2. έναν αιθέρα στο συμπόσιο

Un'etera al Simposio

«Ade, il Dio degli Inferi. Immagino che tutti lo conosciate. Perché non lo disegnate sulle vostre tavolette e poi venite qui di fianco a me a rappresentare il vostro operato? Mi fido di voi!» i capelli del ragazzo si mossero da una parte all'altra mentre lui li torturava con una mano, annoiato sulla sua cattedra mentre osservava attentamente i bambini a cui dava lezioni per guadagnare qualcosa. Non aveva certo intenzione, a diciotto anni, di entrare nell'esercito. No, lui voleva insegnare, voleva fare il professore di arte, nonostante non fosse un ottimo artista. Aveva anche provato a disegnare su un vaso di terracotta, oppure a scolpire qualcosa, ma si era dimostrato davvero incapace e ora si ritrovava a supplire un insegnante momentaneamente malato. Ma si inizia dalle basi, no?

«Maestro?» sentì una vocina e alzò lo sguardo nella direzione dalla quale proveniva quella parola, trovando un bimbo biondo con gli occhi chiari che gli occupava la visuale.

«Dimmi, piccolo» sorrise gentilmente al bambino, incitandolo a parlare.

«Papà mi ha detto che lei è figlio di Ade. È vero? L'ha mai visto?» sussurrò imbarazzato il piccolo, abbassando lo sguardo timoroso di aver fatto una domanda inappropriata. Il timore non era dettato dal Dio della morte, ma dalla morte stessa. Era un timore che accumunava ogni persona che nominava il nome di quel Dio, quasi con paura che potesse rivoltarsi contro questi e chiamare a sé le loro anime prima del dovuto. Hārry, nonostante non ci avesse mai dato così tanto peso prima di allora, si rese conto di non aver mai considerato l'ipotesi di poter vedere suo padre. Forse perché sua madre a stento parlava di lui, forse perché tutti temevano la sua potenza, forse perché governava un regno che non avrebbe mai visitato con la propria anima, data la sua immortalità. Non sapeva neanche se fosse concesso dalle regole dell'Olimpo, che un Dio potesse incontrare un figlio sulla terra dei mortali. Scosse la testa al bambino, impegnato fra i suoi pensieri, così che tornasse a disegnare e lo lasciasse ragionare. Per quale motivo non si era mai preoccupato della faccenda? Dopotutto era suo padre, oltre che un Dio. E sotto questo ragionamento, era nipote di Zeus? Lui? Che eccitazione. Avrebbe trovato un modo per scendere agli inferi e conoscere suo padre. Era qualcosa che gli interessava, era parte della sua vita e-

«Maestro, scusi... ma c'è un signore che chiede di lei» quasi borbottò il ragazzino, scocciato che qualcuno fosse stato così sfacciato da interrompere una lezione del suo grammatico. Louīs, imbarazzato per essere stato quasi rimproverato da un bambino di dodici anni, abbassò lo sguardo e Hārry sorrise. Quel ragazzo era davvero splendido.

«Oh Lou! Come stai?»

«Io? Tutto a meraviglia... Tu come stai, come vanno le lezioni?» non sapeva se fosse interessato effettivamente a quel tipo di domanda ma l'ansia l'aveva fatto parlare e ora gli toccava ascoltare. Louīs era costantemente preoccupato quando nei paraggi c'era lui, il semidio. Era come se tutte le sue certezze e sicurezze si piegassero al volere dell'immortale, come se gli fosse totalmente devoto ma al contempo ne fosse terrorizzato, timoroso di non essere abbastanza. Il riccio spiegò brevemente la sua lezione al liscio in poche parole, consapevole che potesse essere un argomento pesante.

«E poi il ragazzino biondo, Alexios, mi ha chiesto se avessi mai visto mio padre.»

«Come?» incredulo, il ragazzo dagli occhi blu, alzò il suo sguardo, incrociando gli occhi di Hārry. Erano strani. Erano verdi, erano splendidi. Uno di quei verdi che facevano invidia ai campi della Grecia, fresco di una terra non ancora scoperta, nuovo e tutto suo, mistico quasi. Ma quello che rendeva gli occhi del semidio speciali, unici, era un velo nero che si posava sulle iridi e che rendeva il suo uno sguardo maligno più che interessato. Louīs deglutì il vuoto.

