74- A 46 passi

P.O.V.
Michael

Da bambino ero particolarmente bravo in due cose: a mentire ed a nascondermi, oltre che a recitare ad alta voce di fronte alla classe le poesie da dover imparare a memoria per casa.
Non avrei mai creduto che le due cose si sarebbero combinate insieme, finzione e dissolvenza, ma è divertente vederle interagire.

Ho un nuovo compito ed ho promesso a Emily di portarlo a termine. Devo convincere Caitlin a ritrattare ma per farlo devo arrivarle tanto vicino, e nel momento adatto, da far coincidere la sua sorpresa al desiderio di non denunciarmi e non è affatto facile.

L'iniziale inconveniente si dimostra essere la prima tappa del nostro percorso itinerante: non conosco il luogo in cui vive e non sono certo di poter escludere gli hotel dalle voci in lista, dal momento che è uscita di casa con il proprio portafoglio.

L'unica cosa che posso fare è aspettare di fronte al suo luogo di lavoro, in una postazione in grado di non far notare la mia presenza nonostante il trascorrere delle ore.

Nel corso dell'appostamento la rotazione del sole indica il cambiamento delle ore dettato, persino, dalla vibrazione del mio telefono in tasca, tartassato dai messaggi del mio titolare.

Vuole che mi occupi dei vari manoscritti che mi sono stati inviati, ma non ho tempo da dedicare allo pseudonimo C.U.M. Ho una storia d'amore, in prima persona, da dover portare avanti e devo vederla realizzarsi... Cat dovrà ritornare da me, in questo modo potremmo essere felici.

Da lontano vedo il suo titolare, Reiner, superare la porta di ingresso della società da solo, suscitando la mia invocazione. Cat non si sta presentando a lavoro ed il che implica che ciò che sta svolgendo può essere mantenuto vivo a distanza, sotto la loro supervisione... ma non posso rimanere per accertarmene. La mia presenza su questa strada principale può essere segnalata alle autorità competenti che attendono nella propria vettura, al termine del viale, solo un'alterazione della normalità per intervenire. Inoltre, i suoi amici mi conoscono da dopo che sono entrato nella sua società come un uragano trascinandola via. Chiunque di loro, mi vedesse, potrebbe segnalarmi.

Non mi rimane che rispondere al mio capo, preso dall'impazienza.

«Pronto?»

«Michael, come sta procedendo il lavoro?»

«Tutto bene, signore» mento «mi trovo in casa in questo momento, mi sto occupando degli ultimi manoscritti che mi sono stati inviati.»

«Ottimo, allora. Aspetto tue notizie.»

«Ma certo signore, a presto.»

«A presto.»

Riattacco di fretta, preso dall'ansia di ciò che sto per fare. Non voglio andarmene, così come non mi è concesso restare. L'unica cosa che rimane è decidere la rotta per poter proseguire.

Ho rivelato a Cat di star rivivendo, in questi giorni, il ricordo della nostra prima notte a Roma, e non mentivo. Mi mancano i suoi baci come la storia che abbiamo vissuto. Forse è lei, la memoria, la vera chiave di volta. Forse posso trovare nel passato le risposte... molto più semplici da dare se solo riuscissi ad avvicinarmi...

Passo entrambe le mani sul viso, pensando al fatto che se non avesse imposto tra noi questa distanza adesso sarebbe tutto più semplice. Centro metri... in fondo quanti sono? Solo quarantasei passi. Pensarla in questo modo mi consola.

Mi distanziano quarantasei passi da mia moglie ed è una specie di premio, vista la lontananza nella quale abbiamo vissuto in queste settimane. Può essere a malapena sufficiente, dunque in che modo può arrivare a bastare? Devo inventarmi la strategia più giusta per agire e mentre ci penso, retrocedendo verso la macchina, alla mente risorgo ricordi della vita passata riguardanti Sebastiaen, riguardanti Caitlin.

