76- Macchiato di peccato
P.O.V.
Michael
Nonostante la forza del getto d'acqua, proveniente dal rubinetto di questo bagno, il sangue non va via e si mescola alla trasparenza, in una contaminazione da vertigine.
Strofino, sempre con maggiore forza, ma è tutto inutile. I colpi hanno provocato delle ferite alle mie nocche e da queste gronda sangue, unito allo strato superficiale di quello appartenente a Reiner. Osservo la fede nuziale al mio anulare e noto che, persino al di sotto di essa, vi si è addensata quella macchia purpurea.
Immediatamente mi blocco, trafitto da un pensiero.
Non posso toglierla, indipendentemente dalla testimonianza alla quale permette di prendere vita al di sotto. Farlo è assolutamente vietato e non devo. Che cosa penserebbe Katrina se compissi un simile gesto?
Conosco bene la rotta che hanno subito i miei pensieri, e non voglio certo che siano simili ai suoi.
Ne sono uscito distrutto, disintegrato, a pezzi, un relitto che si è trasformato presto in un reietto, non appena avevo visto quell'uomo baciarla.
Sono riuscito a resistere per due interi giorni, prima di impazzire.
Avrei dovuto dimostrarle qualcosa, farle credere che sarei stato in grado di controllarmi... ma non sono proprio riuscito a farlo.
Le occhiaie al di sotto dei miei occhi ne sono la conferma. Il ricordo delle tre ore di sonno, ormai, è solo una reminiscenza del passato. Il giorno si è interposto alla notte in un ciclo di rotazione continuo che mi manda alla follia.
Per poco non ho rischiato di provocare un incidente, montando in macchina.
Sono arrivato allo stremo delle forze e ciò che ho fatto è stato del tutto giustificabile, mi dico, continuando a grattare via con forza le incrostazione di quei coaguli.
Nessuno deve permettersi di toccarla, 'fanculo i ventiquattro passi, le sono vicino come non mai. Le sono addosso, anche quando non mi sente, per questo non può abbandonarmi.
Ci ho provato, mi ripeto, continuando a lottare contro la forza dell'acqua, ma proprio non fa per me.
Rido, perché già lo sapevo. Era un modo come un altro di riuscire ad illudermi. Dannazione, credevo sul serio di farla franca? Questo è quello che sono. Questo patetico riflesso.
Sollevo lo sguardo e mi analizzo di nuovo, valutando il risultato degli anni.
Come potrebbe Katrina desiderare un uomo simile?
Santo cielo, provo pietà io stesso per la mia immagine. E invece, quell'uomo?
Quell'uomo era tanto simile alla perfezione che aveva Richard, quell'antico ricordo della frequentazione che aveva prima di conoscermi, da farmi scattare i nervi sull'attenti.
Ma ora è sistemato, credo che abbia imparato la lezione. Il suo giustiziere senza volto si era occupato delle colpe, ma adesso che resta di quell'uomo in maschera che ha sventato pugni?
Sono i suoi, di peccati, ad emergere, ed in essi mi immergo come nel più conosciuto mare del quale, ormai, fronteggio le correnti.
«Michael! Come stai? Dove sei?»
Chiudo gli occhi e solo per un minuscolo, immobile, istante disperso nel tempo sogno che quella voce non sia di Emily ma di Caitlin, tornata nella nostra casa piena di preoccupazioni per ciò che la nostra rottura mi ha provocato.
Il sogno si infrange non appena il mio avvocato mi trova e le sue mani si rivolgono, preoccupate, al mio volto per analizzare il lieve livido che mi ha procurato il mio sfidante.
Niente di grave, ho avuto la meglio su di lui grazie all'espediente della sorpresa, ma Emily sembra sinceramente preoccupata e fa scorrere gli occhi dal viso fino alle mie mani.
«Cielo, Michael, che è successo? Con chi hai fatto a botte?»
Probabilmente mi ha visto per strada. Il locale non era molto distante da casa sua e per quanto tardivo l'orario della mia fuga deve essere coinciso con quello del suo lavoro. Forse, era proprio lei la donna che avevo intravisto per strada. Indossava un cappotto bianco proprio come questo...
«Emily, non preoccuparti, non è niente di importante...»
Dovrebbe sapere che sono incline all'autodistruzione e che mi compiaccio del dolore come un masochista incline alla follia. Quando tutto va male, l'adrenalina mi fa sentire vivo ed è come una corrente ad alto voltaggio che mi corre lungo tutta la serpentina dei miei nervi. Procura un piacevole sballo al mio cervello, riesce quasi a farmi divertire... ed è molto più leggera della rabbia.
