82- Il salto
P.O.V.
Michael
Esistono storie con un inizio complicato, uno sviluppo redentorio e una fine in grado di assolvere e poi ci sono io, che non esisto. Che sono stato esiliato da un cielo che mi era amico per vivere in un completo limbo. Dove mi trovo adesso? Volteggio tra paura e angoscia, la rabbia se ne è andata ed ora non c'è che un palese gelo che scende a patti con le parole che Caitlin ha espresso.
Temo la ragione che celano. Temo che mia moglie, più di chiunque possa esistere in questo squallido mondo, me compreso, mi abbia compreso al meglio delle sue capacità, notando aspetti che non avevo mai visto. Ed ecco, insorgere l'angoscia. Il timore della sua verità.
Se mia moglie ha ragione, allora è giusto anche questo divorzio? Dio, che cosa ne è stato di noi? Ci siamo davvero frammentati, in innumerevoli pezzi, su di una spiaggia?
No, no, voglio continuare a lottare. Devo farlo, perché il ricordo di noi non si esaurisce. Posso ancora dimostrarle che si sbaglia, ma in che modo?
Rientro in casa con questo stormo di pensieri nella mente, dopo una passeggiata che non era stata chiarificatrice di niente, se non dei più loschi timori che si materializzano, in un lampo, in un foglio presente nella cassetta della posta.
Lo afferro con diffidenza notando subito il logo ed il nome che riporta e supero il portone aprendo la busta.
Le carte del divorzio compaiono di fronte a me come una sentenza. Vi sono molte voci a simboleggiare un accordo che non abbiamo nemmeno discusso e che mi confermano la perdita completa della ragione da parte di mia moglie, visto il suo credere alla possibilità che firmi un contratto del genere. I toni auspicano una civile convivenza ma, in realtà, mi stanno chiedendo di rimanere eternamente separato da lei.
Mi accomodo ad una delle sedie del tavolo della sala, domandandomi come farlo. Non sono niente senza di lei, ed ecco la ragione reale per la quale la volevo qui con me in casa. Per ricordarmi che c'è un motivo per il quale mi trovo a correggere dei manoscritti dei quali non mi importa niente... ovvero per offrire una vita migliore a entrambi, ma la stiamo vivendo?
Avrei potuto essere un attore, ma sono scappato al giudizio del primo giudice che mi aveva criticato. Sono davvero un codardo?
Lo sono ed il pensiero mi riempie di rabbia. Non voglio credere alle parole che ha innestato in me come tarli... è orripilante. Non voglio credere che lasciarci sia l'unica via d'uscita ma Caitlin ha allegato un piccolo biglietto, assieme a queste sue assurde richieste, ed io lo leggo con attenzione.
Un tempo un giovane pastore si innamorò di una ninfa della cascate. Erano Velino e Nerea, intenti a vivere il loro amore in una Terni immersa in una valle verde.
Si amarono tanto da vivere con disperazione un amore negato da tutti, proprio come il nostro.
A noi, però, resta una via d'uscita più semplice e la rappresentano queste carte, l'unico modo che abbiamo per continuare a vivere felici e insieme, per quanto lontani, nella nostra nuova città, in questo nostro nuovo mondo.
Occorre, però, fare il loro stesso salto.
Ne hai il coraggio?
Quando avrai firmato vieni da me alle sedici all'Arco di Cabo San Lucas, ti aspetterò sulla spiaggia.
Cat.
Gli occhi si soffermano su quel soprannome con disperazione e di colpo sfoglio tutte le carte del divorzio, arrivano all'ultima pagina.
La sua firma è già presente e per quanto sia stato richiesto in termini legali il suo cognome da nubile mi getta nella disperazione.
Tiro un calcio alla gamba del tavolo e scatto in piedi, gettando poi tutti i fogli per terra. Preso dalla rabbia, distruggo ogni cosa che ho intorno e che ha simboleggiato il nostro passato.
Oggetti di arredo, altri di uso quotidiano, ogni cosa... finché non rimane più niente.
È un tentativo vano quello di regolare il respiro perché esce rotto, ad un ritmo veloce.
Se ne ho il coraggio?
