68- L'aroma del caffè
P.O.V.
Caitlin
Il testo del messaggio è molto chiaro; per Michael non finisce qui. Forse è venuto a trovarmi fino a lavoro senza ottenere risultati e doveva aspettarselo. Non sono pronta a rivederlo perché il solo farlo, ne sono convinta, in un momento come adesso mi farebbe cedere. Il potere che esercita su di me la sua presenza mi intimorisce, ed è simile alla scossa della corrente elettrica: ti percorre l'elettricità, lasciandoti scoprire di avere un intero corpo, ma l'attimo dopo ti trovi al suolo, distrutta.
Premo il tasto di blocco e gli vieto tutto quel potere. Nel pomeriggio Lexie ha fissato l'incontro con l'avvocato, e non posso certo rimandare.
Tento di respirare profondamente, in modo da calmarmi, ed è in questo momento che la mia amica sopraggiunge sulla scena, mettendo in ordine alcune delle cose che ha preparato per l'intervista con i giornalisti sulla mostra, tra un paio di ore.
Lascia cadere ogni cosa nella propria borsa, è vero, ma non si esenta nel rilasciarmi alcune breve occhiate, quasi si stesse assicurando che stia bene. Dopo, evita del tutto di farlo.
«Che cosa c'è, Lexie?»
«Ti sembrerò indelicata.»
Sollevo un sopracciglio, presa alla sprovvista. «Tu? E quando mai?» La prendo in giro, e riesco a farla sorridere.
«Di solito sei una fan della mia franchezza.»
«Non sai quanto la adori, molto meglio del finto buonismo, quindi dimmi pure.»
Le occorrono alcuni secondi prima di poter porgere la propria domanda, ma dopo un tempo sufficiente ce la fa.
«Lasci tuo marito... per Ethan?»
Mi gelo immediatamente. Tutto mi aspettavo meno che questo. La mia amica torna dritta con la schiena e incrocia le braccia al petto, graffiandosi con le unghie la pelle presa dall'ansia.
«Vi ho visti ieri notte sul balcone, oltre la portafinestra. Per questo.»
«Non c'è niente tra di noi» mormoro, rivivendo quell'attimo. «Siamo solo amici. Ti ho già raccontato quello che mi ha fatto Michael. Conosci già... il motivo per cui voglio lasciarlo.»
«Ti prego, non arrabbiarti. Volevo solo esserne certa.»
«Perché? Perché ti piace Ethan?»
«Perché è un pericolo nel corso della causa!» Esclama, lasciandomi senza parole per la seconda volta in questa mattinata. La osservo, rimanendo immobile nella mia postazione e Lexie si destreggia in un respiro profondo, cercando di calmare l'animo di entrambe. Non so perché quella domanda sia uscita dalla mia bocca in un modo tanto avvelenato. A Lexie piace Reiner, e ancora non se ne è accorta.
«Devi stargli lontana, per tutto il tempo della causa di divorzio. Fidati, è meglio così. Ancora non conosciamo l'avvocato di tuo marito ma se è crudele la metà del nostro non esiterà a incolparti anche per azioni che non hai fatto. Potrebbero non vedere il vostro rapporto... solo come un'amicizia.»
«È chiaro, vedrò di girargli alla larga» commento, alzandomi in piedi con l'improvviso bisogno di fuggire via da questa conversazione. Afferro il telefono e il soprabito, decisa a fare due passi fuori. «Ethan non deve entrare in questo problema» concludo poi, prima di uscire dalla casa, chiudendomi alle spalle i pensieri.
Avere giacca e cravatta nella semplice caffetteria di un bar è come sfoggiare, negli anni dell'aristocratica borghesia, un proprio ritratto affiggendolo alle mura di casa, con tanto di stemma familiare ad esaltazione del proprio potere. E il qui presente avvocato non sembra sgradire tutti gli occhi che gli vengono rivolti addosso.
