ὁρμἠ
Fuoco.
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Il dolore gli ribolliva nelle vene, stava alimentando pian piano una forte ira, si stava infiammando, tirando tra le fiamme anche la sua stessa ragione. Nulla era più importante di Agape in quel momento, aveva bisogno di urlarle contro che aveva reso prigioniero suo figlio perché sapeva che in qualche modo sarebbe riuscito a rivederla.
A lui interessava solo quello: voleva vedere ancora una volta quel volto che lo aveva stregato, lo aveva fatto innamorare. E sentiva il bisogno di urlargli contro che l'aveva amata, che l'avrebbe tenuta con sé nell'Inferno e avrebbe liberato Pesefone, della quale non gliene importava nulla.
Agape si avvicinò senza timore al Dio, portando una mano davanti a sé, pronta per accarezzare il viso di quell'uomo troppo umano per essere divino. Lo aveva amato dal primo sguardo, e la sua mente non faceva che ripeterlo solo per sminuire quel senso di ansia che stava prendendo posto nel suo corpo. Aveva paura.
Ovviamente era impaurita: non sapeva come si sarebbero svolte le cose, non sapeva se Ade davvero fosse disposto ad amarla, non sapeva se suo figlio fosse in condizioni di ascoltare la voce di Louīs o meno.
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Hermes stava lottando contro fuoco e fiamme per entrare negli inferi ancora una volta, aveva bisogno di assistere al combattimento, se ci fosse stato, e aveva bisogno di esser convinto dall'amore di Hārry e Louīs per compiere il grande passo e chiedere al Padre degli Dei uno stabilimento per il suo amato Morfeo.
Il giovane Messaggero degli Dei però non sapeva quanto piccolo si era fatto Eros, il Dio dalle frecce d'amore, per poter aiutare indirettamente l'eroe mortale nel duello. Infatti, il divino infante si era nascosto nelle scarpette alate di Hermes, le quali gli urtavano un po' i nervi con la frenesia del volo ma aveva da lavorare. E c'era un omaggio anche un bel divertimento, pensò.
Le fiamme ostacolavano il passaggio ad Hermes, ardevano e venivano alimentate dall'ira dei dannati, non lasciavano che nessuno puro di cuore riuscisse a passare senza poter esser bruciato. Ma mai una volta il Messaggero degli Dei aveva dubitato del suo esser divino. E avrebbe potuto bruciare per l'eternità per la sua lunga lista di peccati da scontare, ma in quel momento avevano tutti un saldo obiettivo: il salvataggio di Hārry.
Quindi volò dritto verso le fiamme, urlando per il bruciore sulla sua pelle chiara, prima di sospirare una volta esser giunto dall'altra parte. Sentì un gemito piccolo piccolo provenire dal basso, ma non notò nulla finché non sentì il pianto di un bambino.
Lì sì che Hermes iniziò a nominare tutti gli dei, uno dopo l'altro.
«Eros! Si può sapere cosa ci fai nella mia scarpa?» quasi urlò dall'esasperazione, prendendolo per le alette e tirandolo fuori dal suo perfetto -ma non tanto- nascondiglio.
«Volevo vedere Louīs ed Hārry scambiarsi bacini e "ti amo" sull'orlo del "vissero tutti felici e contenti"» piagnucolò il bambino dalle ali bianche, fluttuando davanti al ragazzo dai piedi alati con quegli occhioni da cane bastonato che convincevano anche il Dio degli Inferi.
Uhm..
«Quello sguardo potresti tenerlo per qualcun altro» architettò Hermes, mentre lo riprendeva per le alette e lo spostava sulla sua spalla, raccomandandogli di mantenersi mentre prendeva il volo per i lunghi e bui corridoi dell'Ade, alla ricerca della sala principale.
All'Inferno c'erano mille entrate ma nessuna uscita.
E più avanzava, più sentiva l'ansia prendere possesso del suo corpo, l'adrenalina, il bisogno di agire e di aiutare in qualche modo, l'esitazione e la paura di sbagliare nell'impresa. Tutte sensazioni concentrare in una unica sala, lui le provava in prima persona sulla sua pelle, man mano che si avvicinava.
E quando fu davanti a quello spettacolo, quando vide Louīs con la spada sguainata e protesa in avanti verso il trono dov'era seduto Ade, sull'attenti, mentre Agape sussurrava qualcosa al Dio Re del posto ed Hārry non faceva che tremare e piangere. Morfeo aveva pienamente preso forma accanto al Principe degli Inferi nel tentativo di calmarlo ma nulla e nessuno avrebbe potuto risanare i suoi pensieri.
