22- Il flagello più grande
Delle luci blu cobalto, qualche balletto improvvisato ed ecco che l'unico locale presente in questo posto, frequentato come è da una classe di circa venti giovani, acquisisce il suo carattere, dettando il ritmo di un passatempo gradito.
«Mi piace molto il tuo vestito, sai?» Grida Stephany in direzione di Cat, che annuisce con circostanza al di sopra della musica, tenendo il suo drink di plastica in mano.
«Ti ringrazio, a me i tuoi capelli!»
Nascondo il ghigno divertito, mordendo la cannuccia della mia bevanda mentre mi serpeggia in testa il gentile termine usato dalla mia gatta, in direzione dell'altra. Unicamente "platinata" non gli rende giustizia. Dovrei macchiare la frase del suo stesso sdegno, allora se ne avrebbe un'idea.
Ritengo un'arte molto complessa quella dello sfoggiare il sorriso a cattivo gioco, e le donne ne sono maestre. Ciò mi conduce ai confini di un'invidia inimmaginabile perché è solo loro la capacità di mascherarsi e continuare a vivere sicure tra certezze di legami mai sfibrati, e tenuti saldi da una convivenza che si nutre di una piccola sfumatura di rispetto.
Vedere Cat sfoggiare tale arma è afrodisiaco, così come lo è il setacciare le arricciature del suo vestito, un tubino blu scuro non troppo pretenzioso, opaco ma non abbastanza da impedirle di brillare all'interno della stanza.
Vedo solo lei. I suoi capelli tirati su nella solita crocchia debole che lascia liberi alcuni ricci, i suoi piccoli brillanti ai lobi, le molteplici collane e anche dei meravigliosi tacchi alti, a tronchetto e di velluto blu scuro, che salgono a intrecciarle i polpacci, evidenziandone la pelle candida.
Non passa in secondo piano nemmeno la lunghezza dell'abito. Ora che sono a conoscenza di quello sfogo presente sull'epidermide, mi accorgo persino dell'accuratezza di Cat nel mascherarlo. Il bordo della stoffa termina a metà delle sue gambe, slanciandogliele più di quanto si immagini e vietando, al contempo, la copertura per un simile segreto, che la mia dolce donna classifica come un difetto.
Mi riesce difficile pensare a dove, per primo, passerei le mani: se su quelle labbra, per provocarle la tensione di una verità condivisa, o su quelle sue spalle nude, dal momento che le bretelle del vestito sono semplici lasci e lasciano scoperte le sue scapole, le spalle e le fini braccia che vorrei tanto di nuovo attorno al collo.
«Sei stato fortunato, Michael. Katrina è un'incredibile novità» commenta Logan al mio fianco, osservando con distacco le due ragazze che si sono allontanate per raggiungere un'ipotetica pista.
«Non hai idea di quanto sia vero» rispondo, mentre la osservo alzare le mani verso il cielo con un'allegria sincera, che mi era venuta a mancare.
Con i fianchi tenta di seguire il ritmo delle casse, guidata da Stephany che si fa maestra, e poco dopo riesce a farcela. Divertita, ondeggia persino lentamente la testa, offrendo uno spettacolo difficile da ignorare, e poi finisce fino a me, spiandomi di sottecchi.
Forse non si immaginava che stessi facendo lo stesso perché eccola correre via, tornando alla melodia della sala e dandomi le spalle, per non ricadere nell'errore di toccarmi gli occhi. Potrei essere una distrazione.
«Non avrei mai pensato che l'amore della tua vita potesse essere una donna. Con Sebastiaen sembravi molto felice. Credevo che la storia potesse andare in porto» prosegue l'uomo che continua a farmi compagnia su questo piccolo, e quadrato, tavolo alto sprovvisto di sgabelli, incastrandomi in una conversazione che non desidero affrontare.
«Come vedi non è andata così.»
«E perché è finita, tra voi?»
Il mio corpo si irrigidisce nel subire questo interrogatorio e la testa si volta di conseguenza, dirigendosi verso la sua con uno sguardo tanto assassino da essere letale.
«Incongruenze» sibilo, ma Logan non si dichiara vinto.
«Chissà come mai. Posso solo immaginarmi delle motivazioni ma tu dovresti offrirmi degli indizi validi...»