La mano di Sebastiaen che si solleva, mentre stiamo stesi a letto, accarezzandomi il volto per consolarmi. La bocca di Cat che si possa sulla mia guancia, per donarmi conforto a seguito di una pesante giornata.

Sono stato da sempre bisognoso d'amore, ne sono consapevole, ma è un difetto? Tutti coloro che ho intorno manifestano la stessa privazione, partendo da Emily. Il mio avvocato desidera così tanto avermi vicino a sé da non accorgersi della bandiera al di sotto il quale sono prostrato, ad invocare briciole d'amore, per poi passare a Jeremy ed a tutti i suoi sogni infranti. Dannazione, non sono il primo né l'ultimo che vuole beneficiare della tenera carezza del conforto. Anche Cat fa parte del gruppo.

L'ho sentita arrendersi, mentre teneva le spalle premute contro la parete della stanza dei colloqui, e sono tornato a sentire il dolce modo che ha di concedersi al mio volere. Se non mi fossi sporto tanto oltre starei già beneficiando di quel premio, la sua resa, ma dovrò lottare duramente, mio malgrado, per ottenerlo.

Prendo un profondo respiro e parto a camminare, senza una meta.

Se siamo costretti a rivivere, in maniera spasmodica, il passato allora ricordo benissimo cosa c'è stato dopo quella notte a Roma. Avendo beneficiato di un suo primo contatto il mio corpo aveva reagito come un pazzo, eccitandosi al punto tale da richiedere, come un disperato, un ulteriore contatto con il suo. C'erano state le cascate, la resistenza al controllo...  qualcosa che abbiamo già rivissuto, tornando a parlare a pochi centimetri dai reciproci volti dopo settimane passate in assenza. Quello che manca, adesso, è il tornare a parlare, proprio come una volta... o quasi.

Afferro il telefono e senza pensarci troppo compongo una delle nostre lettere d'amore, il testo di un messaggio che assume sempre un doppio significato se in affaccio con la nostra storia.

Dove sei?

Glielo domando, e blocco subito il telefono, aspettando. Il corpo, ma soprattutto il cuore, è vittima di un'impazienza che scende a patti solo con l'inesperienza. Da quanto non mi sentivo così?

L'avviso della sua risposta illumina lo schermo, e con velocità la leggo.

Sai già che non ti dirò mai
dove mi trovo.

Nonostante la rabbia che mi procurano le sue parole, tornare a parlare con lei è afrodisiaco.

Manterrò i cento metri, promesso.

Non voglio vederti, adesso, Michael.

Perché? Hai paura che riusciremo a risolvere
tutto da soli, senza l'aiuto di un tribunale?

La sua risposta tarda ad arrivare, e quando la chiamata con il suo numero riportato si manifesta al di sotto dell'orario di blocco del telefono le speranze volano come rondini. Scorro in fretta l'icona di risposta.

«Pronto?»

«Devi smetterla di scrivermi. Non devo parlare con te, se non in presenza del mio avvocato» dice la sua voce gelida, e devo ammettere che questa freddezza mi sorprende.

«Mi dispiace, ma non avevi messo a contratto le chiamate. Ho il diritto di cercarti ogni volta che voglio, e lo voglio spesso, Cat, in questi ultimi giorni.»

«Che peccato, quando abitavamo insieme non avevi che voglia di litigare.»

«Si capisce il valore di qualcosa solo una volta che se ne è distaccati, Cat.»

«Solo una volta che si è persa, Michael, e tu mi hai persa.»

«No.»

«Non provare più a chiamarmi.»

La telefonata cade nell'oblio ed io precipito a fare i conti con la rabbia. Richiamo subito il suo numero e la voce di segreteria mi annuncia che è occupato. Mi ha bloccato ma non importa. Troverò un modo, lo trovo sempre, devo solo arrivare vicino a lei. Quarantasei passi non sono niente.

Il telefono squilla di nuovo e rispondo senza vedere il nome.

«Pronto? Cat?»

«No... sono Emily» mormora la voce, dall'altro capo della linea.

