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"The thoughts of total defeat

I don't know what is happening to me

Or if I'll die

'cause I just never sleep

(...)

I've lost control

please save me from myself"

Insomnia - IAMX


Incontrai per la prima volta la persona che mi avrebbe rovinato la vita su un forum online dedicato alla coltura delle piante. Beh, perché quelle facce? Un uomo non può avere delle passioni? Ogni volta che lo dico la gente mi guarda come se fossi un serial killer latente. E no, non fatevi prendere dall'entusiasmo. Non avevo una coltivazione illegale di marijuana sul davanzale del mio appartamento. Semplicemente mi piaceva prendermi cura delle piante, pulirgli le foglie dai parassiti, potarle dalle foglie secche e annaffiarle. Vederle crescere rigogliose mi dava un senso di pace e soddisfazione che non avrei saputo descrivere a parole. Avevo fiori, bonsai e rampicanti di tutti i tipi. La mia parte del giardino comune sembrava una piccola foresta amazzonica e spesso quei dannati dei miei vicini mi rubavano i pomodori per farsi l'insalata. Soprattutto il signor Lin del terzo piano, che li usava per fare la salsa agrodolce. Ma non potevo lamentarmi, siccome lui era il proprietario dell'interno 7, dove abitavo io, e spesso ero indietro con l'affitto.

Ad ogni modo, quel giorno ero intento ad accanirmi su un'asta online per un esemplare di rara bellezza di Restrepia Guttulata, un'orchidea in miniatura originaria delle Ande dai fiori slanciati e maculati, quando internet collassò. Io gridai come un ossesso, battendo sul computer, implorando quella dannata macchina diabolica di riattivarsi, ma fu tutto inutile. Lo schermo si spense e io mi trovai con un pugno di mosche in mano, dopo un'estenuante ora di trattative con un maniaco collezionista di orchidee. Mi venne l'improvvisa voglia di spaccare qualcosa e quella sorte sarebbe toccata al mouse, se sullo schermo non fosse comparso un messaggio.

Ciao Gene. Scusa per l'intrusione, ma è molto importante che tu mi stia a sentire.

Il mio cuore mancò un colpo. Nel profondo del mio animo avevo sempre saputo di essere l'Eletto, ma ora ne avevo finalmente la conferma. Mi venne quasi da piangere per l'emozione, ma un secondo messaggio stroncò la mia gioia.

Il mio nome è Mustang89. Tu non mi conosci, ma io conosco te. Ho fatto delle ricerche sul tuo conto e ti tengo occhio da mesi, ormai. So tutto di te, anche quello che ti ostini ad ignorare e nascondere a te stesso.

Quelle poche righe furono sufficienti a gelarmi il sangue e a farmi passare ogni voglia di ridere. La faccenda cominciava ad essere inquietante. Chi diavolo era questo Mustang89?

Uno stalker, fu il mio primo pensiero. Dannazione, ci mancava solo uno psicopatico nella mia vita. Non avevo abbastanza problemi.

Cercai di digitare una risposta adeguata - prova a osservarmi ancora o a seguirmi di nascosto e chiamerò la polizia, brutto maniaco -, ma la tastiera non funzionava.

C'è qualcuno che ha un disperato bisogno del tuo aiuto. Una ragazzina, scomparsa dieci anni fa. Il suo corpo non è mai stato trovato, ma tu potresti riuscirci. Hai una dote speciale nel trattare con le anime in cerca di riposo, non è vero?

Come diavolo faceva quel tizio a sapere?

So dove trovarti. Presto mi farò vivo. Prometti che non chiamerai nessuno, o potrebbero impedirci di aiutare quella ragazzina. Potrebbero persino metterci dentro, per questo.

Quel tipo aveva ben altri motivi per preoccuparsi. Aveva ficcato il naso nelle mie faccende personali e ora si era introdotto nel mio computer. Ce n'era abbastanza per denunciarlo. Il problema era che non conoscevo né il suo nome né il suo volto. Non avevo proprio nulla in mano. Forse avrei dovuto aspettare di vederlo, prima di porgere denuncia.

Oggi sei a lavoro dalle sette alle due, se non erro. Ci vedremo al locale. A dopo.

