6- Le nuove lettere d'amore

Le pagine ingiallite di questo volume antico tornano indietro come correnti d'aria, donandomi, in un rientro inatteso, le parole che la mente non era riuscita a focalizzare.
Ora più che mai desidererei che ci riuscisse, dal momento che la scadenza di consegna della tesi si fa sempre più vicina insieme al mio insuperabile tormento, e al dato di fatto che le mie giornate abbiano iniziato ad accorciarsi.
Il sole cala più velocemente dalle finestre della biblioteca e la notte si fa veloce incubo dal quale non mi posso svegliare.

Inutile, però, che contrasti l'impedimento di un volere più forte.
Non riesco a studiare in questa giornata. Non in una biblioteca che ricorda troppo il primo incontro con il mio dolce angelo rosso.

Sospiro e afferro il tomo, alzandomi dalla sedia e recuperando con l'altra mano la tracolla della mia borsa in pelle, marrone e consumata, ma la stessa di sempre, amica fedele degli anni.
Al bancone della reception, la Warren attende il mio arrivo, allungando già la mano per recuperare la mia consultazione.
Tento di non pensare a quante volte dovrò ancora tornare qui e a come io possa essere indietro, rispetto alla tabella di marcia che mi ero prefissato.

La vita però non ti concede il gusto della perfezione per due consecutive volte.
Ho incontrato Katrina, ci siamo parlati e baciati. Sono rimasto premuto sul suo sorriso e inchiodato dentro il suo sguardo.
Cos'altro potrebbe volere un uomo? La mente analitica che possiedo mi spinge a credere di non poter, appunto, ottenere nient'altro. Ma il raggiungimento professionale sarebbe l'ultima cosa da desiderare di bramare, dal momento che, si sa... scrittori e attori vivono solo della poetica della propria arte.

Il led del monitor, appartenente al computer server, registra il codice a barre del libro catalogato, permettendogli la libera uscita dalla sua prigione di codici.
La Warren me lo porge, sorride e finalmente mi lascia andare.

Quando raggiungo il cortile interno, e storico, della sede, mi permetto di tornare a respirare e stringere gli occhi verso la luce del giorno. Le palpebre sono costrette a serrarsi, nella sfida che compiono verso i raggi solari da sotto queste arcate, prima che questi possano cadere nella decolorazione del tramonto. La mano, invece, parte alla ricerca dell'apertura della borsa e vi lascia accedere il libro.

Poi è il turno del pacchetto di sigarette. Con le dita mi avventuro alla scoperta. Quindi l'accendino, mai alla giusta portata e oscillante, da sempre, nella tasca esterna completamente vuota. Trovo entrambi e con distrazione incastro il filtro tra le labbra. Poi la fiamma della combustione brucia la carta, per morire, quindi, nello scatto a ghigliottina dello zippo.

Inspiro un ossigeno sporcato di nicotina e lo incastro nei polmoni, prima di permettergli di volare in un grigio fumo, insieme al mio trattenuto sospiro.

Mancano ventuno giorni. Ventuno giorni, e presto potrò avere la mia cerimonia con toga e tocco, e con annesso il ciondolo.
Uno dei traguardi più importanti della mia vita, forse il solo che possa dichiarare la mia indipendenza.

Nel periodo corso tra i miei diciassette e venti anni ho vissuto da solo in una casa molto distante dal centro, facendo i conti con un affitto esorbitante e  un direttore del condominio tutt'altro che affabile. Possiedo solo negativi ricordi di quel tempo, nominabile come la famosa gavetta composta da mance misere e turni stressanti, sudore alle tempie e mentali rimproveri, pesanti pensieri, e orari notturni che ti privavano del costante ritmo del sonno.
In quegli anni ho lavorato molto per sostenere gli studi. Per esorcizzare almeno parte dei miei problemi, e avere indietro una ricordo di me che si era disperso nell'infanzia.

