80- Esiliato dal tuo cielo

P.O.V.
Caitlin

Le parole sono nulle se non si attribuisce loro un significato, così come lo sono i sentimenti.
Essere umani significa interiorizzare, far proprie delle emozioni, giustificare il battito del cuore non solo come un semplice bisogno fisico per sopravvivere ma come esempio, lampante, di un amore che non può essere costretto in una normale frequenza di colpi.
Nonostante l'insieme di processi naturali, in ogni cosa, interviene l'anima.
E quando questa si strappa, come un velo elegante e perfetto che ti aveva protetto, ogni cosa collassa in se stessa lasciandoti nuda.

È cosi che mi sento. Fragile, a terra, svuotata di tutte quelle speranze con le quali avevo gonfiato il mio corpo piena d'orgoglio per permettergli di farsi strada, a testa alta, nel mondo.
Ho seppellito dentro di me un milione di parole, sapendo quanto potessero essere in grado di ferire.
Ho del tutto eliminato certi gesti, ho messo un freno ai miei pensieri... perché tutto ciò che non avviene in maniera involontaria si può controllare.

Tradire è una scelta che si compie da soli e non semplicemente dentro un letto.
Michael mi ha tradita anni fa, quando mi ha vietato di riporre in lui la giusta fiducia.
Quando mi ha strappata dall'acqua di una piscina comunale solo perché un gruppo di ragazzi mi aveva messo gli occhi addosso.
Quando ha sibilato, di fronte ad un Jeremy che aveva aperto il proprio cuore con tutte le fragilità che lui conosceva e che aveva deciso di ignorare, sputandoci sopra.

Mi ha tradito quando non mi ha appoggiata nel mio lavoro, quando ha smesso di credere in me... quando ha provato invidia.
E lo ha fatto, Dio sa, così come entrambi noi, i momenti in cui l'ha fatto. Dominic era solo il nome proprio di un sentimento che ospitava nel suo cuore da tempo, e che era stato vomitato in un insieme di continue frasi.

È tutto chiaro adesso, il percorso che abbiamo fatto,  come siamo arrivati fino a qui. Il motivo per il quale ci troviamo a soffrire in questo modo.
E non vorrei affatto dare ragione ad Emily, no... non gliela darò, perché non è vero che non siamo fatti per stare insieme, non posso accettarlo.

Se solo fosse a conoscenza del nostro passato non parlerebbe così. Se avesse visto il modo in cui Michael mi ha accettata la notte che gli ho parlato dell'hiv, incastrandolo in una serie di emozioni tossiche, prive di boccate di ossigeno.
Emily non c'era quella notte, non c'era quando Michael aveva interpretato il mio quadro alla mostra e non aveva visto niente di noi.... ma aveva davvero compreso qualcosa di necessario.

Uno di noi due sarebbe dovuto cambiare. Questo è il fatto.
Conoscendo il passato di Michael e le sue emozioni avevo pensato, prima del divorzio, di poter essere io la sua guida in grado di trascinarlo verso emozioni buone.
Si è scoperto che, in verità, chi trascinava era l'altro. Era il marito pieno di mistero e fragilità che, con tutta la dose incredibile d'amore che possiede in se, non riesce a rinunciare a qualcosa che ha amato tanto... pur a costo di possederla.

Michael è il vero vincitore in tutta questa storia, perché adesso sono qui, a terra, con la prova del suo tradimento solo a pochi passi.

Che cosa dire, al momento? Abbiamo escluso tutti, decidendo di vivere un idillio che ci ha reso folli ed ora... che ci resta?

Rido nervosamente, passandomi le mani nei capelli e volendoli quasi strappare.
Mia madre me li toccava sempre. Mi metteva in riga, mi impediva di agire secondo il mio volere, guidata dalla volontà di mio padre.
Quello che mio marito ha fatto al seguito è stato solo l'illudermi di lasciarmi una carezza quando, in verità, stava tirando più forte di tutti loro.