Hermes era ben nascosto, pronto nel caso fosse successo qualcosa o servisse il suo aiuto, mentre sulla sua spalla il piccolo Eros non vedeva l'ora di entrare in gioco. Ogni minimo sguardo, ogni singolo sospiro, lui lo reputava come un segno della sua entrata in scena, e se non ci fosse stato Hermes in quel momento, chissà cosa avrebbe combinato ancora.
Quando però, il piccolo Dio dell'Amore scorse lo sguardo perso di Hārry si rattristò così tanto da volare via dalla spalla del Messaggero degli Dei, volando in picchiata verso Louīs per potergli scoccare una freccia alla base della schiena. Ne scoccò un'altra verso lo stomaco di Hārry ma prese perfettamente il cuore.
Tanto meglio.
«Eros» sussurrò Louīs, e il piccolo Dio se la svignò totalmente, impaurito da un rimprovero. «Hārry, ricordi il nostro "Eros"? Aveva un reale significato. Io ti amavo e ti amo per i tuoi ideali, per i tuoi valori morali, per la passione che hai in ogni tua singola azione, per le tue riflessioni sul tempo, per le tue stupide battutine. Ed io non posso fare a meno di te. E non è affatto impossibile, credimi. Anzi.
Il maestro Gorgia ci ha spiegato come l'immaginazione sia tutto fuorché reale. È qualcosa che serve all'umanità per andare avanti, per credere in qualcosa che non esiste ma che dà la forza di proseguire un cammino. Ecco. Io immagino me e te, per tutta la vita. Che sia illusione o realtà non mi importa, ma questo mi spinge a desiderare ogni giorno di più questa visione nella mia mente in questo mondo razionale.
Mi sono scocciato della normalità, della routine, di ciò che la gente mi ripropone. Io ho bisogno di qualcosa che mi smuova totalmente e mi faccia impazzire, io ho bisogno di te.
Hārry io ti amo» le lacrime faticavano a trattenersi sui suoi occhi, avevano bisogno di scorrere via e liberarsi da quella morsa, avevano bisogno di viaggiare senza vincoli sulle sue guance incavate e sofferenti. E così fecero, Louīs si dimostrò totalmente vulnerabile agli occhi di un Dio che avrebbe alzato solo un dito per ucciderlo ma che non mosse un muscolo.
Si inginocchiò per terra privo di forze, lasciando che la spada cadesse in un rumore sordo sul pavimento vuoto.
Hārry aveva smesso di disperarsi ed ora lo guardava, cercava di assimilare ogni singola parola, sillaba, ogni singola pausa, respiro, sospiro, ogni singolo sguardo, lacrima.
Aveva bisogno di dimostrare il vero, di essere fiero di vedere quanto fossero sentite quelle parole.
Guardò suo padre in preda a delle rassicurazioni sussurrate da Agape, guardò Morfeo al suo fianco che guardava in su, un punto nell'ombra che dai suoi occhi appariva piuttosto interessante.
Tutti nel mondo avevano bisogno di amore. Tutti avevano questa costante fiamma da tenere accesa, da alimentare gradualmente e con la semplicità dei gesti e delle parole. Lui non aveva bisogno di nulla di eclatante che non fosse un "ti amo".
Perché voleva sentirsi amato, non voleva sentirsi viziato.
Aveva voglia di nuotare nell'amore che colmava gli occhi di Louīs quando si guardavano, aveva voglia di consumare il loro amore alla luce degli Dei dell'Olimpo.
E non ci fu bisogno di spade, di cattiveria, di sangue, di pretese, per permettere che in quel piccolo vincessero tutti.
Perché per quanto cattivo potesse essere il Re degli Inferi, anche lui aveva un cuore ardente. E anche lui sentiva il bisogno di accendere la fiamma e tenerla viva dentro di sé.
Ed Agape sarebbe stata la legna perfetta per quel fuoco infinito.
Ed Hermes non vedeva l'ora di alimentare la fiamma di Hermes.
E Louīs avrebbe tenuto vivido l'ardere di Hārry.
Ed Eros avrebbe imparato dall'amore che donavano le sue frecce quali erano i veri principi da supportare nella vita.
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