Ogni suo capo sfoggia una marca, persino la ventiquattrore che posa sul tavolo, accanto al caffè mio e di Lexie, per poter prendere i fascicoli riguardanti il mio caso. Semplici pagine bianche che spera di riempire con appunti delle mie parole.
«Sono molto felice di aiutare un amica di Reiner, è un cliente molto speciale, ormai ci conosciamo da anni!»
«Preferirei che non venisse a sapere del nostro incontro, si tratta di questioni personali» commento con un sorriso fin troppo finto, e la felicità della quale si era impregnato l'avvocato, quasi come fosse uno di questi suoi profumi preziosi, sparisce presto alla mia vista.
«Ma certo» mormora piano, gli angoli della bocca drasticamente scesi fino al centro della terra. «Se lei è d'accordo possiamo cominciare. Di che cosa si tratta?»
«Voglio divorziare da mio marito.»
«Il motivo?»
Lexie al mio fianco gli sorride, con sicuramente più dolcezza di me. «Ci arriveremo col tempo.»
«Certamente» commenta questi, iniziando a prendere i suoi fogli bianchi e la penna stilografica, per poi rivolgersi me. «Le va di raccontare tutto dall'inizio?»
Sposto lo sguardo verso la tazzina da caffè, perdendomi nei ricordi.
P.O.V.
Michael
Aggiusto, con frenesia, le pieghe del maglione manifestando, in volto, un tranquillo sorriso, poi congiungo le mani dietro la schiena.
Poco fa ho bussato a questo portone ed il ritorno del rumore si è espanso lungo tutte le scale del condominio. Mi domando se facciano lo stesso rumore i miei passi illeciti, traditori nell'essersi palesati senza effettiva colpa in questo luogo. Le suole delle scarpe ospitano detriti, immancabili prove lungo tutto il mio tragitto, o sono semplici suole, pulite come la mia coscienza? Perché io non ho colpa. Se solo l'avessi me ne andrei, ma sto lottando per l'ultimo ansito di giustizia rimasto, prima che Cat mi sottragga tutto.
Il portone si apre e la mia testa si solleva verso di lei, palesando il mio mezzo sorriso. Gli occhi catturano la sua figura per intero. È cambiata molto, ma senza dubbio in meglio. Rimango in silenzio per riuscire a dedicarle la giusta attenzione che merita mentre Emily mi ricambia, rimanendo appoggiata al portone.
«Michael...» La stessa voce, uguale a quella che aveva sussurrato il mio nome all'interfono del telefono, solo mezza giornata fa.
«Ciao, Emily, ti trovo bene.»
«A-anche io ti trovo bene, molto bene.» Sorrido mentre i suoi occhi mi setacciano. Lascio che se ne approfittino, godendo del suo tono di voce che si affievolisce. Non l'avevo sentita mai tanto docile nel periodo in cui ci frequentavamo. «Devi avermi chiamata per un motivo.»
«Di recente ho sentito Ben, abbiamo parlato di Miranda...»
«Che riposi in pace» mormora, ed io sorrido apertamente, scoprendo i miei denti bianchi.
«Sì», rido, «che riposi in pace, è come averla ancora qui tra noi... ma vedi, avrei bisogno di te per un'altra questione. Mi occorre il tuo aiuto come avvocato, devo entrare in una causa.»
I suoi occhi si spalancano ma non esita a farsi presto da parte, lasciandomi entrare. «Avanti, raccontami pure.» Varco la soglia della sua abitazione, scoprendo un piccolo mistero; le scarpe di un traditore scricchiolano contro i pavimenti che percorre. «Posso offrirti qualcosa? Una birra? Un caffè?»
«Un caffè sarebbe perfetto» commento, voltando la testa indietro verso di lei per poterglielo dire occhi negli occhi, prima di vederla annuire e poter tornare a spiare i suoi spazi di vita.
«Certo, te lo preparo subito.»