Lo schermo si spense e si riaccese, tornando sulla pagina dell'asta. L'orchidea era stata acquistata da un certo Kyle Wyler, e non era rimasta traccia della conversazione a senso unico di Mustang89. Mi chiesi se non fosse stato tutto solo un sogno, stropicciandomi le palpebre, e spinsi indietro la sedia. Julius, il mio cane, percepì il movimento e mi venne incontro scodinzolando. Io mi lasciai cadere sul divano e lui poggiò la sua enorme testa sulle mie cosce, sbavando sui vecchi pantaloncini che indossavo. Emise un uggiolio e io gli accarezzai la testa, riflettendo. Cos'avrei dovuto fare? Non mi sembrava una buona idea assecondare uno sconosciuto, ma non potevo perdere un giorno di lavoro per colpa sua. Questo era il terzo posto che ottenevo e dovevo restarci aggrappato con tutte le mie forze. Ero un trentenne senza nessuna prospettiva di carriera, che cercava di barcamenarsi attraverso l'esistenza come meglio poteva, e sentivo di star esaurendo la mia scorta di fortuna. Avevo bisogno di quell'impiego e non avrei permesso a nessuno di precludermi quest'ultima possibilità.

- Quel tizio non mi fa paura, Julius. - mormorai, rivolto più a me stesso che al mio cane. - Stasera andrò a lavoro e terrò gli occhi bene aperti. Farò una foto a questo Mustang89 e la terrò ben stretta. Se provasse ancora a importunarmi, andrò dalla polizia con quella e gli procurerò un bel soggiorno in prigione.

Anche se era molto improbabile che lo mandassero dietro le sbarre per così poco, valeva la pena tentare.

Scoccai uno sguardo all'orologio. Erano le cinque e mezza del pomeriggio. Era ora che cominciassi a prepararmi, dato che dovevo passare a prendere Lucy. Lavoravamo entrambi al Black Cat e avevamo più o meno la stessa età, il che ci aveva fatti avvicinare. Gli altri colleghi erano tutti troppo giovani, attorno ai vent'anni, spesso universitari che venivano lì per guadagnarsi i soldi necessari a pagare le tasse, e il divario d'età fra noi mi impediva di avvicinarmi. Ero poco espansivo e non avrei mai voluto che qualcuno che mi vedesse parlare con delle ragazzine pensasse che ci stavo provando con loro. Alcune di loro erano carine, ma avevo degli standard. Le ragazzine non mi interessavano più da anni, ormai. A me piacevano le donne. Lucy aveva trentun anni e un matrimonio fallito alle spalle, che l'aveva lasciata da sola ad occuparsi di due gemelli con il misero stipendio del locale, che lei arrotondava lavorando la mattina in un minimarket. Lei aveva uno sguardo intenso e serio che mi rimescolava il sangue. Era una donna intelligente e le delusioni l'avevano resa cinica. Ognuno ha le sue stranezze, ma a me piaceva quando una donna aveva una risposta caustica sempre pronta e la battuta acida sottomano. Le altre le trovavo noiose. Mi piacevano i suoi occhi neri e intensi, segnati dalle occhiaie, e i vestiti di sottomarca che indossava. Sapeva portarli con rara dignità. Con questo non intendo assolutamente dire che si abbigliasse con cattivo gusto, anzi. Sapeva rendere elegante persino un pail comprato al discount.

Tuttavia, nonostante ci conoscessimo da tre mesi, fra noi non era accaduto nulla di concreto. Una volta avevo toccato l'argomento e Lucy mi aveva fatto capire che non voleva altre rotture. Così ci limitavamo a frequentarci senza impegno, bevendoci una birra assieme alla fine del turno di lavoro. Io spesso la passavo a prendere, siccome lei non aveva una macchina e altrimenti avrebbe dovuto salire sul bus, e facevamo la strada assieme. I gemelli restavano a casa assieme alla nonna materna, una signora di settant'anni che mi additava ogni volta che mi vedeva.

- Chi è quello? - chiedeva con la sua vocetta querula.

- È Gene, mamma. - rispondeva Lucy, con una pazienza che io non avrei mai avuto. - È un mio collega. Mi dà un passaggio a lavoro.

- Non mi piace, Lucinda. Ha la faccia da delinquente.

Lucy la salutava senza aggiungere altro e si sedeva accanto a me, a bordo della mia vecchia e scassata Fiat Panda. A livello economico stavo messo male quanto lei, ma almeno non dovevo sfamare una madre e due gemelli. Figli non ne avevo, grazie al cielo, e non sentivo la mia famiglia da anni.

- Perché tutti pensano che abbia la faccia da delinquente? - sospirai, mentre Lucy si agganciava la cintura.