«Oh... dimmi, Emily.»

«Puoi venire a casa mia? Ecco, si tratta di Stephany... l'ho fatta venire qui.»

«Sono da te tra pochi minuti.»

Mantengo la promessa e monto in macchina, raggiungendo in poco tempo la casa del mio avvocato. Salgo le scale fino a raggiungere il pianerottolo del suo piano e poi attendo che la porta si apra. Riesco a raggiungere solo il soggiorno della casa prima che Stephnay mi precipiti tra le braccia.

«Michael... sono così contenta di vederti.»

Emily è in disparte e sta osservando tutto, per cui sono costretto ad allontanare la donna che mi è giunta incontro, restandole di fronte per poterla osservare e mi delizio della sua felicità.

«Ciao! Sono contento anche io di vederti.»

«Emily mi ha parlato della causa, è una situazione difficile.»

«Sì, lo è.»

«Ti sosterrò, non devi avere dubbi. Stai tranquillo, riusciremo a vincere!»

«Come sta Logan?»

«È a casa, con la piccola.»

«E sa che sei qui?»

Stephany si stringe nelle spalle, sfoggiando un sorriso falsamente innocente. «Non è necessario che sappia proprio tutto, giusto?»

«Giusto», sorrido, pensando a quanto fosse immaginabile pensare che il mio amico ne fosse all'oscuro. Stephany non si troverebbe qui, altrimenti, ed il che significa che qualsiasi azione abbiamo da svolgere dobbiamo compierla presto, all'insaputa di tutti.

«Emily, perché l'hai fatta venire tanto presto?»

«Dobbiamo iniziare ad occuparci della difesa in tribunale. Non so se Caitlin fosse totalmente d'accordo, o se si tratti solo di un'inventiva del suo avvocato, ma... temo che smuoveranno delle accuse pesanti, e dobbiamo difenderci.»

«Accuse?» Rido. «Di che tipo?»

«Di violenza, Michael.»

Strabuzzo gli occhi, e quasi non riesco a crederci. «Che cosa? Di violenza?»

Mia moglie è ufficialmente impazzita.

O, forse, ha trovato un avvocato che pur di averla vinta si spingerebbe fin troppo oltre.

«Non ho alzato un dito su di lei» ringhio a denti stretti, senza accorgermi di averli contratti.

«Lo so» mormora il mio avvocato, ma la sua preoccupazione è evidente. Le punto un dito contro, perché si renda conto dell'accusa che mi è stata mossa.

«Devi trovare un modo di risolvere questa faccenda, Emily. Mia moglie sta mentendo, e lo devi confermare.»

«Farò tutto il possibile, ma è anche per questo motivo che Stephany si trova qui.» La frase mi riporta occhi negli occhi con la terza comparsa di questa scena, facendomi covare in lei ogni sorta di speranza. «Essendo una vecchia conoscenza, Stephany testimonierà a tuo favore e cercherà di spiegare l'uomo che sei al giudice che presidierà l'assemblea. Anche la tua vicinanza a sua figlia, il fatto di esserti preso cura di lei quando ne ha avuto bisogno, potranno essere punti a favore nel tuo ruolo di padrino e figura stabile, di cui ci si può fidare. Come ti ho già accennato, però, occorreranno anche altri testimoni.»

«Stai pensando a Ben.»

«E a Isaac.»

Per la seconda volta in questa giornata i miei occhi si spalancano, di fronte ai fantasmi del passato. Emily analizza la mia espressione e tenta di far pace con il mio stupore.

«Hai molte persone al tuo fianco, Michael, non sei solo» mi dice «noi ti sosterremo sempre.»

A seguito di questa frase la mia mente non può evitarsi di immaginare Caitlin contratta in un angolo, nella sua vecchia casa del Donegal, con dita accusatorie puntate contro. Anche allora era sola, proprio come adesso, ma il contesto è completamente diverso, no?

Tutto ciò che sta succedendo non è giusto, non è giusto, non è giusto.

