18 - RINASCITA -
- Capitolo diciotto -
Rinascita
Non conosco la sensazione che si prova quando si sta per morire. Non ho mai pensato a come una persona debba sentirsi in quel momento, quando la tua anima capisce che è ora di lasciare il corpo.
Non so come il cervello reagisca, cosa si pensi quando si ha la consapevolezza che stai per esalare il tuo ultimo respiro. Soffri? Hai paura? E' vero che ti passa tutta la vita davanti agli occhi?
Non so cosa si provi a morire, ma sono certa che non sia nulla in confronto al dolore che da tempo infinito mi devasta il corpo.
E' inspiegabile. Però fa male. Tanto.
E' come se tutte le ossa, tutti gli organi e ogni muscolo che mi compone si arrotolasse su se stesso e sanguinasse. Non riesco a reagire, a ordinare alle mie gambe e alle mie braccia di stare ferme, di smetterla di contorcersi, di sbattere sull'asfalto su cui sono sdraiata.
La mia testa è come una stanza chiusa, al cui interno una miriade di martelli pneumatici ne bucano il pavimento, senza mai finire il lavoro. E' estenuante.
Sento il sudore colarmi addosso, la pelle bollente, il cuore palpitare così forte da farmi temere che io possa morire di infarto.
Svengo.
Poi riapro gli occhi e urlo.
Perdo i sensi di nuovo.
Il mio corpo non mi risponde più, il mio cervello non riesce a fermare i tremori, gli spasmi, le grida di sofferenza che escono dalle mie labbra senza che io ne sia completamente cosciente.
In un momento di apparente calma, tra una convulsione e l'altra, sento delle mani calde e morbide posarsi sul mio corpo, accarezzandomi le braccia, il viso, le gambe.
Non riesco a vedere né a sentire nulla, non so chi sia la persona accanto a me, cosa mi stia facendo. Ma qualunque cosa sia, sembra funzionare.
Mi calmo un po', il corpo non si muove più scosso da scariche violente, ma i miei occhi non si aprono e la mia testa è avvolta da una strana nebbia che mi isola dal mondo esterno.
Mi sento sollevare. Suoni ovattati arrivano alle mie orecchie ma non li comprendo.
Vengo adagiata su qualcosa di morbido e caldo.
E rimango lì, ferma per un po'. Ma poi i dolori tornano e, di nuovo, i miei organi vengono dilaniati da fitte indescrivibili.
La gola mi va in fiamme, brucia ogni parte del mio esofago, della mia bocca. Il sapore ferroso del sangue mi invade il palato e un dolore lancinante mi colpisce al petto e alla testa. Le mie gengive si lacerano, provocandomi un'emorragia sempre più copiosa.
Sento un liquido scivolarmi sulle labbra e poi giù lungo il collo e sul petto.
Ho gli occhi serrati ma so benissimo che è il mio sangue. Un'ultima fitta, molto più violenta e dolorosa mi fa irrigidire ogni muscolo del corpo.
Spalanco gli occhi, colta da quel dolore improvviso e mai provato prima.
Vedo sopra di me il soffitto della mia camera. Cerco di spostare la testa, ma quel movimento mi fa urlare.
Una convulsione mi fa agitare ma delle mani mi tengono ferma, evitando che io possa ferirmi da sola. Con la coda dell'occhio, vedo Jonathan.
Mi guarda, gli occhi chiari colmi di lacrime.
Poi, esattamente come è arrivato, il dolore svanisce. Il mio corpo si rilassa, si lascia andare, i miei occhi ruotano all'insù.
Mi sento stanca, esausta. La testa pesa come un macigno, nelle orecchie odo un fischio acuto. Chiudo gli occhi e mi addormento, sfinita.
🩸🩸🩸
Quando mi sveglio, mi rendo conto di essere sdraiata sul letto della mia camera. Sono al buio, ma una fievole luce filtra dalle lastre della tapparella abbassata. La porta è chiusa, ma c'è qualcuno dall'altro lato.
Non saprei dire bene perché lo so, ma è così.
Provo a muovermi sul letto, pronta a sentirmi invadere da un forte dolore. Mi tiro su con la schiena e rimango attonita quando non sento nulla. Nessuna fitta, nessun muscolo bruciante, nessuna costola incrinata che mi impedisce i movimenti. Niente, solo una certa spossatezza e una strana sensazione di secchezza alla gola.
Mi porto una mano al collo e giro la testa verso il comodino al lato del mio letto. Un bicchiere colmo d'acqua vi è posato sopra. Lo prendo e bevo.
Ma quella strana sensazione di aridità non se ne va, rimane lì. Tossisco, sperando di riuscire a calmare quel fastidio.
Alzo gli occhi nell'udire dei passi fuori dalla porta. La luce invade la mia stanza, facendomi serrare lo sguardo.
