19- Forzato controllo
No, non sono arrivato vivo, ma in tanti piccoli pezzi. Cat non ha avuto pietà, e l'incontro con ogni sorta di privazione di luce le ha dato modo di guadagnarsi la mia agonia. Nel buio di una carrozza esente dall'illuminazione, vista la mattutina ora che non la richiedeva, la sua bocca mi aveva lasciato piccoli morsi, a ogni collisione con la perdizione di un nuovo tunnel. La seduta, d'un tratto, si era mostrata molto scomoda e lo spazio si era rivelato angusto... amplificatore del suo profumo, quasi l'anticamera del più ancestrale peccato originale.
Avrei voluto ricambiare quei morsi. Far scendere la camicetta che indossava e tornare a contatto con il suo seno, ma ero rimasto immobile e l'avevo lasciata fare, al fine di farle prendere sempre più confidenza con il mio corpo e portarla a desiderare di percorrere con lui l'abrasione delle fiamme, perché la mia mente la porterebbe ovunque ma la carne saprebbe fare di meglio. Davvero non dovrebbe sfidarmi, non prima che non ci abbia visto chiaro.
O almeno, avrebbe dovuto evitare quell'adolescenziale mossa di lasciare un succhiotto sulla mia clavicola. Non si vede, ma io l'ho sentita farmelo, e per poco non ho riso della sua audacia. Ci tiene veramente a marchiarmi così? E per quale ragione? Dove risiede il rischio?
Le ho offerto la capacità di vedere il suo pieno controllo... dovrebbe accorgersi che, oltre a lei, nessuno mi ha detenuto e mi detiene mai.
Ad ogni modo la sua firma è piacevole: permette, come, di risentire sulla pelle le sue labbra, quasi tutto il tempo. Ricambierei. Ha un bel seno, bianco latte, potrei lasciarglielo lì, ma anche sull'interno di una sua gamba sarebbe affascinante. A causa del buio, nella stanza d'albergo, mi è stato quasi impossibile vedere quelle cosce tornite e senza dubbio affusolate. Vorrei aver modo di fare la loro conoscenza, e forse posso inventarmi un metodo per riuscirci. La ricompenserei dell'audacia, senz'altro.
Riservo a questa camminata che stiamo mettendo in atto, il compito di sviscerare i particolari del mio piano, e a sua insaputa sorrido, avendo catturato un iniziale principio.
«Si può sapere che cosa ridi? Hai di nuovo quelle rughe di espressione, pur sforzandoti di rimanere serio.»
«Mi hai osservato tanto, Cat, ti consiglio di smetterla di parlare, prima di vederti costretta a rivelare più di quanto vorresti.»
«Ah, ma io parlo quanto voglio, non puoi impedirmelo!»
«Ho notato» commento, continuando ad avanzare verso il termine della strada. Il nostro piccolo paesino è poco distante, e già visibile dal suo cucuzzolo di terra e dalle fortificazioni storiche. Ammetto, inoltre, che è ancora meglio di quanto Stephany e Logan mi hanno descritto.
La bellezza di un luogo quasi del tutto privo di alterazioni è esente da un paragone, e inoltre l'aria sembra essere anche più pura. Ci permette di disintossicarci dallo smog, niente di meglio... nonostante le sigarette non siano dalla mia parte in questa salita.
La nicotina è un pesante fardello, ma che cosa grava sulle spalle di Cat?
Già è senza fiato e chiede una resa, ma non voglio concedergliela.
Avrebbe dovuto risparmiare ossigeno limitando la pungente raffinatezza delle sue battute.
«Un uomo semplice mi avrebbe portata in un'altra città! In un posto abitato da almeno altri centomila abitanti, ma questo pazzo no! Noi preferiamo un luogo mezzo sperduto nell'aperta campagna!» Si lamenta con un tono di voce mediamente basso, rimanendo alle mie spalle con il suo fiato quasi del tutto accorciato, e non vorrei riprenderla ma devo proprio.
«Guarda che ti sento...»
«Meglio! Capito? Meglio! Si può sapere dove corri?»
«Sei tu troppo lenta.»
«Vedi che non ho il tuo stesso passo di marcia. Sei più alto di me di almeno dieci centimetri, è ovvio che hai le gambe più lunghe.»
«Tu non hai caldo con tutti quei vestiti? Puoi lasciarmi qualcosa, se ti va» le dico rivolgendomi a lei, e tendendo le mani affinché possano fungere da attaccapanni.
«Molto spiritoso. Se mi spoglio nuda ti fermi?»
«Perché non ti ho suggerito di farlo prima? In questo modo vedrai che si ferma anche qualche macchina.»
«Sì, con almeno un maniaco a bordo.»
«Ti difenderei sempre, lo sai. Prendiamo a beneficio la tua bellezza e sfruttiamola.»
«E che mi dici della tua? Almeno siamo sicuri che attireresti entrambe le sponde, donne e uomini» bofonchia, ed io non perdo il sorriso, fissando il suo disappunto.
«E questo ti infastidisce?»