Ci amiamo, ed io non le ho mai fatto del male... vero?

«Andrà tutto bene, Michael, non devi preoccuparti...»

Il tocco di Stephany sugli avambracci mi desta dal torpore e quando riacquisisco un peso corporeo, su questa terra, tutto ciò che posso fare è rassicurare Stephany nell'essere riuscita a convincermi e fissare il mio avvocato.

«Sei preoccupata» constato, osservando l'abitudine che ha di mordersi un angolo della bocca presa dal disagio, quasi tentasse di inghiottire parole che vorrebbero essere riversate.

«Mi avevi chiesto di scoprire dove abiti adesso...» sussurra, e la mia attenzione sale, dimenticandosi per sempre del proprio torpore. «... Per questo ho chiesto a dei colleghi dell'albo, in grado di ottenere informazioni dal suo avvocato ed, ecco, l'ho scoperto. Vive a casa della sua collega Lexie, sul mio taccuino ho l'indirizzo.»

«Allora dammelo» mormoro, con la conseguenza di lasciar affogare entrambe nello sconforto. Non mi importa niente di cosa pensano, e se lo ritengono sbagliato, voglio quell'indirizzo, adesso. «Emily, mi dimenticherò di tutti gli anni che abbiamo passato insieme e ricorderò per sempre che mi hai tradito... se non mi dai subito quell'indirizzo.»

«Devi girarle alla larga, Michael, te lo impone la legge. Perderemo, in questo modo.»

«Dammi. Subito. L'indirizzo.»

Non si muove. Non fa niente. E troppo tardi si accorge che sono già riuscito a recuperare il suo libretto di annotazioni, sfogliandolo rapido fino a trovare la pagina prevista.

«Michael, no!»

«Starò attento, promesso.»

«Michael...»

«Grazie per essere venuta, Stephany, ci rivedremo presto» dico alla mia amica, prima di uscire di casa e sentirla mormorare, flebile, una risposta.

«A presto...»

Il rumore della macchina in strada è un frastuono che mi ricorda il traffico di Los Angeles, e l'emozione di avvertire la vicinanza a casa è smorzata solo dalla fretta che ho di leggere con più attenzione l'indirizzo ed identificarlo nella mappa del telefono.

Quando mi accorgo del medio-breve tragitto che mi divide dalla meta vorrei ridere almeno quanto vorrei mordermi le nocche per impedirmi di gridare. Ah, Caitlin, sempre così irraggiungibile e pure mai troppo distante. Devo montare in macchina per raggiungerla ma almeno avrò modo di pensare.

Non so bene cosa farò, una volta arrivato fino a lei, ma adesso l'unico desiderio che possiedo è di raggiungerla. Ticchetto le dita contro il volante, senza perdere la concentrazione dagli imprevisti della strada.

Qualche semaforo, due brevi deviazioni a destra... ed ecco raggiunta la mia meta.

Il civico dell'appartamento mi suggerisce la conclusione del mio viaggio e, in fretta, scendo dalla macchina battendo la portiera.

A perdifiato raggiungo il cancello di ingresso e poi... poi mi fermo, colto dall'apoteosi di un pensiero.

Sollevo la testa e fisso la finestra dell'interno dell'abitazione dentro la quale mi aspetta mia moglie, immaginando di vederla affacciarsi.

Io... io devo andare via da qui. Non devo arrivarle vicino, e non per suo volere.

I quarantasei passi sono una distanza arbitraria, che ha imposto credendola utile per imporre un distacco da noi... ma niente sarà mai a sufficienza, per riuscire a tornare insieme.

La parola violenza mi lampeggia come un neon nella testa, affiancandosi all'oppressione, e mi ritorna alla mente la frase che mi ha gridato addosso, mentre eravamo in spiaggia.

"Io ho paura di te."

Mi aveva detto questo ed erano le parole di una donna spaventata, penso, retrocedendo con più precauzione di quanta ne abbia usata al mio arrivo. Era il discorso di una ragazza plasmata da una visione contorta delle cose, contagiata dal confronto avuto con Sebastiaen.

