21 - LA CONGREGA -


Capitolo ventuno

-La congrega-


Una volta tornati a casa, mi lascio cadere sul divano.

Sono sfinita, svuotata di ogni forza. È stata una mattinata pesante, ricca di emozioni forti e difficili da gestire. Mi levo le scarpe e mi rannicchio, avvolgendomi le braccia al corpo. Con la mente, cerco di pensare solo a cose positive, per evitare che l'ansia e il dolore ritornino a martellarmi il cervello.

Sento Jonathan e mio padre parlare in cucina. Un mormorio leggero, volutamente abbandonato in un angolo della mia mente. In questi primi giorni della mia nuova vita da vampira, mi sono pian piano allenata a allontanare tutti quei suoni che la Nevena unicamente umana, non avrebbe mai potuto percepire.

È difficile riuscire a isolarsi, lasciare che quei rumori di cuori, parole e versi, se ne stiano abbandonati in un cassetto mentale chiuso a chiave. Ma è necessario che io ci provi a tenerli il più distante possibile. Se non ci riuscissi, se lasciassi che tutto quanto mi investisse in pieno, probabilmente impazzirei.

Lascio andare la nuca sul poggiatesta del divano e chiudo gli occhi, cercando di rilassarmi.

« Nevena? » sento una voce chiamarmi non molto tempo dopo.

Jonathan mi sta guardando, in piedi, in mezzo al salotto. Si è cambiato. Il suo abito elegante è stato sostituito da un paio di jeans blu scuro e da una felpa con cappuccio marrone. Ai suoi piedi, degli stivali neri hanno preso il posto delle scarpe di vernice che aveva indossato per il funerale.

Accenno un sorriso e mi sistemo composta.

« Fra poco parto per Boston. Vado a vedere come sta Sally e a sentire cosa hanno scoperto Eris e la sua congrega su Lucas » mi comunica.

Annuisco.

Il mio cuore si crepa nel sentire uscire dalle sue labbra il nome della mia amica. Chissà come si sente. È ancora sotto l'influenza di quel mostro oppure è tornata in sé? Sarà spaventata, confusa da ciò che le sta succedendo. E se si sentisse sola?

« Voglio venire con te » dico di getto.

Jonathan non parla, perciò alzo lo sguardo su di lui.

I suoi occhi azzurri mi osservano, studiando la mia reazione. Mi sarei aspettata un'occhiata di diniego. D'altronde, mi ha sempre tenuta all'oscuro da ogni cosa, cercando di proteggermi, di tenermi al sicuro. Eppure, in lui ora non vedo nulla di tutto questo.

Fa un cenno di assenso con la testa e poi col mento indica i miei vestiti.

« Vai a cambiarti, allora. Ti aspetto in cucina ».

Mi alzo, sorridendogli appena per la fiducia che ha deciso di darmi. Mentre salgo le scale, qualcosa in me inizia a risvegliarsi. Una strana consapevolezza. Forse anche Jonathan ora ha capito che non sono più la sua bambina.

Sono una donna. Metà vampira e metà Whiteaok. Ed è ora che io affronti questa nuova realtà.


🩸🩸🩸


Il viaggio in auto è silenzioso e calmo. L'unico rumore che riempie l'abitacolo, è il vociare dello speaker alla radio che parla di musica e album di gruppi pop a me sconosciuti.

Questa quiete non mi disturba come avrebbe fatto in altri momenti. Anzi, credo che mi faccia bene. Mi permette di pensare, di riflettere su ciò che sta per diventare la mia vita. Mi domando se la mia famiglia biologica prima o poi scoprirà di me.

Sospiro, mentre una spiacevole stretta mi prende lo stomaco. Vorranno uccidermi, su questo non ho alcun dubbio. E chissà cosa farebbero a Jonathan. Lui, il figlio di uno dei capi famiglia Whiteaok più forti e importanti dell'ultimo secolo, ha avuto una figlia da una vampira. Non credo che, ricordando di come me ne aveva parlato mio padre biologico, mio nonno avrebbe pietà di lui.

Sarebbe in grado di spingersi così oltre? Uccidere un membro della sua famiglia? Suo figlio, sangue del suo sangue?

Non posso averne la certezza, ma il dubbio rimane.

Arriviamo in città in poco tempo, complice un traffico per lo più assente.

