e lui fa la stessa cosa. I loro sguardi che sanno andare oltre, che sembra esistano solo loro, che sanno essere l'appiglio dell'altro durante la tempesta. Continuano a cantare e a sfiorarsi le mani, mentre io e Francesca siamo in lacrime come ogni singola volta. Come quando ci perdevamo ad ascoltarla ed eravamo solo ragazzine. Lei che si metteva a suonare il piano e intonava le nostre canzoni, i testi più pesanti della nostra giovinezza, con una delicatezza che mi sembra ancora di sentire dentro. In una delle migliaia di videochiamate, distanti chilometri, ma unite da un filo fatto di note musicali, di attimi, di ricordi indelebilmente felici. E stasera, con la mia mano unita in quella di una delle mie migliori amiche, gli occhi pieni di quelle due persone sul palco, credo che niente potrà mai emozionarmi più di così. Le voci di due delle persone più importanti della mia vita, mischiate tra le note di una canzone talmente profonda, da far venire i brividi da sola.
Finiscono di cantare e Filippo si inchina, facendole il baciamano e lasciandole un bacio sulla fronte. Il pubblico è in delirio: applausi, urla, grida che provengono da ogni singola persona presente. Nessuno è rimasto indifferente alla potenza delle loro voci mescolate.
E Giulio non ce la fa a trattenersi, si alza dallo sgabello posto davanti al pianoforte, corre verso di lei e la prende in braccio. Facendola volteggiare per interi secondi, che chissà adesso la testa come le gira. Di ansia, adrenalina, orgoglio, ma più di tutto di amore. Poi la bacia, così, davanti a tutti. Un bacio di quelli talmente colmi di cose belle, da sembrare quello di un film. E lì le urla aumentano, le mani battono più forte ed una lacrima scende dagli occhi di Giulio, finendo sulla guancia di Leti ed unendosi a quella appena nata dai suoi.
Non sono mai stata tanto fiera di lei.
Ce la farà, cavalcherà il suo sogno e ci trasporterà con lei in quel suo fantastico mondo.
Ce la farà perché di fronte ad una meraviglia del genere, non si può restare indifferenti.
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"Lori, Fra, questa la dedico a voi. Sapete il perché." sussurra Fil, mentre le prime note di Sceglimi fanno commuovere la mia amica. Lorenzo posa per un attimo la macchina fotografica e la raggiunge di corsa.
Restano fermi.
Si guardano per un istante negli occhi.
'Tra le cose che lasciano il segno ci sei'
Lui la cinge per i fianchi, mentre lei si lascia andare e posa la sua testa sulla spalla del moro. I loro occhi accesi e brillanti, così luminosi da rischiarare tutta la stanza. Da far commuovere persino me, che sono proprio accanto a loro.
Ballano sulle note della loro canzone, quella che li ha uniti sin da subito, quella che si sussurrano ogni volta che vogliono amarsi senza dirselo, quella che parla della loro storia meglio di quanto non riescano a fare loro stessi.
'Tu che non è tutto un casino
Tu che non è tutto già scritto'
Francesca lo sussurra piano, avvicinandosi all'orecchio di Lori e accarezzandogli una guancia. E lei non può vederlo, ma lui sorride. Sorride in un modo così suo, così bello. Sorride con gli occhi chiusi in fessure, le lentiggini che si fanno piccole piccole e quelle sopracciglia nere che si avvicinano sempre di più. Sorride come non lo vedevo fare da anni. Come se avesse imparato di nuovo a farlo da quando Francesca è entrata nella sua vita, ma soprattutto nel suo cuore.
'Vienimi a prendere al più presto perché qui diluvia
Ti stringo forte tra le labbra non aver paura
Lascia che la pelle resti nuda
Stringimi per sempre'
Questa volta la voce è quella di Lorenzo. E credo di poter sentire il battito del cuore di Francesca fin qui, nonostante le casse, nonostante le voci di centinaia di persone, nonostante gli strumenti della band. La vedo felice, come se dentro fosse tutta una capriola, come se fosse tornata bambina e tutto il brutto fosse magicamente sparito. Così, da un momento all'altro.
Non esiste niente al di fuori di loro due, uniti in un ballo, sotto un faro di luce viola.