«Il dovermi trovare a lottare non solo con il genere femminile ma anche con quello maschile? Un po'!»
«Parlami seriamente, Cat» la supplico, camminando all'indietro in salita mentre lei è piegata in due ma continua a marciare, fissandomi negli occhi senza forze. «Manca poco al centro», la rassicuro, «puoi buttare via un po' di fiato, almeno sarebbe per un fine.»
«Ottieni sempre quello che vuoi, tu, piegando a tuo favore le situazioni.»
«Parlami, Cat.»
«Certo, è ovvio che mi infastidisca ma non ho niente in contrario! Voglio dire.... Cerco solo di capire se in qualche modo posso esserti sufficiente» esala, rivelandomi parte dei suoi misteri, con una dolcezza smascherata dietro questa sorta di costruita durezza.
«Sei anche troppo, per la verità» ammetto, continuando il mio cammino all'inverso, solo per continuare a fissarla. «Allora? Questo spogliarello?» Domando quindi, con un'impazienza che le dimostra quanto realmente lo attenda.
Sgrana gli occhi, e per poco non mi uccide.
«Puoi sognartelo che lo faccia per strada.»
«Nella nostra nuova casa, allora. Eccoci, è oltre quella svolta» e con un dito indico le falde costruite con tegole antiche che decorano la struttura a due piani eretta principalmente in pietra, ma con materiali abbastanza innovativi da mostrare il particolare tocco estetico dei due fidanzatini. Inoltre, nemmeno la vista è tanto male.
Siamo lontani dal centro storico, ma tanto meglio. Non avrei sopportato l'interessamento dei concittadini, o le loro interviste al termine della giornata. La nostra vacanza promette ancora di non essere compromessa, e mi auguro che una simile supplica possa rimanere in piedi anche per i prossimi undici giorni.
Di fronte al grande portone in legno, mi trovo a far fronte a una fila di ricordi, prima del sopraggiungere di un'illuminazione che mi fa chinare verso un grosso vaso in ceramica. Recupero le chiavi e poi permetto a lei per prima di entrare.
L'interno è perfettamente in ordine, preparato apposta per noi alla stregua di un hotel di lusso.
«Però... non è affatto male» commenta Cat, seguendo come sempre la fila dei miei pensieri, e non ne sono affatto stupito. Anzi, sto iniziando ad abituarmici.
«Ti piace anche il posto?»
Annuisce, donandomi sollievo. A differenza di Roma passeremo diversi giorni qui, dunque tanto vale imparare ad abitare questi spazi.
«Quali sono i programmi della giornata? Avevi previsto pure il maltempo? Giuro che se mi dici di voler uscire, attenderò con impazienza il momento in cui cadrai per terra, a causa del pantano. Un acquazzone non sembra essere favorevole a questi luoghi.»
«Che ne dici, invece, di mettere su un po' di pasta e iniziare a disfare le valigie? Rimarremo una settimana, tanto vale abituarsi.»
«Una settimana?» Domanda per conferma, ed io annuisco da dietro il bancone della cucina. «In una casa tutta per noi?» Sollevo appena gli occhi dall'apri bottiglia grazie al quale sto per servire del buon vino rosso, sufficientemente invecchiato. «Ti sei messo in una trappola, Michael.»
«E chi lo sa?» Il tappo in sughero abbandona il collo della bottiglia, con lo schiocco di un bacio, permettendomi di servire lo scarlatto liquore. «Magari potrebbe piacermi. Ecco a te.»
Non si pronuncia ulteriormente sull'argomento, afferrando il calice portole e bevendone un piccolo sorso. Una simile routine potrebbe essere perfetta: io e lei che rientriamo in casa, un buon calice di vino, un intenso scambio di sguardi.
«Che ne penseresti... di accendere il camino?» Chiede a bassa voce, fissandomi con dolcezza al seguito della richiesta.
«Agli inizi di Aprile?»
«Non mi sembra che faccia molto caldo, e poi mi piace veramente molto l'atmosfera che crea.»
«D'accordo, Cat, si può fare. Siediti, me ne occupo io.»
Poso su uno dei mobili il bicchiere e esco fuori nel giardino per poter recuperare alcuni ceppi di legna, nel momento in cui il tempo muta, gridando la sua protesta con un soffio di aria gelida. Rientrando, mi sorprendo di vederla occupare una postazione a terra, proprio di fronte al camino. I piedi vestiti solo da dei calzini leggeri e grigi, i pantaloni a zampa neri, particolarmente stretti sulle gambe, una maglia a maniche lunghe, dall'apparenza leggera, e la testa all'indietro, sporta a vedere il profilo delle travi sul soffitto.
La tenerezza di una simile scena mi destabilizza, come l'espressione che crea il suo viso. Pura, innocente, particolarmente seducente e ancora ignara del mio sguardo, proveniente dalla parte opposta della stanza.
Tento di riprendermi allontanando gli occhi, e così riesco a raggiungerla, compiendo quella serie di mosse che servono per rendere viva la fiamma. Abbandonate le sezioni dei tronchi, particolarmente essiccati, lascio cadere su di loro un piccolo foglio, già contratto in un angolo dal fuoco scaturito dal mio accendino.