Jonathan ci conduce per le vie di Boston, per poi accostare accanto al marciapiede di una via residenziale nel quartiere di Beacon Hill.

« Da qui proseguiamo a piedi » mi comunica, facendomi voltare verso di lui.

Annuisco e scendiamo dall'auto. L'aria è fresca e un leggero vento proveniente dal fiume poco lontano mi scompiglia i capelli. Per essere metà mattinata, le persone in strada sono poche.

Jonathan chiude la macchina e ci incamminiamo in silenzio.

« Eris ti ha detto come sta Sally? » gli domando dopo un paio di minuti.

Jonathan sospira e china il capo, osservandosi la punta delle scarpe.

« È un po' preoccupata » ammette « non è semplice gestire una succube ».

Corrugo la fronte nell'udire quella parola.

"Succube". Anche Lucas l'aveva chiamata in quel modo. Onestamente, dopo tutto ciò che è successo, mi ero quasi dimenticata di quello strano termine per identificare la mia amica. Quindi non era una parola detta a caso. Ha un significato.

« Cos'è una succube? » domando.

Gli occhi azzurri di Jonathan incontrano i miei e un velo di tristezza li incupisce appena.

« Le succubi sono delle schiave, ragazze e donne che vengono raggirate e ammaliate dal fascino di un vampiro. Non è una pratica così comune e sono in grado di compierla solo i maschi. Di solito lo si fa con lo scopo di ottenere delle "serve di sangue" ».

Un brivido mi scende lungo la spina dorsale.

« Cioè » deglutisco « le usano come dispensa di sangue personale? » domando.

Jonathan annuisce.

Una nausea forte mi prende lo stomaco e mi porto la mano alla bocca per evitare di vomitare sul marciapiede.

Che orrore. Fare il lavaggio del cervello a una persona, solo con lo scopo di nutrirsene a piacimento.

« Spesso il vampiro promette di trasformare l'umana, ma è raro che questo accada. Nella maggior parte dei casi, le succubi, quando il loro padrone non ha più bisogno di loro, vengono uccise » la voce di Jonathan è bassa, come se quell'argomento turbasse anche lui.

« È brutale » rispondo di getto.

« Sì » afferma « lo è. Ma Eris ritiene che non sia andata così per Sally. Lucas l'ha resa sua schiava col solo intento di trasformarla per fare del male a te. Chissà, forse pensava che ti avrebbe ucciso oppure che tu avresti ucciso lei. In ogni caso, il futuro di Sally non era contemplato ».

Quelle parole mi arrivano dritte allo stomaco. Sally era una ragazza così solare, dolce, piena di vita. Aveva tutta la possibilità di crearsi un avvenire roseo, fatto di sorrisi e nuove esperienze. Ma adesso non sarà più così. Non potrà più tornare quella di prima. E tutto questo a causa mia.

Trattengo un groppo in gola.

« E cosa le sta succedendo adesso? » chiedo.

« Quando il padrone di una succube muore, è come se con lui se ne andasse la parte più grande dell'anima della sua serva. E dopo la morte di colui che per lei era la sola ragione di vita, non ha più senso vivere ».

Un allarme assordante risuona nella mia testa.

Mi blocco nel bel mezzo della strada, catturando l'attenzione di alcuni passanti. Jonathan prosegue per un paio di metri e, quando si accorge che non gli sono più accanto, si volta.

« Sally si sta lasciando morire » la mia più che una domanda è un'affermazione. Una consapevolezza amara ma, purtroppo, vera.

Jonathan mi sorride triste e viene verso di me, allungando una mano per prendere la mia. Lascio che le sue dita mi stringano, trasmettendomi un conforto di cui so benissimo di aver bisogno per andare avanti.

« La salveremo, Nevena » mi risponde lui.

Annuisco, lo sguardo fisso nel vuoto. Vorrei tanto poter essere fiduciosa, ma al momento la mia vita non sembra voler collaborare coi miei desideri.

« Ho già perso Major, non posso perdere anche lei » sussurro.

Una stretta mi fa sollevare lo sguardo. Incontro gli occhi azzurri di mio padre che mi osservano malinconici. Annuisce, comprendendomi appieno.