Ero riuscito a concludere il liceo. I soldi come runner, lavapiatti e addetto alla pulizie di un ospedale, nel turno notturno, mi avevano permesso di prendere il diploma e iniziare il primo anno di Lettere, ma poi, così come erano arrivati, a un tratto erano svaniti. I lavori non vennero aggiornati come contratti a tempo indeterminato. Il proprietario dell'immobile in cui vivevo non smise, per un lungo periodo, di bussare alla porta chiedendomi il denaro. E tutto finì così, per due lunghi anni. Lo ricordo come se fosse oggi il giorno del mio ventunesimo compleanno, scoccato dietro la cassa di un fast food, nella Down Town dalla quale tanto ero fuggito, con un ragazzino davanti a me che mi puntava addosso un'arma carica.

Abbasso la testa allontanando con le mani la sigaretta dalle labbra, sentendo ancora una volta il peso di quelle giornate sulle spalle. Un enorme vuoto, ecco quello che ho vissuto, fino ai miei ventitré anni quando qualcosa si inserì nell'orologio della vita.
Mia madre era tornata da me, con una borsa stretta in una mano, ad attendere sull'uscio della stanza del casolare in cui stavo. Una specie di tana per i ratti evasi da galera.

Ricordo che aveva in viso la firma della sua costante espressione triste, imprescindibile caratteristica, e una richiesta di aiuto che non potevo, in alcun modo, ignorare.
Dal suo ritorno ogni cosa cambiò. Non dovevo badare solo a me stesso ma anche a lei, così dai ventuno ai ventitré anni ho provato a reinventarmi, prestandomi a lavori sempre più ignobili ma con un contributo decente, fino a poter accedere a un mutuo sotto il quale ripararci dalle giornate di pioggia, riprendere gli studi e tornare in parte alla vita di un tempo, forse anche meglio.

Dai ventiquattro ai ventisette fu una risalita ed ora... sono qui, in questi ventotto anni, una cifra tonda che dimostra la mia riuscita.
Ci sarà un premio per la fuga dalla bocca dell'inferno? Se la risposta può essere sì, allora dove viene consegnato? In una palestra allestita a cerimonia della certificazione di laurea, o su di un palco, in una scenica cascata di applausi?
Dove risiede la gratifica?

Quello che è certo è che ormai quei ricordi sono acqua passata, e io una persona totalmente nuova che non vuole averci più niente a che fare.

Alle mie spalle il cigolio della porta della biblioteca si sovrappone al silenzio del chiostro, anche se non abbastanza da catturare la mia attenzione. Almeno fino a che l'origine di quello spostamento d'aria non mi giunge dinanzi. Austero, pulito, elegante. Raffinato visto il rango da cui proviene e capace di farmi credere di averlo posseduto, un tempo.
Ma come ho detto a Caitlin, Emily non mi ha mai avuto, ed io, per questo, non ho mai avuto Emily.

«È lei, quindi? La ragazza con cui stai uscendo. Si tratta di Katrina, non è vero?»

Non credevo che la negazione di un bacio dietro le quinte del nostro teatro la spingesse a tanto, o che una donna bella quanto Emily, ricca, sofisticata, con il suo bel codice di legge e l'abito di marca, avesse tempo da perdere per correre dietro a uno come me.
Forse persegue il patetico desiderio di ottenere, tramite la relazione con un ragazzo mediamente povero, la vita che non ha mai vissuto, ma a quale scopo? Provare pietà per un essere tanto abbietto che mai avrebbe conosciuto, se solo non condividesse la sua stessa passione per il teatro?
Quale patetica trovata era mai quella?

Emily può avere cento ragazzi simili me, con lo stesso passato alle spalle. Le basterebbe scendere nella Down Town tenendosi ben stretta la borsa firmata, e sentire ancora il mancare di qualcosa, perché è stata cresciuta così. Ad avere sempre di più del massimo ottenibile.
Sarà un perfetto avvocato, ma senza dubbio, per nessun motivo, la donna con la quale condividerò parte della mia vita.

«Si, Emily, è lei.»

«E la porti fuori così, a cena?»

«Avresti preferito fosse un pranzo?» Beffeggio, tornando a respirare una boccata di grigio fumo, e provocando inevitabilmente la sua ira, ma mi passa sopra come l'olio.
Lo svantaggio di Emily è sempre stato quello di non riuscire a provocarmi mai alcun tipo di emozione, e sfortunatamente non si tratta di una mancanza da poco.