Non esiste filastrocca che regga a confronto di questo dolore, o figura pittorica rosso scuro che possa mostrare, all'interno di una tela enorme, la separazione tra la mia innocenza e la mia maturità. Esiste solo quel ragno che è rimasto impunito, quella figura che mi ha dato troppo di quel dolore da farmi gridare lacrime d'acquerello scarlatto, sporcando la tela di una poesia che ha la ritmica di una sentenza.

Finalmente riesco a vedere tutto, da lontano. Separata come sono dal mio corpo riesco a notare ogni cosa, persino la mia eccessiva magrezza.

Vedo le cornici delle nostre foto, in questa stanza divenuta una gabbia adesso. Rivedo il nostro letto, i nostri ricordi, gli oggetti, il mare oltre le finestre e mi rendo conto delle mie gambe troppo secche, dell'eccessiva magrezza.

La stanchezza è sempre stata un segnale ma non ho mai deciso di farci caso.
Persino tutti gli anelli mi sono scivolati via dalle mani, tranne uno solo. Quella maledetta fascia dorata rimane stretta al mio anulare e non si allontana da lì, cicatrizzata come è dal fuoco di una promessa che l'ha resa tutt'uno con la pelle, da dopo che lui l'ha nuovamente riposta.

Provo a sfilarla e non va via. La bocca emette una risata. Poi un'altra.
Mi piego in avanti mentre il dolore scivola in un'ilarità completamente priva di una chiave comica.

L'anello non se ne va. Non se ne va....

Rido ancora, poi mi arrendo... sono troppo stanca. Lascio scorrere le maniche lungo le braccia ed osservo il chiarore della mia pelle, sollevando gli abiti per scoprire le ecchimosi addensatesi lungo il mio corpo.

La malattia è tornata, in tutti i suoi segnali. Credevo fosse andata via ed invece eccola qua, più forte che mai nella sua traballante danza.

Temo che possa essere l'artificio di un diavolo.
Sì, una specie di maledizione che torna in vita nei momenti in cui il dolore sporca, irrimediabilmente, il sangue.
Quando stavo bene, in casa di Lexie, non provavo alcun dolore, ero guarita... ma mi era bastato rivivere tutto ciò che questo matrimonio comporta per avere indietro anche il ricordo del Donegal e di Los Angeles.

Los Angeles...la città degli angeli.
La notte in cui io e Michael avevamo camminato fianco a fianco, la prima notte dopo il suo spettacolo, la notte dei rumori preferiti, gli avevo detto di aver incontrato solo un diavolo, lui. E anni dopo mi aveva testimoniato ciò che aveva guidato la madre a dargli un simile nome d'Angelo, legato alla Bibbia quanto a due figure importanti: Dio e Satana stesso.
Michael avrebbe potuto essere salvezza o dannazione, l'angelo divino in grado di trascinarmi verso una terra promessa o la perdizione eterna e adesso... la soluzione risulta piuttosto chiara.

Allora, dove si erano nascosti i miei angeli? Erano davvero dietro una fotocamera su di una spiaggia piena di finte imitazioni in costume che promettevano il benessere di una messa in salvo?
Se solo mi fossi fatta curiosa della sua unicità, se solo avessi modificato l'attimo in cui io e Michael ci siamo seduti su quello scoglio, alterando per sempre le carte in tavola, cambiando vita, mestiere, passioni, doveri, se solo lo avessi fatto adesso starei vivendo con un diverso cuore. Ma ero terribilmente innamorata, come lo può essere solo una persona che non si sente abbastanza e che vede nell'uomo pieno di mistero e fragilità il ritratto di se stessa.

Credevo di aver avuto tutto ma non si è rivelato che un pugno di sabbia. La maledizione delle scoscese rocce del Donegal che, andandomene, mi avevano promesso che starebbero state in grado di tornare a torturarmi.

Demoni o angeli. Li avrei conosciuti entrambi, se avessi intrapreso una differente scelta?
Non sono mai stata per le strade d'uscita a più veloce percorrenza, così come non mi sono mai pentita di ciò che ho provato.

