17- Roma nun fa la stupida stasera
Non esiste altro suono che il rumore della radio di Cesare, e la pesantezza della testa di Cat premuta contro la mia spalla.
Le luci della città, fuori da questo finestrino, si fanno veloci lampioni di strade antiche e piene di racconti, come si mostra essere questa canzone, che ci accompagna lungo la tratta.
Roma nun fa' la stupida stasera
Damme 'na mano a faje di' de si
'Sceji tutte le stelle piu' brillarelle
Che puoi e un friccico de luna
Tutta pe' noi
Incalzato dal ritmo, il mio cuore danza giocoso nel suo mondo ricco di sogni, circondato dal profumo al gelsomino di lei e qualche altro piccolo capriccio che non vuole certo abbandonare, mentre la luna rischiara il cielo e lo macchia di un candore che toglie il fiato.
Non sono certo che Cat dorma, ma ha chiuso gli occhi e riposa felicemente abbandonata su di me.
La hall dell'albergo cattura la nostra attenzione, mostrandosi nella parallela della strada che stiamo percorrendo, e che la macchina non può raggiungere per divieto di accesso. È il momento del congedo, quindi. Cesare è stato un gentile ospite ma dobbiamo dirgli addio.
Anche nella cifra richiesta si dimostra un amico sincero e modesto, e io mi auguro di ritrovarlo nuovamente, nella giornata di domani, perché inevitabilmente posso dire di essermi affezionato ai suoi modi burberi quanto dolci.
Mi sto davvero rammollendo.
A voler bene a molte persone potrei finire per non fare una bella fine, e per ora in questo circolo mediamente ristretto sono presenti Cat, Miranda e Pip, oltre ad Isaac. Un numero abbastanza grande da poter essere riunito intorno a un tavolo, se solo venisse quella malsana idea.
Ad ogni modo spero che non capiti tanto presto, perché non amo mostrarmi amichevole o pieno d'affetto, a eccezione che con Cat, insieme alla quale mi sto lasciando andare del tutto, mentre non esito a porgerle nuovamente la mano, come ho fatto per tutto il giorno, in modo che l'afferri e non mi lasci andare.
Credo che sia lo stesso gesto, capace di dire, senza le parole, "io ci sono, sono qui", ed ho veramente bisogno che non se ne vada.
Ma Cat in una giornata come questa ha confessato veramente molto, e per la verità non avrei bisogno di ulteriori dimostrazioni da parte sua.
Mi piace semplicemente tenerle la mano, rimanere a contatto, ancora più vicini.
Niente di meglio per scacciare la solitudine.
Con la calma che solo la notte può offrire, raggiungiamo lentamente il grande portone in legno della hall, rimanendo distanti ancora una fila di passi, dal momento che l'attenzione di Cat si è spostata verso i tavoli esterni di un ristorante della via.
Effettivamente non abbiamo mangiato. Pensavo di cambiarmi e tornare giù, per essere più freschi e riposati dopo una giornata passata a camminare, ma dovrebbe dirmelo lei. Non avrei molta voglia di cenare. La stanza al piano di sopra è molto più attraente, con tutti i lussi che comporta.
Potremmo unire le due cose però, oppure ritardare. Alla fine la chiave del piacere è l'attesa, si dice così no?
«Hai fame?»
«Non molta», confessa, tenendo gli occhi ancora fissi sulla strada. «In realtà avrei puntato solo una gelateria, proprio laggiù all'angolo» e con un dito me la indica, sorpassando il campo visivo occupato dai tavolini esterni.
Identificato il chiarore della bianca luce a neon, all'interno di quel locale verniciato di bianco ma pieno di scritte colorate, scendo a patti con quella specie di richiesta infantile, ma senza dubbio allettante.
È una vita che non entro in una gelateria. Da piccolo mi capitava di poter spendere pochi soldi, e quelle monete venivano concretizzate, come una specie di guadagno, dal duro impasto di un cono gelato, e da un quantitativo smisurato di panna che il gelaterie metteva abbondante apposta, perché sapeva che mangiavo poco.
Non mi dispiacerebbe abitare nuovamente quei ricordi, o meglio ancora trascriverli con lei perché toglie l'amarezza, molto più di quanto possa farlo la panna.
«D'accordo allora, andiamo a prendere questo gelato.»
Faccio strada, sentendola distante appena di due passi che portano le nostre braccia a stendersi, valorizzando l'unione che ancora tiene congiunte le mani. Dandole la schiena, inoltre, avverto anche i suoi occhi addosso, e devo dire che non mi dispiacciono.