Devo dimostrarle di essere diverso, farle credere... che non voglio esercitare alcun tipo di pressione in lei, che non desidero starle vicino tanto da toglierle il respiro.

Ci amiamo, eppure è come se avesse all'improvviso timore del nostro amore spropositato.
È possibile. È possibile che mia moglie sia tremendamente impaurita da ciò che proviamo. Non è da tutti, gli innamorati non si amano mai sul serio... ma il nostro è un rapporto così stretto da generare timore a chiunque.

Devo farle credere di aver rinunciato a lei, solo così si accorgerà di cosa vuol dire convivere di una reciproca assenza, eppure al contempo non devo perderla di vista. Non voglio che sbagli, né che arrivi ad essere troppo felice lontana da me mentre io sprofondo nella più nera auto commiserazione. Siamo legati, ma il filo che ci unisce adesso deve diventare invisibile e lo sento, avvolto attorno ai miei fianchi come un nodo scorsoio e trainato in alto, oltre la fine finestra per raggiungere lei. Lo sento il legame matrimoniale che minaccia di non separarci mai ed io a lui mi aggrappo, come fosse l'ultima speranza, augurandomi di non sentire mai l'altra estremità cadere nel vuoto facendomi precipitare nel buio.

Posso sopravvivere solo se è Cat a incentivarlo. Vivo nel cuore dell'unica donna che, realmente, mi ama e non esisto altrove.

Né in questo luogo né sul posto auto che sono tornato ad occupare, per rimanere in macchina e attendere di fronte alla sua casa. Ho bisogno di continuare a sentire la presa di questa corda in tensione e vedere intorno a quali pilastri ruota la sua vita. Dove va a fare la spesa, in quale stanza della casa passa le sue giornate, se ride mai in mia assenza, se passa la giornata con il volto alla finestra, piena di malinconia, piangendo lacrime amare sul nostro passato.

Ho bisogno di tutto questo, come ho bisogno di lei. Non riesco a fuggire dal riparo che mi offre questa macchina, parcheggiata nella via laterale di due case parallele alla sua, capaci di oscurarmi nella proiezione della loro ombra.

E il sole sale, per poi ridiscendere. Il cielo muta ma io resto immobile, con la testa abbandonata indietro contro il poggiatesta ma gli occhi incollati alla porta di casa. Per ore non esiste altro, e l'inattività mi trasmette la giusta calma.

Ormai è ora di cena quando vedo una figura comparire al margine della mia visuale.

Si tratta del suo capo, Reiner, che si dirige in direzione del campanello. Passano lunghi istanti, dalla premuta di quel pulsante, prima che la porta si apra e mi mostri Cat, nella tuta grigio chiaro che utilizza per stare in casa.

Non riesco a staccare gli occhi da lei mentre percorre la strada fino al cancello con in mano delle chiavi, in modo da aprirlo, e catturo ogni cosa del suo viso. I suoi occhi, i suoi capelli tornati ricci, il chiarore della sua pelle e la curva morbida del suo sorriso. La mente registra quest'ultima informazione, nello specifico, e ci si focalizza fino alla nausea.

Cat sta sorridendo divertita in direzione del nuovo arrivato che attende, dandomi le spalle, che mia moglie finalmente lo raggiunga e lo fa, molto presto.

Precipita tra le sue braccia e lo stringe stretto a sé, ridendo dolcemente quasi non fosse vittima di funesti pensieri. Realizzarlo mi provoca una tristezza indefinibile ma è solo poco dopo che il mio animo si incendia.

Il volto di Reiner si solleva dal contatto con la sua spalla e si volta in modo da baciarle la guancia. Vedo quella bocca oscena posarsi sulla pelle di mia moglie, vedo il modo in cui lei chiude gli occhi al contatto continuando a sorridere, e la mia anima prende fuoco all'istante.