« Scusami, ora chiudo » sussurra Jonathan. La luce svanisce e lui si avvicina pian piano a me.
Lo guardo, in silenzio. E mi rendo conto di riuscire a vedere ogni suo tratto perfettamente. I capelli castano chiaro, con alcuni ciuffetti brizzolati; gli occhi celesti contornati da folte ciglia scure; le sue labbra tese; la pelle chiara del suo viso è leggermente arrossata sulle gote, come se fossero state irritate da un pianto copioso; alcune lentiggini che non avevo mai notato, gli ricoprono il naso.
Poi un suono. Sembra quasi un rimbombo, un ritmo profondo e costante, mi arriva alle orecchie. Mi guardo intorno, cercando di scoprirne l'origine.
E quando la trovo, mi irrigidisco.
La mia attenzione torna su Jonathan e, più precisamente, sul suo petto. Eccolo lì quel suono, proprio all'interno della sua cassa toracica. Il battito del suo cuore pulsante mi riempie la testa.
Mi porto le mani alle orecchie, spaventata dalla mia nuova abilità. Come è possibile tutto questo? Cosa mi sta succedendo?
Jonathan si avvicina a me e posa la mano su una delle mie. I miei occhi seguono il suo gesto.
Sento le pupille dilatarsi e la gola farsi ancora più secca. Vedo la vena del suo polso pulsare sotto lo strato di pelle sottile che la protegge. Il flusso del sangue al suo interno mi annebbia e inalo rumorosamente.
Jonathan si allontana di colpo da me. Ha notato la mia reazione. Resto immobile, a osservarlo nel buio. La mia bocca si riempie di saliva, la gola reclama il sangue che scorre dentro di lui per essere calmata.
« Cosa mi sta succedendo? » sussurro, mentre un profumo ferroso mi riempie le narici.
Jonathan si muove, piano, si avvicina alla porta e la apre, facendo entrare la luce.
Chiudo gli occhi, accecata. Non riesco a guardare il sole che mi investe, mi fa male la testa, ma un po' quella sensazione di attrazione verso il sangue di Jonathan svanisce, facendomi tornare lucida.
« Scusami per la luce, ti darà fastidio per un po' » risponde lui, appoggiandosi con la schiena allo stipite della porta.
Lo guardo, gli occhi strizzati e infastiditi dal chiarore del sole che illumina la mia camera. Mi rannicchio sul letto, portandomi le ginocchia al petto.
Guardo Jonathan, sforzandomi di abituare i miei occhi a quella luminosità. Piano piano, ci riesco.
Ed è così che lo vedo. Il suo sguardo.
Mi guarda e i suoi occhi sono lucidi, reduci da un pianto interminabile. Le sue iridi chiare, sono in netto contrasto con le sclere arrossate. Il volto paonazzo, ricco di capillari e venuzze pulsanti sotto la pelle del suo volto.
Lo sento ancora, sempre più insistente. L'odore forte e attraente del sangue che scorre nel suo corpo. Mi concentro, e le mie orecchie ne percepiscono il fluire veloce e pulsante. Gli attraversa le vene e le arterie, gli nutre gli organi, gli fa battere il cuore ad un ritmo regolare.
Ma a quel suono se ne aggiungono altri. Altri tre cuori pulsanti, tutti provenienti dal piano di sotto. Li sento come se fossero in questa stanza, come se il mio orecchio fosse posato sul petto di ognuna delle persone che si trovano in questa casa.
Senza che io possa trattenermi, inalo l'aria che mi circonda e ruoto gli occhi all'insù. La vampata di un dolce profumo mi inebria, smuovendomi dall'interno.
Ne sono attratta, come gli orsi lo sono dal miele. Mi muovo sul letto, cercando di resistere inutilmente a quella dolce e violenta tortura.
Mi alzo di scatto e mi avvento sulla porta, spinta da una forza animale che comanda il mio essere.
Ma Jonathan mi blocca, stringendomi in una morsa.
« No, Nevena » sussurra lui, la voce sforzata da i miei tentativi di liberarmi.
Lo guardo e, inconsapevolmente, scopro i denti.
La sua mascella si irrigidisce appena, ma non si scompone. Anzi, mi stritola ancora di più. Un suono strano e sottile mi esce dalle labbra, pietrificandomi.
Un sibilo, lo stesso suono che emetteva Lucas.
Lo stesso che usciva dalle labbra di Sally, la mia migliore amica.
Sally.
Major.
In quel momento, i ricordi ritornano violenti tutti insieme, passandomi sopra come un treno ad alta velocità. Mi devastano, mi dilaniano ogni parte del cuore e del corpo.