Il suo gusto si è specchiato in maniera eccellente nella scelta dell'arredamento, una decisione abbastanza fiancheggiata dal suo redditizio lavoro. Riesco a capirlo fin da questa distanza. Sulle superfici non c'è un filo di polvere, segno che deve avere una domestica che se ne occupa visto il poco tempo che può rimanere all'interno di questa casa, e tutti i mobili sono pezzi di design. Si tratta bene, ormai, la mia cara Emily. Di certo il tempo è stato magnanimo, e quel libro di legge che si portava sottomano può essere servito sul serio a qualcosa, oltre che a del decoro ai tempi dell'università.
«Vogliamo accomodarci?»
In una mano ha il piatto con sopra la tazzina in ceramica ospitante il mio caffè mentre con l'altra mi indica la postazione al tavolo di vetro centrale alla zona giorno.
Non mi faccio pregare e prendo subito il mio posto a una delle sedie, levandole dalle mani la cortesia di questa calda bevanda e sfiorandole, nel compiere quella mossa, il profilo delle sue falangi.
Per alcuni secondi rimane immobile, poi si schiarisce la voce e prende posto al mio fianco. Addosso ha un tailleur grigio fumo con delle coste verticali bianche, molto sottili. Un top bianco molto aderente le fascia il seno, scoprendole la pancia prima dell'incontro con i pantaloni alti e flebili collane d'argento le pendono dal collo. I capelli neri sono lasciati liberi in onde lungo le spalle, ed il loro colore viene ripreso dalle scarpe con il tacco.
Ha sempre avuto classe, specie nel modo di vestire.
«Di cosa si tratta, Michael? Con chi sei in causa?»
«Sicuramente ti ricorderai di lei...» parto con il dire, e non posso evitare di rivedere, con piacere, la mia mente riportare alla memoria il suo volto. Non se ne andrà mai. «La causa è contro mia moglie, sta chiedendo il divorzio... si tratta di Katrina Abrich.»
«Vi siete sposati?» Non posso credere alla sua sorpresa. Non si vedeva, fin dai tempi dell'università, quanto ci amassimo? Evito di risponderle e la osservo solo con il solito mezzo sorriso, capace di farsi beffa di lei come di annuirle. «Ecco, scusa io... non ne sapevo niente, per questo sono tanto sorpresa.»
«Non importa.»
«E perché vuole divorziare? Che cosa è capitato?»
Questa è una fantastica domanda. Una di quelle da mezzo milione o da premio della lotteria. Mi chiedo quanto possa espormi con lei, in fondo è il mio avvocato ed una mia vecchia amica... dovrei dirle tutto ma qualcosa mi blocca. Forse il pensiero che anche lei si allontani da me?
«Vedi, è complicato.»
«Ci arriveremo mano a mano. Non preoccuparti, Michael, vinceremo. Io non ti lascio» mi dice, e il palmo della sua mano si posa sulla mia. Quell'aderenza provoca un piacevole calore e adesso posso esserne certo; Emily non mi tradirà.
Me lo aveva già detto più volte, negli anni di una vita precedente, lei sarà sempre dalla mia parte, indipendentemente dalla mia correttezza o meno. Emily. Non. Mi. Lascerà.
Sorrido placido, ed immensamente sincero, sollevando la tazzina di caffè alle labbra e assaporandone il gusto.
P.O.V.
Caitlin
Siamo soli ormai. O meglio, Lexie è stata gentilmente pregata di lasciare questa piccola sala di caffetteria. In questo modo, Mark ritiene che possa aprirmi a lui più facilmente. Inoltre, il segreto professionale non deve essere condiviso con terzi quindi eccoci qui, noi due, immersi in un profondo silenzio.
Faccio ruotare la tazzina in ceramica tra le dita in maniera lenta. Il liquido nero compie solo un piccolo mezzo giro, la superficie si increspa. La schiuma della macinazione della macchinetta mi nasconde, in un velo marrone chiaro, il vero colore della mia ordinazione ma, ecco, basta smuovere di poco la superficie per scorgere la verità al di sotto della bugia.