Mano nella mano, continuiamo a camminare in silenzio, finché non ci fermiamo in un piccolo vicolo. Su entrambi i lati, palazzine risalenti al XIX secolo si susseguono una dietro l'altra. Una bandiera degli Stati Uniti sventola dal balcone di uno degli edifici. Il suolo è acciottolato, rendendo la visione della via ancora più caratteristica. Le abitazioni si alternano a piccoli negozi di prodotti artigianali e i marciapiedi sono decorati da aiuole e lampioni a gas. Sembra quasi che qui il tempo si sia fermato.

Mi lascio condurre da Jonathan fino all'entrata di un palazzo di mattoni rossi. Alcuni scalini in pietra conducono alla porta di ingresso in legno bianco. Li saliamo e Jonathan lascia la mia mano per suonare il campanello in ottone.

Voci femminili e acute arrivano dall'interno della casa e dei passi veloci si fanno più vicini dall'altro lato della porta.

Quando questa si apre, mi ritrovo davanti una ragazza che, come l'ambiente che ci circonda, sembra essere tornata indietro nel passato. Il corpo alto e magro, è avvolto in un leggero caftano con stampe geometriche arancioni, ocra e verde salvia lungo fino alle caviglie. I capelli biondi e mossi le ricadono sciolti lungo le spalle, terminando sotto al seno. La parte superiore della testa è coperta da un foulard giallo a fiori.

Gli occhi chiari e grandi della ragazza mi osservano vispi e allegri e sulle sue labbra rosee appare uno dei sorrisi più smaglianti che io abbia mai visto.

« Aaaaah, eccola qui! » urla entusiasta. In un secondo, vengo avvolta in un abbraccio caloroso che mi lascia spiazzata. Mi stringe a sé, ondeggiando a destra e a sinistra. Ricambio imbarazzata la stretta e con lo sguardo cerco Jonathan per avere spiegazioni.

Lui si porta una mano al viso, trattenendo a fatica una risata.

« Quanto sei cresciuta, bestiolina! Fatti vedere bene » si stacca improvvisamente da me e si allontana quanto basta per osservarmi da cima a fondo. Un gridolino eccitato e felice le esce dalle labbra facendomi sollevare le sopracciglia.

Ma che ha questa tizia?

Poi le sue iridi azzurre si spostano su Jonathan e le sue labbra formano una O di piacevole sorpresa.

« Tu invece » si avvicina a lui posandogli entrambe le mani sulle guance. Le sue dita e i suoi polsi sono agghindati da una moltitudine di anelli e bracciali dai più svariati materiali e colori « sei sempre più affascinante. Dio! » esclama stampandogli un bacio a tradimento sulle labbra.

Strabuzzo lo sguardo, scioccata dall'espansività della ragazza.

Jonathan ride sotto i baffi, mentre le sue guance si tingono di un rosso acceso.

« È sempre piacevole ritrovarti, Cordelia. Possiamo? » le domanda lui, indicando con una mano la porta aperta.

Lei annuisce, sghignazzando come una bambina e facendoci segno di accomodarci. Seguo Jonathan e mi guardo intorno. Ci troviamo in una grande entrata, con una scala al centro e diverse porte aperte su entrambi i lati della stanza. L'ambiente è pulito e immacolato. Il pavimento di legno chiaro si abbina perfettamente alla carta da parati color panna. Qua e là, dei mobili antichi e diverse piante decorano l'ambiente.

Cordelia si avvicina alla scala, ondeggiando come se la sua mente stesse riproducendo una musica che solo lei è in grado di sentire. Continua a muoversi mentre, dal nulla, nelle sue mani appare una sigaretta.

O meglio, uno spinello. Se lo porta alle labbra e, con un gesto veloce della mano, dà vita a una piccola fiamma che lo accende. Aspira profondamente e poi espira, riempiendo l'aria di un fumo denso dalle sfumature violacee.

Il suo sguardo si posa nuovamente su di me e una risata allegra le esce dalle labbra.

« Guardati, bestiolina, sei una donna ormai » si avvicina a me, volteggiandomi intorno con passi leggeri, facendo svolazzare il caftano « mi ricordo quando Eris ti ha portata qui. Eri così piccola, con dei capelli tanto scuri da fare invidia alla notte più profonda. Dio, quanto li vorrei anche io così ... » una sua mano prende dolcemente una ciocca della mia chioma e se la rigira tra le dita.