Torno con lo sguardo alle carte, scoprendo con precisione la mossa successiva da compiere.
Il cielo è di un grigio molto chiaro, coperto da nubi al di sotto delle quali il sole non filtra. I miei piedi affondano nella sabbia mentre il vento impervia, scontrandosi contro gli abiti e niente resta. Le orme vengono cancellate sopra questo tappeto della più sottile grana mentre l'enorme scoglio di pietra, affondato nel mare, mostra il proprio portale ad arco solo nell'incontro con le onde, modificando la propria struttura calcarea in un gioco di luci e ombre che sembra dirottato dalla forza motrice stessa dei venti.
La mutevolezza è ciò che muove ogni cosa, il cambiamento la parola chiave per quello che stiamo vivendo però, proprio come tutto ciò che è intorno, anche noi siamo cambiati. Abbiamo vissuto anni l'uno accanto all'altro per poi subire una modifica reciproca alla testa ed al cuore. Questa, ha scolpito la parte grezza presente nella nostra anima e ha messo in luce, con interezza, la verità delle nostre anime, permettendo ad entrambi, adesso, di vedere senza più timori nel reciproco cuore.
Ed eccoci qui, su questa spiaggia. Le carte che ho in mano sono strette in un pugno deciso che lotta, affinché non si separino da me. Non prima di essere arrivato tanto vicino a lei e notare il cambiamento che ha subito, con la rabbia dentro che sale.
Vedo dentro i suoi occhi ed ancora non riesco a credere a quante cose siano cambiate, a come il mondo ci abbia costretti in questo modo a subire una vita di lacrime e dolori, di paure, timori, rancori che ci avvelenano il sangue macchiandoci i cuori.
Ancora non riesco a credere che Caitlin sia di fronte a me, vestita nel suo abito celeste chiaro, con i capelli mossi dal vento mentre il mare fa da contorno a questo quadro. Dei capelli neri, proprio come i miei, che ondeggiano lisci contro lo sfondo opaco del cielo.
Non riesco a credere a quest'ultima sfida che mi è stata lanciata, agli occhi che ardono come bracieri, decisi a mettere fine a tutto, implacabili come questo agitato mare d'inverno che con le sue onde spazza via la sabbia e sovrasta i pensieri oltre alle parole.
Ma più di tutti non riesco a credere a quelle poche pagine, rimaste durante la mia infanzia solo come un debole racconto lontano ma che adesso .. sono divenute reali tangenze di un amore tanto tossico da essere insano, fuoco velenoso nel quale la vorrei far precipitare pur di ritrovare la mia pace mentre Caitlin danza tra le fiamme.
A questo la vita ci ha portato e per tutto il nostro tempo lo abbiamo rincorso, fino ad arrivare a questa meta, il traguardo, la fine dei nostri capitoli di storia.
Tutto finisce qui.
La morte ci troverà presto avvinti.
Ci distanziano a malapena una serie di passi, nettamente inferiori a quei famosi quarantasei, e tramite loro riesco a vedere ogni cosa. Tutto ciò che avverrà.
Sorrido e lentamente sollevo il palmo per poi aprirlo nel vento. Le carte volano via e per alcuni secondi danzano tra di noi come ali di gabbiani.
Non può esserci fine al nostro amore. Non può. Non può arrendersi tanto facilmente.
Caitlin parte a correre per recuperare la sentenza di quell'accordo ed io le vado dietro, sentendo all'interno dei polmoni il fiato bruciare all'inverosimile facendo montare, sempre di più, la rabbia.
Mia moglie è di fronte a me, sta provando a chinarsi a terra per prendere una delle pagine ma io la afferro di colpo, intrecciando le braccia alla sua vita e trascinandola lontana, verso il mare.
Scalpita, combatte in tutti i modi e prova ad urlare. Si ribella nella mia stretta e grazie alla furia con cui mi mulina contro riesce a scappare. Corre in avanti per allontanarsi da me ed il suo abito si bagna sempre di più, scontrandosi con la schiuma delle onde.
Avverto il freddo di quest'acqua gelida salire dalle gambe ai lombi per poi trascinarmi sempre più giù.
