15. ἀγάπη

Amore.

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La situazione riusciva solamente a degenerare.

Hārry ormai non aveva più tregua da settimane. Il buio lo avvolgeva, le sue iridi chiare ormai affogavano nel nero dell'oscurità e nessuno poteva fare più nulla per salvarlo. Erano giorni ormai che era seduto sul suo letto a fissare il vuoto come se fosse in trance, gli occhi perennemente spalancati e questo buio che ormai aveva preso il sopravvento. Neanche Louīs ora aveva più il potere di farlo ritornare. Gli parlava, si stendeva sulle sue ginocchia, gli lasciava baci sul viso ma ormai il ragazzo dai capelli ricci era stato portato via dal Dio degli Inferi. E sua madre, nonostante non smettesse di piangere, era consapevole di ciò che stava accadendo.

«Torna da me, Hārry» erano ormai le prime parole che ogni giorno gli rivolgeva Louīs non appena entrava in camera sua. Accarezzava il suo viso e si prendeva cura di lui, gli parlava, ma ogni volta che incontrava quegli occhi maledetti scoppiava in lacrime, perché ci rivedeva il buio del suo sogno, perché gli ricordava le minacce del Dio.
Perché Ade aveva deciso di prendere suo figlio?

Ormai era diventato insopportabile per il suo cuore. Faceva male vedere la persona che amava essere un... decerebrato.

«Hārry... per favore, svegliati. Amami come solo sai fare tu. Per favore...»

E non c'era verso di illuminare il buio nei suoi occhi con lo smeraldo che prima dominava. Erano pittati di nero, così cupo che Louīs aveva la pelle d'oca nel guardarli.

«Per tutti gli Dei dell'Olimpo, non è possibile! Ho bisogno del mio ragazzo per poter tornare a sorridere. Per avere la voglia di vivere ogni giorno con determinazione. Che senso ha se non ho lui?» Era esasperato, in ginocchio davanti al povero Hārry seduto ed immobile. Aveva rivolto uno sguardo al cielo, sentendo che la vivacità dei suoi occhi e il colore chiaro si stavano spegnendo insieme al suo cuore.

Non avrebbe risolto nulla continuando a piangere sul corpo in trance del riccio, che fissava un punto indefinito dell'abitacolo con gli occhi carichi di Inferi. Doveva cercare un modo per riportare Hārry da lui, andando incontro al volere dell'Oracolo.

Ancora una volta, il più piccolo degli Oneironi si ritrovava a scalare il Monte Olimpo munito di pazienza e voglia di rivedere Herm- di parlare con Zeus, ovviamente. Non stava certo andando lì per incontrare il messaggero degli Dei, era lì per lavorare, perché era un essere divino piuttosto professionale.

Certamente.

Morfeo aveva bisogno di rivedere anche solo per un secondo il Dio che gli aveva fatto perdere la testa. E pensare che era così cotto di Hermes che aveva lasciato immaginare ad una ragazza loro due in una relazione durante il suo sogno, senza che se ne rendesse conto. Non aveva intenzione di farlo ma era quasi inevitabile.
Aveva raggiunto finalmente l'Olimpo e non perse tempo, correndo direttamente da Zeus senza usufruire del messaggero che lo avrebbe solamente distratto. Sarebbe passato dopo a salutarlo.

«Padre degli Dei» annunciò la sua entrata nel grande castello fra le nuvole, inchinandosi in segno di sottomissione a colui che comandava sulle leggi dell'Universo.

«Morfeo! Mio fratello sarebbe capace di muovere la Terra se sapesse che un suo servo si è prostrato davanti a me. Dunque credo sia importante» Zeus lo salutò, pieno di luce e splendido come sempre. Morfeo sorrise appena, rimandando ancora una volta la richiesta di essere spostato sull'Olimpo e si impegnò per spiegare per filo e per segno nel migliore dei modi la faccenda di Louīs ed Hārry. Quei due ragazzi gli stavano particolarmente a cuore e voleva vederli felici, non meritavano tutta quella cattiveria da parte del mondo, da parte di Ade.
Mentre spiegava la vicenda al Padre degli Dei non perdeva occasione per guardarsi intorno estasiato dalla bellezza del Monte Olimpo. Il posto era inondato di luce per la maggior parte della giornata, tratteneva ogni singolo raggio di sole fino all'ultimo, fino agli sgoccioli del tramonto, grazie ad Apollo. E dunque lasciava spazio alla notte, illuminata dalle stelle e dai raggi lunari che rendevano mozzafiato la visita di quella città alata. E lui più ci pensava più sentiva l'ardente desiderio di abitare lì, fra le divinità che rendevano possibili le riflessioni dei filosofi e i sogni dei giovani, coloro che si occupavano del mondo e della natura e di renderli perfetti in ogni piccolo dettaglio.