Senza accorgermene, sento le mani aggrapparsi con forza al voltante ed i denti scricchiolare, i muscoli tendersi e un velo rosso oscurarmi la vista fino a dipingerle, sui toni dello scarlatto, la realtà.

Quarantasei passi, niente di non realizzabile se solo questa corda non fosse corsa fino al collo e non stesse stringendo, gonfiandomi le vene e facendo pompare il sangue.

Non la lascio da sola in una casa per scopare. Non impongo una distanza tra noi perché lei sia felice, separata da me. No, il mio scopo è diverso, e devo riuscire a raggiungerlo... ma di quell'uomo non c'è garanzia, e molto presto scoprirà quanto può far male l'appropriarsi delle cose d'altri.

P.O.V.
Caitlin

Sono trascorsi giorni dall'ultima chiamata con Michael ed il mio tono lapidario gli ha impedito di farsi vivo una seconda volta.

Non ho avuto più sue notizie e adesso è come se fosse sparito per sempre.

Diventa sempre più difficile respirare. Prendere un profondo respiro e pensare di star combattendo per qualcosa che ti appartiene. Che è tuo di diritto e che ti meriti... perché vivere in una sua assenza è sopravvivere a un mondo nel quale manca qualcosa.

È inutile che lo neghi a me stessa. Il mio sguardo si perde nel vuoto nei momenti in cui resto in silenzio, e come in un loop eterno sono costretta a rivivere il passato e immaginare la sua presenza al mio fianco.

Alle volte, me lo figuro sorridente, con una mano nella mia, mentre siamo seduti sul divano a vedere la tv. In quei casi, è sempre il suo sorriso ad avere la meglio sulla luminosità della stanza perché è tanto bello, puro e docile, da richiedere costantemente la mia attenzione, il mio amore.

Da quanto non è mio, quel sorriso?
Da quanto non vedo più Michael al mio fianco?

Prendo un profondo respiro e, come al solito, il fiato si spezza. Finisce in contrasto con i miei polmoni provocandomi una stanchezza infinita e Lexie dice che è colpa mia, che ancora non sono tornata a mangiare con regolarità, che mi sto trascurando in termini di salute fisica e può essere vero.
Di fronte allo specchio mi era sembrato che questo vestito che indosso non fosse più lo stesso di un tempo, a causa delle curve che metteva in evidenza. Ma la verità è che sono io ad essere cambiata e la mia pelle ad essersi ritratta.

All'interno del bagno di Lexie, quando ho scoperto dell'arrivo del ciclo, sono rimasta in silenzio come a seguito di un lutto. Sapevo che sarebbe stata bassissima la percentuale di non funzionalità della pillola, eppure una parte di me ci aveva sperato.

Avrei voluto un bambino da Michael? E per quale scopo?
Per lasciargli vivere in prima persona il dolore che mi sta abbracciando, adesso?

Sono accomodata sulla sedia più scomoda dell'universo e di fronte a me ne ho un'altra, vuota.

Ci troviamo ai lati opposti della stanza e nell'aria è intrappolata la nube del silenzio, in attesa di un mutamento per far piovere ed eccolo giungere, perché stiamo aspettando da troppo.

Il giudice fa mette a verbale l'assenza di mio marito a questa assemblea, ma decide di procedere perché in sua vece è presente il legale.
Emily si alza in piedi, attirando per una frazione di secondo il mio sguardo, ed inizia a pronunciare una serie di frasi formali nelle quali mi perdo.

Riesco solo a comprendere la velocità con la quale vorrebbe che si concludesse il processo, volgendo a favore dell'imputato che, nella sua assenza, sembra sostenere lo stesso.

E al fine di ottenere tutto questo, ci dice, ha coinvolto dei testimoni al processo.

Sento l'avvocato, al mio fianco, che si agita, avendolo saputo in anticipo dalle carte di preparazione dell'accusa ma non essendo riuscito a convincermi.

Non voglio coinvolgere nessuno nella nostra storia. Voglio essere, io da sola, a riuscire a vincere, senza le parole di altri.