L'incidente, Major ed io che cerchiamo di chiedere aiuto, Lucas che si rivela e tenta di ucciderci. Poi Sally, trasformata in una creatura immonda e senza scrupoli; il nostro scontro; Major ferito; Donna che mi salva; Io che combatto contro Lucas, le mie mani artigliate che gli affondano nella gola; io che lo uccido.
E poi l'ultimo ricordo, il peggiore di tutti. Major che mi muore tra le braccia.
Guardo d'istinto le mie mani e un urlo di terrore mi si soffoca in gola quando le vedo. Le mie unghie sono dei lunghi e affilati artigli, gli stessi di Lucas, gli stessi che gli hanno lacerato la pelle.
Mi scosto da Jonathan, spaventata da me stessa e dalla consapevolezza sempre più chiara di ciò che sono diventata. Mi arrampico sul letto, chiudendomi su me stessa come se volessi costruirmi attorno un bozzo per isolarmi dalla realtà.
Jonathan se ne accorge e cerca di avvicinarsi, ma io lo fulmino con lo sguardo.
Si ferma e mi guarda, impotente, senza sapere cosa fare di me. Di una figlia che è diventata ciò che la sua famiglia aveva sempre odiato e ucciso.
« Nevena, lo so che sei sconvolta... » sussurra.
« Il mio ragazzo » sussurro, la mia voce è così bassa che faccio persino fatica io a sentirla « Major è... » un groppo in gola mi impedisce di continuare la frase.
Alzo lo sguardo, incontrando quello chiaro e stanco del mio vero padre a pochi passi da me. Non dice nulla, fa solo un cenno di assenso con il capo.
Le lacrime mi riempiono gli occhi e un urlo viscerale mi esce dalle labbra. Appoggio la testa sulle mie braccia e piango. Verso una quantità infinita di lacrime.
Un rumore di passi veloci mi fa alzare lo sguardo.
Mio padre, Eris e Donna mi stanno osservando dall'altro lato della porta.
E nel loro sguardo riesco a percepire esattamente ciò che provano mentre guardano la nuova me. Nel vedere quello che sono. Un mostro, una creatura orrenda, identica a quella che ha ucciso Major e che ha trasformato Sally.
Un vampiro.
Jonathan si volta a guardarli e invita Eris a entrare.
I miei occhi però, sono fissi sul volto di mio padre. Mi si spezza il cuore. Quello sguardo, quel lampo di terrore che lo attraversa, non dovrebbe essere lì. Non dovrebbe avere paura di me, di sua figlia. Sono la sua bambina, è l'uomo che mi ha cresciuta, che mi ha insegnato ad andare in bicicletta e a fare i compiti di matematica.
Ma ora, il modo in cui mi sta guardando, non è lo stesso di quel padre che ha tanto amato e curato una bambina come se fosse sua. E' quello di un essere umano quando incontra un animale selvatico e pericoloso. Nei suoi occhi, invece di gioia e amore, ora vedo solo terrore.
Volto la testa, troppo addolorata per mantenere quel contatto visivo.
« Vieni Michael » la voce calda e armoniosa di Donna lo chiamano « andiamo di sotto ».
Li sento allontanarsi e scendere le scale.
Poi, la porta della mia camera si chiude e una calda luce soffusa prende vita dalla lampada sul mio comodino.
I miei occhi ringraziano per quel gesto.
Eris si siede accanto a me.
La guardo dritta in viso, cercando di studiare la sua reazione. Rimango sorpresa nel vedere che il suo sorriso non è cambiato. E' sempre dolce e amorevole, come quello di una madre.
Una sua mano cerca la mia, cauta e dolce, quasi a chiedermi silenziosa il permesso di toccarmi.
La guardo e, un po' esitante, le porgo la sinistra.
Lei la accoglie nella sua e subito quel contatto umano e caldo mi tranquillizza. I miei
artigli sono ancora lì, lunghi e pericolosi. Un singhiozzo mi esce improvvisamente quando noto l'anello sul mio anulare. Ora è pulito, il sangue di Major e di Lucas non lo imbratta più.
E' bello e lucente, esattamente come quando il mio ragazzo me lo ha donato.
« E' colpa mia » sussurro più a me stessa che alle due persone presenti nella stanza insieme a me.
« No, Nev, non è colpa tua » mi risponde Jonathan, che nel frattempo si è seduto dall'altro lato del mio letto.
« Major è morto! » gli urlo in faccia « il mio ragazzo non c'è più. L'ho visto mentre lo dilaniavano, mentre quel bastardo lo uccideva e lo dissanguava. E io non ho potuto fare niente! » le lacrime tornano a bruciarmi il viso, sempre più calde e incessanti.
La mano di Eris stringe forte la mia.