Caitlin prova a voltarsi, tenta di affrontarmi e combattere, lasciando volare in aria dei pugni che colpiscono il vuoto. Li blocco, impedendole solo per pochi secondi di continuare.
Vorrebbe scappare da me ma non c'è via d'uscita. Ce ne andremo insieme.
La afferro con più forza e stavolta sono io a procedere in avanti verso il confine indefinito del mare che si unisce al cielo in una linea piatta.
Scalpita protesta in tutti i modi e nonostante la sua magrezza, a causa dell'acqua, il suo corpo pesa più del solito. Costa una fatica enorme procedere al fine di farla calmare.
Quando l'acqua è sufficientemente alta afferro la sua testa e la premo contro la superficie dell'acqua. La spedisco in giù, contro il blu scuro del mare, affinché possa vivere in un mondo subacqueo completamente fatto di silenzi per rendersi conto di ciò che è stato.
Chiudo gli occhi e l'istante dopo siamo alle Cascate delle Marmore, lei di fronte a me con solo l'intimo addosso ed io già immerso nell'acqua. Sto aspettando che mi raggiunga ed il sole increspa la superficie creando sul fondale di questo luogo un infinito prisma di colori, riflettente anche le ombre scure degli alberi.
Spalanco le braccia nel corso del ricordo e lei sorridendo vi si precipita, in un'innocenza che strega la mia anima.
Riapro gli occhi e non vedo che il cielo sempre più grigio. Il suo corpo scalpitare contro il profilo dell'acqua e i suoi capelli muoversi come nere alghe. Resto stregato dalla vista della sua pelle bianca, dal controllo che esercita la mia mano contro il suo capo e non noto l'attimo in cui, con una spinta, Caitlin riesce a scivolare via, allontanandosi.
Scioccata, la mia voce sibila fuori un grugnito di protesta mentre Caitlin riemerge e boccheggia, recuperando fiato. Da dietro i suoi neri capelli mi fissa con orrore, fissa l'uomo che ha davanti come se lo vedesse per la prima volta... ma eccomi, sono qui.
Sorridendo, provo ad aprire di nuovo le braccia per vedere se, ancora una volta, si decida a raggiungermi e lo spero davvero. Ma Caitlin non lo fa, è cambiata, qualcuno l'ha avvelenata...ed ora è come se volesse fuggire sempre più lontano da me.
Non le importa niente di vivere in questo nostro nuovo mondo, come lo ha chiamato. Non le importa niente della civile convivenza e fortuna che se ne è resa conto. Come era riuscita a credere che fosse possibile? Si era intrappolata, da sola, in un idillio che non aveva alcuno sbocco e aveva finito per rifugiarvisi.
Ecco la verità, non resta solo che questo. Andare avanti e continuare a lottare, sempre di più, fino a perdere il fiato.
Caitlin sta guidando la nostra avanzata ed io sono dietro di lei, con le bracciate sempre più veloci che battono contro la furia del mare per riuscire a raggiungerla ed afferrarla a me.
Voglio solo abbracciarla, stringermela addosso fino all'attimo eterno. Desidero che la nostra voce si plachi, assieme a tutta l'orda informe di pensieri e problemi.
Vorrei che potessimo tornare a vivere da dove avevamo interrotto ma forse mi sto illudendo anche io, penso, in un mezzo sorriso. Lo vedo dal modo in cui Caitlin continua a fronteggiare il mare.
Adesso ne sono certo, ha continuato con le lezioni di nuoto senza di me ed ora, nella sua indipendenza, spera di riuscire a mettersi in salvo.
Ma il mare non è lo specchio immobile di una piscina, ci sono molte difficoltà al suo interno e accrescono con l'allontanamento del fondale abissale. Non è più visibile alcun terreno sabbioso sotto di noi, solo il più completo blu scuro di un mare che cade a strapiombo, su un fondale di rocce. Le maree ci urtano contro e sembrano volerci spedire contro gli scogli.
Pare non volere questo, la mia dolce gatta, ma purtroppo le forze le vengono a mancare. Il suo debole corpo non riesce a reggere lo sforzo di una simile prova di resistenza ma il mio ne è in grado e l'attimo dopo la bracca di nuovo non appena mia moglie trova la sola, minuscola, superficie d'acqua che non è governata dalle rotte.