Osservo la ragazza davanti a me, cercando di ricordarmela ma nella mia mente c'è il vuoto assoluto.

« Cordelia è una strega della congrega di Eris » corre in mio soccorso Jonathan « quando sei arrivata negli Stati Uniti da piccola, si è presa cura di te insieme alle altre ».

Cordelia annuisce, sghignazzando di tanto in tanto. Si posa tra le labbra lo spinello e inizia a intrecciarmi la ciocca che prima stava osservando con tanta attenzione.

« Non ricordo, mi spiace » dico, un po' dubbiosa mentre la guardo. Come può una ragazza del genere, che sembra appena tornata da Woodstock, completamente fatta di chissà quale droga, essersi presa cura di una bambina?

« Tranquilla, bestiolina. Avrai modo di conoscermi » mi risponde. Lascia i miei capelli, che ora sono decorati da una treccia morbida sul lato destro della testa.

Dei passi veloci provenienti da una delle porte a sinistra, catturano la mia attenzione.

Pochi secondi dopo, ci viene incontro una giovane ragazza dall'aspetto gioioso e sorridente. I boccoli castani sono raccolti in una acconciatura decorata con dei fiori recisi. Le spalle e il décolleté sono scoperti e lasciano intravedere dei tatuaggi fini e intricati che svaniscono sotto il lungo vestito celeste. A differenza di Cordelia, lei è minuta.

Ci raggiunge. I suoi grandi occhi nocciola sono pieni di felicità.

« Siete arrivati! » la sua voce è morbida e calda, dona quasi un senso di pace.

Jonathan annuisce e la stringe in un abbraccio. Lei ricambia e quando si stacca posa lo sguardo su di me.

« Ciao, Nevena. Io sono Oriana. Ci siamo già conosciute quando eri appena una bambina, ma probabilmente non hai alcun ricordo di me » si presenta porgendomi una mano.

Gliela stringo e ricambio il sorriso.

« Purtroppo no » ammetto.

Lei mi sfiora un braccio, stringendomelo appena. Il suo viso è calmo e rilassato, le labbra grandi sono distese in un lieve sorriso.

« Non preoccuparti, recupereremo » mi promette.

Un suono di vetri che vanno in frantumi attira la nostra attenzione. Mi volto verso destra. Cordelia osserva immobile, con ancora lo spinello tra le dita, cocci di quello che poco fa era un vaso azzurro contenente delle peonie rosa.

« Cordelia! » esclama Oriana.

La bionda si porta una mano alla bocca, cercando di trattenere inutilmente una risata.

« Ops » bisbiglia, voltandosi verso l'altra strega.

Oriana strabuzza gli occhi e si porta le mani sui fianchi, assumendo la tipica posa di una madre arrabbiata.

« Hai di nuovo rubato le erbe dalla mia serra per drogarti?! » urla indignata.

Cordelia sbuffa, facendo uscire dalle labbra un rivolo di fumo viola, e alza gli occhi al cielo. Con la mano destra fa dei gesti circolari a mezz'aria e, in men che non si dica, il vaso si ricompone e i fiori tornano al suo interno.

« Come sei noiosa, sorellina. Dovresti rilassarti anche tu ogni tanto ».

Oriana sospira e, con un semplice cenno del capo, fa sì che il vaso si sollevi in aria e ritorni al suo posto sul mobile in legno chiaro accanto alle scale.

Osservo la loro magia, la tranquillità e la facilità con cui compiono gesti straordinari ma che per loro devono essere pura quotidianità. Ancora fatico ad abituarmi a questo mondo.

« Quelle erbe non sono la tua dispensa di sballo personale, Delia. Mi servono per lavorare » la rimprovera.

Cordelia fa spallucce e, con passi leggeri, si avvicina a noi. Accarezza la testa di Oriana e le da un bacio sulla guancia, prima di cominciare a salire le scale che portano al piano superiore.

« Il tuo lavoro è far star bene le persone, Oriana » biascica la bionda mentre si trascina su per i gradini « e la tua serra è così piena di tante tenere, meravigliose, invitanti piantine che aiutano me ».

Oriana scuote la testa, osservando la strega svanire in cima alla scalinata.

« Cordelia sta bene? » le domando una volta sole.

« Oh sì >> risponde lei « sta più che bene. Solo che nonostante abbia 240 anni sembra sia rimasta adolescente ».