«Perché ti interessa, Logan? Ormai è una storia passata!»
«Caaalma! Deponi le armi, eroe, sto solo cercando di capire. Steph sostiene che tu sia l'esempio perfetto per tutti noi. Quasi l'uomo da idolatrare e a cui ispirarsi per migliorare... ma c'è qualcosa sotto. Io so bene che nascondi una sorta di segreto ma non è percettibile sotto tutti questi strati di cui ti carichi. Che cos'è, Michael? Aiutami a capire. Sei un tipo troppo ansioso? Un maniaco del controllo? Sulla seconda ci punterei, se solo sapessi che non può essere un difetto principale, quindi che altro?»
«Vuoi piantarla?»
«Sebastiaen è uscito dalla circolazione, che peccato, nessuno ha saputo più niente di lui. È sempre stato un ragazzo particolarmente cordiale, avrei potuto chiedere direttamente a lui, bai-passando te.»
«La tua è un'ossessione.» Affermo, alzandomi totalmente in piedi per scontrarmi con il suo viso, e da questa altezza riesco bene a cogliere la sua voglia di litigare, così come il leggero stato di ubriacatura che gli offusca gli occhi.
La parlata è appena più strisciata ed il veleno della lingua è incattivito dall'amaro sapore dell'alcool sui 45 gradi. Potrei quasi perdonare la sua invadente curiosità se solo non sapessi per quanto tempo è stata covata con odio dentro un cuore troppo disponibile per accoglierla.
«L'ossessione, Michael, si è sviluppata solo di recente, non mi sei mai piaciuto. Eppure sono passati anni dall'ultima volta che ti sei scopato la mia ragazza, questo è vero, ma scopro che lei ancora non ti dimentica. Continua a paragonarmi a te ed è un confronto abbastanza difficile da sostenere, se nemmeno riesco a identificarti come un uomo normale.»
«Non provo niente per Stephany.»
«E lei non ama te. Prova solo affetto per il tuo ricordo, e continua a usarti come metro di giudizio per calcolare noi altri.»
Aggrotto la fronte senza capire, scegliendo il modo con cui collegare i pezzi affinché possano avere un loro senso.
«Per questo siamo qui? State litigando e non riuscite a passare del tempo da soli, insieme?»
«No. Ci stiamo confrontando, Michael, il che è diverso. Ma tu non lo puoi capire dalla tua torre di perfetta nobiltà dalla quale osservi tutti e decidi cosa fare, comandando a bacchetta ordini e sguardi. È vero, Steph è rimasta in parte dentro il passato. Mi domando se, conoscendo il disgusto e la ritorsione che provo per te davvero, riuscirebbe un giorno a liberarsi di esso. Ma per il momento credo che sia tuo il compito di farcela uscire fuori. Vivi la tua vita con Katrina. Scopatela pure davanti a Steph, non mi interessa, ma lascia che si allontani. Sei tornato nelle nostre vite di nuovo dopo molto tempo, e sei riuscito a incasinare tutto.»
«Sei ubriaco, Logan. E arrabbiato, non dai peso alle tue parole.»
Con una leggera pressione, poso una mano sulla sua spalla destra, per portarlo a retrocedere e allontanarsi da me, ma lui desiste, barcollando semplicemente. Tornato al suo equilibrio, chiude solo per qualche secondo gli occhi prima di tornare a uccidermi con i suoi sguardi patetici.
«Forse... ma lasciami dire una cosa: sei patetico. Tutto questo magnetismo con il quale sembri riuscire a fregare le persone non mi incanta, anzi mi disgusta. Le rendi tue succube, costantemente in biblico nell'oscillazione della tua attenzione.»
«Ti sei dimenticato che tiravo a boxe?»
«La tua rabbia è un altro dei problemi. Vedi di rispondermi.»
«A quale domanda?»
«Anche la dolce Katrina vive in equilibrio?»
Sentendo pronunciare il nome di lei, abbandono l'attenzione a lui rivolta per poter osservare il suo corpo che si muove nella folla. Sinuoso, leggero... più libero ora che mi è lontana.