« Nevena, tu hai ucciso quel vampiro. Ci sei riuscita senza addestramento, senza mai aver imparato a fare una cosa del genere » Eris cerca di incoraggiarmi ma io scuoto la testa.
« Lo sappiamo bene tutti che se Donna non fosse stata lì, probabilmente sarei morta ».
Il loro silenzio non fa che confermare le mie parole. Penso a quanto assurda sia questa situazione. Donna. Chi lo avrebbe mai detto che l'altra mia migliore amica fosse una cacciatrice?
« Tu lo sapevi? » chiedo a Jonathan « sapevi che Donna era una cacciatrice? E' per questo che ha reagito in quel modo strano quando ha sentito il tuo nome quel giorno fuori scuola? Perché vi conoscete? ».
Lui scuote la testa sospirando.
« No, Nev. Donna è una cacciatrice solitaria. Ho saputo di lei solo il giorno dell'attacco di Sally, quando me ne ha parlato Eris ».
Mi volto di scatto verso la strega, domandando con lo sguardo delle spiegazioni.
« E' una lunga storia e non credo che sia giusto che sia io a raccontartela » la chiude lì.
« Ha chiamato te quel giorno » dico di getto, catturando la sua attenzione « quando sono venuta da te a Boston. Donna non voleva che io ci andassi da sola e, mentre ero sull'autobus, ha fatto una telefonata. Ti ha avvisata del mio arrivo » prendo consapevolezza di ciò che è successo solo pochi giorni fa.
Eris sospira e annuisce in silenzio.
Dunque è vero. Sono l'unica in tutta questa situazione, a cui era stata nascosta la verità. Persino la mia migliore amica, sapeva di me, di cos'ero.
« A quanto pare, tutti sanno più della mia vita e della mia natura a parte me » sputo fuori, con un tale disprezzo che non saprei spiegare dove è nato.
« Nevena, devi parlare con Donna. Non sono io che devo spiegarti come è entrata in questo mondo » risponde ferma Eris.
Annuisco e taccio. E in quel silenzio, in quel nulla, riecco che torna quella sensazione di secchezza nella gola.
Tossisco, cercando di reprimerla, di tenere lontana quell'irrefrenabile attrazione verso il sangue che sento agitarmi il corpo.
Jonathan sembra accorgersene e guarda Eris. Il suo volto è coperto da ombre scure, come quelle che immagino stiano volteggiando intorno al suo cuore.
« Nevena, dobbiamo affrontare un discorso più importante adesso » la voce di Jonathan mi fa incrociare lo sguardo al suo.
« Che cosa c'è da dire? » rispondo secca « non è abbastanza ovvio e orribile così?
Basta guardarmi per vedere che razza di mostro sono diventata! » la rabbia mi ribolle dentro, facendomi salire il sangue al cervello.
Una decisa e forte fitta allo stomaco mi fa imprecare e la sensazione di aridità della mia gola aumenta. Sento bruciarmi ogni singolo centimetro della bocca, delle tonsille e dell'esofago. Il mio stomaco si contorce da quelli che, oserei dire essere i morsi della fame.
Ma questa non è una fame comune. E' una fame cieca, animale, incontrollabile, carnale. E' fame di corpi umani che periscono sotto le mie unghie e le mie fauci. E' fame di uomini e donne, di creature mortali, di sangue umano.
Un gemito mi esce dalle labbra e mi rannicchio sempre di più, strappando via la mano da quella di Eris.
« Nevena devi nutrirti » mi risponde lei, facendomi scattare sull'attenti.
« Cosa? » sibilo tra i denti.
« Hai bisogno di sangue, Nev. In questo momento sei molto debole, hai appena affrontato una transizione molto dolorosa e violenta. Il cibo umano non è sufficiente a rimetterti in forze. Devi bere » risponde.
E in quel momento, dal nulla, appare tra le sue mani, una borraccia in metallo.
Riesco a percepirne il contenuto, annusando appena l'aria. Il profumo del sangue al suo interno mi invade, mi percuote le carni, provocandomi brividi lungo la schiena e sulla nuca. Lo sento entrarmi in corpo, riempirmi completamente e rifocillarmi.
Il suo odore mi invade le narici quando inspiro più profondamente, annebbiandomi il cervello.
Il desiderio è tanto, l'attrazione verso quel liquido scuro è così potente che non riesco quasi a riconoscermi. Come se ne fossi assuefatta.
Ma poi nella mia testa balenano dei flash. Vedo denti aguzzi che dilaniano il corpo di Major, vedo il suo sangue scorrere fuori dal corpo, portandosi via con sé la vita del mio unico vero amore.
Con uno scatto rapido, mi alzo e mi accascio in un angolo della mia camera, cercando di allontanarmi da quel richiamo maledetto.
Mio padre e Eris mi guardano, spaventati e preoccupati dalla mia reazione.