Katrina mi aveva tramortito.
Non posso resisterle e non voglio nemmeno farlo, non dopo quel bacio da pazzi nel cuore della notte, rischiarati dalle luci, non dopo quello che ho inteso di lei e ancora potrei scoprire.

«Fa come ti pare. Ormai non mi interessa più, sei stato chiaro» confessa, afferrando la mia sigaretta e respirandone un'avara boccata.
Resto ad osservarla con un sorriso, indeciso se crederle.

Emily è testarda e da sempre piena di rancore, ma è anche astuta quindi forse sta valutando l'idea di perdere la nostra amicizia.
Il gioco vale la candela?

Richiamata da quegli interrogativi i suoi occhi corrono verso i miei, osservandomi con cinismo.

«Che c'è? Dico sul serio. Se vuoi portartela a letto fallo, mi sta bene.»

«E se non fosse solo una storia di letto?» Domando, curioso della reazione così come della risposta.
Con uno sbuffo mi anticipa da prevedere entrambe.

«Fai un po' come ti pare, Miky, ma sappi che, qualsiasi cosa succeda, io sarò qui. Ti crederò sempre, indipendentemente da quello che può arrivare a dire lei. Sei tu che hai ragione.»

«Un po' pretenziosa come affermazione, se non si conosce il problema» ammetto, ma lei non si lascia sconfiggere.

«Non importa. Tu non sbagli mai. È questo a cui credo.»

Divertito da quella che penso essere assoluta devozione, scuoto il capo e recupero la mia sigaretta, stavolta macchiata di rossetto, aspirando l'abrasione di quest'ultima boccata rimasta. Poi la spengo, premendola nella sabbia al di sopra del cestino.

«Non lo dimenticherò, Emily. Ti ringrazio.»
Ed è vero, non lo farò.

«Ti piace sul serio così tanto? Non ti avevo mai visto in questo stato.» Ancora i suoi occhi mi sezionano, eseguendo una approfondita analisi. Dopodiché accoglie con stupore il mio silenzio, sollevando entrambe le sopracciglia. «Però ... non avrei mai creduto che questo giorno arrivasse.»

Cosa posso dire? Per me è lo stesso. Da tempo sono giunto a pensare di non meritare più alcun tipo di amore dopo le delusioni ricevute e i litigi, le lotte, ma la vita mi ha smentito e adesso... mi offre una nuova opportunità.

«Verrai alle prove per Antigone, questo pomeriggio?»

Scuoto la testa, fornendo una risposta che poi approfondisco con poche parole. «Devo provare a concludere la tesi prima della scadenza.»

«D'accordo, allora. Buona fortuna.»

I miei occhi seguono l'elegante figura della sua sagoma, mentre si allontana a passi lenti, fino a scomparire dietro l'angolo in pietra grigia di questo triste edificio, lasciandomi di nuovo solo alla soglia del giardino.

Dietro le facciate delle case cittadine il sole è scomparso, ma nel cielo rimane la memoria del suo passaggio, in un monito che mi spinge a tornare verso casa.

Abbandono alle spalle il plesso universitario, scambiando sigarette e accendino, in un baratto con la borsa, per le cuffie accuratamente riposte.
La musica mi accompagna in questa discesa di asfalto, alleggerendo l'anima dei pensieri dopo una giornata tanto stressante.
Era da tempo che non sentivo addosso una fatica simile, dai fatidici anni passati che questa giornata sembra volere, in tutti i modi, riportare alla luce, ma è concepibile e senza dubbio immaginabile. Mi aspettano momenti per giunta peggiori e pieni di tensione prima di poter raggiungere questo ennesimo traguardo.

A sottofondo della musica percepisco un piccolo suono, l'arrivo di un messaggio, che calamita i miei occhi verso lo schermo del telefono.
Digito sull'icona con la notifica rossa, notando il numero sconosciuto e la stesura di appena poche righe, riservate all'interno.

Sai che cosa dice Virginia Woolf
in merito agli sguardi?
Dice che " gli occhi degli altri
sono le nostre prigioni; i loro
pensieri le nostre gabbie."
Per nostra sfortuna i tuoi sono belli,
ma anche molto tristi.
Cosa posso fare, quindi, per alleggerire
la mia prigionia?

