8. μητέρα

Madre.

Louīs ed Hārry ormai erano in sintonia più che mai. Erano legati da un impercettibile ma ben spesso filo, erano connessi tanto da fare gli stessi sogni. I pensieri di Hārry prima di cadere tra le braccia di Morfeo resero il suo sogno strettamente connesso con quello del suo amato, e sognarono entrambi Macaria. Anche quando Louīs si perdeva nei suoi pensieri studiando sulle sue pergamene, fantasticando su Hārry, quest'ultimo accoglieva quei pensieri inconsciamente, credendoli frutto della propria mente. Si pensavano a vicenda, si sognavano a vicenda, si respiravano a vicenda. Il sogno era collegato per altre motivazioni oltre l'amore che provavano l'uno per l'altro, ma nessuno dei due se ne curò.

Passavano intere giornate a leggere e parlare di quanto Louīs studiasse sotto il loro albero preferito, mentre la brezza pomeridiana accarezzava i loro visi e scompigliava i loro capelli. Anche uno sconosciuto poteva intendere quanto tenessero l'uno all'altro, eppure qualcosa ostacolava il loro essere appieno sé stessi. Non avevano la libertà di potersi prendere per mano senza che la gente desse loro fastidio, senza che Elena piangesse e si preoccupasse per la successione o per il matrimonio imminente. Ormai Louīs era in preda al panico, il suo matrimonio con Elena era alle porte. Avrebbe dovuto amarla solo perché nel suo grembo avrebbe portato suo figlio, i suoi figli. Ma non avrebbe mai provato nulla per lei se non un grande affetto. Perché lei non era lui. Il suo semidio.
E gli sembrava maledettamente sbagliato amare Hārry ma ne aveva costantemente bisogno. Lo vedeva come una necessità, l'unica speranza che rendeva vive le sue giornate. Lui bramava il momento del loro incontro, dei loro corpi stretti in un abbraccio, dei loro baci, del loro amore. Loro avevano bisogno di quel contatto, necessitavano di amarsi.

Elena ormai aveva fatto amicizia con la madre di Louīs. Passava intere giornate -e pomeriggi- con lei, le parlava, le confidava le proprie insicurezze sul ragazzo, si sfogava. Quella situazione era stretta, era obbligata, non aveva niente a che vedere con la libertà alla quale ambiva la giovane etera.

Elena non era innamorata, non lo era mai stato. Se avesse dovuto commentare negativamente, buttando fuori dal suo cuore quella cattiveria raggruppata negli anni, avrebbe urlato a Louīs quanto fosse più femminile di lei e quanto lei invidiasse anche il corpo del suo promesso sposo. Ma non era il tipo da sfogarsi con parole inutili e taglienti. Non era degno di una donna libera come lei, scendere a livelli di indecenza e giudicare qualcuno, solo gli dei potevano permettersi di giudicare. Ma sì, Elena invidiava Louīs dal momento in cui si erano conosciuti. Era sempre stato un kinaidos, un ragazzo così femminile da indurre in tentazione e far vergognare quasi ogni uomo dell'agorà. Non lo faceva volontariamente, non voleva attirare l'attenzione su di sé e chi conosceva Louīs realmente, sapeva della sua natura timida, eppure le sue movenze, i suoi gesti, la sua voce dolce anche post adolescenza, lo rendevano una facile preda di insulti da ogni dove: le donne erano invidiose della sua delicatezza, gli uomini tentati e costretti a resistere. Voleva essere libera, e sapeva di non poterlo essere. Sapeva che solo dei lavori che potevano sfigurarla socialmente, l'avrebbero resa libera. Eppure che libertà c'è in un mondo recintato da pregiudizi?

Neanche Louīs ambiva a sposare Elena, in realtà. Fin da piccolo Louīs aveva vissuto con la curiosità in cuore, aveva tante domande da porre al mondo e all'uomo che neanche le risposte di tutto il regno greco gli sarebbero bastate.

Sognava di viaggiare. Di comprare un cavallo, delle provviste, e partire via, lontano dalla sua città per guardare e scoprire il mondo. Voleva vedere Creta, l'Egitto. Tanti avevano parlato di quelle civiltà per gli scambi commerciali che si effettuavano e ne parlavano con così tanta enfasi. Lui, in cuor suo, sapeva che erano posti da visitare. E lui voleva essere uno di quei ragazzi fortunati che avevano visto aldilà del proprio naso.

Louīs non aveva neanche mai pensato alla successione, pensò sua madre.
Era suo padre che glielo inculcava quasi ogni giorno della sua vita prima che venisse a mancare. E il povero ragazzo, come se glielo dovesse, decise di trovare qualcuno con cui mettere su famiglia. O meglio, accettare la proposta del padre di prendere in sposa Elena, perché se avesse scelto lui, la sua scelta sarebbe caduta su un'unica persona.