Occorre del tempo, particolare attenzione allo squittio delle scintille ma poco dopo riusciamo a sentire sul viso il calore proveniente dal nostro piccolo sole, e insieme rimaniamo immobili a fissare il suo gioco. I bicchieri sono al nostro fianco. Le spalle, invece, risultano essere quasi a contatto e sono tentato di chiudere gli occhi per poter memorizzare questo istante.
La pioggia oltre le finestre, che picchia sui vetri come un disinibito passante a caccia di una dimora per la notte, l'anima del fuoco, il calore, il suo profumo, lei, i suoi capelli, la sua pelle dipinta dall'oro, noi, un momento tanto incredibile da essere inconcepibile vivere.
Sconfitto da tutto questo, mi sdraio di schiena, abbandonando la testa sul parquet che fa da pavimento, e poco dopo la avverto compiere la medesima mossa, ma rimanendo su un fianco. Una sua mano mi sfiora il petto e sono certo che mi stia fissando.
«Va tutto bene?»
La dolcezza con cui lo chiede mi fa sorridere, irrimediabilmente.
«Anche troppo.»
«E io credevo che fossero i tuoi begli occhi a renderti tanto affascinante. Ora invece guarda. Sono chiusi ma rimane comunque il tuo fascino. Sai che cosa ho scoperto?» Dal petto la sua mano si solleva quanto basta per posarsi con un dito sulla mia fronte, e scendere lungo il naso, sulle labbra, giù per il collo. «Mi piace molto il tuo profilo. Lo definirei austero, e a tratti anche spigoloso. Le mascelle sono marcate.»
«Non sarò mai bello quanto te.»
«Che cosa siamo venuti a vedere in questo paese, Michael?»
«Te lo mostro domani. Tra poco preparo la pasta, ma per adesso non ci mette fretta nessuno. Avanti, stenditi qui, appoggiati a me.»
Segue il mio consiglio e posa la testa sul mio petto, inclinandola leggermente così da farmi sentire il tocco delle sue labbra, nonostante la separazione di cotone offerta dalla maglia. Non si è trattato di un bacio, quanto di una specie di carezza mentre annusa il mio odore, con occhi chiusi e sorrisi persi.
Niente di più perfetto.
Ruoto il disco in vinile, facendogli compiere un giro completo tra le dita, prima di inserirlo all'interno del lettore, spostando subito dopo il braccio appuntito che staziona su un lato, e facendo partire la musica.
Raggiungo Cat nella nostra nuova stanza e la trovo con in mano una delle mie magliette, sollevata come uno stendardo di fronte. La valigia aperta ai piedi del letto, le coperte appena sfatte, e la pioggia che ancora ci accompagna.
«Per caso è la casa dei sogni, questa? Hanno anche un giradischi!» Esclama con stupore, rimanendo a sorridermi.
La ricambio, per poi avanzare la mia timida richiesta.
«Mi concede un ballo particolarmente lento, su questa bella musica?»
«Con molto piacere.»
Nessuno dei due si lascia pregare, ben presto siamo persi nelle reciproche braccia e devo dire che effettivamente si muove molto bene. Sembra saperne di danza e di passi mentre io mi diverto solo ad oscillare, e a fissarla divertito dalla sua calma. Con la testa inclinata a tempo, mi segue con gli occhi e si fa più vicina... Incredibilmente seducente. Non le è occorso niente per esserlo. Tento di starle al passo, senza farla sentire sola in questa stretta ma, anzi, rafforzando la presa della mano.
«Sai veramente quali carte giocare, tu. Prima il vino rosso, ora un bel disco di musica classica...» afferma con un tono basso, quasi fosse costretta a vivere gli eventi inerme.
«Faccio il possibile per attirare la tua attenzione, si è notato?»
«Particolarmente bene. Quale sarà il tuo prossimo trucco?»
«Che cosa ti aspetti?»
«Questo letto è particolarmente invitante.»
«Sì. Preannuncio una notte di sogni tranquilli.»
«Perché bramare i sogni quando puoi viverli?»
«Non andremmo a letto insieme, Cat.»
«Credevo di piacerti.»
«Mi piaci.»
«Ma non tanto da eccitarti, non è così?»
«Hai avuto molti uomini, Cat.»
Il suo corpo, a contatto con il mio, si irrigidisce. «E questo che cosa vuol dire?»
«Io non sono nessuno di loro. Non lo sarò mai.»
«E cerchi di metterlo in chiaro, decidendo di non venire a letto con me?»
«Che fine ha fatto la tua reticenza, Caitlin? Dove è sparito il "significhi molto di più, lo sai", che mi hai detto a quel caffè di Roma?»
«Vale ancora, e te ne ho già spiegato il significato.»
«Stai correndo perché hai paura di cosa ti riserva il viaggio, o la sua stessa meta. Non ti permetterò di avere paura di noi. Le tue storie sono state "leggere" fino ad esso, rapide, perché hai sempre temuto di impegnarti.»