Non lo sono nemmeno ora. Nonostante il mio patetico tentativo di togliere questo anello dorato sono certa che, se solo quell'uomo fosse rimasto lo stesso di un tempo, non avrei cercato di privarmene con tanta facilità.

Ma ho bisogno, comunque, di dare certezza a chi se lo merita, cercare il conforto di amicizie dimenticate nel tempo affinché possano darmi la forza.

Per questo, con le mani che tremano, afferrò il telefono che ho in tasca e compongo, lentamente, un nome noto.

Passo le mani tra i capelli, scorrendole lungo la cute con ancora il bisogno di strapparle e poi sollevo la testa rimanendo a fissare il soffitto con le travi di legno. I pensieri mi portano troppo lontano ed è la ragione a strapparmi via dai ricordi, costringendomi a vincolare di nuovo gli occhi a terra, ma non tutto è perduto.

Non l'ho mai chiamata. Non ho mai avuto questo coraggio prima.

Squilla per quattro o cinque volte. Poi, la sua voce mi raggiunge dall'altro capo della linea.

«Pronto? Chi parla?»

Le palpebre mi si serrano con forza, e le mie mani vorrebbero andarmi contro, stringendosi in dei pugni.

«Katty? Sei davvero tu?»

Vorrei dirle che aveva ragione, fin dall'inizio. Che sono diventata davvero troppo aspra, che in me non c'è più niente che possa garantirsi il suo rispetto ma non ho più voce. Il terrore l'ha intrappolata, ed ora non si lascia sfuggire una parola di troppo per non ferire, per non rimanere ferita.

«Katty... sei vicino al mare?»

Chiudo in fretta la chiamata per impedire a Marina di sentire altro e quindi mi copro la bocca con una mano. Le lacrime tornano a scendere e sono la maledizione che non avrei mai voluto riavere indietro perché tornano a dimostrarmi quanto, in realtà... continui ad essere troppo fragile.

Batto il pugno contro terra e vorrei strillare. Vorrei richiamare Marina e chiederle di portarmi via.
Tutto questo incubo ha avuto un inizio, con lei, ma può avere anche una fine... perché era tutto giusto.

Il narcisismo, l'egoismo, la superbia... sono tratti del carattere di Michael, aveva ragione ed io li avevo sottovalutati. Avevo messo in secondo piano la loro forza, innamorata dell'amore, innamorata di figure tanto mitologiche da appartenere solo alle pagine di qualche romanzetto rosa.

La vita vera è diversa. L'uomo che ti vuole fare del male ti fa male e basta. Quello che ti ama lo dimostra con gesti che donino sicurezza e quando tutto questo viene a mancare... dovresti correre, per metterti in salvo.

Nessuno riesce mai a capire il mondo che si nasconde dietro una singola persona, figurarsi dietro un amante dal passato difficile e dai pensieri contorti che non si è aperto del tutto con te, che ti ha mostrato il suo mondo ma che, mettendolo in rapporto con il tuo, ha deciso di forzare la mano.

E non dovrebbe esserci alcun obbligo, o forzatura. Dovrebbe essere tutto più semplice. Carico di problemi, si, ma vivibile, con qualche pianto.

Non questa maledizione. Non questa follia.

Grido, trovando finalmente la mia voce e provando a mettermi in piedi. La prima volta cado.
Ci provo ancora, non voglio arrendermi. Le gambe mi tremano e non me ne importa.

Questa trappola ha pareti che si fanno sempre più strette ed il mio corpo è trafitto dalle mille lance che scaturiscono dalle bucature dei chiodi dei quadri.

Mi sento un mostro, orribile ed intoccabile. Qualcosa di macchiato ed informe, che senza alcuna articolazione ondeggia, mutilato, nei corridoi lungo i quali la bestia che camminava libera, lasciando stridere i suoi artigli, l'aveva mangiata pezzo dopo pezzo.

Devo andarmene da qui ma niente finisce, perché la sua chiave viene girata nella toppa e Michael fa il suo ingresso all'interno di questa casa.

