8 - SOPRANNATURALE -
- Capitolo otto -
Soprannaturale
<< Di preciso, lei cosa fa in questo negozio? >> domando ad Eris mentre mi versa il tè in una deliziosa tazza di porcellana bianca con decori floreali blu.
Siamo seduti tutti e tre ad un tavolino rotondo coperto da una tovaglia di velluto viola, all'interno di una piccola stanza arredata in modo molto simile alla parte del negozio aperto al pubblico, ma più disordinata.
Dal soffitto pendono ciondoli e cristalli di diversi tipi e nell'aria si sente un forte odore di erbe e fiori selvatici.
Eris mi sorride e finisce di versare il tè anche nella tazza di Brice e nella sua, prima di rispondermi.
<< Sono quella che un tempo avrebbero definito "strega">> mi risponde lei << oggi mi definirebbero una sensitiva. Mi guadagno da vivere sfruttando i doni che la natura mi ha dato. Molti mi ritengono una truffatrice, ovviamente. La tipica donna che finge di avere poteri mistici per spennare i disperati che vengono a chiederle aiuto >> la sua voce è così liquida e calda quando mi parla che mi rilassa un po' i nervi a fior di pelle che ho da quando sono entrata in questo negozio.
Brice annuisce sentendo parlare Eris e si volta verso di me mentre prende la sua tazza di tè.
<< E poi ci sono io che l'aiuto. Non truffiamo nessuno, sia chiaro. Di solito i nostri clienti sono tutti soddisfatti >> risponde lui.
Mi verso due cucchiai di zucchero nel tè mentre alzo gli occhi e lo guardo. Chissà come ci è finito lui qui, invece...
<< E tu che fai qui? >> gli chiedo. La curiosità che mi spinge è troppa per non cogliere tutte le informazioni possibili che riesco ad ottenere.
<< Mi serviva un aiuto in negozio e così ho messo un annuncio >> mi risponde Eris per lui << Brice è stato l'unico che sembrasse davvero interessato a lavorare qui. E poi era un appassionato e studioso di occultismo. Col suo blog abbiamo attratto molta clientela, principalmente appassionati in materia >>.
Eris allunga la mano pallida verso la zuccheriera e si versa un cucchiaino di zucchero, poi inizia a mescolarlo nel tè. Non so perché quel gesto attrae così tanto la mia attenzione, ma non riesco a staccare gli occhi dalla sua mano. Potrei giurare per un attimo di aver visto il cucchiaino muoversi in cerchio da solo, con le dita di lei appena sopra a ripetere il gesto in aria. Scuoto la testa e l'immagine svanisce.
Noto sul viso di Eris una smorfia divertita che però svanisce in un secondo.
Brice si schiarisce la gola e si appoggia coi gomiti sulle ginocchia. Nei suoi occhi vedo la scintilla della curiosità, quella che muove la sua passione.
<< Posso chiederti come mai non sai nulla sulla tua famiglia? >> mi domanda.
Io sospiro e bevo un sorso di tè. E' delizioso. Ha un delicato gusto di melissa e un odore intenso di quello che mi sembra tarassaco. Il suo calore mi scalda la gola e il suo profumo mi riempie le narici. Poso la tazza e inizio a parlare.
<< Sono stata adottata quando avevo all'incirca quattro anni. Non ho molti ricordi dell'epoca, pochi e quelli che ho sono confusi. I miei genitori non mi hanno mai nascosto il fatto di non essere loro figlia biologica e, di comune accordo, hanno deciso di lasciarmi il mio vero cognome unito al loro >> spiego, il loro silenzio mi conferma che stanno ascoltando attentamente << non mi sono interessata troppo alla mia famiglia d'origine. Forse quando ero più piccola, ma non così tanto. In ogni caso, i miei mi hanno sempre promesso che a diciotto anni mi avrebbero raccontato di più su di me, quindi ho vissuto la mia vita in totale tranquillità, sapendo che in futuro avrei saputo di più sulle mie origini >> concludo con sincerità.
E' vero, non ho mai avuto la pretesa di conoscere la mia storia prima del tempo. Non avevo una tale curiosità che mi muovesse per provare a chiedere di avere più informazioni. Ma le cose adesso sono cambiate. Il sogno, i ricordi improvvisi... tutte queste strane e assurde situazioni mi hanno portata a pormi più domande su di me di quante ne avessi prima. E poi la ricerca a scuola è cascata proprio a pennello.