«Invece tu vorresti una famiglia felice e un matrimonio?» Beffeggia, per quanto non le abbia mai detto niente di simile.
Riesce a capire come potermi ferire, ma non le consento di vedere nel mio animo. Se solo conoscesse la profondità del mio sentimento scapperebbe lontano, quindi le permetto solo di intravederlo. Tanto le basti.
«Non mi strapperai come un cerotto, Cat. La notte che passeremo insieme sarà solo nostra, e tu non potrai fuggire da noi, perché avremmo vinto, entrambi, avremmo ottenuto tutto.»
«Sei pazzo se credi che sia possibile un piano del genere. Non lo permetterò.»
Dolcemente, e al tempo stesso con malizia, le rivolgo un sorriso a lei completamente dedicato, prima di farla sdraiare sul letto di schiena, mettendomi poi sopra di lei.
«Questa è una sfida, piccola gatta?» Chiedo sul suo viso, respirando la sua stessa aria, e vengo imprigionato da quegli occhi chiari.
«Fatti sotto, attore complottista. Ti ho già dove ti volevo» afferma, lanciando uno sguardo alla collisione dei nostri corpi, quindi a come premo su di lei.
Divertito, non posso che darle ragione, ma c'è ancora una piccolo passaggio che manca: questi vestiti non mi scivoleranno di dosso, prima di averla sentita dichiarare un infinito amore.
Avrò tutto, anche se mi occorrerà tempo. Farò i conti con il suo passato e allora, solo allora, potrò dedicarmi a lei come merita.
«Chi ti dice che non avrei voluto esserci anche io? Sai, la scorsa notte mi è piaciuto molto. Se arriverai a supplicarmi magari posso darti il seguito, può essere affascinante.»
«Mi darai tutto, Michael, senza che io te lo chieda.»
«Abbiamo una scommessa in atto, allora.»
«Eccome se l'abbiamo, eccome...» commenta, passando entrambe le mani sulla mia schiena per attirarmi più vicino, e un brivido serpeggia sotto lo strato di stoffa, correndomi lungo l'epidermide.
«Allora per il momento è il caso di metterla da parte, e concentrarci su un problema ben più grave», pronuncio la frase sulle sue labbra, vedendole aprire leggermente le proprie, attraendomi verso un contatto più spinto. Non me lo domanda, ma nei suoi occhi regna, come richiesta, una spiegazione, e senza allontanarmi sono in grado di dargliela.
«Non abbiamo la pasta. Il frigo è vuoto, dobbiamo uscire a fare la spesa.»
La musica, in sottofondo, continua a danzare nell'aria ma non c'è suono più bello della sua risata, quando ci raggiunge alcuni istanti dopo. Con la testa si sporge all'indietro leggermente, quasi a volermi nascondere la sua ironia, eppure riesco a cogliere la bellezza di una simile scena e continuo a sorridere, fissandola in viso. Devo conoscere i suoi segreti, ma forse non occorre troppo per affrontarli. Siamo già innamorati e tanto basta. Questa risata sincera, la luce all'interno dei suoi occhi... mi basta.
Gli alti scaffali con i generi alimentari quasi toccano il soffitto, raggiungendo il telaio in cartongesso decorato da piastre bianche e da auto parlanti dai quali filtra musica commerciale.
Il ritmo di adesso conduce verso una sorta di abitudinaria allegria, la stessa che scaturisce dalla presenza di Caitlin, che tranquillamente cammina al mio fianco lasciandomi il compito di spingere il carrello.
Si è fatta carico delle decisioni e quindi della differenziazione dei prodotti, tramite rapporti con gusto, prezzo e marca. Forse è un'abitudinaria. Non le piace cambiare il genere delle cose che prova o acquista, e non ho esitato a infastidirla non appena l'ho notato.
Sembra possedere un certo rigore, e una fermezza che purtroppo sgarra alla vista dei cibi spazzatura, adatti ai gusti dei bambini. La cioccolata fondente, a suo avviso, non può mancare in una casa, e nemmeno i biscotti, una scorta considerevole di gelati vari, le patatine in busta e anche, anche, qualche bevanda piena di coloranti e zuccheri, come la Coca Cola.
Dove li nasconde i chili in più derivanti da questa dieta, posso sapere? Anche da vicino rimane magra come un chiodo, eccezione fatta per le curve del seno e dei fianchi, quindi il trucco, forse, è nel non rimanere mai ferma. Mi piace che possa essere esaltata per un'azione così semplice come fare la spesa insieme, mi piace scherzare con lei... ma non mi piacciono affatto le occhiate che le lancia il giovane macellaio, e glielo faccio notare.
«Forse lui mi porterebbe a letto questa sera... aspetta che glielo vado a chiedere» mi dice, voltandomi la schiena e incamminandosi, ma io la fermo per un braccio e la riporto a me, senza poter essere indifferente alla sua follia.
«Se parli più forte magari ti sentono anche le cinquantenni sul fondo della corsia, stai dando spettacolo.»
Sto respirando sul suo viso, e già sono ebbro.