«Che gusti preferisci?»
«Pistacchio e crema» mi confessa, ricordandomi quella stessa richiesta che aveva avanzato il giorno in cui era venuta a casa mia, a seguito della morte di mia madre, ed io spalanco gli occhi di fronte alla sua decisione immediata.
«Sei una professionista.»
«La pratica permette a tutti di migliorare, con il tempo» si limita a prendermi in giro, ma non mi importa, lascio correre, arrivando fino alla commessa e ordinando i suoi gusti più i miei, panna e cioccolato bianco.
«Nessuno mette la panna con il cioccolato bianco» bofonchia al mio fianco la piccola strega, ed io mi mordo un labbro per non ridere.
Poi, la domanda fatidica già emessa in inglese.
«Volete due porzioni o portate via in una vaschetta?»
Con attenzione, mi rivolgo verso Cat per sapere la sua decisione, e non mi delude, sceglie la più giusta.
«Portiamo via, grazie» le risponde, per poi abbassare gli occhi di fronte ai miei. «Beh, se dobbiamo peccare allora facciamolo bene» aggiunge solo, con un tono di voce piuttosto basso, ma io riesco a sentirla.
«Queste sì che sono parole sante» sussurro nel suo orecchio, chinandomi su di lei, per poi morderle lentamente il lobo privo di pendenti e sentirla rabbrividire.
Il gelato potrebbe servire a calmare i nostri bollenti spiriti, e chissà, magari può essere divertente.
Ne ho quasi la completa certezza quando vedo Cat tendere la mano destra che leggermente trema, per porgere i soldi e afferrare la confezione. Glielo lascio fare, e quasi prego che ci sia il resto per poter constatare quanto il tremore persista.
«La ringrazio molto» ci congeda, stringendo con una presa più forte il contenitore in polistirolo.
«Si figuri, grazie a voi!»
«Tutto bene?» Le chiedo quindi, una volta tornati all'esterno, e la piccola gatta mi lancia una veloce occhiata prima di sbuffare.
«Oh, avanti, finiscila!»
Nemmeno si preoccupa di star salendo le scale dell'albergo di fronte a me, mostrandomi il suo fantastico fondo schiena, vista la sua palese confusione, ed io mi godo la vista mentre mi chiedo quanto può essere romantica una donna che rabbrividisce ancora, dopo un contatto tanto semplice.
Devo annotarmeli, la sua sensibilità e i suoi punti erogeni, perché ormai è inutile trascrivere la sfrontatezza verso la quale viene condotta in una barca trainata dalla sua confusione, dolcissimo nettare.
C'è da dire, inoltre, che questa gonna, fastidiosamente lunga, aderisce ai suoi fianchi e al sedere come una seconda pelle. La sto seriamente rivalutando.
«Hai tu le chiavi della stanza?» Chiede quindi, una volta raggiunto il penultimo pianerottolo, che mostra ancora una rampa di piacevoli scale.
«No, sono nella tua borsa», e per non partire svantaggiata nei confronti della serratura dà il via alla ricerca, introducendo prima una mano, poi due, dentro la sacca di stoffa bianca.
Riesce a far tintinnare il mazzo, offerto dal bancone al piano di sotto dell'accoglienza, prima del nostro traguardo, ed ecco che si procura di aprire con calma e una sola mano, mentre io rimango alle sue spalle a fissarla. A tentoni, cerca poi l'interruttore della stanza, dopo essere stata catturata per alcuni momenti dal buio.
Una luce insolitamente calda ci accoglie, e proviene unicamente dalle piccole lampade al fianco del letto, e affisse in bella vista vicino alla testiera.
Un simile puntatore cattura anche i suoi occhi che si legano al materasso, mentre io mi appoggio con la schiena alla porta e finisco per chiuderla.
Il suono dello scatto la riporta a me, spingendola a voltarsi nella mia direzione, con ancora quella vaschetta di gelato sfuso in mano.
«È stata una giornata molto bella» affermo, per avere una conferma da lei, ed ecco che la vedo sorridere, sincera e rilassata.
«Sì, è stata molto bella.»
«Ce ne aspettano tante altre. Abbiamo il tempo di due settimane.»
«Sembra un'infinità, visto il nostro distaccamento dal mondo.»
Avanzo lentamente, arrivando a un respiro dal suo viso. «E ti dispiace?»
«Affatto.»
«Il gelato si scioglie.»