Rimango alcuni secondi dinanzi a questo piccolo testo, prima di rispondere con calma, rallentando il ritmo della marcia.

Quando si sono rivelati tristi?

Direi nei tuoi silenzi. Sei molto bravo
con le parole, ma credo che i tuoi
silenzi comunichino maggiormente
quello che pensi. 

Però. Questo mittente sembra aver imparato a conoscermi piuttosto bene, e senza ombra di dubbio non è nuovo verso il modo di manipolare l'attenzione. Adesso ha ottenuto la mia curiosità.

Chi sei? Come hai avuto il mio numero?

Questo ora non è importante,
perché ho trovato la soluzione.
Tu hai perduto il gusto di vivere,
io te lo posso ridare. Lascia che
ti preda la mano, teneramente,
dolcemente, e ti ridia questo
oggetto prezioso che stavi
lasciando cadere; la tua vita.
Non mi respingere, non mi scoraggerai.
Lo sai che non c'è nessuno più testardo...

... di una gatta su un tetto che scotta.

Completo il testo con un sorriso, vedendo il mittente, adesso, con occhi completamente diversi.

Ciao Cat, bella scelta. È un'ottima 
opera teatrale.

Sfortunatamente adeguata temo.

"La gatta sul tetto che scotta"
di William Teneese?
Parliamo della stessa?

Proprio così.

Ammette il suo mistero, lasciandomi in un vortice di dubbi che però è stemperato dall'allegria di averla al mio fianco.
Terminata la discesa presto attenzione alla congestione del traffico, rimanendo immobile dinanzi al rosso del semaforo.

Immagino che il numero
te lo abbia passato Jeremy.

Credo che dovrei ringraziare
Seima piuttosto.

Ma certo, l'amica della mostra.

La mia amica che esce con il tuo amico.

Già, niente di meno.

Sei pentito?

Affatto... ma tornado all'opera,
vuoi spiegarmi il  motivo per cui l'hai scelta?

In attesa della sua spiegazione, mi procuro di salvare il suo numero sotto l'acronimo "Cat", rimanendo a fissarlo per qualche attimo.

Non è quello che facciamo sempre?
Giochiamo a stuzzicarci.
Dimmelo tu il motivo.

Picchietto le dita contro la custodia del telefono, messo alla prova.
Non è affatto semplice da sintetizzare, con poche parole, questo testo teatrale, ma senza dubbio ci sono delle inevitabili similitudini capaci di connettersi a noi.

Margaret, protagonista della storia,è un personaggio femminile forte, sensuale, deciso ad avere un figlio con il marito per mantenere la promessa dell'eredità. Puro denaro, niente di più. L'amore passionale non è concesso nel loro matrimonio, così come risulta difficile ottenere persino del semplice sesso, dal momento che ogni cosa sembra persa per Brick, il marito sportivo infortunato e dedito all'alcol, al seguito del suicidio del suo migliore amico.
Skipper però era molto di più, era un amore, un amore omosessuale difficile da accettare, ma senza dubbio l'unico vero che il protagonista maschile sembra concedersi nella vita. Nonostante le attenzioni, o meglio quasi le suppliche, della moglie, nonostante tutto.

Tra i temi principali e associabili a noi, riscopro la tenacia di Maggie, perfettamente in grado di rivestire la figura di Katrina, perché nessuno donna più di lei può essere "la gatta sul tetto che scotta". La persona che rimane stabile su un piano inclinato di problemi, tentando di trarne il beneficio, resistendo fino all'ultimo.
E oltre a questo anche il tema dell'amore omosessuale.
Digito lentamente le parole, scegliendole con cura.

L'amore tra Maggie e Brick
non decolla a seguito di ciò
che è successo a Skipper,
ma per noi non è così.
Posso assicurarti che
Sebastiaen è uscito dalla mia
vita già da molto tempo.

Confesso, rendendola partecipe di una presa di conoscenza avvenuta nella mia testa già da molti mesi.

Mi fa piacere saperlo.

Ma non è solo questo, vero?