Si guardano e il mondo si ferma, fa silenzio, lascia che sia Filippo a raccontarli. Lui che conosce Lorenzo meglio di chiunque altro. Che l'ha visto essere fragile, indifeso, bambino, ragazzino inesperto. Che l'ha visto cadere dal motorino, dalla bicicletta, ma soprattutto nei tranelli malvagi della vita. Che l'ha sostenuto, protetto, supportato, quando quegli occhi azzurro cielo non facevano altro che vedere nero. Nero.
Attorno solo una desolazione nera.
Filippo che è suo fratello di vita, quello che ti scegli, quello che ti resterà accanto sempre. E per sempre. Che di quella sensazione hanno sempre avuto paura, ma sotto sotto sanno che sarà così. Filippo che stasera ha deciso di fargli l'ennesimo regalo, rendendo indelebile l'amore che prova per la sua fidanzata. Donandogli un istante solo loro, impresso nel tempo, fermando i secondi e la perfidia dello scorrere del tempo. Filippo che con la sua voce sulle note di Sceglimi, resterà per sempre il sottofondo di un amore speciale. Quello che sa salvare.
lorigalli ha aggiunto contenuti alla sua storia
Irama
Siamo appena tornati in stanza, stasera sono totalmente distrutto. Del tipo che a stento riesco a spogliarmi, tenere in mano il telefono, tenere gli occhi aperti o levarmi le scarpe. Di farsi una doccia o alzarsi dal letto, non ne parliamo proprio.
Ludovica invece è strana, diversa, ha una sorta di luce negli occhi più brillante del solito. Fa partire una playlist di Spotify e si spoglia piano, con calma, come piace fare a lei. Resta in sottoveste, una di quelle lunghe fino al ginocchio di un rosa antico che ne fa risaltare la carnagione. Poi si siede di fronte allo specchio e si strucca, passandosi con delicatezza qualche dischetto imbevuto di acqua micellare in faccia. Io mi perdo ad osservarla, che se chiudo gli occhi conosco i suoi gesti a memoria, ma non riesco a farne a meno. Le scatto qualche foto, senza nemmeno che lei se ne renda conto e penso che sono fortunato.
Che non mi sento più un nomade.
Che ho capito che la nostra casa a Milano, che la spiaggia di Bonassola, che la cucina di mia nonna saranno sempre i nostri posto felici.
Ma che casa è una persona.
Che ovunque andrò, se avrò lei al mio fianco, mi sentirò a casa.
Così per sempre.
Sento uscire dalle casse una delle mie melodie preferite e non posso fare a meno di raggiungere Ludo. "Mi concede questo ballo, signorina?" le chiedo porgendole la mano, mentre lei di riposta sorride e posa il suo palmo sopra il mio.
Volteggiamo per la stanza, senza seguire il ritmo, sbagliando tutti i passi, ballando come due deficienti.
Ma alla fine è proprio questo il segreto, no? Saper tornare bambini, insieme.
Balliamo.
Balliamo.
Balliamo.
Le note di Che coss'è l'amor di Vinicio Capossela che si rincorrono, che cambiano, che ci fanno viaggiare nel nostro amore.
E noi che ridiamo, come due bambini sulle giostre.
Come se fossimo appena saliti sulle montagne russe della nostra vita e volessimo godercele a pieno, voltastomaco compreso.
Balliamo.
Balliamo.
Che in un attimo la stanchezza se ne va, che potrei continuare per ore, che sentire il suo profumo dissolversi nell'aria mi colma i vuoti che ho dentro.
Balliamo finché la musica non finisce e noi ci ritroviamo con il respiro affannato, a baciarci fino a perderne anche l'ultimo briciolo.
Ludovica si tira su i capelli e si accende una sigaretta, fumandola tra il balcone e la camera. Raccolta nel mio maglione di lana ed infreddolita come un minuscolo uccellino appena uscito dal nido. È così bella che vorrei restare a guardarla per sempre. La sua sagoma che risplende, le lunghe gambe nude, i piedi ad accarezzarsi l'uno con l'altro, le dita sottili che portano alle labbra la sigaretta, i capelli arruffati tenuti su da un elastico nero, il nostro anello a riflettere la luce del lampione in strada.
Credo che sia il momento giusto.
O meglio forse non lo è, forse non lo sarà mai, ma io sono pronto.
Pronto a buttarmi, con lei.
Mi avvicino al suo profilo senza che nemmeno se ne renda conto, mi inginocchio e cerco quel poco di saliva rimasta per parlare. Che sono giorni che penso ad un discorso, che prima di addormentarmi pensavo a come dirlo, che me lo sono costruito in testa almeno un centinaio di volte, che ho cercato le parole giuste, i momenti giusti, persino le pause giuste ma tanto sono un casino.