«Che cosa pensi, Michael? Che cosa ti dice la tua coscienza? Sei veramente in pace con te stesso o nella vita hai già compiuto una serie inestimabile di errori? Rispondi sinceramente... non ti sono bastati?»
La voce di Logan è la strega che governa l'ipnosi, la musica elettronica il cardiaco suono di un tamburo nordico in grado di creare lo scenografo contorno di un incantesimo che mi riporta verso il passato... fino a un rientro a casa che preannunciava l'arrivo della più temibile disgrazia, la stessa che ci ha massacrati.
«Si può sapere cosa diavolo ti prende? Eh?!»
Le mani di Sebastiaen si posano sul mio torace e mi spingono all'indietro, furiose con me.
Nel deserto di quest'ora tarda, Los Angeles lascia vivere nell'aria solo lo sfrigolio di questi vecchi lampioni nella parte più povera e sperduta del mondo perché macchiata della nostra rabbia.
«Se tu smettessi di fare la puttana con chiunque sapresti che cosa mi prende!» Grido, e nell'udire parole simili gli occhi di lui si sgranano con terrore.
«Della puttana?» Mormora e nemmeno mi interesso di aver appena fatto a pezzi il suo cuore.
«Chi altro si comporterebbe così in un locale di soli gay, me lo vuoi dire? Nemmeno ci hai offerto il tempo di fare pace che sei corso qui con quell'altro amico tuo!»
«Teo lavora con noi...»
«Che si fotta Teo! Queste questioni sono solo nostre!» Arrivo a dirgli a un centimetro dal viso, picchiandomi il petto con il becco, nato da tutte e cinque le dita unite, che tanto vorrebbe mettere a tacere il suo.
«E credi che non lo sappia? Se solo ci fosse qualcun altro, tra di noi, non arriveremo a massacrarci così» pronuncia con una voce rotta, che vorrebbe addolcirmi con le sue lacrime.
«Oh! E chi altro ci vorresti? Sentiamo. Ti vanno bene altri due uomini? Lascio a te l'imbarazzo della scelta. Vediamo, c'è Teo, il famosissimo e sottopagato confidente, e poi, chi altri?, vediamo... come si chiamava quello che stava per infilarti la lingua in bocca, nemmeno un minuto fa?»
«Non lo stava per fare.»
«No, giusto, voleva solo verificare che tu non avessi ingoiato niente. Buttato giù bene lo sperma?»
Le lacrime non potevano essere che delle più finte, perché la sua mano si carica in un pugno destinato ad aprirsi contro la mia faccia, ma non è mai stato bravo a boxare.
In un attimo lo schivo, e riesco a vedere anche il momento in cui si sbilancia, lottando per riottenere l'equilibrio.
Dio, deve proprio averlo scopato per bene per lasciarlo sfinito così.
«Non hai nemmeno la forza per picchiarmi, adesso?» Domando inferocito, e con tanta voglia di ricambiare la premura.
I suoi bellissimi occhi color del cioccolato si rendono cupi, più neri di questa notte non appena si volta verso di me, lasciandomi intravedere che cosa nascondesse la sua maschera.
Pura, e disonesta, falsità.
Scuoto la testa come per scacciare quel passato, e finisco per perdere i contorni degli oggetti, improvvisamente divenuti molli a causa della mia bevuta, drasticamente pesante.
Non devono affatto andarci leggeri, questi italiani, sui drink del venerdì sera.
Alterato nella vista ma non nei pensieri, riesco a ricollegare le fila del presente, e decidere di compiere il tragitto che stavo per fare, prima che l'incubo mi riprendesse.
Allontanandomi dall'invadente Logan, arrivo fino a Stephany, domandandole, in tono tranquillo, una piacevole cortesia.
«Ti dispiace se te la rubo, Steph?»
Prendo la mano di Cat, simboleggiando con concretezza il mio volere, e la prima delle due sorride con circostanza, decidendo di compiere la scelta più giusta.
«Ma certo, è tutta tua. Io nel frattempo torno da Logan, così non lo lascio solo.»
Detto fatto. In poco meno di un minuto la bionda platinata sparisce dalla nostra vista e ci permette di rimanere soli. Finalmente in pace in questa locanda d'epoca tinteggiata da musiche in ritardo di alcuni anni, e da vernici alquanto inclini all'erosione di piccoli pezzi.