«L'unico attore qui sei tu, e anche dei più narcisisti.»
«Vero. Ma non ci metto niente ad assegnarti il ruolo di prima donna, quindi vedi di stare buona.»
«Patetico detto da te, lo sai?»
«Perché dici questo?»
«Credevo fossi un grande amatore, e invece mi sono scontrata con la calotta di un iceberg.»
Mi mordo un labbro, divertito, prima di tornare a parlarle. «Sai già il motivo per cui lo faccio.»
«Beh, mi sembra ridicolo.»
«Ridicolo sarebbe vederti scappare, dopo che saremo andati a letto insieme. Dimmi, non lo faresti?»
«Non lo farei» afferma con il mento sollevato, ma mente e lo capisco bene. Sospiro pesantemente, cercando il modo per non dargliela vinta.
«A quanto pare devo darti dei motivi per convincerti a restare. Giuro che mi confondi. Alla bocca della verità sembravi avermi giurato amore eterno mentre ora quasi ritrai la mano. E non dire che non è così, perché me ne accorgo. Per caso soffri di bipolarismo? Mi sono messo con una matta?»
«Non stiamo insieme, e che ero matta già lo sapevi.»
«Giuro, mai avrei pensato così tanto.»
«Ma sentilo, solo perché dico di voler venire a letto con te.»
«Ci sminuiresti, Cat, e io non voglio permetterti di farlo» e mentre lo dico due vecchie signore ci passano accanto, osservandoci con confusione e disgusto, quasi non fosse consono parlare così apertamente della sessualità.
Bacerei Cat in piena bocca, proprio di fronte a loro, se non stessi cercando di conficcarle in testa come chiodi concetti che tentano di mantenersi da soli in piedi.
Che cosa crede, che per me sia facile resistere a quei fianchi? Per non parlare del seno che vorrei tornare ad afferrarle a piene mani, ma non voglio una semplice scopata. Ecco tutto, che le rimanga in testa forte e chiaro.
«Sei tu quello matto, questo è» commenta, voltandosi ma senza incamminarsi verso il macellaio, e non mi vede mentre le sorrido e tento di non divorarla troppo con gli occhi.
«Sì, forse è vero.»
La osservo mentre recupera dallo scaffale un'altra stecca di cioccolata svogliatamente, lasciandola cadere nel piccolo carrello a mano che pendola come una borsa dal suo avambraccio. Forse tenta di compensare la mancanza d'amore con le endorfine fornite dal cacao. Quasi mi viene da ridere. Potrei soffocarla d'amore ed evitarle una spesa inutile.
Ma visto il difficile momento sono costretto ad allontanare lo sguardo, ed ecco che finisco ad osservare una macchina parcheggiata per strada. Sembra un modello conosciuto, anche il colore abbinato e la targa... poi noto il portachiavi appeso al retrovisore e quasi non posso crederci.
«Non è possibile» dico con un mezzo sorriso. Credevo fossero fuori città mentre invece... Non ho il tempo di completare il pensiero che Stephany mi si manifesta davanti, anche lei immensamente sorpresa e con Logan alle spalle.
Rimaniamo per alcuni istanti immobili, divertiti da una simile coincidenza, poi è lei per prima a parlare.
«Michael! Ma che sorpresa, ti aspettavamo tra un paio di giorni!»
Con la coda dell'occhio, vedo Caitlin alzare la testa di scatto nell'udire questa voce femminile tanto suadente e amichevole. Devono essere trascorsi circa quattro anni.
«Logan, Steph... sono felice di vedervi» affermo con entusiasmo, apprezzando quanto il tempo non abbia modificato il loro sguardo.
«Allora la bella ragazza di cui ci hai raccontato? Dove la nascondi, l'hai intrappolata nella nostra casa?» Domanda sfacciato Logan, ricevendo un colpo con il gomito da parte di lei.
«Logan, vuoi essere meno diretto? Non lo vediamo da anni!» Sussurra risentita, ma a lui non importa perché è sempre stato così tra di noi.
«Credevo foste fuori città.»
«Il mal tempo ci ha rinviato i voli. Lo sai come funziona, no? Temporali e ali di aeroplano non vanno d'accordo.»
Quasi riesco a sentire Caitlin deglutire, ed è un pensiero che mi spinge a voltarmi verso di lei e tenderle la mano.
«Lasciate che ve la presenti», dico, mentre la vedo incamminarsi fino a raggiungermi. La rassicuro con uno sguardo, e la sua sfacciataggine muta in quieta riappacificazione, vista la curiosità che rivolge verso i nostri ospiti. «Cat, questi sono i due amici che ci hanno concesso la casa, Stephany e Logan, stanno insieme. Ragazzi, lei è Katrina.»
«Molto piacere, Katrina. Dove ti ha scovata Michael? Probabilmente passi tutto il tempo rinchiusa in qualche soffitta, vista la sua gelosia» punge subito Logan con la sua lama più affilata, ed io inclino la testa in un muto rimprovero.