«Posso metterlo nel mini frigo.»
«Allora che ne dici di una doccia?»
Sposta gli occhi saettandoli veloci sul mio torace, mentre io le tolgo dalle mani la vaschetta e la appoggio su un tavolo. «Insieme?»
Decido di metterla alla prova, mostrandomi disinvolto come sono. «Fa differenza? Scommetto che non ci sarebbe niente di nuovo, ma se vuoi vedere, prima...»
Avanzo verso il letto, costringendola ad arretrare, e poi stendersi appoggiando prima i gomiti mentre la sovrasto, dirigendomi poi in direzione della sua bocca, respirando il suo fiato.
«Anche in quel caso però, ancora una volta, non ci sarebbero novità. Mi hai già visto mezzo nudo, dovremmo passare allo stadio successivo.»
Troppo tentato da quelle labbra che potrebbero comandarmi, devio la mia attenzione verso il suo collo, smarrendomi nel profumo intrappolato tra i suoi capelli, e divengo tossico di un'essenza che prima nemmeno conoscevo.
«E tu non vuoi niente per te? Non vuoi vedere?»
Scopro i denti nel mio sorriso, e arrivo a contatto con la sua pelle, cosa che la fa tremare nonostante la sicurezza emessa.
«Lo voglio eccome, Cat, più di ogni altra cosa, ma tu? Per te è lo stesso?»
Non percependo l'arrivo di una sua risposta sollevo la testa, e la scopro ancora decisa su una frase nemmeno emessa, ma forse pensata.
«Cat... verresti sul serio in doccia con me?»
«Se si tratta solo di una doccia allora sì, verrei.»
Per poco non scoppio a ridere, ma è solo una reazione data dalla felicità. Fortunatamente mi contengo, perché non vorrei mai ferirla.
«Credi che non abbia notato quanto poco ti scopri? Non hai abiti privi di forma, ma non lasci mai un pezzo di pelle fuori. Immagino che non sia causale. E vorresti entrare in doccia con me? Lo sai che si fa da nudi, sì?»
Forse colpita dalla mia intervista troppo schietta, tenta di non fissarmi direttamente, spostando l'attenzione verso qualcosa di sicuramente più attrattivo, alla sua destra, ma non è importante il suo sguardo, basta che mi parli. Vorrei mordere il rossore delle sue guance, e trascinare la presa dei miei denti ancora più giù, arrivando fino al seno.
Non posso non confessare quanto questi discorsi, e le immagini che già mi sono formato in testa, mi abbiano condotto a uno stato di eccitazione, niente affatto indifferente.
«Non so se riuscirei a farlo sul serio, ma quando mi copro per uscire lo faccio per non attirare troppi sguardi. Non mi piace che mi si veda, e se accade è volontario, ma tento sempre di non generare inutile malizia, perché non mi aggrada. Ma forse con te può essere diverso.»
Cullato dalla dolcezza di queste frasi, sorrido mentre ancora troneggio su di lei, e cerco di essere il più sensibile e comprensivo possibile, quando torno a parlarle.
«Sei proprio una sciocca... credi di non far nascere malizia? Non importa quanto ti scopri, la forma del tuo corpo si vede lo stesso, e ha catturato per parecchio il mio sguardo.»
Privata delle certezze che la consideravano al sicuro, Cat è portata a spalancare le palpebre e tornare a me, con una speranza che mi supplica di mostrare pietà. Ma l'amore non conosce bandiera bianca per cui sono privo di pudore quando torno a lei, e riprendo a parlare.
«È ovvio che voglia vederti nuda, ma oggi abbiamo avuto anche troppo, e nonostante quello che dici non sono così sicuro che tu possa entrare in quella doccia priva di esitazione, quindi andrò da solo.»
E detto questo mi sollevo, facendo passare la maglia oltre la testa e attirando i suoi occhi che, proprio come il giorno del ritratto, seguono il profilo del mio corpo già scolpito nella memoria, scivolando lungo gli addominali e soffermandocisi.
«Vuoi andare prima tu?»
Con lentezza scuote il capo da un lato all'altro, mostrandomi un indeciso no, ma tanto basta.
«Bene, allora vado io» commento, iniziando a sbottonare la cintura sotto la sua attenzione, fino ad abbassare a terra i pantaloni, scalciandoli via con un piede e rimanendo in neri boxer.
«Mangia il gelato, si scioglie. Presto ti raggiungo» emetto con un tono estremamente seducente che la porta a deglutire e tacere, con mia enorme approvazione.