Brice annuisce, soppesando le mie parole. La mia attenzione però è rivolta ad Eris e al suo sguardo che è palesemente quello di chi non ha bisogno di spiegazioni. Anche se non me lo ha voluto dire prima, so che mi conosce. E sono abbastanza certa che la mia storia lei la sappia già.
<< E' strano però >> le parole di Brice interrompono i miei pensieri. La sua fronte è corrucciata, gli occhi confusi che mi fissano cercando risposte alle sue domande << come hanno fatto a non trovarti? >> mi chiede.
<< Chi? >> rispondo, più confusa di lui.
<< I Whiteoak. Loro sono legati, uniti. Vivono tutti in simbiosi. Sono una grande famiglia. Come è possibile che non ti abbiano voluta? >> chiede più a se stesso che a me.
Eris sospira e lo guarda, quasi a volergli dire di tacere. Brice coglie l'avvertimento e non parla più, lasciando che sia lei a condurre la conversazione.
<< Evidentemente ci sono dei motivi, Brice. Non possiamo sapere tutto >> gli risponde secca lei.
La guardo e so che sta mentendo. So che ci sono dei motivi se i miei genitori biologici non mi hanno voluta o mi hanno dovuta lasciare. E so che Eris li conosce, tali motivi. Forse semplicemente non vuole rivelarli a Brice.
<< Nevena, cosa sai di te? Forse conosci qualcosa che possa aiutarmi a darti una mano con la tua ricerca. >> mi domanda lei.
<< Beh... >> rifletto su ciò che conosco di me e sulla mia vita precedente a quella attuale << sono nata in Bulgaria e so che il mio nome in bulgaro significa "calendula" >> rispondo con la prima informazione che mi viene in mente.
Brice fa una smorfia come a dire "davvero il tuo nome ha questo significato"?
<< So che il cognome di mio padre è Whiteoak >> continuo << e basta, in realtà. Non so molto altro. A parte ... >> mi interrompo. Non so se voglio parlare delle visioni. Sono abbastanza sicura che quell'uomo, Jonathan, quello che ho visto nei miei ricordi, sia il mio vero padre. Gli assomigliavo, ero identica a lui in molte cose. E poi il modo in cui mi guardava, come si preoccupava per me. Non posso averne la certezza, ma la sensazione è questa e non posso ignorarla.
<< A parte? >> incalza Brice. Lo sento che è incuriosito da me, dalla mia storia. Infondo, questo per lui è pane quotidiano. Lui sguazza in questi discorsi, in questo ambiente occulto ricco di misteri e segreti.
<< Non so... mi pare di ricordare il nome di un uomo che forse potrebbe essere quello del mio vero padre >> rispondo.
Eris mi fissa intensamente, lo sguardo che mi studia. Credo sappia ci sia di più che ho da dire.
<< Forse... Jonathan >> dico.
Brice sgrana gli occhi, confermandomi che effettivamente un Jonathan Whiteoak esiste. Ma io rimango concentrata su Eris. Lei non fa una piega.
<< E perché pensi sia tuo padre? >> incalza.
Sospiro. Non so se riesco a parlarne, a rivelare a due estranei che ho avuto delle visioni in cui appariva un uomo con questo nome e che mi sembrava mio padre. Ho paura mi giudichino. Ma pensandoci bene, dove mi trovo? Sono pur sempre in un negozio che tratta di occultismo, come potrei essere giudicata da loro?
<< Vi giuro che non sono pazza, ma potrei sembrarlo >> metto le mani avanti prima di continuare.
Brice ride e mi fa cenno con la testa di continuare.
<< Ho avuto delle... non saprei esattamente come definirle. Delle visioni, diciamo. Sembravano dei ricordi della mia infanzia, di quando ancora non ero con la mia famiglia. E in queste visioni c'era quest'uomo che si preoccupava per me e mi assomigliava così tanto... Il suo nome era Jonathan >> dico.
Nella stanza c'è uno strano silenzio, quasi contemplativo. Come se sia Eris che Brice stessero soppesando le mie parole.
<< Da quanto tempo hai queste visioni, Nevena? >> la voce di Eris è così dolce, avvolgente, che l'ansia di rivelare un segreto come questo a due perfetti sconosciuti se ne va via in un attimo.
<< Da ieri, anche se non sono iniziate come delle visioni. Ho fatto un sogno prima. E da lì che è cominciato tutto >> rivelo, la voce bassa come se avessi paura che qualcun altro a parte noi tre possa ascoltarmi.