Quell'istinto oscuro, che ormai ho già imparato a conoscere, torna a pervadermi il corpo e riporta la mia mano sulla sua testa. Finisce di nuovo sotto l'acqua ma stavolta, aggrappandosi alle mie vesti, Caitlin mi porta con se ed inizia a nuotare sempre più in giù, verso il basso.
Seguo la sua rotta, avvicinandomi maggiormente verso il cuore blu pulsante di questa terra priva di fiato e nelle orecchie non sento niente che i suoi pensieri, la sua voce, la sua motivazione.
Osservo il corpo di mia moglie, a me di fronte, lottare contro l'apnea e poi, una volta creduto di essere scesa troppo a fondo, provare a risalire.
Non glielo permetto e stavolta sono io ad aggrapparmi a lei, afferrandole il vestito celeste chiaro.
Le sue braccia scalpitano nell'acqua per provare a colpirmi. Si posano su di me per respingermi ed allo stesso modo lo fanno i suoi piedi, sempre più forte.
Un tornado di bolle volteggia attorno alla sua bocca ed il grido involontario che rigettano le labbra le lascia assorbire un incentivo d'acqua che non era previsto.
Da fuori, camminando lungo la spiaggia, niente della nostra lotta è visibile. Ancora una volta combattiamo in un altro mondo, un luogo nel quale viviamo assieme e che prova a rigettarci con forza.
Fino alla fine, nessuno saprà che cosa ne è stato di noi. Di quello che abbiamo provato fino all'ultimo respiro perché, proprio come negli anni in cui abbiamo vissuto insieme, nessuno era riuscito a capirlo.
Siamo le persone più innamorate sulla faccia della terra, io e Caitlin, al punto tale da morirne.
Scendo sempre più in giù, lottando contro la spinta dell'acqua. Mia moglie sgrana gli occhi mentre i suoi capelli neri le vorticano intorno e prova a risalire. Le sorrido, raccomandandole di non farlo, mentre piccoli gruppi di pesci nuotano tra le nostre caviglie sospese nel vuoto di questa bolla priva di suoni, lasciandoci minuscole carezze.
La sto stringendo forte per le braccia, esortandola a venire più giù con me e mi rispecchio in quel cielo che mi aveva esiliato. Mi rivedo dentro i suoi occhi, che si sono fatti supplichevoli.
Vorrebbe che la lasciassi andare perché, sembra dirmi, in questa storia non ha colpa.
Caitlin desidera risalire, respirare l'ossigeno del mondo, tornare con i piedi su quella spiaggia. Non vuole più appartenermi o perdersi nelle profondità del nostro amore. Non vuole restare.
Sono in grado di lasciarla andare?
Caitlin...
I nostri ricordi mi attraversano come lame e mi permettono di rivivere il nostro passato, all'interno del suo cielo. Rivivo l'emozione di essere sul palco con la fila di poltrone rosse, trepidanti in attesa, la gioia di camminare al suo fianco sulle strade di Los Angeles, il nostro bacio nella foresta luminosa, il nostro idillio a Roma. I nostri scontri, il nostro amore tra le coperte, tra gli sguardi, in mezze frasi che non siamo riusciti a dirci, in dei contatti che hanno significato più di mille discorsi, più di un milione di certezze. Fino ad arrivare a tutto ciò che è successo dopo ma che ha preservato l'amore che ci ha governati.
Mi sbagliavo, in fondo. Anche la nostra può essere una storia redentrice perché si è trattato di un amore magnifico quanto irreale. Una parte di me aveva sempre creduto alla possibilità che tutto, troppo presto, finisse rompendo l'idillio di una recita che avevo messo in piedi, utilizzando il migliore dei copioni.
Quella parte del mio essere, che mi aveva sempre camminato a fianco...
Caitlin continua a fissarmi e dal suo collo sporgono le vene. Le guance sono rosse in una mancanza di respiro che mi supplica di avere pietà. Che cos'è che provo? Le mie mani la stanno serrando troppo forte, vittime della rabbia che ancora provo al pensiero di doverla lasciare andare.