Quindi, secondo quanto promesso, sono costretto a sparire nel bagno e cercare rifugio in una doccia spaziosa, che sarebbe stata perfetta per accogliere noi due.
Sono quasi tentato di non chiudere la porta ma poi, con un mezzo sorriso, riesco a farlo. Dopo rimango come uno scemo a fissare il vuoto, perdendomi nell'eco delle sue parole.
Se solo avessi taciuto, ora lei sarebbe nuda con me in doccia. Alle volte mi domando quanto possa essere scemo a dimostrami galante, anche se in questo caso si tratta di pura e semplice seduzione.
Sembra quasi che Cat voglia strappare, come con un cerotto, tutte le sue esitazioni, mentre io voglio spogliarla di esse. C'è una grande differenza. Nel secondo caso, si immagina, che non tornino più a coprirla.
Questa volontà, però, non mi vieta di privarmi degli abiti, entrare in doccia e sognarla, anche se a un certo punto devo smettere, perché l'immaginazione diviene una realtà in grado di eccitarmi, e non voglio raggiungere quello stadio da solo.
Non mentre c'è lei in camera.
L'acqua fa scivolare via tutte le impurità della giornata, facendomi crogiolare nella calda sauna del calore mentre lascio che una spugna accompagni il declino di quelle lacrime, governata com'è da una mano inanimata.
Dei fastidiosi pensieri mi raggiungo come in un agguato però, nel bel mezzo dell'idillio, e mi portano a chiudere gli occhi, nel tentativo di scacciarli.
Una volta completamente rimasto da solo, sono anche sufficientemente pulito da uscire e avvolgermi un asciugamano in vita.
Il vetro ovale, posto sopra il lavandino, ha immagazzinato la condensa dell'acqua ed ecco che torno a sorridere, come un adolescente, dinanzi alla sua prima idea romantica.
Mi sporgo quanto basta per raggiungere con il polpastrello il vetro che, a discapito della temperatura intrappolata nella stanza, risulta freddo, e il contatto, insieme all'azione che sto per compiere, mi riaccende i sensi.
Le lettere si formano da sole secondo la memoria, e prendono la voce del più grande drammaturgo teatrale che l'occidente abbia conosciuto, mescolandosi alla mia, che tanto vorrebbe sussurrarle al suo orecchio, per identificare la sua resa.
"Rinuncia al tuo potere di attrarmi ed io rinuncerò alla mia volontà di seguirti".
Così semplice, così difficile da fare.
Apro la porta per tornare in camera, ma la socchiudo alle spalle in modo che la sorpresa non sia tanto presto rivelata. A essere subito preso in analisi, però, è il mio arrivo, insieme alla mia semi nudità che sembra non le sia affatto indifferente, mentre tenta di sollevarsi dal letto con meno imbarazzo possibile, priva di un risultato efficace.
Tra le labbra ha un piccolo cucchiaio, offerto dall'albergo, mentre nelle mani la vaschetta con il gelato. Ancheggiando mi lascia entrambe le cose, ed io rimango stregato dall'erotismo di quell'acciaio quando si trova a scivolare via dalla sua bocca, che lo intrappolava in una presa ferrea.
Gli occhi celesti di Cat si sollevano su di me solo per un attimo, prima di dirigersi verso il bagno contemporaneamente al mio primo assaggio di panna. È molto più che erotico, passare la lingua dove poco prima l'aveva lei. È intimo, come il pensiero di immaginarla sorridente, di fronte a quello specchio e con le spalle contro la porta che sfortunatamente è chiusa, ormai, e mi vieta di raggiungerla.
Poso un gomito sul materasso, sdraiandomi di schiena ma tenendomi sollevato con il busto, e recupero un altro po' di gelato, notando divertito che il pistacchio risulta già quasi finito.
Deve andarci matta.
Tenendo gli occhi fissi in direzione del bagno, dopo alcuni minuti mi sollevo, posando quella tentazione gelida e lasciando cadere l'asciugamano. Recupero il pantalone del pigiama, quindi, e lo indosso, senza boxer. Non li metto mai la notte, ed evito pure la maglia perché mi piacerebbe arrivare a spiarla, ancora, ed accorgermi che mi stava scrutando, percorrendo con i suoi begli occhi i miei addominali, quasi fossero l'apoteosi di un peccato.