Jonathan accanto a me sogghigna.

« È sempre stata un po' particolare, in effetti. Non è cambiata di una virgola dall'ultima volta che l'ho vista ».

« È la solita Cordelia troppo nostalgica del suo periodo d'oro negli anni Settanta. Non la recupereremo mai, temo » risponde lei.

Jonathan annuisce, l'espressione divertita ancora sul suo viso. Ma in un secondo, questa scema. E i suoi occhi chiari tornano seri, osservando profondamente quelli della strega.

« Com'è la situazione? » domanda.

Noto che anche Oriana ha perso quella leggerezza di pochi secondi fa. Sa perfettamente che Jonathan e io non siamo qui per una visita di cortesia ma per qualcosa di più importante. Mi domando come abbiano studiato il corpo di Lucas, se abbiano scoperto qualcosa che possa aiutarci a capire quali esperimenti abbia subito.

Un brivido mi percorre la schiena. Sono passati pochi giorni da quella sera. Il suo volto pieno di rabbia e malignità, mi perseguita ancora ogni notte. Anche adesso, se mi concentro, riesco a sentire l'odore acre del suo sangue.

« Ci sono novità. Andiamo » ci dice « Evora e Eris ci stanno aspettando ».

« Chi è Evora? » le domando mentre oltrepassiamo la porta da dove è apparsa pochi minuti fa e percorriamo un corridoio con una parete finestrata che da sul cortile interno.

Sposto lo sguardo verso l'esterno e noto con piacevole sorpresa che quello che vedo è un vero e proprio giardino dell'Eden. Fiori, piante e alberi da frutto lo riempiono completamente, inondando il verde del prato di colori vivaci. Al centro, si trova una piccola serra in legno e vetro.

« È la strega suprema, la nostra madre » mi risponde Oriana, facendomi distogliere lo sguardo da quella meraviglia « colei che ci guida e a cui dobbiamo tutto. Si occupa di noi da tantissimo tempo e ci ha unite in questa congrega ».

« È molto potente » continua Jonathan « senza di lei, Eris non sarebbe qui e non avrebbe mai potuto aiutarci. Le dobbiamo tutto ».

Nelle parole di mio padre sento una profonda gratitudine ma anche una grande tristezza. Io ero piccola, non ricordo quasi nulla dei miei primi anni di vita. Solo ultimamente, grazie alle mie visioni, sono stata in grado di rivivere parte del mio passato. Ma Jonathan... per lui è diverso. Non oso pensare al dolore che ha patito, alle ansie e alle paure di quel periodo. Chissà se soffre ancora, se ha dei pentimenti. Se pensa a come sarebbe potuta andare diversamente.

Ci fermiamo davanti a una porta in legno bianco in fondo al corridoio. Oriana bussa due volte e una voce bassa e profonda ci dà il permesso di entrare.

Oriana fa strada e ci troviamo in quello che credo sia uno studio. A differenza dell'ingresso della casa, che era bianco e luminoso, questa stanza è cupa e un po' sinistra. La luce delle finestre filtra appena attraverso le tende rosso scuro. I muri sono decorati da una carta da parati nera, con intricati ghirigori gotici. È un ambiente ricco di oggetti, forse anche troppi. Non c'è uno spazio che non sia occupato da libri, mobili, pergamene e ossa di animali. Al centro, una scrivania in mogano è sommersa da fogli, tomi aperti e chiusi dalle diverse dimensioni, tarocchi sparsi qua e là e una sfera di cristallo sorretta da due mani femminili di ottone. Dietro lo scrittoio, seduta su una poltrona in pelle scura, c'è una donna di circa sessant'anni.

Il chiarore della sua pelle è messo in risalto dalle labbra dipinte di un rosso acceso. Gli occhi piccoli e scuri osservano le nostre figure, curiosi, vispi e un po' intimidatori. I capelli ramati e lisci, sono lasciati morbidi sulle spalle.

Trasalisco quando noto qualcosa strisciare sul colletto della sua camicia. Un piccolo serpente nero si muove sinuoso sul corpo della donna, accarezzandola, solleticandole la pelle con la lingua biforcuta.

« Non preoccuparti di lui, Nevena >> sussurra la donna « è uno dei miei due servitori. Può far paura, ma è innocuo. Obbedisce solo ed esclusivamente a me. Non ti recherà alcun danno » mi promette lei.