«Hai bevuto» commenta Cat, fissandomi dal basso, ed io faccio conto mentale di tutti i drink che le ho visto prendere dal bancone del bar, pagati al barman con sorrisi e la metà del denaro.
«Anche tu. Ci ho fatto caso, sai?»
«Sentivo, infatti, i tuoi occhi addosso tutto il tempo. Apprezzavi come ballavo? Non vorrei che la tua mente fosse confusa ma io sono la ragazza con i capelli rossi che ti vive in casa, ricordi? La bella e palestrata bionda è appena tornata al tavolo con il suo ragazzo, ma puoi sempre avere una chance.»
«Questo lo dice anche Logan» commento, afferrandole i fianchi per incitarla a ballare con me, nello stesso modo frenetico che aveva sfoggiava poco prima.
«E questo cosa vuol dire?»
Non ancora sufficientemente ubriaco, e a malapena brillo, non affronto il suicidio che sarebbe lo scatenarmi la furia di Cat addosso. Mi limito a renderla partecipe della verità dal momento che ci aveva visto giusto.
«Secondo la sua opinione, Stephany è ancora innamorata. O meglio, mi usa come metro di giudizio per valutare gli altri uomini, giusto per parafrasare.»
«E ricordi, per caso, che anche io avevo notato il suo attaccamento a te?»
«Non dovrebbe averlo. Io non sono suo. Non le appartengo, solo tu mi hai, per quanto poco tu possa voler tenermi» confesso, chinandomi sul suo collo per respirare il profumo che porta. Riesco a sentirla fremere, grazie a questo piccolo contatto ed è sufficiente per regalarmi un pizzico di allegria.
«Questo è ridicolo» commenta, ma non si muove dalla mia stretta. Con entrambe le mani le ho imprigionato le sue dietro la schiena, in modo che con il petto possa spingersi più avanti, a contatto con il mio.
La mossa impudica non ci macchia di disonore, perché sono le nostre parole l'oscenità più bella che con indifferenza sappiamo mettere in pubblica piazza.
«Non ti riveli, Cat, e così mi impedisci di scoparti.»
«Ma come parli? Prima il "non ti riveli" e poi ci vai giù con il "non scoparti"! Io non ti ho impedito proprio niente! Sei tu che vuoi sapere troppo.»
«Tutto è troppo?»
«Eccome se lo è! Ricordi la storia dello tsunami? Non portare via ogni cosa!»
Sorrido divertito, e troppo tentato di baciarla.
«Non voglio portartela via, voglio solo condividerla. Che cosa ne pensi di continuare il discorso dal quale ci siamo interrotti?»
«Tenti sempre di uscire di casa e di allontanarti dal nostro letto, per poter affrontare le questioni!»
«Questo è vero. Ragiono meglio se sono distante da tentazioni del genere.»
«Ed io non sono una tentazione? Mi hai praticamente spalmata addosso» nota, con la sua dolcezza ingenuità accentuata da tutti i cocktail bevuti come semplice acqua.
«Lo sei. Ma tu sei proprio impossibile da togliere» confesso, guadagnandomi uno sguardo ancora più sincero.
Possibile che possa essere al tempo stesso così schietta e misteriosa?
«1 a 0» ammette, facendomi ridere.
«Come hai detto?»
«Siamo 1 a 0. Con questa frase mi hai stesa.»
«Lo sai? Stenderti è il fine ultimo» commento, riuscendo a farla rabbrividire mentre a me viene solo da ridere.
«Michael...»
«Siamo 2 a 0, amore mio. Non dimentichiamoci di quando ti ho lasciata insoddisfatta nel nostro letto.»
«Abbandonata sarebbe un termine più corretto.»
«Se vuoi posso tornare a riprenderti. Anche a partire già da stanotte.»
Scuote la testa, negandosi.
«No, stanotte no.»
«E perché no?»
«Perché ho bevuto molto per compensare il tuo modo di abbandonarmi e le occhiate che ti lanciava quella bionda odiosa. Potrebbero uscirmi frasi che potrei non voler dire, in grado di garantirti la vittoria.»
«Come ti piacciono i cocktail, Cat? Dolci o amari?»