«Sei sempre pronto a metterlo a suo agio, non è vero?» Gli chiede a voce bassa la sua donna, quasi non potessimo sentirli.
«Che cosa posso dire? Lo detesto.»
La risposta manda in confusione Cat, che forse si interroga sul confine tra finzione e realtà ma direi che anche per noi, immersi dentro questa faccenda, è difficile da dire.
Opto per la scelta più logica da esporre in simili casi.
«Cosa ne pensate di venire a cena nella vostra casa? Almeno un pasto ve lo dobbiamo», propongo, stringendo un braccio intorno a Cat per averla più vicina e rassicurarla.
Chissà... magari la presenza dei miei amici mi impedirà di saltarle addosso stanotte e perdere il primo round della mia battaglia.
«Sì può fare. Facciamo per le otto da te?»
«Mi sembra perfetto» rispondo a Logan, ricevendo un ulteriore segno d'assenso.
«D'accordo, allora ci rivediamo stasera, così parliamo meglio di tutto. Sono molto felice di conoscerti, Katrina» le si rivolge Steph con sorriso gentile, e la rossa al mio fianco non esita a ricambiarlo.
«Anche io, ci vediamo stasera.»
«A stasera!»
Rimasti soli, mi rivolgo a Cat che ha abbandonato il cipiglio di un sorriso e ora quasi mi fissa con astio.
«Sei diabolico» dice solo, e dopo averlo sentito la disarmo del piccolo carrello, afferrando il manico.
«Mi faccio io carico della spesa, adesso. Non possiamo certo servire cioccolata come piatto principale» la beffeggio, per poi lasciarmela alle spalle mentre la sento ancora, a bassa voce, protestare.
La pentola sul fuoco emana un profumo delizioso che sembra essersi diramato per tutta la casa. Visto il grembiule che ho appeso al collo e stretto in vita, si può dire che sia a capo di tutto quello che avviene in cucina, ma mi è impossibile dirottare la sua attenzione in modo tale che non mi distragga o perfori la schiena con la sola forza degli occhi.
Seduta a gambe incrociate sull'isola della cucina, non si fa scrupolo nell'osservarmi.
Potrei piacerle in questa veste di esperto ai fornelli ma preferisce infastidirmi, ostacolandomi il passaggio con le sue belle gambe tese ogni qualvolta le dovevo passare dinanzi.
Ancora coperti dal tessuto dei pantaloni, però, niente passo avanti per la sua perdita di controllo quindi tentativo inefficace.
Se solo riuscisse a spogliarsi letteralmente della sua armatura, allora mi avrebbe molto più per sé ma che non ci provi adesso o mi distrarrei troppo. Voglio che sia tutto perfetto, per i nostri nuovi ospiti.
«Chi sono?» Domanda a un certo punto mentre le vedo dondolare i piedi nel vuoto.
«Dei vecchi amici.»
«Credevo che fosse Jeremy il tuo unico amico.»
«Non mi avrai considerato così solitario, non è vero?»
«Perché non dovrei farlo? Scommetto che nemmeno questa allegra coppia ti conosce tanto bene quanto crede» commenta, addentando quello che sembra essere del buonissimo formaggio appena tagliato, e destinato all'antipasto.
Sorrido, girando con un piccolo mestolo in legno la salsa, e vedendo bolle di sugo scoppiettare contro l'olio contenuto dall'acciaio.
«Sei tu quella che mi conosce meglio di tutti, nessun altro.»
«Che impareggiabile fortuna.»
«L'hai voluta solo tu. Tieni, assaggia.»
Mi volto verso di lei tenendo sollevato il mio fedele cucchiaio in legno, dentro il quale è contenuta una piccola porzione della mia magia. Dopo alcune reticenze decide di chinare la testa e posarvi la sorgenza delle labbra, beneficiando di un'anteprima.
«Allora?»
«Aspro, proprio come te.»
«Deve esserlo, ma giusto un poco. Altrimenti provoca fastidio.»
«Puoi scommetterci che lo provoca.»
Schiocco la lingua contro il palato, e immerso nella felicità incrocio le braccia al petto, fronteggiandola e potendola fissare dritto negli occhi, vista la differenza di altezza delle nostre posizioni.
«Per caso è una frecciatina, quella che mi stai tirando? Vuoi dirmi qualcosa, Cat?»
«Da quanto tempo stanno insieme, Stephany e Logan?»
«Molti anni, perché?»
Si stringe nelle spalle e guarda verso il basso, quasi a volersi difendere. «Lei... Stephany, ti osserva in un modo... particolare.»
Dunque è questo il sesto senso femminile. Era riuscita a individuare Emily, e ora anche Steph.
«La storia della nostra amicizia è un po' complessa. Posso? Ti sei sporcata con la salsa...»
Non aspetto una conferma e mi chino su di lei, lasciandole un bacio che si conclude in un morso. In pratica le ho reso il bacio alla stazione usando il suo stesso imbroglio.
Più accurato, stavolta, essendo in grado di nascondere delle verità.
«Aiutami ad apparecchiare, saranno qui tra poco» le chiedo, così da poter avere una distrazione dalla sua bocca.