« No » sussurro « non mi nutrirò di quella roba » fatico a parlare, mentre i miei canini si allungano d'istinto, riempiendomi la bocca.
« Nevena, dovrai farlo. E' la tua natura. Tu sei anche questo adesso » risponde
Jonathan, cercando di avvicinarsi a me e recuperando dalle mani di Eris la borraccia.
« Non avvicinarti » gli intimo.
Lui si blocca. Il suo volto è nero, devastato dal dolore e dalla frustrazione.
« Dovrai, Nev. Non puoi fare altrimenti. Devi accettare ciò che sei » sussurra lui.
Emetto una risata sprezzante.
« Accettare ciò che sono? Un vampiro? Una bestia? Una creatura che non vale nulla, che porta solo dolore e morte ovunque va? » sputo con una rabbia che mi nasce dal profondo dell'anima, da una parte di me che era nascosta e che è venuta fuori nel momento in cui il paletto di legno che stringevo tra le mani, ha perforato il cuore di Lucas.
« Tu non sei così » sussurra piano lui, scuotendo la testa.
« Non sono cosa, Jonathan? » rispondo con asprezza « un mostro? Eppure è così che definiva i vampiri la tua famiglia, no? » a quelle parole, noto la sua mano libera stringersi in un pugno.
« Tu non sei un mostro, come non lo era tua madre ».
« Chissà se anche tuo padre la penserebbe così » quelle parole mi escono dalle labbra come veleno e Jonathan mi fulmina con lo sguardo.
« Lo conosco quell'odio che ti divampa negli occhi » dice, dopo un paio di minuti di gelido silenzio « è lo stesso di tutti noi Whiteoak quando uccidiamo un vampiro per la prima volta. Quella violenza, quel piacere che si prova nel porre fine alla non-vita di una di quelle creature. Ti senti potente, vero? » risponde avvicinandosi a me, piano.
Si china a pochi passi da me. L'ira funesta che gli si legge in viso, illumina ancora di più le sue iridi chiare.
« Sappi che tutto quel potere, tutta quella rabbia, ti si ritorcerà contro, prima o poi. La tua umanità, lascerà il posto ad un odio incontrollato. Vorrai solo farlo crescere, uccidendo più vampiri possibili. Ma non hai fatto i conti giusti, Nev. Tu sei uno dei mostri che tanto dici di odiare » a quelle parole, Eris, in piedi dietro di lui, sussulta.
Non avevo mai sentito Jonathan parlarmi così, in quel modo duro, cattivo, senza scrupoli. Come un Whiteoak.
« Ti odierai, per tutta la vita. Vivrai col peso di essere in parte ciò che la tua natura di cacciatrice è portata a disprezzare. E questo ti farà male, ti logorerà l'anima fino a farti impazzire. E allora, l'unica soluzione che avrai per sopravvivere, sarà imparare ad accettarti. A vedere ciò che sei veramente. Metà cacciatrice e metà vampiro ».
Rimango in silenzio, colpita in pieno e nel profondo da quelle parole. Lui non stacca gli occhi dai miei e, continuando a guardarmi fissa, mi avvicina la borraccia riempita di sangue.
« Ti nutrirai, che tu lo voglia o no, che ti faccia schifo o no. Perché questa è la tua natura. Non puoi fare altro se non prenderne atto e accettarlo ».
Detto ciò, si alza e in silenzio si avvia verso la porta. Una volta sull'uscio, si volta verso di me e Eris, che è rimasta in silenzio a osservare il nostro scambio animato.
« Non uscirai da questa stanza finchè non ti sarai nutrita » annuncia « fallo per te e per tutti noi. Non serve un altro vampiro affamato e pericoloso al momento. Ne abbiamo già avuto abbastanza così ».
Alza la testa e mi guarda un'ultima volta.
« Sii saggia, Nev ».
Poi va via.
Io rimango in silenzio. La schiena dritta e dura contro il muro, gli occhi fissi sul contenitore a poca distanza da me.
Eris sospira e fa per uscire dalla stanza, ma si blocca quando dalle mie labbra escono delle parole dure e aspre, colme di odio verso la nuova me.
« Preferisco morire, piuttosto che vivere così ».
🩸🩸🩸
La giornata scorre lenta. Le ore sembrano non passare mai, e ogni singolo movimento del mio corpo mi costa sforzi e dolori lancinanti. Vorrei urlare, staccarmi la pelle dalle braccia, dal viso, dalle gambe. Dilaniarmi il corpo, rimuovere ogni singolo organo che lo compone. Tutto pur di porre fine a questa sofferenza.
Arriva la sera e io, sono sempre più esausta. Il mio corpo rigido, in qualche modo riesce a raggiungere il letto, dove mi sdraio e resto immobile, sperando che questo incubo abbia fine.