«Non badare a lui, è solo un piccolo saccente, mi ricorda molto Nyall, il pupillo di Platone. Adesso se la vede con me quell'ignorante!» il più basso in preda all'ira si girò di spalle pronto ad andare nella classe del biondo, interrompere un'altra lezione e buttargli parole addosso ma due braccia forti -e meravigliosamente sexy- lo bloccarono.

«Lascia stare, mio Eros» Hārry prese una sua mano e la avvicinò a sé, sussurrandogli all'orecchio con la sua voce calda ed ammaliante quelle parole, lasciando che Louīs ne rimanesse incantato. Quella voce calda, grave, aveva trafitto la sua ira con prepotenza e l'aveva trasformata in tranquillità. Louīs annuì dalle braccia del riccio, per poter tornare a guardarlo negli occhi, mentre lanciava qualche occhiata ai bambini -al bambino biondo in particolare- e si accertava che continuassero a disegnare, mentre perdeva tempo con il loro insegnante.

«Lou, questa sera è stato programmato il Simposio. Tu e il tuo amico Zen ci sarete?» Louīs annuì soltanto, lasciando un fugace bacio sulla guancia di Hārry prima di scappare, lasciandolo alla sua lezione.

Probabilmente era in ansia. Forse perché da lì a poco avrebbe incontrato un semidio con tutte le caratteristiche tipiche di un essere metà divino, forse perché stava pensando di fare un passo avanti nella loro relazione creata solo nella sua testa, forse perché ci sarebbe stato il suo capo di lavoro, il quale continuava a ripetergli di stare con lui.

Stupido Nyall.

Fortunatamente, per così dire, c'era Zen con lui, gli avrebbe dato sostegno come un vero ami-

«Ripetimi un po' cosa dovrei fare io? Ah, illuso! Smettila di sognare e guarda i fatti. I fatti, dico! È un semidio. Gli Dei ucciderebbero per averlo e lui dovrebbe pensare, o peggio, scegliere un comune mortale come te? Hai sbattuto la testa da qualche parte, piccolo Lou?»

Come non detto, Zen non era per niente di aiuto, un pessimo amico –realista– che metteva solo più agitazione sulle spalle di Louīs, che decise di non farsi abbattere dalle parole del suo amico moro, il quale sapeva solo buttare giù il morale della gente -e poi voleva fare l'avvocato- e, con gambe in spalla, uscì di casa determinato, seguito da uno Zen con il sopracciglio alzato e le braccia conserte.

Arrivarono al convivio e quasi tutti avevano già preso posto su delle sedute messe a disposizione nel grande spazio. I suoi occhi azzurri sfrecciarono da una parte all'altra del simposio alla ricerca della persona che gli aveva messo tanta ansia addosso e, quando lo trovò si addolcì, e tutta l'agitazione scivolò via. Un Hārry dai capelli scompigliati era disteso a parlare con il suo vicino di poltrona Nyall di qualcosa che, a detta di Louīs e della sua capacità a leggere il labiale, sembrava vino.

«Argomento scadente, capo» pensò il ragazzo, sperando che i suoi pensieri non offendessero il Divino Dioniso.

Zen fu tirato per un braccio dal suo amico e perse così la beata visuale di una donna che si cambiava dietro le quinte per poter andare in scena. Una splendida etera dagli occhi scuri e lunghi capelli biondi. Era stato allestito un piccolo palco nel grande atrio dov'erano disposte le sedute, su ogni poltrona potevano perfettamente sedere due uomini. Erano state pensate appositamente per due, per una coppia. Ed erano disposti a cerchio, così che l'addetto al vino potesse girarci dietro e offrire la bevanda agli invitati, senza disturbare la vista dello spettacolo.

Louīs decise di marciare convinto nella direzione di Hārry, interrompendo di colpo il soliloquio di Nyall.