A Eris si illumina lo sguardo di un'emozione che fatico a decifrare. Non capisco cosa sia. Sembra un misto tra sorpresa, consapevolezza e timore allo stesso tempo. Continua a guardarmi dritta negli occhi mentre si alza e recupera il grosso libro che Brice aveva fatto cadere poco prima nel negozio.
Si siede e inizia a sfogliarlo, in silenzio.
Sento lo sguardo di Brice su di me e mi volto verso di lui.
<< Hai degli occhi particolari. Scusa se te lo dico >> afferma. Tutto mi aspettavo fuorché un commento simile al momento.
Sorrido, un po' imbarazzata. Lo so di avere una peculiarità, ma a me piacciono i miei occhi. Quando ero piccola, alcuni miei compagni di scuola avevano paura di me. Dicevano che avevo un mostro che viveva nel mio corpo e per questo i miei occhi erano di due colori diversi. All'inizio ci rimanevo male per quegli insulti, ma crescendo ho imparato ad ignorarli e ad amare me stessa esattamente così come sono.
<< Lo so, me lo dicono spesso >> rispondo semplicemente.
Eris si schiarisce la voce e mi passa il pesante libro. E' aperto su quello che sembra essere un grande albero genealogico.
Lo prendo e inizio a studiarlo, a guardare ogni ramo da cui se ne diramo altri ancora più piccoli. E' così ampio e complesso. La famiglia Whiteoak è sicuramente antica di generazioni per avere una stirpe simile.
<< Questo è l'albero genealogico della famiglia Whiteoak a partire dagli anni trenta del Novecento fino ad oggi. Come vedi è molto vasto, ci sono voluti anni di ricerche per ricostruirlo in maniera così dettagliata >> mi spiega Eris, la schiena appoggiata sulla sedia, le spalle rilassate.
<< Evidentemente ci siamo persi un pezzo >> sbotta Brice, guardandomi.
Eris lo fulmina con lo sguardo. C'è da dire che Brice sembra un ragazzo molto diretto. Forse anche troppo. In ogni caso, non sono una persona che si offende facilmente, dunque non faccio troppo caso alla sua uscita.
I miei occhi viaggiano sulle pagine e arrivano al fondo, verso i rami più recenti. Il mio sguardo cerca quel nome familiare e trattengo un sospiro quando lo trovo. Eccolo lì: Jonathan Steven Whiteoak. Ha due fratelli : Alexander Michael Whiteoak e Edward George Whiteoak. Entrambi hanno dei figli, ma da Jonathan non parte alcuna linea di discendenza.
<< Jonathan Whiteoak è il figlio di Percival Whiteoak, al momento a capo della famiglia. E come vedi, di lui non risulta alcuna progenie >> mi risponde Eris.
Mi sento un po' vuota. Speravo di trovare il mio nome su queste pagine. Ma non è così. Ma perché? Non mi hanno voluta? Mi hanno abbandonata? O forse c'è dell'altro. Nelle mie visioni dicevano che avrebbero dovuto proteggermi da delle persone che se mi avessero trovata, mi avrebbero fatto del male. Forse la mia famiglia d'origine, i Whiteoak, erano un tale pericolo per me, che mio padre e mia madre hanno preferito nascondermi.
<< Come è possibile che di te non ci sia traccia? Mi sembra assurdo. Perché tuo padre non ti ha riconosciuta? >> la domanda di Brice è posta più a se stesso che alla sottoscritta. Si strugge così intensamente per la vicenda che comprendo finalmente quanto sia appassionato alla questione.
<< C'è sempre una ragione >> sussurra Eris e mi invita con un cenno della testa a sfogliare il libro. E' così ricco di pagine e informazioni che non riesco nemmeno a scegliere cosa guardare per primo. Giro le pagine una ad una e con estrema attenzione. Il libro è datato e le sue pagine sono così sottili e fragili che ho il terrore di strapparle.
<< Qui dentro troverai molte informazioni sulla tua famiglia. Puoi prenderlo in prestito per la tua ricerca >> mi dice Eris. Alzo lo sguardo su di lei. Mi sta sorridendo dolce, ma il suo viso è triste.
<< Grazie >> rispondo.
<< Non vuoi sapere qualcosa su quello che fanno? Sulla loro missione? >> sento l'entusiasmo di Brice in ogni singola sillaba. Alzo gli occhi al cielo. Mi fa molto ridere la sua ossessione per questo genere di cose, però apprezzo la genuinità del suo interesse, perciò gli faccio un cenno di assenso.
Lui si stampa in viso un sorriso raggiante.