Il contenitore del sangue è ancora dove lo ha lasciato Jonathan. L'odore ferroso del liquido al suo interno, aumenta di intensità ogni minuto che passa, provocandomi forti bruciori alla gola e crampi allo stomaco.
Ma io non mollo. Non posso arrendermi.
Non voglio essere ciò che la mia famiglia di origine, ha insegnato ad odiare. Lo stesso tipo di bestia che ha reso un vampiro Sally e ucciso Major.
Il ricordo del mio ragazzo morente fra le mie braccia, è l'unica cosa che mi dà forza, che mi aiuta a non arrendermi a questa natura maligna che è stata scelta per me.
Rimango sdraiata e rannicchiata in posizione fetale in silenzio, sperando di prendere sonno. Ma è tutto inutile.
Il richiamo del sangue è talmente forte, che fatico a pensare ad altro.
Mentre cerco di concentrarmi a non mollare la mia lotta interiore, una strana ma familiare sensazione di leggerezza mi pervade il corpo. La vista mi si annebbia e i miei occhi diventano ciechi per un secondo. Poi tutto ritorna come prima.
Mi guardo intorno. Sono sempre io, nella mia camera. Con la sola differenza che, appoggiato al davanzale della finestra, c'è lui che mi sta osservando.
« Non è proprio il momento per una visita onirica » gli dico dura, mentre una fitta di dolore alla pancia mi fa serrare gli occhi.
Aaron sorride. I suoi capelli biondi e mossi, sono in parte tirati su e legati dietro la testa.
A differenza delle altre due volte in cui l'ho visto, sembra appartenere a questo tempo. Mi soffermo sulla sua figura slanciata e muscolosa, avvolta in un paio di jeans scuri e in un maglione nero traforato che lascia intravedere la pelle chiara.
« Per la precisione, non è una "visita onirica", cara Nevena » la sua voce suadente e calda riempie la stanza « sei sveglissima, anche se dolorante ».
Incrocia le braccia al petto e china il capo, studiandomi.
Alzo gli occhi al cielo e, sforzandomi, mi metto a sedere.
« Fantastico! » esulto sarcastica « ora posso vederti anche quando non dormo o svengo. Non vedevo l'ora. Ora vattene » sputo quelle ultime parole con disprezzo.
Ma in cambio, ricevo una risata soffusa.
« Oh, mia cara, ancora non hai capito che io sono dalla tua parte » sussurra quelle parole, avvolgendo la lingua in ogni singola lettera e creando una melodia di suoni che nessun essere umano, sarebbe in grado di riprodurre.
« Tu? Dalla mia parte? » la mia voce incredula tradisce un po' il mio disprezzo nei suoi confronti « sei così tanto dalla mia parte che uno dei tuoi figli ha trasformato la mia migliore amica e ucciso il mio fidanzato! » urlo.
Lui si irrigidisce. I suoi occhi si illuminano di una scintilla oscura, come se le mie parole lo avessero colto nel profondo, ferendolo.
« Mi dispiace, mia cara » sussurra lentamente « Lucas non era in mio controllo. Non gli avrei mai permesso di recarti alcun danno, se mi fosse ancora stato fedele ».
Scuoto la testa, le lacrime di rabbia che minacciano di uscire, mentre i crampi dilaniano sempre di più il mio stomaco. Cerco di non fargli notare troppo la mia sofferenza, di non mostrami debole.
« Cosa gli hai fatto per far sì che ti odiasse così tanto? » domando aspra, ma con un briciolo di curiosità per quella faccenda.
Lui sospira, scostando con un gesto del capo alcuni ciuffi chiari che gli erano ricaduti sul viso.
« Non è il momento di affrontare questo argomento » la chiude lui.
« Per me sì » controbatto, cercando di mantenere il contatto visivo con lui.
Aaron sorride e si scosta dalla finestra, iniziando a camminare piano all'interno della mia camera. Si porta le mani dietro la schiena, allacciandole l'una all'altra, mentre i suoi occhi divagano sui miei mobili, sui miei libri, sulle fotografie appese alle pareti.
« E' incredibile come tu sia riuscita a vivere una semplice e insignificante vita da umana per diciotto anni senza che io ti trovassi » afferma, contemplando una foto di me e la mia famiglia posata sulla scrivania.
« La mia vita non è stata affatto insignificante » rispondo, dimenandomi un po' nel letto. I crampi e la secchezza della mia gola non cessano, anzi, si fanno sempre più intensi.
Stringo forte tra le mani i lembi della trapunta azzurra su cui sono seduta, cercando di concentrarmi per allontanare la sete di sangue.
« Lo è stata, invece. Come ogni vita umana » risponde lui, rimettendo a posto la foto « la nostra esistenza immortale, il nostro potere, le abilità che ci sono state offerte, rendono qualsiasi realtà umana misera, rispetto alla nostra ».