Al mio fianco le persone iniziando a spostarsi, muovendosi verso la strada opposta, ed io imito il loro passo, venendo circondato da dolci profumi cittadini.
L'aroma dei fiori di una bancarella, il sapore salato di un cibo appena cotto e molto altro interno al clima cittadino di Los Angeles alle sette di sera, ma non riesco a rendermene completamente partecipe, immerso come sono in un altro mondo.

Non è mai solo
ciò che sembra, occhi belli,
dovresti saperlo.

L'isolato di casa mia appare qualche attimo dopo, mostrandomi la strada verso casa.
Afferro dalla tasca del giubbotto le chiavi, inserendole nella toppa una volta giunto dinanzi al portone, continuando la riflessiva lotta dei pensieri.
Allo scatto dell'ingranaggio recupero il telefono, continuando a picchiettare sul vetro.

Se quel testo nasconde altro,
allora vuol dire che lo scoprirò.

Vuol dire che aspetterò.

Entrando in casa il silenzio mi raggiunge, segno che mia madre deve essersi già messa a letto.
Cercando di produrre il minor rumore possibile,
posando la borsa su una delle sedie della cucina e afferrando poi un bicchiere dalla credenza, verso dell'acqua fresca per rinfrescarmi la gola.
Ne bevo avari sorsi, rimanendo con i fianchi appoggiato a uno dei mobili, e ascoltando questa detestabile assenza di suono.
Un tempo, a farmi compagnia alla fine di ogni turno, c'era la voce di qualche testo teatrale, ma non avendo nuovi personaggi da interpretare ora quei copioni manifestano la loro assenza.
Adesso non resta che la solitudine, prima che i miei occhi tornino su quella chat ancora aperta.
Avanzo verso Katrina la mia richiesta.

Quando possiamo vederci?

Non molto presto, temo.

Sgrano gli occhi, ferito da una constatazione simile, e tento di farmi coraggio, prima di pensare al peggio.

Devi lavorare a un nuovo
progetto?

No.

Allora quale è il motivo?

Non credi che abbia ceduto
al tuo bacio troppo presto?

Non farlo Cat, non fuggire, non scappare.
L'unica cosa che veramente riesce a fare è anticipare la mia risposta, completando con un'affermazione la sua retorica domanda.

E poi ho saputo da Jeremy
che stai scrivendo la tesi di laurea.

Sollevo gli occhi al cielo, deciso a parlare presto con Jeremy.
Detesto che lui abbia la possibilità di confrontarsi con lei quando a me non è concesso, e che continui a inserirsi dentro il nostro rapporto quando la sua presenza non ha motivo di esistere.

E c'è altro che ti ha detto?

Che non sei dell'umore giusto
in questi giorni, e che non ti
stai presentando nemmeno alle
prove di teatro.

È stato più riservato del solito allora.

Va tutto bene?

Certo, credo di poter finire
di scrivere tutto in tempo,
prima della scadenza.

O almeno ci riuscirei, se solo non avessi perso già da tempo l'ispirazione. So bene che cosa mi blocchi al momento, ed è il pensiero di non meritarmi un simile attestato. Questa gratifica, questo cambiamento dentro la mia vita.
Non sono diverso da molti altri ragazzi della Down Town. Non sono più furbo, né più intelligente di loro, specie da quando gli eventi della vita ci hanno cresciuti allo stesso modo. Negli anni ho lavorato sodo per mantenermi, questo è vero, ma non sono che uno di molti, niente di diverso. Quindi perché il mio nome deve essere stampato in una perfetta grafia su un foglio di pergamena quando quello di molti altri, miei conoscenti o semplici comparse, è presto dimenticato persino dagli annunci sui necrologi?

Posso darti una mano?

Per caso la pena ti ha spinto
a cambiare idea? Vuoi vedermi?

No, non ho cambiato idea.

Allora che intendi?

Possiamo parlare qui se ti va. Puoi chiedermi ciò che vuoi.

Afferro il bicchiere, dirigendomi verso la mia stanza e rimanendo con gli occhi fissi verso questo schermo.

Tutto, tranne quello
che devo indovinare da solo.

Precisamente.

Una faccina sorridente completa il messaggio che mi ha spedito, facendomi rendere conto di quanto sia esente, dai nostri discorsi, il patetico sentimento di pietà, e anzi sia ancora perfettamente viva la sua innata provocazione.