«Katrina?»
L'avvocato mi sta richiamando. Sollevo la testa verso di lui prestandogli attenzione, e sento quasi gli occhi essersi seccati per tutto il tempo che sono rimasti aperti inconsciamente, stregati nell'osservare quello strano gioco di magia nera.
«Mi scusi, stavo solo pensando a una cosa.»
«Adesso siamo soli, poco fa mi era sembrato di vederla in difficoltà. Magari così è più semplice per entrambi.»
«C'è rimasto sul serio qualcosa di semplice?» Commento, ridendo.
«Perché vuole divorziare da suo marito?»
«Mi ha ferita» ammetto, tornando a vedere dentro la tazza di caffè per leggere il mio futuro. «Il nostro primo appuntamento è stato proprio ad un semplice bar, lo sa?» commento con voce flebile, ma forse è troppo bassa e l'uomo non la sente.
«Si è trattato di tradimento?»
Ragiono sulla domanda, e nel ricordare mi viene a mente il volto di Dominic, quando abbiamo camminato insieme sulla spiaggia di Los Angeles prima della sfilata. Mi aveva raccontato del suo matrimonio, di tutti gli errori che ha compiuto in un'intera vita, e non mi viene difficile il riusare le sue parole.
«Un amore non termina con un tradimento. Si può dire che sia solo una conseguenza.»
L'uomo tace e dentro il suo silenzio arrivo a perdermi nella caccia dell'origine di quel male, e scoprire la causa di un dolore è come arrivare in un nucleo rosso pulsante pieno di aculei. Più mi avvicino, più le spine di quel cuore mi trafiggono. Se arrivo alla fine non mi attende che un immenso dolore, e sarà servito a qualcosa?
«No, ha ragione, viene preceduto da molti comportamenti. Che cosa le ha impedito di divorziare, prima d'ora?»
«L'amarlo.»
«E lo ama ancora?»
Credo che sia il caso di dire la verità, a questo arrogante ma professionale avvocato che vuole conoscere i miei punti di debolezza, per renderli una forza.
Le mani sono ancora strette attorno alla tazzina ma stavolta la mia faccia è sollevata, illuminata dalla luce giallognola del bar nonostante fuori ve ne sia di naturale, e la bocca risulta contratta, a metà tra un sorriso e una smorfia.
«Più di quanto ami me stessa.»
P.O.V.
Michael
Porto le labbra in dentro, per poter assaporare quell'ultima traccia d'aroma rimasta dalla mia bevanda. Emily, al mio fianco, ha già scritto copiose pagine d'appunti.
«Non è facile, Michael, ma credo che potremo farcela.»
«Sono certo che mi farai vincere, altrimenti non avrei chiesto di te» commento, posando la tazzina sul piattino al centro del tavolo di vetro, spostato a causa del marasma dei fogli.
«Non adularmi troppo, sono brava ma anche tua moglie può avere delle carte vincenti. Hai fatto degli errori, spero tu ne sia consapevole.»
«Sfortunatamente bene» le dico, pur non essendone troppo convinto.
«Però è possibile difenderti ancora e uscirne più positivamente. Che cosa vorresti indietro?»
Lei.
«Che intendi?»
«Dividete la macchina? La casa? Avete fatto un accordo prematrimoniale?»
È veramente il caso che le confessi di non voler divorziare?
«Emily... voglio che mia moglie ci ripensi.»
«Oh.»
«È possibile, non è vero? Convincere il giudice che si è trattato solo di una perdita di tempo. In fondo non si tratta di niente di eclatante, solo di un semplice caso di divorzio. Se confesso ancora di amarla posso vincere a modo mio convincendo il giudice a non darci l'annullamento, non è così?»
«E tu la ami ancora?»
Mi domando perché debba essere tutto così difficile, con le donne. Le sorrido e mi sporgo in avanti, posando le mani molto vicino alle sue cosce.