Ci muoviamo in sincrono, ben consapevoli l'uno della presenza dell'altro, e presto riusciamo ad avere tutto pronto, persino diversi minuti prima del suono del campanello.
Quando arrivo ad aprire trovo entrambi sulla porta, ed è Steph a detenere, come un trofeo, la bottiglia di questo buon vino in mano.
«Ecco qui il tuo preferito, un Pauillac Chateau, direttamente sulla tua tavola.»
Sgrano gli occhi a questa notizia, e tendo le mani stupito.
«Siete diventati matti, per caso?» Una bottiglia simile può arrivare a costare fino a duemila dollari. Devono aver ingerito anche il buon senso, o aver iniziato a far girare buoni soldi con le rispettive attività.
«Non montarti la testa, non è sufficientemente invecchiato ma non potevamo aspettare. Lo abbiamo portato via dal nostro ultimo viaggio in Francia» si fa premura di riferirmi Logan, mettendomi in guardia sulla prestigiosità del regalo.
«Un dono prezioso, Logan, come al solito. Prego, entrate, è tutto pronto.»
Quasi in sincrono, oltrepassano l'ingresso e si muovono sicuri nella loro seconda casa ufficialmente inaugurata, trovando Caitlin prima ancora del tavolo riservato alla cena.
«Ciao di nuovo, Katrina.»
«Salve, Stephany.»
«C'è bisogno di aiuto là dietro? Ti aiuto a ultimare qualcosa? Siamo sopraggiunti in anticipo, scusaci, è una vecchia abitudine.»
«Per la verità non devi chiedere a me. Ha organizzato tutto Michael, se ne è occupato lui.»
A una tale riflessione, Steph volge la testa verso di me, e sorride con ironia. «Ma certo, tipico di Michael.»
«Che dite allora, stappiamo questo buon vino?» Interrompo una simile riflessione, ricevendo il consenso di Logan.
«Ti aiuto a portare i primi piatti» mi sussurra Cat passandomi accanto, ed io acconsento con un cenno del capo che non può vedere, ignorandomi a testa china.
Poco dopo ci troviamo tutti e quattro a tavola. Cat al mio fianco, Stephany di fronte. Logan con lo sguardo sollevato ad osservare l'intorno.
«Giuro che non lo ricordavo tanto bello questo posto, è stato un ottimo acquisto, non credi, Logan?» Domanda la sua ragazza per poter attirare la sau attenzione.
«Sì tesoro, il vecchio salice è stato particolarmente generoso.»
Immagino si riferisca al vecchio signore che ha lasciato in eredità la casa.
«Quanto ti piace fare il burlone, ma attento che l'ironia è una cosa seria... non lo pensi anche tu, Katrina?»
«Vero, ed è guidata dall'intelligenza.»
«Che cosa potete raccontarci di voi due? Come vi siete conosciuti?»
«Vai subito alle domande personali, Stefo» constata Logan, posando un braccio sullo schienale della sua sedia.
Il primo piatto è stato servito e già consumato, ed in effetti non mi aspettavo che l'arrivo di una simile domanda.
«Mi ha trascinato via da una biblioteca, facendo un gran baccano» riferisco io, e la intravedo sorridere con la coda dell'occhio.
«Era ora che qualcuno ti staccasse dai libri. Dimmi, ti sei laureato?»
«Sì, Logan, da poco. In realtà questo viaggio è conseguente all'evento. Abbiamo deciso di fare una sorta di vacanza, insieme.»
«Voi invece come vi siete conosciuti?» Chiede nello specifico Cat, aguzzando lo sguardo come un predatore che parte alla scoperta.
«Indovina» riapre una sfida delle sue Logan. Alquanto snervanti, con il passare del tempo.
«Tramite il teatro?»
«Fai ancora teatro?»
«Sì, ho continuato a recitare» confesso, e sono sorpreso del loro stupore. Forse lo ritenevano un semplice passatempo.
«Non è stata la recitazione, Galeotto, ma un concerto» confessa Stephany, prima che possa farlo il suo uomo, e vedo Cat sgranare gli occhi.
«Michael a un concerto?»
«Mi avevano costretto» ammetto, con lo spiacevole ricordo di quell'insopportabile calca radunata come macchine in un parcheggio a cielo aperto, nella svendita offerta dai saldi, il sudore e il caldo ancestrale di fine Luglio.
«Eravamo con altri amici e ancora non ci conoscevamo. Lui era venuto con Jeremy e altri quattro ragazzi. Conosci Jeremy?»
«Lo conosco.»
«Tipo allegro, ma insopportabile, specie quando è triste.»
Bevo un sorso di vino, pensando a quanto questa cena sia sfortunatamente paragonabile a quella avuta con il soggetto chiamato in causa, la cara Emilu ed il dolce Ben.
Mi auguro che questa, di conclusione, possa essere più gradita ma non è detto con Caitlin: è troppo furba, e potrebbe non digerire bene alcune nozioni venutesi a sapere.