Vorrei avere il privilegio di poter fare lo stesso. Di lottare con lei, affermando di non volermi voltare quando uscirà dal bagno e sarà costretta a vestirsi, ma con rammarico noto che durante il mio breve minuto di confusione, nel quale reggevo il piccolo cucchiaio, come un imbranato, lei aveva recuperato forse degli abiti dalla valigia e si era mossa con arguzia. Lo testimonia il suo bagaglio, solitamente perfetto ma al momento lasciato aperto e in confusione, alla mercé dei miei occhi. Se solo vedessi uno dei suoi completi intimi credo che ne morirei.
Quando la porta del bagno si apre, circa un quarto d'ora dopo, rivelando una fitta chioma di rossi riccioli, la stanza è rimasta nella sua semioscurità.
Regnano ancora sovrane le due piccole luci che Cat aveva azionato entrando, e che schiariscono ma non illuminano, mettendo in evidenza, solo con una piccola pozza di calda luce, un frammento della camera. Tanto basta però. L'illuminazione è sufficientemente nitida da permettermi di vedere la sua figura, mentre il bagno dietro lei è nel completo al buio ma ancora nelle vesti di regno del calore, perché la temperatura calda si scontra con il freddo della stanza. O forse il merito è solo di lei, mentre mi guarda con quegli occhi fermi, tristi ma dolci, dipinti su di un viso che è inclinato di lato, e che poggia sullo stipite della porta con una resa che fa nascere il mio affetto, la tenerezza.
«Attrazione, eh? Sei tu il vero maestro tra di noi.»
La sua voce è molto bassa, quasi fosse incerta della sua audacia. Tremula come la fiamma di una candela che si scontra con il vento gelido dell'inverno.
Non sono certo che sia la verità. Non lo sono affatto. La sua testa è ancora inclinata e il collo scoperto. Indosso ha solo una camicia da notte di seta argentea, lunga fino al ginocchio e con un po' di trina sul seno.
Anche se so che non è stata indossata con malizia e che il suo desiderio sia di poter regnare, ancora, fiduciosa, nelle tenebre in grado di celarla, io non posso che sentirmi consumato dal suo fuoco.
Non posso che notare quanto i suoi capezzoli siano tesi contro il tessuto, segno che non indossa il reggiseno, e domandarmi se sotto quell'invisibile strato di stoffa sia completamente nuda, priva di un inutile decoro.
Non siamo bambini, ma tremiamo afflitti da una mancanza di coraggio che ha rispetto della reciproca fragilità. Cat ha deciso di uccidermi, ma può permettersi di farlo, perché fin da subito le ho concesso tutto, quindi è giusto morire per questa fiducia svenduta senza ritegno. Mi piacerebbe, persino, compiere quella serie di passi che adesso ci divide, per potere avere il suo permesso e passare le mani tra quei morbidi ricci, perché desidero come un matto tutto ciò che ancora non mi ha concesso. Che non ho avuto. Che non mi sono preso. Ma il rubare è un peccato e non mostra garbo, né dona la seduzione che ci avvince, facendoci ascendere come il piacere che nasce, senza ombra di dubbio, dal quel cuore che si mostra tanto ricco di segreti.
«No, non è vero» le dico, mentre l'accarezzo da lontano registrando il suo corpo. Appena riesco a muovermi seguo anche le sue reazioni, per verificare se abbia paura. Sembra non mostrarla, perché in lei regna una specie di stanchezza che non è affatto fisica quanto mentale, lo so, perché non è facile per entrambi reggere un amore del genere: non l'abbiamo mai provato, non così forte, lo so. Forse è il caso di scherzarci sopra.
Sedendomi sul letto, è questo che provo a fare, recuperato il gelato e affondato il cucchiaio in quella mescolanza di gusti e di colori.
«Hai già finito il pistacchio» noto, e a una frase del genere finalmente la fa sorride, oltre che intrecciare le braccia al petto in una specie di difesa.
«È il mio preferito.»
«Vuol dire che non ne vuoi altro?» Il silenzio regna per alcuni istanti, durante i quali continuiamo a fissarci negli occhi, e dentro i suoi trovo la stessa abrasione dei miei, tanto da avere il coraggio di continuare. «Non mi raggiungi, Cat?»
«Puoi spegnere le luci?»
«No.»
Sbuffa spazientita, ma finalmente decide di venire verso la postazione che le era riserbata, al mio fianco, ed io osservo la sua camminata nel buio della stanza, mentre passa di fronte al letto di profilo ed il seno viene evidenziato dal contatto con il sottile tessuto. Una volta che è arrivata fino a me, e mi fissa rimanendo in piedi, a fianco del letto, colgo il suo tentativo di afferrare le coperte per nascondervisi sotto, ma sfortunatamente io ci sono sdraiato proprio sopra e le blocco.