Non appena vedo Stephany sfilare fino al banco dei testimoni provo l'impulso di vomitare.
Il mal di testa mi opprime, insieme alla sensazione di avere le labbra screpolate, il fiato rotto, la gola secca e l'impulso faringeo a malapena tenuto a bada.

Con le sue parole a favore dei lati positivi del carattere di mio marito, non mi aiuta. Non mi aiuta sentire la sua voce appassionata parlare di argomenti che non conosce a fondo perché solo io so come è realmente l'uomo che ho sposato.

Solo io conosco il suo lato oscuro rispetto a quello buono ed è stato a causa della pesantezza delle sue tenebre che sono arrivata fin qui.

Non appena le parole di Stephany si concludono, a seguito sopraggiunge Ben, che nemmeno ha il coraggio di guardarmi in faccia.
Lo fa Emily per tutti loro, dal lato opposto di quest'aula.
Mi fissa, osservando le mie reazioni, mentre interroga gli imputati rigirandosi una penna tra le mani ed è per questo che tento di essere impassibile. Non è difficile, il mio corpo ha perso qualsiasi reazione, persino l'istinto di scappare da ciò che può fargli del male.

Riesco a tornare vigile solo quando le parole di quegli estranei terminano ed il mio avvocato si alza in piedi, convocato dal giudice che presiede.

«Signor giudice, abbiamo anche noi una testimone. Vorremmo chiamarla in aula.»

Sgrano gli occhi, di fronte a simili parole, ed il mondo gira sul proprio asse.

«Concesso» permette il giudice, lasciando tornare l'avvocato al proprio posto ovvero sotto il mio sguardo omicida.

Gli avevo chiesto una sola cosa. Una sola cosa, e lui non aveva deciso di ascoltarla.

«Che cosa significa, questo?» Lo sibilo, ed è come se la mia lingua si fosse fatta pensante, le parole scivolano ubriache dalla mia bocca e fanno i conti con la mia rabbia.

«Non abbiamo modo di vincere questo processo senza una testimonianza, signora Flint. Suo marito convincerà il giudice a non rilasciare il divorzio. Abbiamo bisogno di un testimone.»

Le porte della sala si aprono al termine delle sue parole e quando mi volto per osservare il nuovo ospite giunto a noi, nella rotazione la testa viene presa vittima di un capogiro... perché, nei suoi tacchi, Evie sta percorrendo il corridoio di quest'aula piena di sangue.

Non posso evitare di vedere il suo volto spaventato, la tristezza che regna nei suoi occhi ed il coraggio che mostra nel non abbandonarmi, nemmeno per un secondo, mentre raggiunge il banco dei testimoni.

Noto le mani tremarle mentre si posano sul freddo legno del suo trono di testimonianza eppure, nonostante la paura, Evie prova a sorridermi... ed il mio cuore si scioglie in un'autodistruzione che non ha eguali.

Con forza, pianto le unghie nel braccio dell'avvocato al mio fianco e questi sobbalza, ma voglio che mi capisca, una volta per tutte.

«Fermi questa follia, o giuro che mi metto a urlare» ringhio a bassa voce, fissandolo dritto negli occhi e rimaniamo così per lunghi istanti.
La giuria, il giudice, stanno attendendo le sue domande al testimone ma non può farle perché il suo corpo è intrappolato dalla furia del mio e non può muoversi di un solo centimetro.

Quello che può fare è compiere, finalmente, la mossa più giusta.

Torna di nuovo in piedi e, stavolta, il suo volto mostra afflizione verso gli sbagli commessi.

«Desidereremo interrompere il processo. La signora Flint non si sente bene, vorremo un rinvio.»

«Accordato. Tra tre giorni avrà di nuovo luogo il processo.»

Il martello batte contro il banco e in quel sordo suono gli occhi di Evie ed i miei arrivano a perdersi, aggrappandosi gli uni agli altri per non precipitare.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top