Eccolo, il mio mostro perfetto. Il mio angelo più bello del paradiso. Il mio diavolo pieno di ferite e tagli.

Il suo volto è stanco ed ancora non si è reso conto della mia presenza qui. Ma ad un tratto volge il capo e mi sorride, nei suoi occhi neri.

Avanti, mio Diavolo, promettimi ancora delle false speranze.
Sorridimi, come solo tu sai fare. Sì, proprio così.
La sua bocca si apre lenta.

È felice di avermi qui e che possiamo vivere in due in queste fiamme. La solitudine stanca presto ed è solo la vittoria, data dalla compagnia di un altro cuore, a dettare l'immortalità.

«Caitlin...» mi chiama e arrivo a maledirmi per lo scompenso che sento.
I suoi passi si trascinano lenti fino a me, ma proprio quando sono certa che la vicinanza stia diventando troppa sollevo una mano e stupito lui si blocca.

«Non avvicinarti più di così» gli dico ed è un'ordine. Non voglio che lo faccia.

Non ragiono quando respira sul mio viso, quando mi fissa con quegli occhi tanto ammalianti e tenta di convincermi che andrà tutto bene... no, non sarà così, sarà solo una fine patetica ed un continuo gioco di bugie alle quali non voglio più prestarmi.

«Che cosa ti prende? Stai bene?»

«Non voglio portare più avanti questa farsa.»

«Farsa? Di quale farsa stai parlando? Credevo che avessimo messo apposto tutto.»

Lo vede dal mio sguardo che non è così. Lo legge nei miei occhi dove non primeggia più l'amore ma è presente anche un principio di odio.
E tutto cambia, collassa in se stesso.

La sua testa si abbassa lenta ed i suoi occhi si fanno più scuri, più incavati tra queste ombre interne alla casa che li affilano, in un pericoloso gioco di luci e ombre.

«Che cosa è successo, Caitlin? Quando sono uscito di qui stavamo bene.»

«Mi hai tradita» sibilo, fissandolo con un'audacia che non pensavo di avere.
Questa risposta lo getta in confusione e così sono costretta a chiedere direttamente a lui, vittima come è di immancabili interrogativi, se si rende conto di ciò che è stato. «Lo hai fatto, Michael?»

Non mi risponde. Devo dunque lasciargli qualche indizio perché segua la scia di molliche in grado di condurlo fino a me.

«Hai lasciato il telefono a casa, sono arrivati dei messaggi.»

«Quindi mi spii, adesso?» Domanda.

«Se non ci fosse niente da nascondere allora non ci sarebbe nemmeno niente di male.»

«E che cosa c'è stato di male?»

«Emily» sussurro e lo vedo chiaramente.
Tutta la sua certezza di dirama in una pericolosa crepa.

«Si è trattato solo di uno sbaglio. È te che voglio, Caitlin, sei tu mia moglie, la donna per la quale ho lottato.»

«Ti ho sentito molto elogiare il tuo amore, sei bravo con le parole. Dominic si sbagliava, Michael, sei l'attore migliore. Credi alla tua parte fino all'inverosimile, che cosa importa se non c'è purezza?»

«Credi che il nostro amore sia stato una falsa?»

«Credo che troppi eventi siano capitati in mezzo alla nostra storia, ed ora siamo distanti.»

«Sei furiosa perchè ti ho tradito con lei?»

«Fai finta di non capire?»

«Ce l'hai con te stessa per avermi creduto?» Chiede amaro, iniziando a camminare verso di me. Io, in risposta, compio piccoli passi all'indietro. «O sei furiosa per non aver accettato la richiesta di lavoro che Dominic ti aveva offerto?»

«Ho rinunciato a quel lavoro per te, per costruirci una nuova vita insieme...»

«Beh, non avresti dovuto farlo!» Urla ed i muri quasi sembrano tremare. Sentire questa parole venire emesse da lui in persona mi getta nel terrore.