Prova a dare un altro strattone ma è inutile, non mi muovo di un centimetro, imboccandomi lentamente perché possa godere anche lei di una vista, si spera, gradita.
«Se non volevi essere vista non avresti indossato una sottoveste simile» commento per stuzzicarla, ma non si lascia intimidire.
«È dai tempi del liceo che non indosso un pigiama. Ormai sono abituata così.»
«Quindi non avrò il beneficio di vederti con del pile, o con un completo a due pezzi con stampe infantili?»
«No, se non andrò fuori di testa a stare ancora con te» dice, stendendosi poi su un fianco e dandomi la schiena, cercando di sistemarsi il cuscino con più comodità sotto la testa.
Già pronto alla risposta, poso la vaschetta sul comodino, e mi sistemo più vicino a lei, quasi a contatto con la sua schiena, mentre tengo un gomito piegato in modo che il palmo della mano mi sorregga la testa.
«Quindi niente pigiama con il coniglio rosa? Quella volta eri nuda?»
Il riferimento è alla sera in cui mi scrisse, di sua iniziativa, ed io desideravo una sua foto. Si era difesa molto bene ma ora la sento sorridere, e potrei avere un infarto.
«Chi lo sa.»
«Se non vuoi che ti dia il tormento per tutta la notte, ti conviene dirmelo.»
«Il pigiama con il coniglio esiste, ma è molto leggero e sexy.»
«Non esito a crederlo. Perché non l'hai portato qui con te?»
«Perché sarebbe stato troppo per il tuo povero cuore, non avresti retto.»
«E credi che così sia meglio?»
La tentazione di passare le mani nei suoi riccioli è veramente molto forte, e forse combattuta solo dal desiderio di lasciarle un bacio sul collo.
«Ti ricordo che mi hai dato un preavviso di cinque ore. Il pigiama era a lavare, non lo trovavo, ecco la verità. La fortuna ancora una volta ti ha sorriso, Flint, quindi goditi i risultati.»
«E come dovrei godermeli? Sentiamo.»
Un piccolo mutismo accompagna la sua assenza di idee, e poi si fa protagonista della sua risposta affatto magnanima.
«Resta in silenzio e guarda.»
«Sai, Cat? La bellezza non è fatta solo per essere ammirata, ma anche consumata» e glielo faccio presente, iniziando a toccare una sua gamba scoperta, che subito si increspa di brividi. Il mio tocco la spinge a voltarsi e fissarmi, ricambiando la carezza e sfiorandomi una guancia.
La tristezza dentro i suoi occhi riesce a ferirmi il cuore, per cui ho bisogno di chiederle una verità, la più sincera.
«Cat, sei felice?»
Imprigionato in lei, una gamba tra le sue e una mano adesso su un suo fianco, caldo oltre la stoffa, attendo paziente la risposta senza perdere la sua espressività. Lentamente annuisce, e la voce la supporta.
«Sì, lo sono. Per questo ho anche paura.»
«Non averne. Non di me.»
«Perché non dovrei averne? Gli uomini più importanti della mia vita mi hanno sempre delusa, e in qualche modo ferita.»
«Te l'ho promesso alla bocca della verità, te lo ricordi? Credi che non manterrei la mia promessa?»
La sua mano ancora mi sfiora, leggera. Quella carezza contiene la tenerezza in grado di trasparire persino dal suo tono di voce.
«Mi è solo difficile tornare a fidarmi...»
Come a incoraggiarla a farlo, faccio scorrere la carezza lungo le sue costole, in modo da tranquillizzarla al pari di un gatto selvatico, sfiorando il suo elettrizzato pelo. Voglio un rapporto simile, di completo abbandono, di carezze, baci.
Voglio tenere il suo cuore in una mano, e custodirlo.
In qualche modo un simile pensiero mi fa paura, perché si tratta di possesso, ma cos'è l'amore se vi manca dell'egoismo? Quella specie di viscerale bisogno di essere unici al mondo, lontani da altri?
«Non cambierò, Cat. Continuerò a comprarti il gelato ogni volta che vorrai. Ti porterò al cinema, guarderò gli schizzi dei tuoi disegni e ti ascolterò, quando vorrai parlare. Avrò rispetto per te, ma tu dovrai fidarti. È la prova dell'amore, no? Dover smettere di essere soli e imparare ad affrontare in due le difficoltà. Magari può essere bello.»
