Fotografie, fotogrammi, set

Che gioia rivedersi! Noto che non vi ho ancora annoiati, quindi vado a prendere un flute per festeggiare!

Ed eccomi di ritorno. Dunque ci troviamo qui, oggi, per sciogliere una nuova categoria di immagini nella brodaglia delle parole: le immagini oggettive, che forse analizzeremo meglio noi rispetto a chi ce le ha fornite.

Prendiamo una fotografia da una pubblicità; una scena da un film; e un'immagine o una gif da una serie TV. Questo tipo di immagini sono studiate nei minimi dettagli da chi le ha create, ma possono sempre avere un piccolo margine di casualità, di imprevisti o di angolini dimenticati. La mia sfida è di trovarli e dar loro rilevanza nella descrizione. Bon travail!


La pubblicità: Dato che le cose facili mi fanno proprio senso, anzi direttamente schifo - bleeah - ho cercato una pubblicità concernente l'automobilismo ambientata al chiuso. E per fortuna i meccanici hanno i loro laboratori, se no la starei ancora cercando. Link al sito per altre foto secs di Audi modificate: https://www.abt-sportsline.com/tuning/

Ignorando la roba rossa che è stata piazzata davanti alla carinissima, bilanciata foto in bianco e nero (sì, tranne la specie di lingua che si intravede dietro la griglia anteriore del veicolo), immergiamoci nell'elegante e notturna ambientazione dello scatto. Ci troviamo rannicchiati dietro qualche gomma impilata, a spiare un'auto che suggerisce dispendio di denaro in ogni ruga del metallo della carrozzeria, tinta di un bianco speciale (o specialmente ritoccato in photoshop). Appena dietro il suo faro anteriore destro, nell'ombra, si distingue un armadio porta oggetto a sette piani, ingombro di attrezzi di tutti i tipi, e stranamente non dotato di rotelle: poggia, infatti, su degli splendidi piedini rotondi. Quello che richiama ancor più l'attenzione, comunque, è la parete dietro di esso: si tratta, infatti, di un materiale lucido e ondulato, che per l'effetto della fotografia sembra viscido. Probabilmente è solo un separatore tra i diversi garage, o settori dell'officina; mi sorprende soltanto vedere le pieghe in verticale, piuttosto che in orizzontale come è di solito in laminati così grandi. 

Dove il metallo termina, inizia la parete di fondo del locale; si tratta di cemento armato lasciato nudo com'è, e per questo presenta macchie e segni dell'architettura. Affascinante nella sua sincerità. Di fianco al posteriore dell'Audi si apre un corridoio nero, che sembra condurre nella notte più scura; con un minuscolo sforzo di immaginazione, possiamo vedere altre due automobili tedesche uscire di gran carriera da là, e andare a parcheggiarsi vicine alla protagonista dello scatto. Sì, mi piace!
E con questa bella immagine concludiamo l'analisi.


Il film: Clive Durham (Hugh Grant) nella camera di Lord Risley, da Maurice, 1987.

La camera di Risley sembra un ritratto della sua strana personalità. L'operazione di Clive, inoltre, ha peggiorato le cose: Maurice l'ha trovato seduto sul tappeto beige, circondato da scatole, fogli e libri in ogni angolo, ma non è riuscito a prestare attenzione né al disordine che gli stava attorno, né ad altra cosa, rapito come si è sentito da quegli occhi neri che lo guardavano con curiosità. No, era stato catalizzato dalla bellezza di Clive al punto di non notare il viso della modella che faceva capolino da sopra il bracciolo della poltrona verde alle sue spalle, come per scherzo, né la porta misteriosa sulla quale la cornice era appoggiata. Forse si sarebbe meravigliato della sottigliezza dei libri che Risley collezionava sulla libreria, o si sarebbe chiesto cosa era stato dipinto sul quadro che mostrava solo il dorso ai visitatori, se solo Clive fosse stato voltato di spalle -- così, tuttavia, non è stato.

Quindi lasciamoli conversare, e passiamo alla prossima descrizione.


La serie: Louise e Florence in casa, da I Jefferson, 1975 (in avanti)

Ci è passata talmente tanta gente, dal dodicesimo piano di quel grande palazzo di Manhattan, che nessuno si accorgerà di due curiosi figuri come me e te, l'autore e il lettore, i ficcanaso della situazione. Non ci sfugge, acuti come siamo, che persino dopo aver oltrepassato la porta d'ingresso, la signora Louise e Florence non si sono proprio accorte di noi che gli stiamo di fronte, anzi guardano con disinvoltura da un'altra parte.
Mi prendo quindi qualche secondo per apprezzare i loro abiti: non ci si veste più così, al giorno d'oggi. La più alta, che è la cameriera, è vestita di un comodo abito a mezze maniche, di una strana stoffa a fiori dalle tonalità marroncine, e con il collo orlato di rossastro. Sulla vita, un nastro di tessuto fa da cintura, e dona all'abito qualcosa di femminile. Ma sono i capelli ad attrarre la mia ammirazione: quanto vorrei avere anche io un'importanza come quella che solo un taglio simile sa donare. Anche la signora Jefferson deve pensarla come me [e come Andro Umeda], perché è pettinata proprio nella stessa maniera. Lei, però, indossa un'adorabile camicia gialla, con un cardigan smanicato sopra che sembra quanto di più morbido si possa avere, il tutto abbinato ai colori spenti della gonna tenuta sotto il seno da una cintura sottile. Sei tu, amico mio lettore, a destarmi dalla mia adorazione - e lista della spesa - scrollando il mio braccio, e indicando tacitamente il tavolino che sta alle loro spalle. Mi meraviglio per le sottili gambe dorate a sferette che sostengono il cristallo sottile, bordato di metallo, sul quale è sistemato un set completo e impeccabile di bicchieri, insieme a due bottiglie di liquore e un'abat-jour color kaki . Inizio a credere che negli anni '70 il beige andasse proprio forte, più forte ancora di come cavalca il mio armadio; te lo sussurro alle orecchie, e con una smorfia, mi accenni al colore della parete, delle ricche tende, del divano, delle tapparelle, che è una sfumatura sempre diversa dello stesso colore. Realizzo che sembra una malattia.
Sotto la finestra ammiriamo una parete marrone, simile al colore del cuoio, e il mobile con vetrinetta poco più avanti, che mostra fieramente il colore del suo legno (che domina sul contenuto di qualsiasi cosa ci sia dietro il vetro). Mi stropiccio gli occhi e cerco un diversivo: il cuscino giallo, il fiorellino rosato, la pianta verde (miracolosamente cresciuta fino a quest'altezza! O forse coltivata sul balcone...) riescono a rianimarmi. Quindi, con il respiro un po' affannato, ricambio il gesto di poco fa, e ti sospingo all'uscita. 

Abbiamo imparato una lezione molto importante quest'anno, in una rapida visita a New York: non esagerare con il beige.


E tenendo bene a mente tutte queste notizie shock, vi lascio appuntamento al prossimo capitolo!

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