«Non lo sai, Caitlin? I rimpianti sono come crepe. Piccole fessurazioni sulla facciata di un edificio finché non le raggiunge il collasso. Capolinea, la bellezza è caduta e con essa anche tutto l'amore che porta.»

«Ti sei pentito?»

«Che domanda sciocca.. io non ho fatto altro che pentirmi.»

«E di che cosa?» Domando, continuando a retrocedere indietro. La mia mano urta una delle poltrone. «Ti sei pentito di avermi conosciuta?»

Michael sbuffa, spazientito dal mio tono pieno di paura.

«Ancora non l'hai capito? Io ti amo. In un modo che gli altri non possono comprendere, ma tu sì.»

«È sbagliato.»

«E chi lo dice? Chi lo dice che per amare servono dei limiti? Inoltre, saremo in due a sbagliare. Credi che non me ne renda conto? Lo so da sempre, Cat, tu mi ricambi. Ed è bellissima la tua resa, l'amore che provi nel concedermi la piena libertà di mutare, di prendere decisioni per entrambi. Mi concedi una libera espressione. Non mi soffochi... il tuo amore è molto più puro del mio, ma altrettanto potente.»

«Michael, ti prego...»

«Per che cosa mi preghi, mia dolce gatta? Che cosa vuoi?»

«Niente di tutto questo!» Arrivo a gridare ed il corpo in risposta si spezza in due, chinandomi in avanti.

Michael mi osserva, senza dire niente, e finalmente trovo la forza di parlare.

«È tutto sbagliato. Tutto. Abbiamo sbagliato fin dal principio. Sei un codardo, Michael, pieno di paura e non avrei mai pensato di dirlo!» Rido, brevemente, passandomi una mano sulla fronte, vedendo le cose con una chiarezza inaspettata.

«Ho parlato con un uomo affascinante, una mattina al tavolo di un bar. Per caso la vita ci aveva fatti incrociare non una ma ben due volte, per quanto in occasioni completamente differenti. Una biblioteca e una mostra d'arte, chi avrebbe mai trovato un punto di giuntura? Ecco, quell'uomo mi aveva stregata. Mi aveva fatto provare la rabbia nel sentire della sua bisessualità e della sua libertà d'amare, perché per lui amare non aveva limiti quando invece, per me, aveva rigidi paletti molto stretti.
Ma non faceva niente, mi sono detta, perché quell'uomo aveva il coraggio di comprendere e metabolizzare. Far propri argomenti tanto sensibili e forse, chi lo sa, provare anche qualcosa per il casino che regnava nella mia testa.
Mi sarebbe stata sufficiente la comprensione, non volevo l'amore... ma poi avevi giocato le carte per quel gioco di seduzione.»

I ricordi del nostro passato tornano a vivere prepotenti e la dolcezza che li rimescola consente loro di continuare a vivere in serenità in un paradiso dal quale è impossibile toccarli. Vivranno sempre privi di peccato, e queste parole amare che sto pronunciando non potranno mai raggiungerli.

«Che ironia, non è vero?, scoprire che in realtà la tua era una mascolinità tossica. Quando ti sei rivelato veramente sensibile, Michael? Mi hai amata su quel letto a Terni, sì, ma che cosa hai pensato vedendomi? Ti sei fatto forza, sei arrivato ad amarmi... ma che cosa vedevi stesa di fronte a te? Una donna tanto fragile da essere facilmente manovrabile. Il tuo inconscio te lo ha suggerito di continuo, sempre, ed è stata mia la colpa ma stavo vestendo una maschera di paura, proprio come te... Michael, siamo entrambi pieni di terrore, non te ne accorgi?»

Mi mordo un labbro, per evitare di piangere, perché questo dolore io l'ho interizzato da tempo ma lui sta ancora provando a combatterlo.
Perché, da sempre, fin da bambino mentre fissava dal basso le centrali della Down Town, gli era stato proibito di essere fragile.

Ma lo può essere, lo può essere adesso, con me... è il solo modo per dimostrarmi che il nostro amore è significato qualcosa e che c'è ancora un pizzico di speranza per tornare di nuovo umani.