Sorride della mia certezza, ma con ancora quella tristezza che vorrei estirpare dalla radice. Si muove lei, però, per prima, sollevando la testa e congiungendo le nostre labbra in un bacio dolce, che ci calma.
«Sai di gelato» dice, dopo alcuni attimi staccandosi, ed io mi lascio vincere dalla sua ritrovata allegria.
«Ne vuoi ancora?»
«Sì, ancora un po' di peccato.»
Le porgo la scatola perché ne prenda quanto ne vuole, sollevando il nostro unico cucchiaio e vedendo i celesti specchi di lei brillare come l'alluminio, in questa tranquilla notte, mentre la musica di un vinile ci raggiunge dalla casa opposta in una sequenza di note molto dolci e divertenti, come il suono della sua risata, alle mie battute.
Le ore scorrono, lasciando alla notte il compito di incupirsi sempre di più, risaltando la luna dalla portafinestra lasciata aperta e che la sorregge, con la sua ringhiera. Il pallore del cerchio lunare si paragona a quello dei suoi denti bianchi, mentre sorride. Della stessa purezza che ci culla, mentre restiamo in silenzio abbracciati, e così vengono trascinati via i problemi, i rimpianti, i ricordi, perché questa piccola stanza non li ospita. Garantisce solo l'affaccio su di un mondo nuovo, su una Roma che ci ha accolti, facendoci ancora di più innamorare, e che ci conforta, con le sue stelle e con la musica classica.
Avverto solo il suo respiro, e il calore del suo corpo premuto contro il mio. Il dormiveglia mi avvolge, offuscandomi le emozioni quasi le stessi vivendo sott'acqua, donando una momentanea pesantezza alle mie membra da risultare quasi irreale.
Con un leggero fruscio la sua gamba si solleva, nella totale oscurità della stanza smorzata solo dal chiarore lunare, e si posa sul mio bacino, portandola a stringermi.
Ho gli occhi ancora chiusi ma la mano si muovere per accarezzarle la schiena, lungo la camicia di seta e poi sulla pelle, fino alla nuca. Sfioro i suoi riccioli ma poi fuggo lontano, per ridiscendere lungo quella vallata che mi aveva stregato i sensi, ancora incoscienti.
Piccoli brividi, e un leggero sospiro che si scontra con il mio petto, ancora nudo.
Poi delle labbra molto morbide provocano nell'aria lo stesso crepitio di una pigna gettata nel fuoco, tramite lo schiocco di piccoli baci, lasciando volare intorno scintille che danno vita a un gioco pericoloso, ma interessante.
Sono un naufrago, dentro questo mio mare profondo, mentre cerco ad occhi ancora serrati la bocca che potrebbe salvarmi e dannarmi al tempo stesso, ed ecco che la trovo. Voluttuosa, piena di peccato e morbida, come la ricordavo.
Tento di non abbandonarla, posando una mano sulla nuca di lei in modo che non si allontani, ma un gesto simile la porta a rabbrividire e quindi staccarsi, lasciandomi senza fiato.
Frustrato dalla perdita, affogo in questa mia specie di dolore finché non la sento sedersi sul mio grembo, e tornare a darmi respiro.
Dei brividi corrono lungo tutta la pelle e il suo gusto si lascia assaporare dalla mia brama. La stessa che mi sta infiammando i lombi e che reagisce spontaneamente al contatto con lei.
Poso le mani sui suoi fianchi e la ricambio rapito, socchiudendo adesso le palpebre per vedere lo stesso abbandono che la governa. Una follia condivisa che non accetta alcun tipo di resa.
Mi sollevo e la porto con me, stringendola contro il mio petto e sentendo il calore del suo corpo dolce, profumato quanto morbido contro il mio.
Non pronunciamo una sola parola, regna unicamente il silenzio, oltre allo schiocco dei nostri baci e a un suo leggero gemito che mi manda in visibilio, e mi spinge a continuare.
Arrivo fino ai laccetti della sua sottoveste e lentamente li abbasso. La luna illumina solo con una piccola porzione finale al letto e non ci cattura, permettendomi però di vedere i suoi seni non appena li scopro.
Le aureole sono molto chiare e i capezzoli tesi, della stessa colorazione delle labbra, tanto da richiamare le mie, e non esito ad accontentarle.