Indossare, senza sosta, i panni dell'uomo arrabbiato e vestire costantemente la pesantezza dei suoi pensieri a un certo punto frantuma del tutto l'animo, spingendoti all'autocommiserazione.
Alle volte mi inclino verso quest'ultima, altre faccio a botte contro il soggetto dei miei problemi e scarico l'adrenalina.
Niente, dunque, che non si sia già rivelato in passato e di cui non fossi a conoscenza.
Satura anche Emily delle mie risposte silenti, si stacca feroce da me provocandomi un sorriso esausto.
Le mani le corrono tra i capelli ed il corpo irrequieto inizia a fare avanti e indietro per la stanza.
«Io non so più cosa fare, Michael, sul serio. C'entra con Caitlin, vero?» Evito di rispondere... i miei occhi sono fin troppi eloquenti e la mandano alla deriva della sopportazione. «Ti rendi conto di cosa hai fatto?» Mi grida contro, ma ammortizzo il colpo.
«Mi sono scaricato un po'» commento, e lei mi punta il suo dito indice contro.
«Hai appena mandato a puttane settimane di lavoro. Spero tu possa essere fiero di te» e detto questo recupera la sua borsa, lasciando come una furia il bagno.
Il panico mi assale ed il cuore torna a battere veloce contro il petto un ritmo assurdo. Le gambe iniziano a correre di scatto e le vado dietro, impedendole di uscire da questa casa senza aver chiarito le cose.
«Dove vai?» Sussurro al suo orecchio, mentre la trattengo da dietro avvertendo il suo corpo scalpitare.
Lotta con le mie braccia, cerca di sfuggirmi.
«Lasciami andare, subito!»
«Vuoi abbandonarmi anche tu, Emily?» Mormoro, con un tono di voce che non può impedirsi di far trasparire il panico. Questo la arresta quanto basta per potermi confessare la sua verità.
«Sai che non lo farei mai...»
«Allora dove stai andando?» Le chiedo, ed il suo silenzio è una tortura terribile. Allento la presa delle braccia e sollevo la mano per sfiorarle la striscia di ventre che si vede costantemente, tra i pantaloni a vita alta e la fascia del top sotto ogni giacca.
Getta la testa indietro, contro la mia spalla, ammorbidendosi a questo contatto.
Senza premeditarlo, mi chino fino al suo orecchio e mordo leggermente il lobo, lasciato nudo, ricordandomi che si tratta di una sua zona erogena.
«Non possiamo...» sussurra, ma le gambe le stanno cedendo.
La porta in legno chiaro della mia casa, inquadrata da finestre in vetro alte quanto la stanza, é ormai un antico ricordo e la fissa con beffe, convinta anche lei che Emily non potrà mai raggiungerla.
«Lasciati andare» le dico, ben consapevole che lo stia già facendo. La mia mano scende e si insinua nei suoi pantaloni, entrando in contatto con il pizzo sottile dei suoi slip, forse quasi del tutto trasparenti.
«Ami ancora tua moglie» mi risponde, con una strana punta di acidità. Mi accorgo, in un mezzo sorriso triste, che la mano con cui la sto toccando è proprio quella sfoggiante la mia fede dorata ma lascio cadere il pensiero nell'oblio.
«Mia moglie mi ha lasciato... quello che desidero adesso è che tu non abbandoni il mio fianco.»
La vedo chiudere con più forza gli occhi non appena le dita scivolano al di sotto del pizzo e la raggiungono.
Sfioro, delicatamente, le grandi labbra della vagina per poi insinuarmi più a fondo, dentro di lei.
«Michael, ti prego...»
«Non vuoi rivivere il passato?» Le domando.
Io lo voglio disperatamente. Anche se non so se rivivrei la parte avuta con lei. Ci siamo divertiti, quello è vero, ma ciò che è venuto subito dopo mi ha sconvolto.
Caitlin mi ha destabilizzato, lo fa tutt'ora, mentre sono con le dita in un'altra.
«Sì» risponde flebile e per un attimo mi accorgo di aver dimenticato persino cosa le ero arrivato a chiedere.
Molto bene, dunque. Mi ha dato le conferme che cercavo, quindi ora non resta che sfilare questi pantaloni che indossa e vedere a quanto corrisponda il suo coraggio.
Protesta leggermente quando estraggo le dita da lei ma il suo languore si acquieta vedendo le mie mani, mentre ancora le sono alle spalle, raggiungere il bottone dei pantaloni sfilandolo per poi risalire fino al top che indossa ed accorgermi, piacevolmente, che non porta il reggiseno.
Le mie mani arrivano presto in contatto con i suoi capezzoli e li tirano, con forza. Emily protesta.