Nell'oscillazione dell'acqua, in questo moto delle correnti che ci costringe a lottare sempre di più per risalire, per quanto la riguarda, e per discendere, per quanto riguarda me, posso notare il dolore che subisce la sua pelle. I risultati della mia forza su quel corpo troppo fragile, preso dalla disperazione e dall'orrore nel trovarci qui. Ed è in questo attimo eterno, in questo momento intrappolato nel tempo, che osservando dentro i suoi occhi comprendo la verità.
Lei non ha colpa... non ha alcuna colpa.
Sono io ad averla.
Sono stato io, fin dall'inizio, la causa di tutto e me ne rendo conto adesso, quando vedo, con la coda dell'occhio, volteggiare accanto a me una figura dalle vesti candide.
Allontano lo sguardo da mia moglie per seguire quella specie di medusa che ondeggia come una sirena su questo pavimento d'acqua alta e che arriva fino a noi, posando una mano sul mio braccio.
Nella sua pelle chiara e nelle sue vesti bianche e trasparenti, la donna dai capelli biondi, la stessa che mi ha inseguito per anni nelle tappe dei miei sbagli, mi fissa con un sorriso e mi rassicura su quello che sto per fare.
Non sono pronto, però. Non sono pronto...
Avvicino mia moglie a me, mentre la mano della donna è ferma sulla mia, ed ad occhi chiusi poso la fronte contro quella di Caitlin.
Un milione di altri ricordi si associano a quel gesto che è divenuto solo nostro, inabissandoci in un amore dalla portata straziante.
Il corpo di mia moglie, al seguito di un simile gesto, smette di protestare. I nostri occhi si incastrano, non appena li riapro, ma niente è importante di questa mutazione perché la presa della bionda ragazza al mio fianco sta esortando la mia ad allentarsi.
Torno a fissare il terzo spettatore di questa scena e lentamente la vedo annuire, in un mezzo sorriso triste, affinché possa fare lo stesso anche per l'altra mano.
E capisco d'un tratto che quella donna, che adesso mi sta prendendo le mani liberandole dal corpo di Caitlin, altri non è che la mia coscienza sopraggiunta in ogni momento nel quale il mio demone sembrava voler comandare sopra ogni altra cosa, soffocando il pensiero.
Torno con lo sguardo a mia moglie e le dono quella certezza che non le ho potuto dare sulla terra ferma: tutto, molto presto, sarà finito, per quanto il nostro amore possa continuare ad esistere.
Caitlin mi fissa dall'alto mentre la ragazza dai capelli biondo cenere mi trascina fino alle profondità di questo luogo. Fino ad un abisso dove il sole non riesce più a filtrare per permettere al sottosuolo di vivere una tenebra eterna, mentre mia moglie continua a fissarmi immobile, nell'ultimo sguardo di un cielo che, per sempre, ho abbandonato.
Il tempo perde forma. Il blu si mescola al colore nero dei suoi capelli che ondeggiano. Il celeste del mare diventa di un blu sempre più scuro ed è così che le sensazioni, le percezioni, si atrofizzano lasciandomi abbandonato a me stesso, tra le braccia della donna che è alle mie spalle.
Con le dita posate di piatto lungo i miei occhi, mi consiglia di chiuderli nuovamente, abbandonando l'immagine della donna che sto lasciando per sempre.
Lo faccio, avvertendo il dolore della privazione divenire come fuoco ad incendiarmi l'ossigeno dei polmoni ma poi, dopo quell'ustione, non avverto più niente che il totale vuoto.
Un luogo nero, pieno di silenzio.
Lo scenario di colpo cambia quando avverto i polmoni come riempiersi di nuovo ossigeno. Una luce bianca è generata attorno e mi consente di preservare la sensazione di essere sospeso nel vuoto.
Tocco, con esitazione, il piedistallo sul quale sembro essere seduto e mi alzo in piedi, accorgendomi che si tratta di un palco.