Mi chino in avanti mentre la testa di Cat va indietro, mostrandomi la flessione del collo e il movimento delle fragili ossa non appena poso la bocca dove veniva richiesta. Applico il mio leggero bacio, poco prima di un piccolo morso che la porta ancora a gemere.
Ho bisogno di vederla in viso, però.
Con questo desiderio, lascio scorrere una mano lungo la sua schiena parzialmente nuda finché non è portata a risollevare il capo e fissarmi negli occhi.
Le dita prendono il posto delle labbra, la mia bocca va contro la sua e l'attimo dopo siamo stretti in una specie di abbraccio. Con le gambe applica una leggera forza intorno ai miei fianchi, mi tiene vicino mentre ci baciamo toccando i confini di una reciproca follia e non mi arrendo, destandomi sempre di più grazie a questo magnifico calore.
I lacci della veste pendono inanimi lungo le sue braccia che si sono sollevate, per posarsi sulle mie spalle. Deboli, lascio a loro l'indecisione della propria vita, mentre abbandono il suo seno e percorro con la mano una sua gamba, diretto verso nuove mete.
La sua bocca non si arrende, continuando a baciarmi con forza ed io la ricambio, sfogando la mia passione in lei, in ciò che mi concede, e muoio per alcuni attimi non appena si lascia sfuggire un gemito strozzato, perché la mia mano ha raggiunto il suo sesso.
Osservo all'interno del celeste limpido di Cat e arrivo a perdermi nella dilatazione delle pupille e nel suo fiato sempre più accorciato. Infletto le dita, poi, sfiorandola con l'indice e il medio per tutta la sua lunghezza, per finire dolcemente, con il secondo dei due, dentro di lei.
Ricambia, sconfitta, tirandomi delle ciocche, mentre la sua fronte si posa di lato sulla mia cercando conforto, e il suo respiro spezzato si scontra con la mia bocca, che lo raccoglie.
Il tepore delle sue carni circonda il medio che si fa sempre più spazio nel suo corpo, ed io chiudo gli occhi per alcuni istanti, immaginando di essere in lei, tolta la mano. Avvolto da questi umori che mi stanno dando alla testa, e che mi permettono di approfondire ancora di più il mio tocco, sempre più deciso.
Insofferente a questa lontananza, stringo un braccio intorno alla sua vita e la porto a sdraiarsi di schiena, contro il copriletto rimasto intatto, e non ho il coraggio di dire cosa provo ad una vista simile.
La luna le illumina il volto e il petto, mezzo scoperto e voluttuoso come quello di una dea dipinta e avvolta da veli trasparenti, mentre i capelli rossi sono sparsi intorno al suo viso appena paonazzo, ed un leggero strato di sudore copre la sua pelle, evidenziando una fatica accentuata anche dal suo respiro rotto, mentre mi fissa.
La perfezione di una scena simile mi sconvolge, spingendomi a chiedere di più. Inserisco un altro dito in lei e spingo più a fondo, modificandole l'espressione che si fa ancora più tirata dal piacere, quasi sofferente per ciò che le sto per fare.
Tenta di resistermi non appena velocizzo il contatto, provando a bloccarmi la mano ma non mostro pietà per la sua sofferenza, mentre il suo profumo di gelsomino si mescola a quello del desiderio e impregna me, l'aria, la stanza, uccidendo qualsiasi forma di volontà che raccomandava prudenza.
La stoffa della sottoveste si increspa, le ginocchia si sollevano dal letto, la sua mano tenta ancora di fermarmi invano, ma io mi chino solo per lasciarle un bacio non appena la sento tremare leggermente, a un passo dall'orgasmo.
Intrappolo sulle labbra e nella bocca ogni suo lamento, ogni gemito, ogni squisito ansimo che mi lascia, spingendomi sempre più in profondità e più veloce da lasciarla sconfitta, infine.
La sua voce rilascia un piccolo grido più forte dei precedenti, e in quella specie di ultima supplica rimane aggrovigliato anche il mio nome, mentre Cat chiude gli occhi con la testa all'indietro, il seno sporto, la sottoveste raggruppata ai fianchi.
Non ho mai visto niente di più bello della sua estasi, della profondità dell'abbandono che la porta via, come un'onda di mare, e con il cuore in tumulto non riesco a tenere il ritmo di questa scena, così come il mio fiato e gli occhi che, sgranati su di lei, non l'abbandono un attimo.
Meravigliati, eccitati da quella sorpresa che ancora appare irreale, nel cuore di questa notte e del silenzio che ci circonda.
Si è trattato forse di un sogno?
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