Quanto coraggio ha, di restare? Conosce ogni parte di me, sa che posso essere violento in questo nostro scontro eppure non le importa niente... perché lei accetta ogni parte di me, il bene ed il male, insieme.
Non può abbandonarmi anche lei, non può lasciarmi nel bel mezzo della causa. Ho bisogno ancora della sua esperienza di avvocato ma soprattutto ho bisogno di quel rifugio che è il suo corpo, dentro il quale ho richiesto dimora molte volte in una vita precedente.
Afferro con più forza i seni, accorgendomi che non sono cambiati affatto.
La testa di Emily si inclina ulteriormente e famelica la sua lingua si intrufola nella mia bocca a caccia della mia.
Le lascio prendere ciò che vuole e la ricompenso per questa decisione.
Non mi abbandonerà. Non lascerà questa casa, la causa e me, mi seguirà fino alla fine perché Emily è parte stessa della mia oscurità, nella quale sono destinato a tornare.
E allora avanti. Eccomi farne di nuovo parte.
Scivolo nuovamente nei suoi pantaloni con la mano sinistra mentre con l'altra le stringo il seno e lotto, tra le carni, per poterle procurare piacere.
Lo faccio, lo capisco dannatamente bene. Il suo respiro si spezza sulla mia bocca in gemiti di piacere.
Emily è già distrutta ma non è sufficiente per niente.
La volto di scatto e lascio che la sua schiena si spalmi contro il legno del portone d'ingresso. Poi le tolgo di colpo pantaloni e slip, in un gesto solo, finendo con lo sfilarglieli ed inginocchiarmi di fronte a lei.
Prima ancora che glielo chieda, solleva una gamba e me la mette sulla spalla, consentendomi di avvicinarmi per leccarla.
Tiro fuori la lingua e sprofondo, con essa, nel suo corpo, a caccia di quel fascio di nervi che può farla contrarre dal piacere... e non c'è alcuna barriera in questo rapporto. Nessuna maledetta barriera che mi aveva tenuto distante da Caitlin.
È puro e semplice bisogno fisico che viene appagato, una lotta nel ricercare ciò che in un altro corpo viene nascosto da muscoli e membra, situato in un punto che ormai conosco fin troppo bene.
Emily ha uno spasmo. Il suo corpo trema, e persa nel proprio piacere lotta come una matta per impormi parte della sua autorità. Non completamente, perché qui comando io, è sempre stato così.
Le lascio sprofondare le mani tra i miei capelli per finire a conficcare, leggermente, le unghie nella mia cute, come a incentivarmi a non allontanarmi ma non ce ne era bisogno.
Non ho intenzione di farlo.
Afferro anche la sua gamba, portandola sull'altra mia spalla e comando il suo corpo come ne fossi il burattinaio, piegandola secondo il mio volere.
Emily grida come un'ossessa, e la sua voce rimbalza nei muri della casa che ho condiviso con Caitlin e che si fanno testimoni del nostro atto.
Sorrido contro la pelle di lei e decido di dar loro molto di più.
Di scatto mi allontano e le permetto di tornare in piedi, poi le afferro la mano e la tiro fino alla camera da letto, mia e di Cat.
A guidarmi è una specie di vendetta sulla quale, però, ha la meglio il bisogno di tornare a far parte dell'unica donna che, sul serio, non mi abbandonerebbe mai e che è fedele a me nonostante tutti gli anni passati.
È venuto il momento di ringraziarla e non esiste luogo migliore che su queste coperte, per dimostrarle il valore che assume per me, nonostante l'amore che provo per mia moglie.
Gli occhi di Emily sono leggermente assottigliati nell'accostamento con il naso, ma è come se si spalancassero di colpo ed assumessero una forma circolare quando si rende conto dello spazio in cui ci troviamo.
Le sorrido rassicurandola e lascio cadere a terra la sua giacca leggera, afferro il suo top sollevato sul seno nudo e lo sfilo via oltre la testa. È nuda, ormai, eccezione fatta per le scarpe a tacco alto nere ma non ho intenzione di togliergliele... o forse sì.
Mi inginocchio nuovamente a terra, sollevandole una gamba e lasciando bocca e lingua correre lungo il suo polpaccio, illudendola che le mie labbra stiamo ritornando nello stesso punto di poco prima.
Le sorrido, furbesco, per poi scendere con i miei baci fino alla scarpa. Potrei farla uscire di testa e aprire questi gancetti con la bocca, sono in grado di farlo, ma voglio tenere gli occhi su di lei e nel frattempo torturarla con le mie mani. Dunque consento ai tacchi di posarsi sulla mia coscia piegata e di esercitare una pressione leggera, mentre glieli sfilo via.