<< Sono i più importanti cacciatori di vampiri della storia. Sono stati i primi e hanno dato il via alla nascita di altre famiglie cacciatrici. Devo ammettere che ci sono anche molti singoli che decidono di intraprendere questo cammino >> mi spiega Brice, una parola a raffica dopo l'altra << però i Whiteoak sono speciali. Gli altri cacciatori, sono comuni esseri umani venuti a conoscenza dei vampiri e desiderosi di combatterli. I Whiteoak sono stati creati da una strega, non sono semplici uomini. Sono la perfetta combinazione di umanità e magia. Gli sono stati dati dei doni e loro li hanno sfruttati e ampliati per diventare i migliori >> si ferma Brice per riprendere fiato.
<< Ho letto queste cose sul tuo blog >> gli ricordo.
<< Nevena >> mi giro verso Eris, il suo sguardo luminoso che studia ogni dettaglio del mio viso << tu credi nel sovrannaturale? >> la domanda è secca, diretta. Talmente tanto che non me l'aspettavo.
<< Sinceramente? >> chiedo prima di continuare << no, o almeno non ci ho mai creduto prima. Però... le cose che mi stanno succedendo, sono così strane che non riesco a spiegarmele. Dunque setaccio ogni pista possibile >>.
Lei annuisce, un sorriso appena accennato sul viso.
<< Comprendo che tutte queste storie siano difficili da credere, ed è importante che tu lasci da parte la tua razionalità un momento e cerchi di accettare queste informazioni. Puoi farcela? >> la sua è una domanda sentita e sincera.
Credo davvero che voglia aiutarmi e so che è convinta fortemente che tutte queste storie siano reali. Se mi avessero detto tutto ciò appena un paio di giorni fa, probabilmente sarei scoppiata a ridere. Ma adesso, con tutto quello che mi sta accadendo, le visioni, il sogno, le foglie apparse nel nulla... come posso non prendere anche un minimo in considerazione l'idea che forse il mondo non è solo quello che ho conosciuto finora?
Annuisco leggermente ad Eris. Sì, devo mettere da parte la razionalità e ascoltarla.
La mano di Brice mi porge un altro libro. E' molto bello e raffinato, con una copertina di velluto nera e una stampa in rilievo color argento. Si intitola "Storia del vampirismo".
<< Conoscere i Whiteoak è fondamentale per la tua ricerca. Ma non basta se non conosci contro chi si battono per la riuscita della loro missione >> mi spiega Brice.
Apro il libro. E' meno spesso del precedente, ma è comunque ricco di informazioni e nomi. Sfogliandolo, mi cade l'occhio sull'inizio di un capitolo. Il suo titolo è un nome. Non so perché io mi sia soffermata proprio lì, su quella pagina. Ma quel nome... ha qualcosa di così familiare che...
Mi manca il respiro e per la terza volta in due giorni la sento arrivare, più violenta e immediata delle precedenti.
Questa volta non sono una bambina. Sono io, nel mio corpo di diciassettenne.
Mi trovo in una strada di città. Ma non sono nel mio tempo. A dirla tutta, non siamo proprio nel ventunesimo secolo. I lampioni sono pochi e quelli che ci sono sembrano a gas. Sento un rumore di zoccoli provenire dietro di me. Mi scosto per evitare una carrozza trainata da un paio di cavalli scuri e condotta da un cocchiere che non sembra avermi minimamente notata. Il cielo è scuro e un uomo sta camminando sul marciapiede. Man mano inizia a spegnere i lampioni, finchè non sono completamente avvolta dal buio. La luna in cielo, è l'unica luce che illumina un poco la via.
Mi guardo intorno cercando di capire dove mi trovo, ma non so darmi una risposta. Mentre osservo i palazzi in cerca di indizi, uno sghignazzare acuto cattura la mia attenzione.
D'istinto, mi nascondo dietro il muro di un vicolo e osservo la scena che mi si para davanti agli occhi. Una coppia sta camminando a braccetto.
La donna ha i capelli raccolti, le ricadono solo alcuni riccioli scuri sul collo nudo. Il seno è strizzato e sollevato da un corsetto bianco molto attillato. Le labbra sono rosso fuoco. Si sorregge ad un uomo alto, vestito con abiti da sera eleganti, le mani nascoste da dei guanti neri. Le sue spalle sono così larghe, da far sembrare la donna accanto a lui una bambina. Non riesco a vederlo bene in faccia. Sta sussurrando qualcosa all'orecchio della sua compagna, i capelli chiari lunghi fino alle spalle, gli nascondono il viso.