« Non parlare al plurale » lo intimo, stringendo ancora più forte la trapunta tra le dita.
Aaron si volta, allacciando i suoi occhi ai miei. Un ghigno divertito gli decora le labbra piene. Poi, il suo sguardo si abbassa sulle mie mani.
« Ne sei così sicura? » sussurra piano.
Mi osservo le mani e trasalisco quando mi accorgo dei miei artigli. Senza che me ne rendessi conto, sono spuntati nuovamente, lacerando la coperta.
Sento il letto affossarsi accanto a me e quando mi giro, Aaron è seduto a pochi centimetri dal mio corpo.
Deglutisco, irritandomi ancora di più la gola assetata di sangue. Mi osserva,
studiandomi come fa ogni volta che ci vediamo in questi incontri mentali. Standogli così vicina, riesco a percepire la sua oscurità, il suo grande potere che mi aveva ammaliata e terrorizzata allo stesso tempo, nella prima visione in cui lo avevo incontrato. Ora come allora, lascio che mi guardi e che i suoi occhi identici ai miei individuino ogni mio centimetro, in cerca di tutto ciò che ci accomuna.
« Sei così interessante, Nevena » sussurra piano, mentre il suo sguardo si sofferma sulle mie mani « sei la mia creazione più riuscita, così simile a me, così peculiare ».
« Non mi hai creata » rispondo di scatto.
Lui sogghigna avvicinando una mano alla mia e sfiorandomi le unghie lunghe.
« L'ho fatto, invece. Sei la mia discendente diretta, ti ho creata nel modo più intimo possibile. E non era nemmeno mia intenzione. Però, ora che sei qui, con l'immortalità che ti veste come un guanto, non posso non ammettere quanto tu ed io siamo uguali ».
La sua mano si flette e le sue unghie si allungano, dando forma a delle armi affilate identiche alle mie. Il colore, la forma, la lunghezza. Tutto coincide.
Un brivido di terrore e consapevolezza mi percorre la schiena, ma poi stringo forte gli occhi quando la mia gola sembra stringersi, impedendomi di respirare correttamente.
« Non ti sei ancora nutrita, vero? » sussurra lui.
Io reprimo la sete, sforzandomi di far rientrare le zanne all'interno delle gengive.
« Non sono come te » dico con voce strozzata « non lo sarò mai ».
E poi mi accascio, colta da un crampo lancinante. Il sudore mi cola sulla fronte e il mio stomaco sembra rivoltarsi su se stesso, facendomi uscire lacrime salate dagli occhi.
Due mani fredde e forti mi tirano su di scatto. Trattengo il fiato e mi ritrovo di nuovo seduta sul letto, il petto di Aaron sostiene la mia schiena.
Sono rigida, immobile nella sua presa vigorosa. I suoi artigli mi pungono la pelle delle braccia scoperte, mentre i suoi capelli mi sfiorano la guancia.
« Sei più simile a me di quanto tu voglia ammetterlo, mia cara Nevena ».
La sua mano destra si alza e si ferma in aria, all'altezza del mio viso. Il suo polso fa un movimento rapido verso sinistra e di fronte a me, l'anta del mio armadio si spalanca.
Ora ci vedo, entrambi riflessi l'uno accanto all'altra nello specchio appeso nel mobile aperto davanti a noi.
« Sai fare anche le magie adesso? » domando, preoccupata di quella abilità di cui ancora non conoscevo l'esistenza.
La sua risata bassa e profonda, gli risuona nel petto e rimbomba sulla mia schiena.
« Un piccolo dono di Iside, anche se molto debole » mi risponde lui.
Incrocio il suo sguardo nello specchio. Mi fa una certa impressione vederci lì, insieme. Due paia di occhi perfettamente identici, due creature opposte eppure così simili. Lo guardo e non posso fare a meno di essere attratta dal potere che emana.
Quel buio violento e sanguinoso, quella forza oscura che pervade ogni centimetro del suo corpo e che, in fondo so, è presente anche in me.
« Guardaci » la sua voce è così bassa che mi stupisco di riuscire a sentirla « siamo due creature perfette. Piene di potere, capaci di grandi e terribili cose. Destinati ad essere superiori a chiunque altro ».
« Il mio potere, quello per cui ho lottato così tanto, lo sento scorrere nelle tue vene. Nel sangue che è il più simile al mio, quello della mia unica vera erede. Un'erede di sangue » a quelle parole, le sue labbra si aprono in un sorriso spaventoso e incantevole. I suoi canini brillano, illuminando il suo volto.
Poi la sua mano si allontana da me e in un secondo, la borraccia piena di sangue è nella sua mano.