«Questi due ragazzi credo stiano passando proprio le pene dell'Ade» cercò di sdrammatizzare il Grande Dio, ricevendo solo un'occhiata confusa dal povero Morfeo. Alzò dunque le spalle, rassegnandosi alla sua grande capacità di fare battute e la poca capacità del mondo di capirle e continuò. «Ad ogni modo, l'unica soluzione sarebbe quella di raggiungere gli Inferi portando non solo Hārry ma anche la persona che ha permesso che Ade scoprisse il suo cuore. A quel punto... la faccenda dovrebbe risolversi da sé.»

«Ma Padre... per un mortale non è facile trovare l'ingresso per l'Inferno» sospirò il Dio dei sogni abbassando lo sguardo pessimista sui suoi sandali, battendo le punte tra loro con fare infantile mentre aspettava una risposta dal grande e sapiente Padre degli Dei. Nella testolina fantastica di Morfeo stava giusto frullando il pensiero di Hermes che faceva di tutto per lui come Louīs sicuramente avrebbe fatto per il suo amato Hārry e sorrise involontariamente, prima di scuotere la testa e ritornare in sé, rialzando lo sguardo.
Il Padre degli Dei ascoltava ogni singolo pensiero sul quale voleva focalizzarsi e sicuramente aveva ascoltato le fantasie di Morfeo su Hermes come quelle sull'essere trasferito all'Olimpo, e gli sorrise, tramando qualcosa senza che realmente nessuno potesse leggere la sua mente.

«Bene, dunque imparasse a suonare la lira e ad accedervi come fece Orfeo per la sua amata.»

«Non le pare un po' scontato e già visto?»

«Mh, d'accordo, allora... inventati qualcosa tu, Morfeo. Lascio piena libertà a te, dopotutto sei tu quello che risiede negli Inferi, o mi sbaglio?» Sorrise in modo scaltro Zeus, lasciando che l'Oneirone andasse via piuttosto triste ed amareggiato dalle ultime parole del grande Dio. In quell'istante, mentre lasciava la stanza, l grande Dio dei Fulmini decise di rendere "casuale" un incontro tra Morfeo ed Hermes, origliando dal suo trono di nuvole e osservando la scena tra i due innamorati immortali.

«Morfeo? Cosa ci fai qui su, di nuovo? Se lo sapesse Zeus, oh cosa mi combinerebbe!» Sgranò gli occhi il piccolo Hermes saltellando nell'aria con i suoi piedi alati pronti per scappare per qualsiasi emergenza, mentre Morfeo sorrideva soltanto, grato di averlo finalmente rivisto. Non aveva parole per descrivere la sua bellezza in quel momento, solo era impegnato a contemplarla in silenzio, mentre il più piccolo Dio dalle ali sui sandali era tutto preso da un'agitazione inutile.

«Sono appena stato da Zeus, perciò sta' tranquillo. Come stai?»

«Come sto? In ansia, perennemente! Hai saputo che cos'ha Hārry? Oh povero ragazzo, e povero il suo amante, e sua madre, e povero Ade che sente la mancanza dell'amore, povero me, poveri tutti! La vita corre troppo velocemente e neanche i miei piedi con le ali riescono a starle dietro.»

Stava delirando, letteralmente.

«Sei un Dio, Hermes. Non c'è bisogno che tu insegua la vita, sei immortale. Ed ora datti una calmata, o sarò costretto a baciarti nuovamente» lo tirò rudemente dalle caviglie, lasciando che cadesse e atterrasse prontamente dritto davanti alla figura possente del Dio dei Sogni, guardandolo negli occhi e innamorandosi ogni secondo della sua figura, del suo cuore, della sua anima.
Entrambi non si resero conto di quanto fosse minima la distanza fra i loro corpi, di quanto le loro fronti si stessero avvicinando per trovare un contatto e permettere ai loro sguardi di sentirsi a casa l'uno nelle braccia dell'altro. In un attimo si scambiarono un breve ma intenso bacio sulle labbra, uno che solo il padre degli Dei era riuscito a vedere e uno che solo i loro cuori avrebbero potuto percepire, così da conservarlo per sempre.

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Creazione 08/05/2017 & Revisione 16/11/2018

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