Louīs quel giorno non voleva uscire dalla sua dimora. Sapeva che Hārry sarebbe stato tutto il tempo a scuola, ad insegnare a quei bambini spocchiosi qualcosa sulla mitologia. Poteva anche essere un appassionato di mitologia, ma quel giorno non era adatto per sentire storie. Zen era partito, non poteva nemmeno andare a fargli visita.

Ciò che sentiva di dover fare era pensare, necessitava di meditare.

Guardò sua madre, durante la loro colazione. Era una donna splendida, la sua amata Anthia. Portava benissimo la sua anziana età, era una donna elegante nella sua semplicità. Quella veste le calzava a pennello e le cingeva dolcemente i fianchi accentuandone i movimenti sensuali, per niente volgari. Amava cucire i propri vestiti come quelli delle altre donne ma con quel pizzico di originalità che caratterizzava la loro famiglia. Infatti lei indossava i vestiti più belli della città, nonostante non fosse più giovane e libera come prima.
E Louīs l'ammirava, in quell'istante. Guardava come delicatamente riuscisse a muoversi con facilità e a fare le faccende con una classe che poteva avere solo la moglie di un nobile aristocratico. Eppure erano solo una famiglia di campagna. Sua madre era l'unica donna che avrebbe realmente amato. La sua bellezza, la sua saggezza, il suo amore verso il proprio figlio. Era semplicemente perfetta.

«A cosa pensi, tesoro?» Anthia guardò suo figlio con gli occhi di una giovane madre che osserva il figlio disegnare, quello sguardo che, nonostante il tempo, rimane immutato. Uno sguardo immortale, senza età. Il ragazzo dagli occhi celesti scosse la testa per destarsi dai suoi pensieri, prima di sorriderle dolcemente.

«A quanto tu sia bella. Davvero bella, madre. E potrà anche essere che l'amore si provi solo verso gli uomini, con il quale noi riusciamo a rapportarci meglio, ma credimi. Io ti amo, madre. Sono grato ad ogni singolo Dio dell'Olimpo per la fortuna che porto sulle spalle ad avere una donna come te come mamma» sorrise il giovane, alzandosi prima di andare in contro alla donna per un abbraccio. La donna si commosse, mai aveva sentito così tante belle parole provenire dalla bocca di suo figlio. E, dopo questa constatazione, poté rendersi conto di che splendido uomo era diventato, ormai, il suo bambino. Si limitò a stringerlo in quell'abbraccio nostalgico, senza voler rovinare il momento con una presa di parola, mentre calde lacrime di commozione scendevano sulle sue guance.

Era una donna forte, ma suo figlio era come l'acqua per il fuoco: era il suo punto debole.

Quando l'abbraccio si sciolse Anthia guardò negli occhi Louīs e sorrise, prima di baciargli la fronte.

«Meriti il meglio. Dopo il matrimonio cercherò di trovarti un lavoro che ti permetta di viaggiare. Così che tu possa vedere il mondo come hai sempre sognato, senza che qualcuno ti ostacoli. Ma prometti di tornare sempre da me.»

«A proposito del matrimonio, madre...» incominciò il ragazzo, sedendosi nuovamente al tavolo e guardando nervoso sua madre, mordicchiandosi il labbro. Sapeva non fosse il momento giusto, dopo quelle dolci parole spese in modo spontaneo per lei. Avrebbe pensato si trattasse di una presa in giro solo per abbindolarla e tirar fuori lo scomodo argomento delle nozze. «Non sono sicuro di Elena.»

«Tu non sei sicuro delle donne, mio caro bambino. Ma non te ne faccio una colpa, poteva succedere a chiunque di avere un amore immutato nei confronti di un proprio compagno. Elena necessita di essere libera e di sognare come fai tu, in egual misura» sospirò apprensiva la donna, avvicinandosi al figlio per accarezzargli i tratti dolci del viso. Lui deglutì nervoso, aveva paura di deludere quello sguardo impregnato d'amore che ora aveva a pochi centimetri dal suo.

«Lei è una donna, non merita la libertà. Però io sento-»

«Lei necessita di vivere la vita con la stessa libertà che rivendichi tu. Il matrimonio sarebbe forzato per te come anche per lei. Non essere duro, non essere come gli altri. Apri il tuo cuore e slega la tua mente dalle stupide convinzioni popolari. So che ami Hārry, il tuo sguardo è ben leggibile anche per un analfávitos come me.» Perché nelle sue parole non c'era altro se non sincerità. Anche chi non aveva appreso come leggere, poteva decifrare gli sguardi d'amore che gli occhi di Louīs scagliavano verso Hārry.

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