La donna ride fragorosamente e si stringe di più a lui. L'uomo si volta e io trattengo un respiro.
Mentirei se dicessi di aver mai visto un uomo più bello di quello che sto guardando in questo momento. I suoi lineamenti sono marcati, la linea della mascella sembra quasi essere stata scolpita talmente è definita. La sua pelle è chiara, senza imperfezioni. Le labbra sono aperte in un sorriso smagliante e luminoso. I capelli biondi e mossi, gli ricadono dolcemente sulle spalle.
E poi eccoli lì, quegli occhi. Gli stessi del mio sogno. Quelli tali e quali ai miei.
I miei pensieri vengono interrotti bruscamente e mi inoltro più indietro, nascondendomi nell'oscurità del vicolo.
L'uomo e la donna sono a pochi metri da me. Lui la costringe contro il muro, la sua mano guantata sul suo collo mentre la bacia intensamente. Le mani della donna si spostano sulle braccia dell'uomo, sulle spalle, fino a raggiungere i capelli. Lui si stacca da lei e in un gesto talmente veloce che mi sembra quasi di non essere riuscita a vedere, le inchioda le mani al muro. Le bacia il viso con una brutalità e voracità che mi sento quasi in imbarazzo a guardarli. Poi la sua bocca si posa sul suo collo e la donna geme e si contrae al contatto delle sue labbra.
Ma un secondo dopo spalanca gli occhi e quel gemito diventa un urlo. Un urlo straziante di paura e dolore. La mano dell'uomo preme contro la sua bocca per bloccare quel suono. La donna si dimena, cerca di liberarsi ma lui è troppo forte, la tiene intrappolata tra il suo corpo e la parete.
Ed è in quel momento che vedo il sangue.
Rivoli e rivoli di sangue le scendono sul seno, macchiandole la pelle, i vestiti, le scarpe. Il sangue comincia a scivolarle addosso sempre più copioso fino a formare una pozza sul pavimento. La donna non urla più, non fa più resistenza all'uomo che la sta dissanguando. La mano che gli teneva stretta attorno alla spalla per tentare di allontanarlo, cade lungo il suo fianco. Lo sguardo è fisso nel vuoto. E' morta.
Il suo corpo cade a terra con un tonfo. Rimango impietrita di fronte alla scena. Non riesco a muovere un muscolo, fatico a respirare. L'unica cosa che riesco a fare è fissare quel corpo senza vita a pochi passi da me.
Un respiro affannoso mi risveglia e il mio sguardo cade su l'assassino. Il sangue gli ricopre le labbra e buona parte del viso e gli inzuppa la camicia. Alza la testa al cielo e sorride, scoprendo dei canini affilati.
Emetto un suono disgustato alla vista di quella scena e lui si volta verso di me.
Mi vede.
Sul suo volto lo stupore e una serie di emozioni che si susseguono una dietro l'altra. I suoi occhi si specchiano perfettamente nei miei. Identici.
Arretro fino a toccare il freddo muro di pietra dietro di me. Non ho scampo.
L'uomo mi si avvicina, calmo, attento. Come se mi stesse studiando, come se stesse assaporando l'idea di finirmi piano e lentamente. E' a pochi passi da me quando si ferma. Trattengo il fiato. Il mio corpo è rigido, bloccato dalla paura.
Lui mi squadra partendo dal basso e risalendo lentamente, in una maniera quasi dolorosa, tutto il mio corpo, per poi arrivare al mio viso. Lo fisso intensamente negli occhi e in quell'esatto momento, la mia paura cede un po' ad un'altra strana e sconosciuta sensazione. Anche la sua espressione cambia e mi osserva con una minuzia e un interesse tale da farmi staccare di poco la schiena dal muro. Lui se ne accorge e pare sorpreso dalla mia iniziativa.
Ci fissiamo in silenzio per un tempo che sembra non finire mai, studiandoci reciprocamente. Poi lui fa una cosa che mai, vista la sorte della donna di prima, mi sarei aspettata facesse. Alza una mano e delicatamente mi scosta un ciuffo di capelli scuri dal viso e me lo porta dietro un orecchio. Mi sorprendo di me stessa quando non mi sposto.
Sul suo volto appare un mezzo sorriso divertito e per la prima volta, sento la sua voce. Calda, profonda, seducente. Quasi eterea.
<< Ci rincontreremo molto presto, mia cara Nevena >>.
E poi il buio.
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