Prima uno, poi l'altro.
Una volta tolti mi rialzo in piedi e noto quanto più bassa e perfetta Emily si dimostra.
Sì, senza tacchi è molto meglio. Ricorda l'innocenza questa vacuità che ha assunto il suo sguardo e mi fa tornare alla mente un paio di occhi celesti come cieli, abbinati a dei capelli rosso fuoco, completamente diversi dai suoi.
La volto di scatto, facendola cadere al centro del letto sulle sue ginocchia, con il sedere sollevato nella posizione che desideravo.
Dunque, avanti, Emily, stancami. Permettimi di dormire stanotte ed evitami di pensare. Rassicurami che ci sarai sempre e che non mi lascerai.
Ho così tanto bisogno d'amore da cercarlo in te, da decidere di spartire per entrambi il tuo compenso, sapendo che è questo che desideri.
Poso di nuovo la bocca al centro del suo corpo e torno a leccare, perché questo contatto con la carne calda, diretto, mi era mancato troppo. Sentire i liquidi, che testimoniano il suo bisogno di me, sulla lingua mi eccita troppo, tanto da decidermi di non farlo andare per le lunghe.
La schiaffeggio su una natica facendola squittire e con piacere noto che con entrambe le mani ha già afferrato il lenzuolo, torcendolo in una tortuosità che è dettata solo dal piacere.
Afferro il mio sesso con l'altra mano e ancora una volta non posso che deliziarmi dell'assenza di preservativo.
Poso la punta su di lei, per avvertirla della mia mossa successiva e farle notare quella piacevole privazione... ed Emily non dice niente, mi sta aspettando.
Con una sola mossa inclino i fianchi, quindi, ed ecco che mi trovo dentro di lei.
La sento gemere con disperazione, godere di questo nostro profondo contatto e chiudo per un secondo gli occhi, beandomene.
Quando si contrae internamente, poi, come a trattenermi, impazzisco del tutto e la obbligo a piegare ulteriormente la schiena per accettare, inarcata, i miei colpi.
Parto con il mio ritmo sfiancante e la colpisco fino in fondo, ripetutamente, ad un ritmo folle che fa aumentare le sue grida.
Le mani si conficcano sempre di più nei suoi fianchi, lasciandole i segni della mia presa e quello che provo è pura pazzia.
Continuo a colpire imperterrito, con i testicoli tesi per il troppo piacere che urtano contro i glutei di lei producendo un rumore divino. Dio, sto per raggiungere il mio personale paradiso.
«Michael» invoca, disperata, la sua voce contro il materasso di questo morbido letto e non fa che incentivarmi ulteriormente.
Poso anche l'altro ginocchio sul materasso e la colpisco più a fondo, sempre, sempre più forte, tanto che le sue grida si uniscono in un suono solo, facendola godere di colpo.
Avverto, prima ancora di quanto possa fare lei, l'imminente arrivo del suo orgasmo e dunque rallento leggermente, facendola girare su di un lato e precipitando con la bocca sulla sua. Baciandola, succhiandola, leccandola fino alla follia.
La sua lingua si sostituisce nella mia bocca ai suoi capezzoli, i denti li tirano con forza, lasciano tracce di morsi.
Contraccambia sollevando dal letto una delle mani, mentre l'altra continua a stringere le coperte per impedirle di sbalzare via e fa scorrere unghie frenetiche lungo la mia schiena, lasciandomi segni indelebili.
Quel dolore mi riporta alla vita, mi fa sorridere contro il suo volto e tornare occhi negli occhi con lei mentre continuo a trafiggerla internamente.
Voglio venire in lei, voglio vedere quanto le piace e voglia che goda mentre mi fissa negli occhi. Posso avere tutto, siamo entrambi particolarmente vicini.
Sollevo una mano e le stringo il collo, arrossendole il viso in un'apnea che le da il capogiro.
La sua bocca separa le labbra, lascia intravedere la lingua mentre è a caccia d'aria e, proprio come se conoscesse il mio desiderio, i suoi occhi non si separano dai miei, restandovi fino all'ultimo dei colpi e al raggiungimento, quindi, dell'estasi.
L'orgasmo si abbatte su di lei in una serie di brividi continui. Di scatto la sua schiena si incarica, separandosi dal letto e rilasciando un'infinità di contrazioni interne attorno a me, come le scariche elettriche dell'adrenalina.
Vengo privato del respiro mentre la sento stringermi in quel più intimo dei contatti.