Sulla scena si affacciano, poco dopo, gruppi di persone che si siedono nei posti di fronte, pronte ad accomodarsi per sentirmi parlare ed il mio cuore esplode, esaltato all'idea di raccontare il più crudele ed il più magnifico, dei racconti.
Poi il mio sguardo si sofferma su di un volto. Una figura femminile, estranea bei tratti ma non nel curva dolce del proprio sorriso, è già accomodata al proprio posto mentre il pubblico tenta ancora di orientarsi in questo luogo, privo di pareti e colori.
Mi sorride, sembra rassicurarmi, e nei suoi occhi trovo una promessa di eterna pace che mi permette di acquisire la giusta dose di coraggio.
La ricambio nello stesso istante in cui altri suoni tornano a riempire la scena, rumori di addetti, smontaggio di macchinari, prove di microfoni e molto altro. Il suono di un violino al termine della sala ed il breve accompagnamento di alcuni applausi, a simboleggiare finalmente il mio ritorno a casa.
P.O.V.
Caitlin
Il corpo si inclina in un rantolo, affondando le unghie nella sabbia bagnata mentre le onde vi remano contro, non appena giungo strisciando sulla spiaggia.
Il sale, negli occhi, rende la mia visione sfocata, perdendo di nitidezza in uno stato di resa simile a quella che provano i miei muscoli, quando tento di alzarmi.
Nessuna voce esce dalle mie labbra aperte, in un grido di dolore, lasciando come unico suono presente l'urlo del mare. La schiuma delle onde fa da merletto in pizzo al mio abito non appena mi sollevo, scivolando via da me quasi si stessero allontanando da uno scoglio.
Con l'adrenalina nelle vene, la mente subisce un completo distacco e vive quello che sta accadendo come uno spettatore, completamente privo di empatia.
Avanzo, sentendo i piedi ondeggiare sulla sabbia. Un passo dopo l'altro, fino ad arrivare alla portafinestra della mia casa.
Le unghie, sporche di sabbia, forzano la serratura del vetro, tremando contro la maniglia e obbligandolo a scorrere sui binari, in modo da farmi accedere nel soggiorno.
Ogni cosa è sottosopra. Libri. Ricordi. Fotografie. Armadi.
Una furia cieca ha ribaltato il passato ma ora non regna che il silenzio.
Notando a malapena i cocci dei piatti rotti, presenti per terra, procedo con i miei piedi nudi fino alla cucina e afferro un coltello.
Il freddo del vento che proviene dalla finestra spalancata ricopre la mia epidermide di pelle d'oca, increspando il mio abito ma non è sufficiente quel gelo per farmi riprendere lucidità.
Tra le macerie del passato, procedo a passi nudi in modo da raggiungere la sola porta che è rimasta chiusa di fronte ad una rabbia egoista, aspettando solo il mio arrivo.
Poso, lentamente, la mano priva del coltello sulla maniglia e sospingo la porta verso l'interno. Questa si apre in un lento cigolo, mostrandomi una stanza completamente priva di decori con l'eccezione di quell'immenso quadro tinteggiato di rosso.
Lo osservo con la dovuta distanza, scorrendo gli occhi sulle tracce di quell'orrore che mi ha tenuta imprigionata per troppo tempo in un malessere sofferto e in risposta anche lui, vivo, sembra respirarmi addosso.
Forse prova pena per la gracilità della mia figura, pregna dell'acqua nella quale ho abbandonato per sempre un amore che mi ha intrappolato, ma allo stesso tempo pare come tenere gli occhi inchiodati sulla luminescenza del grosso coltello seghettato nella mia mano destra.
Guardo dentro gli occhi del ragno per la prima e l'ultima volta, riconoscendo in lui il male di tutto ciò che è stato ed avanzo, finché la tela non grava su di me come una parete inclinata prossima al collasso. Come un giudice incappucciato di rosso scarlatto, come un riflesso, il male incarnato.
E poi... sollevo la lama, tranciando il quadro da parte a parte.
Un grido giunge stridulo nelle mie orecchie ma si disperde nella dimenticanza di un barato eterno, l'oblio, nel quale soffoco tutti i miei sbagli, mettendo per sempre fine ad una fiaba macabra trasformatasi in realtà.
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