«Il tuo modo di allontanare Jeremy, non ti rendi conto di cosa è stato? Hai sempre provato a proteggerti verso chi, sapevi, ti poteva ferire. Lo hai chiamato "finocchio", lo hai chiamato "debole", ma la tua altro non era che invidia, perché Jeremy sapeva quello che voleva. E quando ho provato a divorziare da te hai deciso di tradirmi, di tua spontanea volontà, per aggrapparti a qualcosa che eri certo potesse farmi più male del dolore che ti avevo provocato.»

Resto fissa nei suoi occhi, a parlare, e sembra di farlo con un bambino molto più piccolo. Un giovane ragazzo di appena dieci anni che ti fissa dall'altro capo della stanza, cercando di non far voce ai suoi timori.

«Il tuo errore è stato nel pensare che fosse la cosa peggiore da fare. Quando ci siamo conosciuti già ti stavi frequentando con Emily, e sapevo che continuavo ad andarci a letto finché le cose tra noi non si sono fatte più chiare. Vederla accanto a te, in tribunale, aveva già fatto sorgere quel prospetto... ma non mi sono sentita tradita dal tuo tradimento, quanto dal tuo non essermi accanto, lo capisci, Michael? Non eravamo dalla stessa parte e tu stavi facendo tutto il possibile per continuare ad allontanarti.»

Il suo corpo è rigido, teso. Pronto a scattare, per cosa? Per andarmi contro, per impedirmi di parlare ulteriormente o per supplicarmi, in lacrime, di non farlo affatto?

Non posso tacere adesso. Mi è mancata per troppo tempo la voce ed ora ho bisogno di raccontare quello che ho vissuto, con il cuore che è naufragato.

«Cerchi rifugio in ogni cosa. Il teatro, Emily, la storia di un libro, me... i miei occhi. Mi hai detto che vivere nei miei occhi è come vivere dentro un cielo, il tuo cielo. Mi hai detto che essere in alto, su di un palco, tra le nuvole, è il solo modo che hai di farti notare in modo che le persone si accorgano di te. Ne hai un bisogno viscerale, vuoi degli occhi addosso... necessiti di essere visto da qualcuno per il tuo terrore più grande: quello di essere dimenticato. Ti dico una cosa adesso, però...»

Sì, adesso sono certa che vorrebbe scappare. Il suo sguardo è vacuo, perso nel niente. Non ha punti di ancoraggio e per questo volteggia instabile nel vuoto.

Non è più mio il compito di offrire la mano, con l'anello al dito, per impedirgli di volteggiare. Non dopo che me l'ha tagliata, respinta, graffiata e stordita.

«... Per tutto il male che mi hai fatto, per quello che non ti sei reso conto di fare, per quello che ci siamo fatti. Per tornare a vivere, per poter respirare un amore che non ci soffochi, Michael... sei esiliato dal tuo cielo. Non devi più farne parte. Non devi più cercarmi, né volermi. Non c'è più speranza per noi. Siamo finiti da tempo per cui è il momento di vivere senza paura.»

Il suo corpo, adesso, cade nel vuoto. La fune è stata recisa.
Dove si trova il mio, al momento? Era legato al suo. Non ha più importanza, perché la mia paura è sempre stata quella di pensare a me stessa, a ciò che mi sarei meritata di vivere.
Per questo ho il coraggio di compiere questo taglio, perché sto provando, per la prima volta, a vivere distante da un amore tossico, ignorando il cuore che si sfalda.

La fanciulla delle nevi era destinata a sciogliersi nel dolore di una passione ma dell'uomo che l'aveva forgiata che ne è stato? Il suo strato di ghiaccio era ancora più spesso, che stalattite gravava sul suo cuore?

Il cielo non ha più alcun sole e le nubi grigi ci hanno raggiunti, simile al malessere che è il purgatorio in terra. Né giorno né notte, un infinito limbo nel quale le nostre anime continueranno a volteggiare, schiave del più puro amore così come lo sono state del più profano.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top