Perdo il contatto con la realtà, anche solo per un momento, vedendo scie luminose dietro le palpebre e poi torno a fissarla mentre il mio orgasmo la riempie, colmandola di tutta la gratitudine che provo.
Quando il momento passa, il nostro respiro è ormai infranto. I nostri corpi sono ancora uniti finché non scivolo via da lei per fissare il suo corpo da una postazione eretta ai piedi del letto.
I suoi capelli neri sparsi contro il lenzuolo bianco hanno le stesse pieghe di quelle coperte, mentre il suo torace in affanno ricorda il vento che mulina contro le vele di una nave.
Ma il tesoro è scendendo lungo il suo corpo, per i suoi capezzoli eretti, lungo le sue costole visibili sotto pelle e per i suoi fianchi stretti, che ancora riportano il segno delle mie mani.
Più giù, più giù fino al monte di Venere ed alle sue gambe piegate sul letto, fino a quel buco che mi aveva assorbito colcando l'intero vuoto che avevo dentro, quasi come un contratto.
"Siamo già all'inferno" mi aveva detto un tempo, ed ora ci siamo promessi un ricongiungimento anche nell'aldilà.
Emily non mi abbandonerebbe mai e gliene devo essere grato, perché proprio come me e Cat, ama senza limiti e non è facile. Non è facile, ci vuole troppo coraggio, troppa forza e troppa passione per poter sopravvivere.
Nient'altro... ma la combinazione è letale, in bilico tra follia e coscienza.
P.O.V.
Caitlin
Quello che provo è un istinto di fuggire. Immediato. Lontano da tutto questo. Distante miglia e miglia di metri, chilometri, dal volto tumefatto del mio amico.
Lexie è china su di lui, presa dall'angoscia. Ethan tenta di curarlo ed io sono immobile, al centro del soggiorno, presa da un'insicurezza che ha radici nell'incertezza.
Esco fuori, perché altro non posso fare. L'istinto mi conduce fino al balcone, e sul balcone c'è Evie che ha quasi del tutto terminato la sigaretta.
«Continua a fare del male. Stavolta alle persone che amo» sussurro piano, ma è in grado di sentirmi.
«Non possiamo sapere se sia stato Michael a farlo.»
«No, non possiamo... ma una parte di me crede che sia così. E per cosa, poi? Evie... io lo amo, e non so se sia davvero più il caso di contrastarlo.»
«Katrina...»
«No, ti prego, ascoltami» la scongiuro, tendendo le mani verso lei. «Mi ha fatto del male. È vero, me ne ha fatto, ed io ero avvinta da troppe insicurezze per poter continuare a rimanere e affrontarlo. Ma lo amo, e vivo nel costante dubbio terribile di stare commettendo un profondo sbaglio.»
«Credi che potrà cambiare qualcosa, se tornate insieme? Credi che non succederà nient'altro?»
«Io... non so cosa fare, Evie» sussurro con disperazione, vendendole vestire la solita maschera di compassione. La sfoggia molte volte, nei miei confronti, come se provasse pena, e magari la prova.
«Voglio solo che non ferisca più nessuno.»
«Domani mattina partirò. Devo tornare da mio marito, Katrina, e non posso rimanere per consigliarti cosa fare. Non è un mio diritto, ti ho già spiegato come stanno per me le cose... hai parlato con Sebastiaen, hai deciso che per decidere fosse fondamentale prima vivere tali sbagli e lo hai fatto. Lo hai sposato e adesso ti trovi indecisa di fronte ad una causa di divorzio. Io non posso altro che sostenerti quindi è questo che ti dico: meriti di essere felice.»
«In che modo?»
I suoi occhi si abbassano fino a terra, timorosi nel rivelarmi le loro certezze e rovinarmi.
«Questo lo sai solo tu. Il tuo cuore è in grado di compiere una scelta e temo che sia il momento di farla. Non impedirti mai di starlo a sentire perché l'ho visto.... è diviso in due Katrina. È rotto dal male che Michael ti ha fatto ma sfoggia anche due volti di uomini diametralmente apposti... sta a te decidere a chi andare incontro.»
Le sue parole mi gettano in un profondo abisso e mi permettono di abbracciare convinzioni che già avevo.
Osservo Ethan oltre questo vetro, il modo attento con cui cura le ferite di Reiner. Pieno di premura, di attenzione. Concentrato nel non attribuire dolore.
«Il tuo cuore sa già cosa fare» mormora Evie alle mie spalle, posandomi una mano sulla spalla, in modo che possa voltare la testa verso di lei e tornare a fissarla mentre pronuncia, nuovamente, le parole più importanti della mia vita.
«Meriti di essere felice. Una volta e per sempre.»
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