«Per tutti gli dei, Louīs, si può sapere perché-»

«È libero questo posto?» la voce titubante di Louīs interruppe Zen bruscamente così che lui si voltasse, notando una testa piena di ricci annuire e scostarsi appena sulla poltrona così che il più basso si sedesse con lui. Zen quasi urlò dalla frustrazione sia per non aver finito di ammirare quello splendido dono di Afrodite sia per essere rimasto solo al simposio.

«Zen tranquillo, puoi sederti qui al mio fianco» le parole di Nyall riecheggiarono nelle sue orecchie e lui alzò le spalle, rassegnato, stendendosi al suo fianco. Stava già meditando su una piccola vendetta verso il suo amico.

D'altro canto, Hārry e Louīs erano lì pronti per intraprendere una conversazione, quando furono distratti da un portatore di vino diluito con acqua che girava per la stanza per regalare la bevanda degli Dei ai presenti.Dioniso era, a detta degli invitati, il dio migliore. Quello che amava gli esseri mortali e per questo aveva dimostrato tanto interesse dedicando loro bevande come il vino. Certo, un dio esperto come lui non doveva diluirlo con dell'acqua e poteva assaporare tutti i suoi benefici da un estratto puro, ma quell'estratto era troppo per gli umani. Loro non ce l'avrebbero fatta.

«Quindi, dicevamo...» prolungò l'ultima parola Hārry, portando la mano libera sui capelli di Louīs così che gli massaggiasse lentamente la sua cute, perso nel suo sguardo.
Se Hārry avesse dovuto mentire per una volta sola nella sua vita, avrebbe detto che Louīs non era attraente. Era consapevole che quasi tutti i partecipanti al banchetto si erano voltati almeno una volta verso la loro poltrona per ammirare quanta bellezza mortale ci fosse in quel ragazzo. Inoltre, la luce di quel giorno faceva risaltare i suoi occhi chiari ancora più del normale.
Era una visione paradisiaca.

Louīs era rimasto in silenzio per tutto il tempo, mentre Hārry rifletteva su quanto dire o fare, e sorseggiava con eleganza il suo bicchiere di vino. Quando il più basso incontrò lo sguardo ipnotico di Hārry fu la fine. A quella distanza, in quella circostanza, in quella posizione, con del vino fra le mani, tutto sembrava così giusto. Entrambi si sporsero lentamente, titubanti di una reazione negativa da parte dell'altro e non si accorsero neanche di come le loro labbra fecero a giungersi. Era qualcosa di voluto, estremamente voluto. Il riccio attirò a sé Louīs così da muovere le labbra sulle sue in un bacio semplice, tranquillo. Niente di affrettato.

«Mio padre da laggiù mi sta benedicendo, sto baciando colui che ha la fortuna di portare il mare negli occhi» sibilò Hārry sulle labbra di Louīs prima di allontanarsi appena e regalargli un sorriso che pochi avevano ricevuto, con tanto di fossette. Baciò la fronte del ragazzo davanti a sé e si godette lo spettacolo fino a sera con il ragazzo stretto prontamente sul suo petto. Si coccolarono tutto il tempo e il piccolo Lou ogni tanto lanciava occhiate a Nyall che ci provava spudoratamente con il suo migliore amico. Zen era conosciuto per il suo amore incondizionato –e apparentemente strano– verso il genere femminile, ma Nyall non mollava.

«Hārry stai tranquillo. Non mi dà fastidio il fatto che ci provi ma il fatto che sia Nyall... che saccente!» borbottò infilando la testa nell'incavo del suo collo, cercando di calmarsi mentre il maggiore accarezzava la sua spalla nuda con la mano fredda.

In quel momento entrarono le etere per poter fare il loro spettacolo e Louīs scattò in piedi appena ne vide una particolare e allontanò bruscamente Hārry da sé. Zen fece la stessa cosa con Nyall, affiancando il suo amico. Non era possibile, era lei.

«Elena?»

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Dopo aver insegnato qualcosa che insegnano anche i libri di scuola (quanto sono maestrina, qualcuno mi fermi) sono qui solo per salutarvi! Vi ringrazio per le votazioni o anche solo per le vostre visualizzazioni, mi fate tenerezza.

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-Ilay

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