- Forse per le occhiaie e lo sguardo da pazzo. - disse lei, con una risatina. - Mia mamma pensa che siano tutti delinquenti, Gene. Comincia a diventare ripetitiva, purtroppo.

- Se sapesse che colleziono piante telefonerebbe alle autorità dicendo che uso cadaveri come concime. - mormorai, mentre mi immettevo nel traffico.

Poco dopo arrivammo al Black Cat, che si trovava in una zona poco raccomandabile della città. Scesi dalla macchina e la chiusi, guardandomi attorno. Alcuni ragazzi punk tornavano da scuola, camminando dal lato opposto della strada, e una coppietta era intenta a pomiciare su una panchina. Lui le stava infilando le mani sotto la maglietta in modo poco gentile.

- Che fai, guardi? - mi prese in giro Lucy, inarcando le sopracciglia.

- No. - mormorai, seguendola all'interno del locale.

Sebbene fossero appena le sette quei due erano già ubriachi marci o si erano fumati qualcosa. Non li stavo guardando per interesse, incontrare coppie tanto squallide da queste parti non era una novità, ma perché mi ero chiesto se fra loro potesse esserci Mustang89. Tuttavia se era riuscito a mettere sottosopra il mio computer a quel modo non doveva essere uno che si presentava ubriaco ad un incontro. Mi era sembrato troppo affamato di controllo e calcolatore per mandare tutto all'aria con due bicchieri di gin.

Il capo del locale, un uomo alto e magro di nome Larry, aveva già aperto e stava pulendo i tavoli consumati con un panno umido. Il Black Cat era un locale piuttosto ampio e frequentato, e, malgrado lo stato di degrado in cui si trovava, era sempre pieno. Il cibo non era male e Lucy faceva degli ottimi cocktail. L'atmosfera gotica del posto attirava molti giovani e band metal e grunge si esibivano su un palco ogni sera. L'illuminazione era scarsa e le luci avevano dei colori rossastri che rendevano l'atmosfera ancor più tetra. Sulle pareti c'erano diversi disegni che evocavano l'immaginario gotico di Poe, cui il locale era dedicato. Un enorme gatto nero con un occhio solo ricopriva il bancone e fissava truce i presenti. Quei dipinti li aveva fatti la cugina di Larry, una ragazza cupa e taciturna di nome Wendy che si fermava spesso qui. Faceva la pittrice e si firmava col nome di Freya. Non ero una persona molto impressionabile, ma lei mi faceva venire i brividi. Quando toccava a me servirle da bere cercavo di andarmene il prima possibile e di non guardarla negli occhi. Era un comportamento infantile e offensivo, ma non mi importava. Mi inquietava troppo stare in sua presenza per badare alle buone maniere.

Della musica metal permeava già l'aria e io e Lucy salutammo Larry con un cenno della mano, mettendoci il grembiule del locale, un indumento nero con una scritta bianca nell'angolo destro, sulla quale era seduta la sagoma di un gatto.

Nel locale c'erano già diverse persone e se ne stava occupando Ray, un ragazzo brufoloso di diciannove anni con cui avevo parlato un paio di volte. Feci scorrere lo sguardo sui presenti, ma nessuno di loro sembrava Mustang89. Era tutta gente venuta lì in gruppo, il che sarebbe stato assai sconveniente per un incontro privato.

- Che cos'hai stasera? - mi chiese Lucy, mentre puliva alcuni bicchieri.

- Niente. - mentii. - Sono solo un po' stanco, tutto qui.

- Balle. Per me sei un libro aperto, Gene. - sospirò, scuotendo la testa. - Se mai ti venisse voglia di parlarne, io sono qui.

- Grazie, ci penserò.

L'avevo detto solo per rassicurarla, perché non avevo nessuna intenzione di parlarle dei messaggi di Mustang89 o dei motivi per cui mi aveva contattato. Se anche io e lui avessimo parlato e non si fosse rivelato un maniaco, avrei declinato la sua offerta. Tutte le volte in cui mi ero lasciato coinvolgere in passato erano accadute cose terribili e non volevo ripetere di nuovo quelle Esperienze. Gli avrei detto di arrangiarsi da solo nel risolvere il dannato caso della ragazzina scomparsa. Io me ne sarei stato per conto mio e avrei fatto il possibile per tirare avanti senza rovinare quello che ero riuscito a conquistare in quei mesi. In primis la stima di Lucy e il lavoro.