Sbuffa, rassegnata, posandomi la fronte su una spalla.
«Giocheresti scorretto, Michael.»
«Tutto pur di vincere.»
«Direi che è un pessimo modo di condurre il gioco, il farlo illegittimamente.»
«Ma senti, solo tu riusciresti a dire "illegittimamente" da ubriaca. Forse non lo sei a sufficienza... e per rispondere alla tua constatazione, cara Cat, il fine del mio gioco è tanto dolce da non lasciarmi modo di ragionare sui mezzi utilizzati.»
Terminata la mia frase torno a vederla in viso, ed eccola che la trovo ad occhi socchiusi, e con un bellissimo sorriso dipinto in viso che mi fa domandare il perché della sua nascita.
«Stai sorridendo, Cat. Vuoi dirmene il motivo?»
«Mi stavi facendo il solletico mentre parlavi. Proprio qui, lungo il collo.»
Una tale ammissione mi conduce verso la medesima allegria, spingendomi a ripercorrere la strada poco prima intrapresa.
«Dove? Qui?» E dopo averlo domandato lascio un piccolo bacio su una zona sopra la quale mi era capitato lo sguardo. La sento muovere la testa, in un segno negativo, e poi la sua voce darmi le coordinate della meta.
«Poco più in su.»
«Qui?»
«Sì... lì» confessa, ridendo appena, e riesce persino a liberare le sue mani in modo da tornare a circondarmi il collo, esattamente come desideravo.
Il gesto la porta a sollevare il seno che scommetto essere privo di supporto, sotto questa veste.
«Almeno le mutandine le hai?»
«Scoprilo da solo.»
«Quasi riesco a vederti le punte dei capezzoli. Hai freddo?»
«Un po'... ma tu sei sempre molto caldo, anche a letto.»
Sollevo le labbra, schierando la totalità della fila di denti, divertito al massimo dalla frase pronunciata in modo inconscio, ed eccola che la vedo ricollegarne le parti e poi sbuffare stizzita del risultato, sollevando gli occhi al cielo.
«Puoi smettere di trovare un doppio senso in tutto?»
«Vuoi che ti porti a letto?»
«C'è un doppio senso anche adesso, non è vero?»
«Voglio andarmene, Cat. Mi sono stancato di quei due.»
Interessata ai soggetti della frase, sembra aguzzare gli occhi, diretta oltre la mia spalla, ospitando una tristezza che non avrei mai voluto far nascere.
«Mentre parlavi con Logan sembravi particolarmente arrabbiato...»
«Oh! Quindi anche tu mi stavi fissando?»
«Che cosa ti ha detto, Michael?»
«Niente. Ha solo fatto riemergere dei brutti ricordi. Come coppia sono in crisi, e tristi nell'essere soli a soffrire rinvangano il passato. E in modo patetico, aggiungerei.»
«Mancano dieci minuti a mezzanotte. Questo posto ad ogni modo sta per chiudere, per me ce ne possiamo andare ma trova tu una scusa, con i tuoi occhi tanto belli, perché io non ho nemmeno la forza di articolare un discorso con del senso» e se non fosse per quelle immense pause che pone tra una parola e l'altra, non le darei ragione, perché per quanto inclinata dai gradi alcolici dei liquori, la sua capacità linguistica sembra funzionare alla grande. Regna sovrana, però, unicamente una sorta di stanchezza, che la porta persino a chiudere gli occhi.
Fortuna che la casa è particolarmente vicina, perché dovremmo tornare a piedi dal momento che l'aereo non ci ha permesso il comodo trasporto della mia macchina.
Di taxi, poi, sembra quasi non essercene ombra.
«Aspettami qui, allora, vado a parlare con loro e recupero il tuo giacchetto.»
«Non mi muovo» commenta, ancora ad occhi chiusi e un sorriso. «Mi ritroverai esattamente qui.»
Ricambio il sorriso e poi torno alla coppia infelice.
Potrei ringraziarli della serata, ma ahimè non sono riusciti a fare altro che farmi arrabbiare.
«Noi ce ne andiamo» affermo, mentre Logan ruota contro il tavolo il suo bicchiere semivuoto e stracolmo di ghiaccio.