«Quindi avete iniziato a conoscervi in attesa dello spettacolo?» La sento continuare a investigare, e vorrei morderle, con un sorriso, quelle labbra tanto impudiche.
Ohh! Potessi io avanzare simili interviste ai soggetti del suo passato. Specie a quel... come aveva detto che si chiamava? Daighre, il ragazzo dell'Irlanda. Risolverei molti dei numerosi misteri, magari nel corso di una semplice serata ma sembra detenere lei il potere di sconvolgermi la vita, e rivelare i miei più nascosti altari.
«Non guardare me! Non si è affatto avvicinato a me per primo!» Afferma Logan sollevando entrambe le mani, e vedo le pupille di Cat muoversi in direzione di Stephany, con una lentezza che sconvolgerebbe una pellicola piena di suspense.
La vittima si dichiara vinta, e inclina la testa al peso dei ricordi.
«Mh, sì, è così. Facemmo amicizia fin da subito.»
«Io già la conoscevo, era nel gruppo della mia compagnia, le correvo dietro da una vita.»
«Mai una volta che tu ti sia pronunciato da solo, Logan.»
«Credevo fosse scontato dirlo. Se ne erano accorti tutti, a eccezione tua. E forse sua.»
«Siete stati insieme?» Sussurra la voce di Cat, e intravedo la fragilità dietro la sua voce così riarsa. Steph però sembra non farci caso, conquistata forse dalla prima impressione che si può avere della mia gatta: il ritratto di una donna forte, sicura di sé.
La verità è che la sua vita si può paragonare alla corda di un arco: è tesa, elegante, affilata, eppure morbida, dolce, mentre si scontra con la presa dell'arciere. Provo l'impulso di abbracciarla, ma è probabile che non me lo permetterebbe. Che cosa farei se fossi al suo posto? Forse mi sarei già alzato e avrei abbandonato la tavola, ma non dovrebbe farlo perché sono stati interrotti tutti i rapporti. In piedi, è rimasta solo una semplice e autentica amicizia, che non può far a meno di sorridere a un passato che appare tanto distante.
Stephany mi guarda, e così fa Logan nel vestire il suo, mai abbandonabile, risentimento. Assurdo il residuo del suo rancore, ma ognuno di noi ha i propri difetti, impossibili da celare persino sotto una spessa maschera di anni.
«Sì, ma è stata una storia molto breve, siamo usciti solo qualche volta» confessa, e quasi vorrei che non lo avesse fatto. Lui invece sembra esserne fiero, perché in qualche modo ha trovato un nuovo alleato: Cat adesso, sfrenata ragazza priva di scrupoli, non lo dimostra ma sembra risentita di una simile scoperta.
«Che ne dite di passare alla portata successiva? Ho intravisto un dolce, mi sbaglio per caso?» Continua a chiedere Steph, interrompendo l'atmosfera creata. Mi alzo per primo, andando a recuperarlo.
Il tempo scorre, le ore passano ed oltre i vetri delle finestre fa capolino la notte. Il tavolo, ormai decorato da sole tazze da caffè, incornicia i nostri saluti, e ci vede sollevarci, per incamminarci tutti quanti insieme in direzione della porta.
Riusciamo a congedarci con l'augurio di vederci presto, e subito dopo tutto risulta in discesa.
Chiudo l'ingresso nel completo silenzio, e di comune accordo decido di seguirla verso camera.
Quasi in sincrono, riusciamo a cambiarci in stanze differenti: Cat occupa il bagno dentro il quale si chiude rivelando al riflesso dello specchio, davanti al quale staziono, lo sciopero di parole al quale ci condanna. Poi la vedo uscire, nella stessa sottoveste che ha indossato a Roma e che attira il mio sguardo, e troppo presto si rifugia sotto il piumone, costringendomi così a fare lo stesso.
Tolgo l'orologio e lo ripongo sul comodino a lato, spengo la luce... e a bocca serrata, ancora senza interrompere la tensione di questo attimo, rimango steso di schiena ad osservare il soffitto.
Lei è sdraiata su di un lato e mi volta le spalle. Quasi non la sento nemmeno pronunciare, qualche minuto dopo, la fila di parole che scaturisce dalla sua bocca come uno spruzzo di veleno, ma devo ringraziare la totale assenza di suoni per essere riuscito a carpirle.
«Quindi anche la cara Stephany è venuta a letto con te. Fantastico. Veramente fantastico.»
Non posso farci niente, non posso... inevitabilmente sorrido, senza emettere un solo fiato, e mi volto anche io su un fianco, in modo che le nostre schiene siano una di fronte all'altra. Solitamente non dormo così, ma per stanotte mi vedo costretto... perché la sua voce tradisce un fastidio che è miele per le mie orecchie, e la camicia da notte, con la quale ho già fatto conoscenza, so essere una vera tentazione per le mie mani.
Devo necessariamente non vederla per riuscire così a non baciarla. In questo modo, ai confini della notte, schierato dal lato opposto della sua battaglia mi limito semplicemente, e inequivocabilmente, a compiere un piccolo gesto. Senza forze, sono costretto ad amarla.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top