Lo sono sempre stato ed è anche per questo che si è innamorata di me.
Siamo un casino stupendo, no?
"Sposami" le dico con un flebile filo di voce. Così, diretto, senza mezzi termini, con la verità nel pugno della mano.
Un po' come sono io.
Lei si volta verso di me, probabilmente credendo di aver sognato. Gli occhi grandi e marroni sbarrati e la sigaretta che le scivola dalle dita, fino a finire sul pavimento e spegnersi all'istante.
Respira a fatica, lo vedo dal suo petto che sembra rallentare sempre di più il suo ritmo. Un po' come il mio, che forse addirittura si è fermato. Ma adesso non riesco nemmeno a rendermene conto. Apro la scatolina di velluto che tengo tra le mani e le mostro l'anello: discreto, luminoso come i suoi occhi, semplice come il suo modo di girare scalza per casa. Lo guarda e si accascia a terra, finendo sopra le mie gambe, incastrati in un modo talmente scomodo da essere perfetto. Che siamo il pezzo mancante del puzzle della vita dell'altro e riusciamo sempre a trovare l'incastro in grado di renderci magia.
"Sposiamoci. Ma non tra un mese, un anno o una vita. Facciamolo il prima possibile. Niente chiesa, invitati, pranzi infiniti, navate piene di fiori e orchestre. Andiamo in comune: noi due, i testimoni e nient'altro. Voglio semplicemente sposarti, voglio che tu sia mia moglie" le sussurro, mentre le lacrime le scivolano sulle guance e percorrono ogni centimetro del suo viso. "Sei pazzo" mi risponde scuotendo la testa, mentre con i polpastrelli accarezza la superficie dell'anello.
"Si cazzo, lo so. Facciamolo prima del Forum" le propongo serio, passando gli occhi dall'anello a lei. "Calmo, non ti ho ancora detto di sì" mi blocca, che per un istante ci credo e il cuore mi muore in gola. "Sei sicuro? Davvero, sicuro? Anche se ho sempre i piedi freddi e ti gelo i polpacci? Anche se in macchina canto sempre a squarciagola? Anche se ho la mania di avere sempre tutto sotto controllo? Anche se odio il tuo disordine ed io ne faccio il doppio? Anche se mentre scrivi ti vengo ad infastidire? Anche se -" la interrompo io per una volta, posandole l'indice sulle labbra per poi coprirle con un bacio. "Voglio sposarti anche se nei momenti meno opportuni diventi una logorroica" le dico ridendo, che vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime mentre sorride e credo di toccare il cielo con un dito. "Ti va di amarmi? Amarci e basta?" le chiedo ancora, asciugandole le lacrime dal viso e baciandola di nuovo.
"Per tutta la vita?" mi domanda, prendendo un respiro profondo e guardandomi fissa negli occhi.
Come non ha mai fatto prima.
"Si, è un per sempre. Te lo prometto" le rispondo serio. Resta per un po' in silenzio, passando lo sguardo in ogni singolo dettaglio del mio viso, perdendosi ad accarezzarmi, a baciarmi le mani. Poi fa semplicemente su e giù con la testa, ma io non capisco subito, o forse voglio sentirlo dire dalla sua voce.
"Si. Allora si. Sposiamoci, Fil" mi risponde sicura, passando un polpastrello sotto al mio occhio per raccogliere la mia lacrima.
E adesso abbiamo una promessa indissolubile da mantenere e tutta la vita davanti.
Angolo autrice
Bellezze, come state?
Eccomi di nuovo tra voi con un capitolo fresco fresco, denso di emozioni, di eventi e di attimi indelebili. Ma fidatevi, non avete ancora visto niente.
Scusate per la mia assenza, ma voglio dedicarmi a questi ultimi capitoli con maggiore attenzione, voglio pubblicarli solo quando li reputo perfetti. Sta giungendo tutto al termine e per me è tremendamente difficile pensarci, ma non vi preoccupate abbiamo ancora un pezzetto di strada da fare insieme.
Io vi aspetto sempre qui! ❤️
Per il resto ringrazio Frfuzzy per donarmi sempre le idee giuste e per aiutarmi ogni volta che ne ho bisogno 🌹
Un abbraccio. Vi aspetto nei commenti che mi siete mancati!
~R. 🦋
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