«Un vero peccato» dice solo, facendo nascere sul viso di Stephany un rimprovero.
«Certo, Michael, grazie per la compagnia. Quando lo vorrete, sapete dove trovarci. Siamo sempre disponibili per due come voi.»
Annuisco distrattamente, cercando subito dopo il soprabito di Caitlin. Riesco a individuarlo poco distante, secondo le leggi di un insolito passamano, e controllato di avere io le chiavi di casa mi volto verso di lei.
E quello che vedo non mi piace per niente. Un uomo le si è fatto vicino e non sembra nemmeno comprendere a pieno quanto sia ubriaca.
Velocemente riesco a raggiungerla e passarle un braccio intorno alla vita, così da attirarla a me.
«C'è qualche problema?» Chiedo, vedendo, poco dopo, lo stronzo stringersi nelle spalle.
«Nessuno... ma una ragazza così bella non può accontentarsi di un solo uomo. Che dici di dividercela per stanotte?»
Un senso di sgradito malessere sale fino alla bocca dello stomaco, mentre una corrente elettrica mi si riversa nelle vene.
«Come, prego?»
«Avanti! Una bella rossa così non si trova tutti i giorni» continua a discorrere l'italiano, e nemmeno mi preoccupo di quanto possa essere ubriaco.
«Vai a cercartela da un'altra parte. Lei è con me!»
Il patetico esemplare di "uomo", solleva entrambe le mani al cielo, al fianco della testa, dichiarandosi vinto mentre il suo gruppo di amici scoppia a ridere alle sue spalle, facendosi beffe di me e della scena che sto mettendo su.
«D'accordo, d'accordo, ho capito! Niente divertimento extra per stanotte! Dovrà accontentarsi solo di te, povera ragazza...»
Sono pronto a scattare, quando la mano di lei si posa sul mio torace e mi blocca, mentre il suo viso, con gli occhi a malapena aperti, mostra uno sdegno che sembra essere stato in grado di tradurre l'italiano. Perché la volgarità non ha origini materne e risiede, come il nucleo, nel centro del mondo.
Desidererei lasciarlo sprofondare nell'abisso di un posto non ancora noto ma è Cat a impedirmelo, incoraggiandomi a guadagnare l'uscita.
Con circospezione, volto le spalle a quel gruppo patetico con più volgarità, nel corpo, che sangue, occupandomi poi di porre a Cat il cappotto sulle spalle, così che non possa avvertire il freddo interno alla notte, una volta raggiunta la strada.
La mia precauzione, però, mi ha portato ad abbassare la guardia e lo stronzo di poco fa riesce a tendere una mano e serrarla, lo vedo con la coda dell'occhio, sulla natica destra del sedere di lei.
Compio il gesto di risposta in un solo secondo: mi volto e gli sferzo un pugno in pieno viso, facendogli sanguinare il naso ed arretrare di fronte al mio sguardo che è furia e agitazione insieme. Lo intimorisce, gli permette di capire la persona che ha davanti e così arretra, andandosene insieme al suo gruppo di amici.
Cat non dice una sola parola, le mani leggermente le tremano ed io mi auguro che per questa serata possa essere tutto, che ci aspetti solo il ritorno verso casa quando poi la mano di Logan si serra al mio braccio, impedendomi di andarmene.
Anche la sua voce si fa catena di una prigionia, e si indirizza verso il mio orecchio destro, in modo che possa essere il solo a sentirla.
«Ecco il tuo peccato, Michael: la gelosia. Il flagello più grande di tutti gli altri esistenti al mondo.»
Consapevoli della scoperta, i suoi occhi brillano come bracieri, ma la verità è che non è la mia sola colpa ma la più grande. Logan non arriverà mai a conoscermi a fondo, per quanto la sua mancanza di invidia e la restituzione del semplice odio ci renda diversi.
Devo lottare contro la sua resistente presa per poter raggiungere la strada di casa. L'unico posto dove io e lei possiamo essere realmente da soli.
Quando finalmente arriviamo, depongo il corpo di lei con delicatezza, lasciandogli raggiungere la morbidezza del materasso. Il vestito blu scuro si intona alla coperta e il colore dei capelli gioca per contrasto.