Sei stato in biblioteca oggi,
a cercare i libri di consulto?

Si, ma hanno richiesto molto tempo
alcuni, persino del ore.

Devi essere molto stanco, allora.
Sei sul tuo letto?

Steso sul mio materasso di schiena, il telefono ha sostituito la visione del soffitto, ed arrivo a mordermi il labbro labbro inferiore, divertito dalle parole che sto per scrivere.

Non credevo che la conversazione prendesse
una simile piega. Si sono sul letto.
Vuoi sapere come sono vestito?

Anche io sono sdraiata, e rientrata
da poco a casa.
Non vuoi sapere cosa indosso?

Se rispondi niente credo che potrei morire.

Poco prima della laurea?
Jeremy mi ucciderebbe, dopo
tutti i bidoni che gli hai tirato per
le prove.

Ma io ti assolverei da tutto.

Indosso un pigiama molto corto...
con disegnato sulla maglia un coniglio rosa.

Scoppio a ridere, non riuscendo a credere a una simile immagine, ma poi la mia mente la genera e niente da dire. Katrina, persino con degli abili infantili, mantiene la sua sensualità innata.

Mi prendi in giro.

Giuro che è così.

Non mi mando una foto?

E tu non me la mandi?

Io sono nudo.

Cretino.

In seguito a un piccolo silenzio recupero il tempo per aprire l'immagine del suo profilo, tornando a guardarla, in maniera indiretta, dopo cinque giorni dal nostro bacio, del quale ancora mi gusto il sapore.
In questa specie di ritratto indossa un abito a fiori, ed è seduta sul balcone interno di un'abitazione con una grande finestra vetrata a fianco. Il pugno della mano destra sorregge l'inclinazione data dalla sua testa, mentre il gomito si appoggia a un suo ginocchio rialzato. Mi chiedo chi abbia scattato la foto, poco prima di cadere dentro il celeste dei suoi occhi, fissi verso l'obbiettivo.

Sei stanco?

L'avviso in alto del suo messaggio richiede le mie attenzioni, portandomi a cliccarci sopra.

Solo un po'... ma non abbastanza
da smettere di scriverti.

Che ne diresti di ascoltare invece?

Dimmi tutto.

Non me. Cerca questa canzone
e chiudi gli occhi. Ascoltala mentre
sei sdraiato sul letto e io farò lo stesso.
In questo modo riesco a tenerti compagnia
a distanza.

L'attenzione torna verso la sua foto, rimanendo calamitata lì per lunghi attimi. Poi sono costretto a uscire dal nostro scambio di battute, cercando il titolo che mi ha offerto.

Ci sei? Aziona la musica al mio tre.
Uno.
Due.
Tre.

Un'elegante melodia arriva a riempire l'aria, sostituendosi finalmente al silenzio, in maniera totale. Mi delizio di un'accompagnamento simile, trovando molto di lei all'interno.

È veramente bellissima.

E ancora non hai sentito
la mia parte preferita,
ascolta qui.

Chiudo gli occhi quando la cantante raggiunge l'apice del suo talento canoro e le parole acquisiscono un timbro diverso, ancora più aggraziato. E non sono più solo.
Katrina riesce a raggiungermi nonostante la distanza e arriva al mio fianco, stesa su questo letto, con i suoi capelli rossi che risalano sulla federa bianca del cuscino. Il suo calore raggiunge il mio fianco e si presta alla compagnia, e lì rimane nonostante lo scorrere delle ore, il calare della sera, il sopraggiungere della notte. Rimane con me, persino quando mi sollevo dal letto, andando a sedermi alla scrivania.
Nel pallore della stanza la sua pelle diafana risalta mentre lo schermo acceso del computer, con aperta la cartella della tesi, illumina la mia con riflessi bluastri.

Le sorrido mentre la stanchezza sembra raggiungerla, e posando le mani sulla tastiera alterno lo sguardo dai doveri a lei, sentendomi avvolto da una nuova realtà, quella piccola consapevolezza di potere avere un futuro diverso. Il solo, forse, che non mi sono ancora immaginato.

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