La verità è una sola ma se la confesso Emily potrebbe decidere di non fiancheggiarmi, ed io ho assolutamente bisogno della sua maestria. Dopo aver ascoltato la sua strategia non esiste motivo per il quale abbandonerei una campionessa tanto forte quanto lei.
«Emily... non esiste alcun contratto prematrimoniale» le confesso, ed in fondo è anche vero. Solo che non si tratta del motivo per il quale non voglio lasciare mia moglie.
La amo ancora come fosse il primo giorno. Solo gli stupidi, e mia moglie, sono decisi a non volerlo comprendere.
Il mio avvocato sembra riprendersi, e tornare attivo su questo nostro personalissimo campo di battaglia.
«Perfetto, allora troveremo un modo.»
P.O.V.
Caitlin
«Signora Flint, glielo confesso, le aspettative non sono buone. Suo marito possiede gran parte dei beni della casa, oltre che la casa stessa intestati a suo nome. Inoltre, non ci sono prove di quello che è stato fatto. Dovremo procurarcele.»
«Che cosa intende dire?» Domando, senza riuscire a capire dove voglia andare a parare.
«Ecco, vede» si muove sulla sedia, preso da una strana forma di disagio. «Quello che lei descrive è l'esercizio di controllo che ha esercitato suo marito su di lei, una forma di violenza, ma non ha riportato dei lividi.»
Agguanto il labbro inferiore, con l'incredibile impulso di urlare. «C'è bisogno che io riporti delle ferite gravi, per poter essere ascoltata?»
«Mi ha frainteso...»
«Lo ha detto anche lei, si è trattato di una forma di violenza. Mio marito vuole avere il controllo su di me, sul mio lavoro. Mi detesta, ha provato a mettermi incinta contro il mio volere solo per potermi rinchiudere in casa. Dice che non è abbastanza?»
«Non per la corte, se non vengono offerte delle prove. C'è qualcun altro che può affiancare la sua testimonianza?»
Incrocio le braccia al petto, sentendo montare una strana rabbia. «Non chiamerò nessuno del suo passato. Questo discorso riguarda solo noi. Il nostro matrimonio e il dolore che mi ha causato.»
«Se è questa la strada che decide di intraprendere allora si faccia carico dei rischi. Lotterò, a suo nome, affinché possa vincere quanto le spetta. Mi scuso se mi sono mostrato sgarbato, ma il cinismo fa parte del mio mestiere. Ho bisogno di prove per poter credere e per convincere gli altri, ma quello che mi ha raccontato è sufficiente, correlato alla sua malattia. Non si preoccupi, farò davvero di tutto per farla uscire a testa alta da quell'aula.»
«Non si preoccupi, dobbiamo tutti cercare di essere distaccati» mormoro, instaurando un'inevitabile barriera anche tra me e il mio interlocutore. «Amare senza limiti ti porta solo a soffrire.»
Il caffè di fronte a me ormai è freddo, e ha perso completamente il suo sapore.
I lembi del cappotto si separano nel mio incedere, e richiedono l'intervento delle mie mani affinché l'abito torni a proteggermi come deve.
«Allora? Che cosa ha detto l'avvocato?» Mi assale subito con le domande Lexie, una volta messo fuori il piede dalla caffetteria.
«Abbiamo poche possibilità di vincere la causa.»
«Poco importa, la avvieremo comunque.»
«Sei più decisa di me...»
«Questo incontro ti ha solo demotivato ma non devi preoccuparti. Sei una donna forte, puoi senza dubbio vincere.»
Sospiro pesantemente, vedendo il mio respiro manifestarsi in una nube chiara. Un tempo questo era un ritrovo balneare ma ultimamente è presente solo un vento gelido.
«Dove dobbiamo andare, adesso?»
«Da nessuna parte. Io torno alla società ma immagino tu non voglia venire.»
«No, vorrei andare a farmi una nuotata.»
«D'accordo, vuoi che ti accompagni?»