Desidererei, per il tempo che basta, rimanere a fissarla mentre si accomoda, con più tenerezza, lungo le coperte. Il vestito, però, deve essere uno spiacevole impiccio, per cui mi decido a toglierlo e nel farlo trovo la conferma alla sua assenza di reggiseno.
Ormai mi è capitato di vedere il suo petto nudo più di una volta, ma non riesco a smettere di rimanere incantato dalla sua meraviglia. Dalla perfezione che dimostra essere quel ventre piatto, le costole sporgenti e i dolci avvallamenti, come dune, che sono i suoi seni, più bianchi delle lenzuola di questo letto ma perfetti, circolari, tanto da avere voglia di percorrerli, accarezzandone i bordi.
Me lo lascerebbe fare, ne sono certo, ancora di più perché non ha la forza di protestare, ma mi piego solo al fine di lasciarle un debole bacio, proprio sopra il cuore. Questo non le impedisce però di gemere e sospirare.
«Michael...»
«Sono qui.»
«Sei arrabbiato?»
Stringo i denti, solo per un istante. «Non con te, tesoro.»
«Ho bevuto troppo.»
«Sì... questo lo vedo.»
«Non avrei dovuto... dovevo essere lucida per tornare a parlarti.»
«E per quale motivo?»
«Così avremo ripreso a litigare.»
Rido dell'annotazione, non riuscendo ad evitare di toccarla, ulteriormente, sfiorandole la guancia con la mia mentre mi chino per soffocare il divertimento. «E non credi che sia meglio così?»
«Mh... in effetti sono già mezza nuda a letto, tu che aspetti a spogliarti?»
«Perché hai fretta, Cat?» Glielo domando, fissandola dritto negli occhi con premura.
«Perché poi potresti non volermi più, e perché anche io ti voglio.»
«Mi sembra ridicolo il primo pensiero e quasi impossibile il secondo. Quanto mi vuoi? Dovresti lottare, per avermi.»
«Ci sto provando, Michael. Piano piano sto cercando di aprirmi, ma non è facile.»
«Aspetterò ma voglio che un giorno tu mi dica che cosa mi nascondi.»
«Questo è un patto, Michael?»
«Potrebbe essere» constato, e una simile riflessione riesce a farla annuire.
«D'accordo... allora che ne dici se ti dico tutto domani?»
«Per me va bene» commento con un sorriso, fissandola d'alto mentre i suoi occhi sono ancora chiusi, i capelli abbandonati lungo il cuscino e l'abito spiegazzato all'altezza dei fianchi. «Solo che non saremo qui, quando me lo dirai. Gli undici giorni da passare in questa casa saltano, Cat. Direi di spostarci.»
«Che è successo?»
«Ho litigato con Logan, e non vorrei rimanere nella sua casa.»
«Per me va bene, ma tu sei sicuro che sia tutto a posto?»
«Sì, sono sicuro. Domani parleremo ma ora dormi. Ci aspettano giornate più impegnative e belle.»
«Tutte le giornate passate con te lo sono, Michael.»
Una carezza, ecco cosa è la sua voce. «Sono contento di sentirtelo dire.»
«Per questo sto provando a fidarmi... per questo... anche se non è facile.»
«Lo so, Cat. Lo so» mormoro piano, sollevandole una mano per poterle baciare il palmo.
«Tutto quello che ti riguarda mi piace, penso si sia capito abbastanza» esala dal mondo di onirici sogni mentre le sfilo i sandali con particolare premura, lasciandoli quindi alla fine del letto, per poi toglierle anche il vestito e lasciare che entri nuda, con l'eccezione dei semplici slip neri, tra le coperte.
«Non è mai abbastanza, Cat. Tu continua a ripetermelo, e forse arriverò a crederti, un giorno.»
Annuisce distrattamente e poi, con lentezza, si muove su di un lato, piegando il cuscino con le braccia affinché possa avere una posizione comoda al di sotto della testa, ed io sono ancora qui. Fermo al suo fianco che la fisso dormire e non occorre altro. Il silenzio è gradevole così come il suono della natura oltre il vetro della finestra. Come il suo corpo caldo quando, poco dopo armato del sotto del pigiama, la stringo a me, contro il mio petto nudo, desiderando non dovermi allontanare mai.
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