Alza una mano, invitandomi a raggiungerla.

Un po' titubante, mi avvicino alla scrivania e accetto la stretta.

Mi si mozza il fiato. La vista si annebbia e improvvisamente vedo un ricordo del mio passato. Ci sono io, piccola e paffuta, che corro nel giardino che ho visto poco fa. Sto giocando insieme a una giovane Cordelia e a una ragazza dai capelli castani che non conosco. Poi la visione cambia e mi vedo in braccio alla donna che ora si trova di fronte a me. Sono sulle sue ginocchia e mi sta leggendo un libro antico, pieno di immagini di animali fantastici e in una lingua sconosciuta. Sulle mie manine, si aggroviglia un serpente dalle squame scure e sulla mia spalla, una tarantola sembra riposarsi.

Riprendo a respirare e torno al presente. Guardo la donna negli occhi e noto che sulle sue labbra è apparso un sorriso gentile. Il serpente dal suo collo pian piano si fa strada lungo il braccio. Passa dalla sua mano alla mia e mi stupisco nel non avere paura quando si aggroviglia sulla mia pelle.

Lo osservo, incuriosita e affascinata.

« Si chiama Caino » mi comunica la donna.

« E il ragno? » le domando, ricordando la tarantola della visione.

Lei sorride e si alza. Va verso una teca di vetro posta accanto alla finestra. Istintivamente la seguo e la osservo scoperchiare la dimora dell'aracnide.

« Vieni, mio tesoro » sussurra. Allunga una mano all'interno del terrario e delle zampe marrone scuro e pelose iniziano a camminarle sul palmo. Lentamente, estrae la tarantola che continua a zampettare piano sulla pelle della padrona.

Non ho mai avuto paura dei ragni. Li ho sempre trovati incompresi e affascinanti. Il modo in cui ognuno di loro è diverso, in grado di creare intricate tele trasparenti e delicate, ma allo stesso tempo così forti da intrappolare le loro prede.

« Lui invece è Abele » sussurra lei.

Annuisco, cogliendo perfettamente il riferimento biblico dei loro nomi.

« È bellissimo » dico sincera.

Gli occhi di Evora si illuminano di gioia nell'udire quel complimento. Si porta Abele sul collo e l'aracnide si sistema sul suo corpo, senza darle il minimo fastidio.

A quel punto, la strega sposta l'attenzione su Oriana e Jonathan, rimasti fermi al centro della stanza.

« Bentornato, Jonathan Whiteoak » lo saluta lei con un cenno rispettoso del capo « è sempre un piacere averti con noi ».

« Grazie, Evora » mormora lui.

La strega torna a concentrarsi su di me, sttudiando ogni dettaglio del mio corpo.

« La somiglianza con Yana è impressionante » sussurra, girandomi intorno « anche se noto nel tuo sguardo e nel tuo animo la tenacia e la forza dei Whiteoak. Un connubio decisamente peculiare e pericoloso ».

Resto ferma sul posto, lasciando che gli occhi della strega scorrano su di me.

« La tua natura di vampiro la percepisco, ma è celata da qualcos'altro » mormora piano, come se quel discorso fosse rivolto più a sé stessa che a me « questo è un bene. Ci permetterà di nasconderti, anche se non sarà così facile come prima ».

« Avete paura che i Whiteoak mi trovino e scoprano cosa sono » concludo il suo ragionamento.

Evora sospira annuendo e tornando verso la poltrona di pelle. Si siede, appoggiando la schiena all'imbottitura scura.

« Sei unica, Nevena. E questo, purtroppo per te, non gioca a tuo favore » mi risponde diretta.

Con la coda dell'occhio vedo Jonathan stringere i pugni e serrare la mascella. Il suo più grande incubo è più reale che mai adesso. Il fatto che io abbia completato la mia transizione, rende più difficile alle streghe nascondermi, far sì che la mia identità venga celata alla mia famiglia d'origine.

Jonathan lo sapeva che questo momento, prima o poi, sarebbe arrivato. Ma un conto è immaginarlo, un altro è viverlo. E non potrò mai capire l'ansia e la paura che prova nel sapere che sua figlia rischia la vita per ciò che è.