Fremo, sentendo quell'odore penetrante così vicino al mio viso. Le sue dita si muovono agili e svitano il tappo.
Inspiriamo forte entrambi, all'unisono. Sento i canini uscire spontanei dalle mie gengive, il cuore pulsare forte nel petto. Quel profumo ferroso e intenso mi invade il corpo, facendomi agitare.
Aaron avvicina il contenitore al mio viso.
I miei occhi istintivamente incontrano i suoi nello specchio. Lui sorride maligno, mentre le mie labbra si poggiano piano sul becco della borraccia. Non posso fare altro, non riesco più a resistere a quell'attrazione.
« Bevi, Nevena » mi incoraggia lui, spingendomi più vicino il sangue alla bocca « accetta ciò che sei, accogli la mia oscurità, guardala, sentila scorrere dentro di te. Falla diventare parte della tua anima » la sua voce calda e morbida è così convincente e quell'odore così invitante che non resisto più.
Il sangue mi bagna le labbra e mi riempie con grande potenza. Vengo colta da una frenesia inspiegabile e bramo quel liquido sempre di più. Più ne bevo e più ne desidero.
Una sensazione di pienezza e di forza mi pervade e chiudo gli occhi, lasciandomi inebriare dal gusto del sangue umano che mi nutre, mi ridà forza, mi cura.
Sento Aaron sospirare dietro di me e apro gli occhi, smettendo di bere.
Quello che vedo riflesso nello specchio, è uno spettacolo terrificante ma allo stesso tempo sublime. Vedo me e vedo lui, perfettamente identici nella nostra mostruosità.
Vedo il suo sorriso brillare pallido in confronto al mio, sporco del sangue che mi copre le labbra.
I nostri occhi si guardano, l'uno la copia dell'altro. Vedo il potere che contraddistingue il Signore della notte, prendere forma anche in me, lo sento crescermi dentro e mostrare un'immagine di me che mai avrei pensato di vedere nella mia vita.
L'oscurità che ci lega è forte e più guardo il nostro riflesso e più mi rendo conto che, nonostante una parte di me, quella umana e di cacciatrice, odi tutto questo, siamo uguali nella nostra immortalità.
Per la prima volta vedo ciò che ho tanta paura di essere. Una vampira. Ma insieme alla paura, c'è anche attrazione, quella per la parte più nera e pericolosa di me che Aaron mi ha incoraggiato ad accogliere.
Con un cenno della testa mi invita a terminare il mio pasto. Ed io lo faccio, perché il richiamo è troppo forte e io bramo il potere che il sangue mi dona ad ogni sorso.
Lo vedo sorridere e sfiorarmi con la mano artigliata i capelli scuri che mi ricadono sulle spalle.
« Che meravigliosa creatura che sei, Nevena » sussurra « ho in serbo grandi cose per te ».
I suoi occhi incontrano i miei un'ultima volta e poi, esattamente come è successo quando è apparso, la mia vista si sfoca e quando torna normale, lui non c'è più.
Ci sono solo io che mi guardo riflessa in uno specchio, coi canini e il viso sporchi di sangue e gli occhi scintillanti di desiderio. Il desiderio del potere che Aaron mi ha lasciato assaggiare.
Lo stesso che possiede anche lui.
SPAZIO AUTRICE:
Finalmente sono tornata con il nuovo capitolo e con l'inizio della seconda parte di "Erede di Sangue e Cenere". E' un capitolo abbastanza intenso ed interessante, in cui vediamo una nuova Nevena, ovvero la Nevena vampira. Per lei non sarà semplice far convivere la sua natura da cacciatrice e quella di vampira. Già in questo capitolo, si nota la complessità di questa sua doppia natura.
Eppure non può sfuggirle, dovrà accettarlo per forza.
Vediamo anche il ritorno di Aaron, con cui Nevena stabilisce un forte legame telepatico. Cosa ne pensate del loro rapporto? Io sono molto attratta da questo lato cupo della nostra protagonista e sono curiosa di vedere come reagirete alle interazioni tra lei e Aaron.
Ho deciso di aggiungere qua e là delle musiche che mi hanno accompagnata nella scrittura e che secondo me si sposano perfettamente alle situazioni descritte.
Qui vi lascio "Me and the Devil" che ho ascoltato in loop mentre scrivevo la scena con Aaron e Nev e secondo me, è molto suggestiva. Che ne dite?
Ho anche deciso di aggiungere i titoli ai capitoli, spero che l'idea vi piaccia. Ovviamente li metterò anche a quelli della prima parte ❤️
Vi ricordo che per ora uscirà un solo capitolo a settimana al Giovedì e che in caso di ritardi, ve lo farò sapere con un post.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e noi ci vediamo giovedì prossimo col capitolo 19 ❤️
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