«Non ce ne è bisogno.» Ho portato tutto il necessario con me, dentro la borsa, prevedendo il bisogno di soffocare i pensieri, dopo questa spiacevole chiacchierata.
«Andrai alla piscina comunale?»
«Si, e non preoccuparti. Mi muoverò con i mezzi pubblici, non è un problema.»
«Vedrai, vinta la causa avremo indietro anche la tua macchina!» Esordisce mentre mi allontano, ed io la saluto con un cenno, già vicina alla fermata dell'autobus.
Può pure tenersi la macchina, penso, leggendo il cartellone con riportati gli orari, basta che la smetta di tormentarmi i pensieri.
Rigiro la fede ancora al mio dito e fisso la strada deserta, di fronte.
P.O.V.
Ethan
Prima ha fatto la sua comparsa Lexie. Poi un altro gruppo di nostri colleghi. Ora più niente, la Land Art sembra aver recuperato il proprio equilibrio eppure non ne sono del tutto sicuro.
Attendo ancora, paziente, nella hall di questo ingresso, certo di vederlo comparire da un momento all'altro. Le aspettative non vengono tradite. Gli salto addosso come un leone su una gazzella.
«Signor Miller! Allora? Come sta? Si è occupato del problema della mia amica Lexie?» Domando subito serafico, con un sorriso quantomeno accattivante.
Mark si aggiusta il nodo alla gravata, quasi fosse incerto di poterne parlare. «Ne sa qualcosa anche lei?»
«Sicuro» commento, pronto a sentire il resto da lui... ma la malefica bionda interviene, separandoci per sempre.
«Avvocato, Reiner la sta aspettando nella sala delle riunioni. Una questione urgente, in merito ai commercialisti.»
«Ma certo, vado subito» e se ne va, lasciando sfumare nell'aria la possibilità di estrargli la verità con l'inganno.
La mia amica posa entrambi i pugni contro i fianchi, lo ha fatto anche ieri sera. Non ho idea se creda di riuscire ad assumere una posa autoritaria ma è vana, sono in netto vantaggio.
«Vuoi dirmi cosa diavolo stai cercando di fare?» Mi rimprovera a denti stretti, guardandomi con astio.
«Cosa mi state nascondendo, tu e Katrina?»
«Assolutamente niente» dice, ma distoglie lo sguardo.
«Stai mentendo.»
«Perché vuoi saperlo?» Mi mordo l'angolo di un labbro, fissandola con astio. «Avanti, hai una risposta per questo?»
Ce l'ho, ma non voglio offrirla a lei. Specie non avendo imparato a farci ancora, da solo, i conti.
«D'accordo, ti dico cosa sta succedendo. Katrina sta divorziando da suo marito, contento adesso?»
Evito di risponderle ed il suo dito mi viene indirizzato contro. Un'unghia rossa e particolarmente appuntita fa da arma alla pistola che indirizza al mio viso, e che non vuole di certo sottrarre.
«Adesso che lo sai, non dire niente a Reiner e stai lontano da lei. Non è buono che vi incontriate. L'ho visto ieri notte. Non è buono per niente.»
«Non ho idea di cosa tu abbia visto ma non c'era niente da vedere. Katrina è mia amica, per cui rimarrò al suo fianco. Niente le può vietare di avere degli amici, nessuno. Se ha bisogno di me io ci sarò.»
Esco dall'edificio e prendo una boccata d'aria fredda, lasciandomi tutti i discorsi, Lexie, Mark, Reiner dietro di me, incurante di tutto. La situazione è complicata proprio quanto credevo, tutto quel gioco di sguardi tra lei e Lexie a cena, quei tentativi di spillare a Reiner delle informazioni.
Non ho idea di cosa stia passando ma non rimarrò indifferente. Combatto contro l'indifferenza da un' intera vita e non lascerò che vinca. L'apatia ci rende meno umani e non possederla è l'unica cosa che ci differenzia dalle persone capaci di farci soffrire.
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