Evora sposta la sua attenzione su mio padre e sorride dolcemente.

« Non aver paura, Jonathan. Faremo il possibile per tenerla al sicuro. Almeno finchè non avrà imparato a difendersi e a controllare la sua natura di vampira ».

Jonathan annuisce e il silenzio ritorna a riempire la stanza, fin quando un rumore mi risveglia dai miei pensieri.

Lo strisciare di un mobile pesante sul pavimento, ci fa alzare lo sguardo verso l'enorme libreria che si trova alle spalle di Evora. Uno scaffale si sposta piano e nella stanza appare Eris.

I lunghi capelli scuri, sono raccolti in una treccia lasciata morbida su una spalla. Il corpo curvilineo e morbido, è avvolto da un lungo abito in pizzo viola scuro.

Sorride quando mi vede e il cuore mi si alleggerisce un po'.

« Eccovi » ci saluta, rimanendo appoggiata alla libreria che, a quanto pare, è una porta segreta « venite, abbiamo alcune cose di cui parlare ».

Evora annuisce e si alza. Con una mano recupera Abele e lo ripone nel suo terrario. Si volta verso di noi, le mani giunte verso il pavimento.

« Oriana, ti spiacerebbe preparare del tè? Noi andiamo al piano di sotto per un po' » domanda la strega con voce morbida e calda.

Oriana annuisce e ci saluta, uscendo dalla stanza.

« L'esame sul corpo del vampiro che Nevena ha ucciso, ci ha fornito alcune informazioni di cui dobbiamo discutere » il tono di Evora è cambiato improvvisamente, facendosi cupo.

Jonathan sospira e annuisce. Si avvicina all'accesso nascosto e varca la soglia dopo aver posato una mano sulla spalla di Eris a mo' di saluto.

La strega suprema lo segue e io lei. Mi fermo appena prima di varcare la soglia che dà su delle scale appena illuminate da luci al neon applicate alle pareti.

Non so perché io mi sia bloccata, ma sento che ciò che sto per conoscere non mi piacerà. Ho come la sensazione che una verità oscura stia per essere rivelata. E che questo cambierà la mia vita in peggio.

Il tocco morbido e dolce di Eris mi accarezza i capelli, rilassandomi quel che basta per tornare a respirare regolarmente. Volto la testa verso di lei, perdendomi in quei bellissimi e amorevoli occhi verdi.

« Sally? » le domando.

Le labbra di Eris si stendono in un sorriso accennato e un po' triste.

« Dopo ti porto da lei, ok? » mi promette.

Annuisco e con un cenno del capo mi indica la scala a chiocciola che scende verso l'ignoto.

Prendo un bel respiro a pieni polmoni e inizio la discesa, ansiosa e spaventata da ciò a cui sto per andare incontro.



SPAZIO AUTRICE

Dopo un mese di assenza, finalmente ritorno con la pubblicazione dei capitoli! Mi dispiace avervi fatto attendere così a lungo, ma è stato un periodo molto intenso e ricco di esperienze. Non avevo nemmeno il tempo di riposarmi e ogni volta che mi mettevo al pc per scrivere e revisionare, la stanchezza mi faceva crollare. Inoltra ammetto di aver passato un paio di settimane con un blocco, insicura di ogni cosa che scrivevo. Ma fortunamente ora che ho la testa un po' più libera, ho ritrovato l'ispirazione.

In questo capitolo, Nevena si reca a Boston insieme a Jonathan per andare a trovare Eris e la sua congrega. Facciamo quindi la conoscenza di alcune sorelle streghe della, ormai tanto amato dai miei lettori, Eris. Vi anticipo che manca una strega all'appello, ma la conoscerete nel prossimo capitolo, dove vi lascerò anche i loro aesthetic ❤️

Nevena sta per scoprire un enorme e importante verità su Lucas e sugli esperimenti che Aaron ha compiuto su di lui. Questo cambierà tutto e la storia prenderà una svolta nuova. Ma c'è anche la preoccupazione per il futuro di Sally. Cosa le succederà?

Presto pubblicherò il prossimo capitolo, non per forza di Giovedì. Ho deciso che non ho voglia di darmi dei paletti, se mi sento di pubblicarlo prima, lo farò. Spero che il capitolo vi piaccia e vi aspetto nei commenti per sapere le vostre impressioni ❤️

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