Quando venne l'ora di punta diventò piuttosto difficile seguire tutti i movimenti all'interno del locale e, preso com'ero dalle continue richieste dei clienti, lasciai perdere la ricerca di Mustang89, sebbene ogni tanto mi guardassi attorno alla ricerca di qualcosa di strano. Verso le nove una cover band cominciò a suonare e il casino divenne tale che, se anche avessi avuto il presunto maniaco sotto il naso, non l'avrei visto.

Servii un Bloody Mary ad un gruppo di ragazzi e passai al tavolo successivo, prendendo le ordinazioni dei cocktail. Andò avanti così fino a mezzanotte, poi la band finì si suonare e la gente cominciò ad andare via. Di Mustang89 ancora nessuna traccia. Quando gli ultimi tiratardi se ne andarono era l'una passata ed eravamo tutti esausti.

- Serata piena. - commentò Larry, mentre si versava una Guinness e la beveva a grandi sorsi.

- Non vedevo l'ora che finisse. - sospirò Lucy, lasciandosi cadere su una sedia.

Gli altri camerieri se n'erano andati dato che il loro turno finiva prima del nostro ed eravamo rimasti solo noi tre.

Io presi due Weissbier dal frigo e ne porsi una a Lucy, che la accettò con un flebile verso di ringraziamento.

- Mi fanno malissimo i piedi. - si lamentò, estraendone uno dalla scarpa. Aveva le caviglie gonfie e le dita livide. - Portare i tacchi mi distrugge.

- Non lo fare.

- Fanno parte della divisa. Dobbiamo supportare l'atmosfera dark. - borbottò Larry, scolandosi il resto della birra in pochi sorsi. - Bene ragazzi, finiamo di pulire e dopo possiamo andare.

Lucy emise un brontolio e io diedi un'occhiata al locale: non era poi tanto sporco e io non ero stanco. Dormivo molto poco per via dei miei problemi di insonnia e per me non avrebbe fatto nessuna differenza fermarmi un Po più a lungo. Mi avrebbe risparmiato una mezz'ora di tempo passata a fissare il soffitto nella vana attesa del sonno.

- Andate a casa. Finisco io qui. - dissi.

- Davvero, Gene? - chiese Larry, sollevato.

- Non voglio approfittarmi di te. - sbottò Lucy, guardandomi male. - E poi non posso tornare a casa senza un passaggio. Non giro da sola di notte, specialmente da queste parti.

- Ti do io un passaggio. - si offrì Larry.

Era già accaduto altre volte che al ritorno la portasse a casa lui e Lucy si fece indecisa.

- Gene, ne sei sicuro? - chiese, dubbiosa. Era evidente quanto volesse riposare e io annuii.

- Andate. Ci penso io.

- Ottimo. - tagliò corto Larry, decidendo per tutti noi. Mi porse le chiavi del locale. - Mi raccomando, ricordati di mettere la chiave nel vaso al solito posto, così domani aprirò alla solita ora. Potrai staccare prima, dato che stasera fai gli straordinari.

Lucy mi scoccò un'ultima occhiata dubbiosa, mentre Larry la conduceva fuori dal locale, e rimasi solo. Pulii i tavoli e il pavimento, impilando le sedie dietro il bancone. Controllai che fosse tutto in ordine, misi l'incasso nella piccola stanza sul retro e uscii, dopo aver chiuso bene a chiave.

Cominciavo a sentirmi stanco anche io e mi diressi verso la Panda strascicando i piedi. Non vedevo l'ora di sdraiarmi sul letto, sebbene sapessi che, non appena avessi sfiorato i cuscini, sarei di nuovo stato arzillo come appena sveglio.

Aprii la portiera e salii a bordo. Stavo mettendo la cintura, quando guardai nello specchietto retrovisore ed intravidi uno scintillio. Non feci in tempo a capire cos'era che mi trovai un coltello premuto sulla gola e una mano guantata sulla bocca. Nell'oscurità emerse una esile figura interamente vestita di nero, avvolta in un ampio giaccone che ne nascondeva le forme e con un passamontagna dello stesso colore sul viso.

- Non provare a gridare, o taglio. - sibilò.



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E così ho rimesso Esper su Wattpad. Spero non mi penta di averlo fatto. Per quanto riguarda le storie che scrivo esclusivamente per me... beh, a quelle ci tengo un po' di più. Sono gelosa. Spero che riuscirà a trasmettervi qualcosa.

I capitoli di Esper sono molto più lunghi rispetto allo standard di Wattpad. Si aggirano attorno alle 5000 parole, così li spezzerò a metà, facendo a meno dei titoli tematici.

Spero che non vi darà fastidio... :)

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